Creato da: armail il 21/12/2005
Ovvero, se non offendi dimmi pure

Area personale

 

Tag

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

I miei Blog Amici

Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Ultime visite al Blog

elven.mianopropagatorelikingcoop.emerarosanelvento000sorboledglfra.debenedettifabbossabytraginetta8indovina.valeriaalex_diserioarmailalberto.maulinicitron41
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

 

In difesa di Libero

Post n°6 pubblicato il 15 Giugno 2006 da armail

Ho scritto più volte nei miei interventi che trovo spesso spunti condivisibili in tutti i blog, da quelli di sinistra a (un po' meno, purtroppo) quelli di destra. Ultimamente però, nell'orgasmo da vittoria delle elezioni, qualcuno inizia a esagerare nelle sue polemiche d'altri tempi: è incredibile che ci sia ancora gente che quando parla continua a vedere negli avversari fascisti, nazisti e quant'altro e che chiunque non gli dà ragione debba appartenere a queste categorie! Ma in che mondo vive?!

Passando ai contenuti, leggendo le scemenze varie scritte da pseudocomunistelli sarà opportuno che qualcuno prenda le difese del blog che ci ospita.
1) E' un sito privato, con le sue regole, condivisibili o meno: se non si rispettano i messaggi vengono cancellati, ma non si può parlare certo di censura. Ognuno è libero di esprimere le sue idee in pubblico, ma su un sito privato si rispettano le regole!
2) Proprio quelli che gridano alla censura dovrebbero rispondere a qualche domanda:
- perchè quando Libero cancella (giustamente) blog fascisti non dicono niente? Ma non era mica gestito da fascisti?
- perchè gridare allo scandalo per la presunta censura e poi inneggiare alla censura di Fidel Castro come cosa giusta e dovuta perchè è in difesa del popolo?
La cosa più divertente è che questo blogghisti a tempo perso (a vedere dalla frequenza scrivono dal lavoro o non fanno un c. tutto il giorno) a conclusione di tutto hanno tirato in mezzo la Chiesa: ve li vedete voi i tipi di Libero che cancellano i messaggi perchè gliel'ha detto Ruini?
Il problema è che non si accorgono neanche di quando superano il limite del ridicolo. D'altronde, da chi ha storicamente sempre fatto la scelta sbagliata è difficile aspettarsi di più...

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Sono proprio fortunato: veterocomunista, veterofemminista, anticlericale.

Post n°5 pubblicato il 01 Giugno 2006 da armail

Mi presento: sono Trullo Verde e dalla mia storia capirete il perchè del mio nome.

In questi anni ho studiato molto, letto molti libri, ma non mi è servito a granchè: la lettura era sempre e solo indirizzata a confermarmi nelle mie ragioni, ho scartato esplicitamente tutto ciò che non collimava con l'idea che pensavo, in buona fede (almeno agli inizi del mio cammino), fosse quella giusta.

Già da qualche anno il femminismo storico segna il passo: almeno nei paesi occidentali, malgrado le disparità tra uomo e donna rimangano evidenti e marcate, non c'è più la rabbia giusta, l'impegno delle donne, la ribellione contro le leggi panda che insultano anzichè affermare la parità.

Poi c'è stato il crollo comunista dell'89. Ma questo,spiazzandomi, mi ha inacidito: non posso permettere che ciò in cui credevo, al di là delle buone intenzioni, avesse creato nei fatti (e non nella teoria)  dei morti e delle ingiustizie peggiori di quelle contro cui combattevo.

La delusione si è trasformata in rabbia e, sommata a quella per la lotta femminista un po' latente, mi sono gettato a capofitto contro l'ultimo obiettivo che mi è rimasto: il cattolicesimo e il Papa. Qualsiasi cosa è colpa loro: io, comunista fallito, ho sempre lottato per un mondo più giusto, loro sempre e solo per arricchirsi. Difendo solo i preti poveracci che sono in missione: mi permettono di rimanere in pace con la mia coscienza (anche se, da ateo non ce l'ho), faccio bella figura perchè è politicamente corretto e poi, diciamocelo, non rompono i coglioni perchè sono lontani.

