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Accadde vent'anni fa: Radiohead "Pablo Honey"

Post n°56 pubblicato il 13 Febbraio 2013 da sanavio.stefano
Foto di sanavio.stefano

Questa storia inizia verso la fine della seconda metà degli anni ottanta a Oxford ed ha come protagonista Thom Yorke reduce dall’esperienza scolastica con i TNT con Colin Charles Greenwood, che chiama a sé il chitarrista Edward John O’ Brien e il batterista Philip James Selway. L’organico è completato dal fratello minore di Greenwood, Jonathan Richard Guy e come per magia dopo una lunga gavetta fatta di piccoli pub e tanto sudore arriva la Parlophone a proporre un contratto discografico di serie A, anzi, visto che siamo nel Regno Unito da premier league. Arriva anche il nome definitivo col quale saranno famosi prelevato da una canzone dei Talking Heads dall’album "True Stories". Non di meno si parte col botto con il singolo "Creep" datato autunno ’92, gran pezzo moderatamente ballabile, denso, drammaticamente indolente che sfocia nel liberatorio grattugiare della chitarra come ha insegnato qualche anno prima Kurt Cobain; un pezzo che vende abbastanza soprattutto nei circuiti underground grazie al passa parola che purtroppo, in anni recenti, ha subito l’onta della cover di uno scialbo Vasco Rossi.

Febbraio 1993, vent’anni fa esatti esce "Pablo Honey", esordio sulla lunga durata dei Radiohead e che vende oltre le più rosee aspettative (arriva nei top trenta della classifica britannica) agli albori degli anni novanta dove in realtà non c’è tanto grasso che cola in materia di pop music. Oltre a "Creep" stupiscono "Stop Whispering" che li fa etichettare come i nuovi U2 da una stampa specializzata frettolosa e poco attenta, la grintosa "How Do You?" dalle chitarre quasi glam (e Thom che fa il verso a Bowie), la notevole "Anyone Can Play Guitar" (è vero, tutti possono, ma con delle notevoli differenze) buona anche per quattro salti in compagnia, in chiusura la swingante "Blow Out", con chitarre ruffiane che scaldano il cuore ma ad un certo punto cambiano registro e partono per l’assalto finale. Altri saranno i grandi album che usciranno in seguito, da ricordare brevemente "Ok Computer" del ’97 che contiene quella lunga, ipnotica suite anti commerciale (che esce come singolo alla faccia delle convenzioni e convinzioni delle major) che toglie il fiato da quanto è perfetta; ah dimenticavo il titolo, ma penso che chiunque ha ascoltato il disco sa che sto parlando di "Paranoid Android". E "Karma Police" dove la mettiamo? Anche "Kid A" del 2000 merita menzione, l’ultima fatica è di un anno e mezzo fa e si chiama "The King of Limbs" e non soddisfa del tutto i fan, meglio avevano fatto nel 2008 con "In Rainbows", album promosso in rete con moderato successo sia dal pubblico che dalla critica.

 
 
 
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