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In fondo, alle volte, è giusto così.

Post n°167 pubblicato il 21 Agosto 2009 da And_But_Not_The_End

Guardi nervosamente l'orologio e ti sembra che il tempo, quel tempo, quello che in un sospiro segue le foglie portate via dal vento, ecco, proprio quel tempo sembra non passare mai.

Sei ancora lì, come ieri, come tutti i giorni in cui con ogni tipo di scusa idiota le dicevi che non le avresti mai permesso di tornare a casa da sola.

Anche se la sua zona non è malfamata come la tua, anche se sono solo 10 minuti a piedi, anche se potresti dire tutti gli anche se del mondo.

Ma io anche oggi l'avrei accompagnata a casa.

E l'avrei vista sorridermi, darmi un bacio a metà tra labbra e guancia, uno di quei baci che ti fanno incazzare da morire, perchè non sai mai se sono voluti o meno, se si è sbagliata o se voleva sfiorarti le labbra per dirti "allora, ti muovi o no? io aspetto solo te".

Che bello avere 15 anni, non capire ancora nulla della vita, non pensare nemmeno a cosa possa essere la tua vita, a cosa possa riservarti, a quante emozioni porgerai implorante la mano, a quante lacrime abbandonerai i tuoi occhi, a quante stelle affiderai la notte i tuoi dormienti respiri.

Sognavi Andre, sognavi anche allora.

Sognavi di essere il suo eroe, sognavi di salvarla da questo o quel cataclisma, sognavi di sentirti dire che sareste stati insieme per sempre.

E in fondo, nemmeno l'avevi riconosciuta, dovevi solo andarla a prendere quella prima volta, ti passò di fianco e tu?

E tu tra te e te "Ma no, è troppo bella, non può essere lei".

E di colpo, rientrando a casa, un vocabolario di latino, mia madre a dirti che i pluralia tantum sono questo questo e quest'altro -me li ricordo ancora, ma non mettetemi alla prova a quest'ora vi prego-, occhi a te, occhi a me.

Eri tu.

E in quel nano secondo in cui la porta mi si chiudeva dietro le spalle e le tue labbra tinte di rosa e rese morbide, ancor più morbide dal burro cacao si aprivano per dirmi Ciao, io sognavo.

Pensavo che eri bella, troppo per lasciarti al triste destino di un Cum narrativo o una consecutio temporum, troppo per non dare alla mia fantasia il lasciapassare per una lunga storia d'amore, il primo bacio, la prima volta, le canzoni, le passeggiate mano nella mano, le figure di merda.

Sì, perchè io ne faccio sempre tante.

"Ciao Andre, ti ricordi di me?".

Sì, ora sì.

E come potrei dimenticarti.

Camminavo avanti e indietro sotto casa tua quel pomeriggio, quello dopo lo "ieri" in cui ti avevo accompagnata a casa.

Volevo che tu fossi mia, volevo suonare il tuo citofono dirti di scendere, abbracciarti, tenerti stretta a me, guardarti negli occhi e dirti che tutti quei 10 minuti a piedi erano stati splendidi, che tutti quei baci a metà erano stati linfa vitale, nutrimento per il mio sogno, dirti che la mia favola aspettava la sua protagonista.

E che dietro di noi era pronto un C'era una volta.

Camminai, avanti e indietro, sotto casa tua, quel pomeriggio.

Guardai bambini e mamme, e nonne, e nonni, e cani, andare tutti al parco di fronte alla tua finestra, vidi il sole saltare in alto a mezzodì e ricadere verso il basso verso le sei, vidi il cielo passare dal ceruleo e intenso all'arancio, rosso, rosa, velato dalle nubi, e diviso dai rami secchi degli alberi che si apprestavano al loro ennesimo inverno.

Ho camminato tanto quel giorno, pensando a cosa dirti, a come dirtelo, a cos'avresti risposto.

Avevo 15 anni e avevo ancora paura di tutto, ancora non capivo che la paura non è una cosa da evitare, ma è una cosa da abitare.

Non importa quante paure tu abbia, non sei più o meno forte se fai finta di essere invincibile, la paura va accettata, devi sapere che quando volerai ti tremeranno le gambe dall'inizio alla fine, maledirai tutto e tutti, soprattutto te stesso perchè sei un coglione e avresti dovuto lasciar perdere.

Ma volerai lo stesso.

Avrai sempre paura di tutto, come quella volta a 15 anni quando dovevi dichiararti alla donna che amavi.

Vivrai sempre con il cuore in gola, il pensiero costante che qualcosa sta per succederti, di positivo, di negativo, non lo so.

Inizierai un nuovo livello, saltellando come Super Mario, vedrai città, conoscerai amori, emozioni, sofferenze, anime perdute e anime che ancora non si sono trovate, alberi spogli e rigogliosi sempreverdi, treni, aerei, uccelli che migrano e ti seguono ovunque, onde del mare, scogli avvolti dai flutti che riemergono ogni volta, neve, sole, grandine e tempesta.

Vedrai tutto, perchè hai una vita davanti, da vivere, che varrà la pena di essere vissuta in ogni attimo, in ogni sorriso sfatto e ansante con cui ti rimboccherai le coperte la notte, conscio che una nuova stella si è aggiunta nel cielo.

Ne avrai tante da guardare, il tuo bel cinema, con la tapparella sempre alzata.

Apri gli occhi Andre, ora basta camminare.

Hai 15 anni, avrai tutto il tempo per farlo e per renderti conto che alla fine di fiato ne hai tanto per correre e correre ancora.

Suonai quel citofono, dopo 6 lunghe ore di avanti e indietro in quella via, davanti al parco, sotto al suo balcone.

Le avrei detto che la amavo e che volevo stare con lei.

"No, non c'è, è andata a studiare da un'amica e si ferma a cena da lei."

Il sole è tramontato.

Il sogno, anche per oggi, è rimasto chimera, è rimasto desiderio da cullare in un'altra notte di morfeica ispirazione.

Ho camminato per 6 ore e alla fine tu non c'eri.

Un altro bacio dato a metà, a metà tra l'averlo sentito e il non averlo assaporato ancora.

6 ore, tanti di quei 10 minuti che abbiamo passato insieme.

Sorrisi, tornai a casa, percorrendo ancora una volta quei 10 minuti, sperando che domani, sì, domani, tu saresti stata lì con me a guardarmi ancora una volta, donarmi l'ennesimo batticuore e prendermi per mano, dicendomi che eri tu, bella, troppo bella per una versione di cicerone o per il de bello gallico di cesare.

Eri tu, lo sei stata e a 15 anni, quelle 6 ore, sono state a loro modo bellissime, di cui riderci, tante e tante volte, quando dopo, a cose fatte mi avresti detto che anche quella volta, avevo fatto una bella figura di merda.

Ma in fondo, alle volte, è anche giusto così.

 
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