Per il resto, se gli italiani decidono di far fallire il referendum è colpa di Ruini, non una loro libera scelta: io sono illuminato, io scelgo, loro no, sono sempre e solo dei pecoroni. Se la Chiesa è contro la guerra sono in piazza insieme, anche se un po' discosto, perchè mi fa comodo; se è contro i Pacs attenta alla mia libertà, anche se non vota, ma dice solo quello che pensa. L'opinione è legittima, ma solo se è uguale alla mia.

Del resto ho sempre teorizzato la violenza e la rivoluzione come inevitabili strumenti per far valere le mie opinioni: non per il mio interesse, ma per il popolo: ci vuole solo un gruppo di illuminati che decida per tutti. Già un grande filosofo ci aveva tentato nella Magna Grecia ed è stato preso a sassate, ma è un episodio di storia che posso ignorare: è tanto lontano che nessuno se lo ricorda. D'altronde, se posso far finta di niente con l'Unione sovietica di pochi anni fa, figurati con l'antica Grecia!

Capite il perchè del mio nome? Sono rosso, ma Verde dalla rabbia che schiumo perchè vedo che in pochi mi ascoltano.

Sono fuori posto perchè vivo nell'Europa Occidentale e invece vorrei essere nell'unione sovietica di Beria, appunto, come un Trullo in Sardegna.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Senato, arrivano i trotzkisti

Post n°4 pubblicato il 25 Gennaio 2006 da armail

Riporto un articolo del corriere di ieri:

Noi spina nel fianco di Romano
Bertinotti apre alla minoranza interna: 8 i seggi sicuri
Ferrando: così smonteremo il programma dell'Unione
Al contrario di categorie affini — trolls, licantropi, grandi sauri — i trotzkisti non sono creature fantastiche, una specie estinta, una bizzarria del creato. Esistono e forse vinceranno anche loro le elezioni. Ci fu un tempo in cui praticavano l'entrismo, sottile tattica che consisteva nell'iscriversi al Pci per tentare di condizionarlo. Oggi anche i romantici della politica si sono fatti più ambiziosi: entrismo sì, ma non nei partiti; direttamente in Parlamento. «Con l'obiettivo di riportare all'opposizione prima Bertinotti e poi correntone Ds, Comunisti italiani e Verdi, contro Prodi e i liberali» annuncia Marco Ferrando, leader dei trotzkisti italiani.

Gli irriducibili in Parlamento stavolta ci saranno davvero. Almeno quattro al Senato, intenzionati non a esercitare un diritto di tribuna o a rendere una testimonianza, ma a condizionare una legislatura che in particolare a Palazzo Madama si prevede giocata all' ultimo seggio. L'altro ieri il comitato politico nazionale di Rifondazione ha deciso le teste di lista per le Politiche. Ferrando puntualizza che non c'è stata nessuna trattativa, quindi nessun accordo: i posti sono stati «octroyés», concessi da Bertinotti. Che alla minoranza interna — il 41% del partito — ha accordato il 15% dei seggi considerati sicuri. Il punto è che Rifondazione sarà la vera beneficiaria della riforma proporzionale: mentre i Ds anche in caso di vittoria dell'Unione potrebbero veder ridotta la loro rappresentanza, il partito di Bertinotti — se solo confermasse i voti delle Europee — avrebbe 60 parlamentari contro i 16 di oggi. I posti blindati per l'opposizione interna, ostile all'ingresso nel governo Prodi, sono nove. Cinque vanno al gruppo dell' Ernesto, più affezionato all' ortodossia del vecchio Pci (e alla «resistenza irachena»): al Senato Claudio Grassi sarà capolista in Emilia, Maria Campese in Puglia, Fosco Giannini in Calabria; Alberto Burgio sarà capolista alla Camera nel terzo collegio della Lombardia, Luigi Pegolo numero 2 in Campania; riconfermata l'unica deputata uscente, Marilde Provera. Poi ci sono i duri di «Sinistra critica», eredi di Livio Maitan quindi trotzkisti, anche se meno di Ferrando. Sono Salvatore Cannavò, numero 2 alla Camera a Roma dopo Vladimir Luxuria, e il senatore uscente Gigi Malabarba, che si ricandida in Liguria ma con l'accordo di dimettersi il 20 luglio e lasciare il seggio ad Heidi Giuliani, nell'anniversario della morte del figlio Carlo. Poi c'è Ferrando, che sarà capolista al Senato in Abruzzo e conta di strappare altri posti per i colleghi del suo gruppo.

