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Siamo onesti o caporali?

Post n°3 pubblicato il 22 Dicembre 2006 da Aleida5

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Una fredda mattina romana,un edicola ed un libro scritto da due autorevoli giornalisti e la mia personale vergogna.
Il giorno prima avevo letto della mussulmanofobia che gira tra gli italiani come l'influenza e poi quel libro.
Tutte questi grandi discorsi e grandi parole,forme a volte di sottile razzismo e insulto dove nulla puo' esserci di reale o meglio se gli Italiani invece di definire la cultura islamica come fonte di barbarie e non rispetto evitassero di non ricordare,forse le critiche arriverebbero piu' gentili e colme di sincera comprensione.
Non molto tempo fa e nemmeno a tanti km di distanza esistevano donne che non potevano mostrare il capo e lo cingevano in fazzoletti neri.
Le stesse donne,non mostravano il collo e le ginocchia in pubblico vestivano di nero e non si truccavano.
Queste donne passavano dalla casa paterna a quella del marito ,non per propria decisione e quindi da un'autorità maschile all'altra in breve tempo.
La mattina dopo la prima notte di nozze,il marito vittorioso esponeva il lenzuolo con la verginità della sposa alla finestra e la famiglia di lei,aspettava sotto il palazzo trepidante per festeggiare cotanta fortuna.
Se poi ala matrimonio non ci arrivavi proprio santa ,la mamma  che c'era già passata,ti forniva interiora di animale da porre tra lenzuolo e materasso e a quel punto l'onore della famiglia era salvo.
Le spose venivano depilate completamente altrimenti il marito le avrebbe rifiutate perchè sporche,la pelle veniva cosparsa di una mistura di olio d'oliva e semi d'arancio e i capelli lavati con aceto e purea di mele.
Una volta mogli,si accingevano a fare cio' per cui erano destinate,occuparsi della casa e del marito e fare il loro dovere talare,mettere al mondo figli e occuparsene e stare attente a non mettere al mondo molte femmine.
Già,le femmine non erano proprio ben accette.
Aspettavano i mariti al ritorno dal lavoro,toglievano loro le scarpe e infilavano le pantofole,non ceneavano mai con loro  in sala da pranzo,lo facevano in cucina oppure prima del suo atteso ritorno
.Se accadeva che marito e moglie fossero allo stesso tavolo doveva essere Natale o una grande occasione.
Se amici del marito o in precedenza del padre,arrivavano a far visita correvano di filato in un altra stanza.
Uscivano solo per la messa,per la spesa e sempre accompagnate e con lo sguardo basso e passo svelto.
Avevano imparato che esitevano solo tre cose al mondo,l'uomo,il prete e la loro casa.Non avevano il permesso di pensare,lavorare e produrre per se stesse..erano donne.
Erano tempi in cui la chiesa era madre consolatrice,consigliera giudice e boia.
Erano altri tempi,ma erano i nostri tempi,questi ricordi sono ricordi di famiglia e io non vivo in medio Oriente e questi racconti li ho ascoltati nel mio caldo dialetto.
Non mi sconvolgono e li rispetto come tali,sono racconti di nonne del sud Italia a cui la vita è stata raccontata cosi e in quel modo l'hanno vissuta.
Quando ho letto il primo libro sulla cultura islamica,non mi pareva vero di trovarci dentro i ricordi di famiglia,ho pensato che probabilmente le antiche conquiste avevano facilitato la somiglianza.
Per questo oggi mi sconvolge questa critica dura,perchè noi stessi abbiamo vissuto le stesse identiche cose e non molto tempo fa,siamo figlie e nipoti della stessa rigidità.Abbiamo atteso l'emancipazione e preteso i nostri diritti ma questo non ci rende migliori e giudici di alcuno,specie se quel qualcuno ci assomiglia poi non poco.
Siamo state tutte donne d'oriente e il velo l'abbiamo portato tutte almeno una volta nella vita e continuiamo a portarlo in certe circostanze ancora oggi.
Comprensione e memoria questa è la chiave.

opera:donne del sud

 
 
 
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