Tutto si sarebbe atteso dalla vita il leader trotzkista, tranne usufruire di un premio di maggioranza. Genovese, 51 anni, esordio nel gruppo bordighista «Lotta comunista» e poi militanza nella Quarta Internazionale, non si può dire che per il laticlavio abbia concesso molto: la sua conciliante relazione al comitato politico si intitolava «No al governo con i banchieri dell'Unione». «Ogni leader del sedicente centrosinistra rappresenta una banca — sostiene Ferrando —. D'Alema l'Unipol, va da sé. Prodi, Banca Intesa. Tutti e due l'Unicredit. Rutelli, la Bnl e Montezemolo». E lei Ferrando dovrà votare la fiducia. «Io spero ancora che il mio partito ci ripensi. In ogni caso, Prodi dovrà fronteggiare una forte opposizione sociale di sinistra, di cui saremo il referente politico. E si troverà davanti una serie di scogli, su cui Rifondazione non potrà transigere. Non possiamo mandare all'estero un solo soldato, anzi dobbiamo farli rientrare tutti, non solo dall'Iraq ma anche dall' Afghanistan e dai Balcani. Il programma di Prodi è la negazione di ciò per cui siamo nati: dovremo smontarlo pezzo per pezzo. No alla continuità con la riforma Dini delle pensioni, contro la quale facemmo ostruzionismo in Parlamento; no allo spirito di Maastricht, il cui rifiuto fu alla base della nascita di Rifondazione. Sì all'uscita dalla Nato, nostra antica battaglia, e all'abolizione totale della legge 30 sulla precarietà del lavoro. No all'aumento delle spese militari. No a tagli alla spesa sociale. No agli aiuti alle imprese, neppure per la ricerca e le nuove tecnologie, perché il conto lo pagherebbero i proletari». Proletari che Ferrando vagheggia di unire in un «Polo autonomo di classe», da Mussi a un Bertinotti recuperato alla causa.

«Come tutti quelli che si affacciavano alla politica, incontravamo a ogni passo i trotzkisti, gente proba che aveva atteso cent'anni ed era pronta ad attenderne altri cento. Noi invece avevamo fretta» ha raccontato Adriano Sofri, a proposito di un tempo precedente il '68. Coltivavano allora simpatie trotzkiste personaggi come Rino Formica e Giorgio Ruffolo, futuri ministri socialisti, e Paolo Flores d'Arcais. «Credo che anche Nanni Moretti sia stato dei nostri — rievoca Ferrando —. Di sicuro ricordo, a una riunione nel 1980 del gruppo torinese legato a Maitan, una splendida Alba Parietti. Pure Anna La Rosa mi ha confidato un passato trotzkista, ma ho qualche dubbio». L'obiettivo ora è rifondare l'Internazionale. «Siamo in contatto con il Partido da causa operaria brasiliano, che attacca Lula da sinistra, e con il Partido obrero argentino, il protagonista del movimento piquetero e dell'occupazione delle fabbriche, la Sasetru, la Zanon, la Bruckman. Siamo già all'opposizione dei nuovi governi di centrosinistra in Uruguay, con il Partido socialista de los trabajadores, in Cile, con la Liga socialista revolucionaria erede del glorioso Mir, e pure in Bolivia con Oposición trotzkista, che ha dato indicazione di voto per Evo Morales e ora lo combatte; anche se magari avessimo Morales al posto di Prodi... In Grecia è attivo l'Eek, partito comunista operaio. In Francia i partiti trotzkisti sarebbero due, ma non andiamo d'accordo né con la Ligue di Krivine, ormai piegata alla logica dell'unità a sinistra, né con Lutte Ouvrière della Laguiller, troppo settaria. Però abbiamo i nostri contatti: la Gauche communiste, nata da una costola del Pcf; il compagno Gramar, esule argentino messo in minoranza nella Ligue; e i Travailleurs révolutionnaires, molto forti nella zona di Bordeaux». E Bertinotti? «Ho letto un suo elogio nell'ultimo libro di Peppino Calderola. Segno che sta sbagliando. Non mi convince neppure la svolta nonviolenta. Per rovesciare il sistema non va esclusa la violenza di massa, che è ben diversa dal terrorismo; tanto più che le classi dominanti la esercitano su quelle soggette».

Sono senza parole...

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Beato il popolo che non ha bisogno di eroi

Post n°3 pubblicato il 24 Gennaio 2006 da armail

È da tanto che voglio scrivere queste righe, ogni volta almeno in cui penso alla situazione politica e a Berlusconi.

E’ inevitabile, si finisce sempre lì. Piaccia o meno, lo si approvi o lo si detesti, bisogna riconoscere che è un personaggio fuori dal comune.

Senza voler entrare nella stretta attualità politica, inquinata com’è da ambo le parti, dalla foga della campagna elettorale, si possono oggettivamente (per quanto ciò possa avere un senso, parlando comunque di interpretazioni e, quindi, di opinioni) delineare alcune riflessioni.

 Tanto per usare frasi-tormentone in voga all’epoca, la famosa “discesa in campo” di Berlusconi, è bene ricordarlo, è contemporanea della “gioiosa macchina da guerra” con cui l’ex partito comunista di Occhetto si apprestava alle prime elezioni dopo il crollo dei partiti tradizionali per Mani Pulite.

I vuoti in politica si colmano, si diceva, e Berlusconi l’ha fatto, proponendosi con buona sfacciataggine come uomo nuovo estraneo alla politica e ricompattando gli orfani del defunto pentapartito.

Politicamente una mossa audace e magistrale, recuperando in funzione anti-comunista tutto ciò che ne era escluso, dall’attuale Alleanza Nazionale alla Lega Lombarda. Un po’ quello che sta facendo ora Prodi: è innegabile che il punto d’unione comune all’eterogenea coalizione è in buona parte l’avversione a Berlusconi.

Questa mossa audace e magistrale è stata, secondo me, un acceleratore che ha permesso al centrodestra di ricompattarsi, ma solo dal punto di vista elettorale. E’ avvenuta così velocemente che è mancato il tempo per costruire una base solida e radicata, una sorta di gigante dai piedi d’argilla che protegge disperatamente il suo leader. Mancando Berlusconi nulla unisce Bossi a Casini o a Fini, così come, sul versante opposto, mancando il Nemico catalizzatore di tutte le avversioni (responsabile di tutto ciò che non funziona: manca solo la pioggia, ma presto ci si arriverà) non si capisce cosa possa unire Castagnetti a Boselli e Capezzone, senza parlare dei soliti Pecoraro Scanio, Di Pietro (sicuramente non uomo di sinistra) e Cossutta/Bertinotti.

Dal punto di vista strettamente politico, quindi, la “colpa” principale di Berlusconi è l’aver “distratto” la politica, richiamando l’attenzione sulla sua figura, nel momento in cui era necessario metabolizzare la furia moralizzatrice di Mani Pulite e la spinta maggioritaria promossa dal referendum.

L’immediato successo elettorale ha nei fatti impedito, accelerandolo troppo, il processo di formazione dei due schieramenti alternativi; in altre parole, la sua discesa in campo ha provocato una troppo rapida formazione dei due schieramenti, impedendo loro di formare unioni basate su punti in comune e non sul consenso/avversione verso l’uomo forte.

Per accorgersene, in fondo, basta rispondere alla domanda: augurandogli lunga vita, al ritiro dalla politica di Berlusconi cosa resterà del bipolarismo? Sicuramente in politica una soluzione si trova sempre, ma il rischio è che si siano persi anni preziosi per la formazione dell’alternanza e del bipolarismo, proprio quando questo stava nascendo sulla spinta dei referendum popolari in favore del maggioritario (e la nuova legge elettorale ne è in questo senso un’altra sciagura) e c’era la possibilità di costruire una coscienza virtuosa del meccanismo. La sensazione è che, avendo storicamente sperimentato il bipolarismo solo come contrapposizione di figure forti, nel dopo-Berlusconi gli italiani saranno tentati di cercarne sempre uno nuovo anziché seguire il più faticoso cammino verso soggetti il più possibile omogenei e alternativi.

Una piccola nota storica, infine. Da sempre, guardando ciò che è avvenuto in passato, il popolo ha cercato l’uomo forte, il salvatore della patria nei momenti difficili e di cambiamento, salvo poi stufarsene e, quasi sempre, rivoltarglisi contro: da Giulio Cesare in poi, arrivando a Craxi le stesse persone che pochissimo tempo prima l’osannavano si sono ritrovate davanti ad un hotel per tirargli monetine e augurargli il peggio possibile.

“Beato il popolo che non ha bisogno di eroi”, si diceva, ma anche beato chi resiste alla tentazione di ergersi a salvatore della patria; ciò a vantaggio della patria stessa, ma, soprattutto, per lui.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Perchè le donne abortiscono?

Post n°2 pubblicato il 13 Gennaio 2006 da armail

Periodicamente, nei vari blog, prendendo spunto da quello che dice il Papa o un esponente di sinistra si trovano sempre le stesse invettive o difese d'ufficio pro e contro l'aborto.

La difesa parte dal diritto di ciascuno ad esprimere la propria opinione, l’attacco la giudica un’interferenza nella libera scelta della donna. C’è del vero in entrambi, ma non se ne esce. Infatti se si scorrono i vari interventi sono più o meno sempre gli stessi.

Vi propongo allora di affrontare il problema da un altro punto di vista, cioè da una domanda quasi banale quanto è semplice: perché le donne abortiscono?

Stiamo parlando ovviamente dei casi che rientrano nella legge attuale, non di quelli terapeutici o dei casi estremi.
La prima che mi viene in mente è: perché si trovano in difficoltà nel loro ambiente ad avere un figlio in quel momento. Ciò può essere dovuto a motivi di ambiente sociale (figlio fuori dal matrimonio), di opportunità per la propria carriera (un figlio al momento sbagliato stronca la carriera)… Vi invito ad elencarne altri.

Chi vuole bene alle donne quindi secondo me dovrebbe operare per risolvere questi impedimenti sociali: da entrambi gli schieramenti infatti si riconosce che comunque l’aborto è un dramma per la donna stessa. Ciò che veramente non è accettabile quindi è che una donna si veda indotta o addirittura costretta ad abortire per una violenza (spesso, ma non sempre) psicologica.

Chi riduce l’aborto alla semplice libera scelta della donna rischia (a volte senza neppure saperlo) di nascondere quindi questa verità dietro una mezza verità come la libera scelta della donna, trasformando una vergogna sociale (la violenza psicologica e l’iniqua disparità di trattamento della donna) in una conquista sociale!

La legge dell’aborto, seguendo ciò che ho detto, è quindi un male necessario, non una conquista sociale: finchè non verranno meno i motivi per cui una donna è indotta ad abortire (sempre escludendo i casi clinici) è ingenuo sostenere che ogni donna deve avere il coraggio di ribellarsi ai condizionamenti sociali.

L’abolizione della legge non farebbe altro che far aggravare la situazione, col ricorso all’aborto clandestino o a vite distrutte perché incapaci, a seconda dei casi, di sostenere la vergogna o il rimpianto per una carriera interrotta.

Cancellare vergogna e motivi di rimpianto: sono queste le vere conquiste sociali!

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963