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In fila

Post n°20 pubblicato il 28 Luglio 2008 da antonio.facchiano
 

Ecco, questa notizia del manichino sulla sedia elettrica, attrazione in un parco divertimenti (http://temporeale.libero.it/libero/fdg/2028645.html ) mi mancava. La GENTE va, si mette in fila, mette un euro e guarda lo spettacolo di un manichino che muore, in maniera violenta e molto realistica.

La notizia mi ha stupito ma io sono molto ingenuo e credo ancora alle fate.

Gli antichi andavano nelle arene a vedere i gladiatori sgozzarsi; tanti spettatori pagano il biglietto per guardare al cinema scene tremende dove succo di pomodoro scorre a fiumi, e gli attori vengono torturati per finta, ma intanto loro, gli spettatori, si divertono, e spendono la loro moneta e si mettono in fila per comprare il biglietto.

Non siamo diversi dagli antichi romani, o dai noi stessi di sempre. E il progresso tecnologico, tumultuoso, non va di pari passo con il progresso delle coscienze.

Quello che la tecnica ha reso possibile, ha  spesso ricadute etiche  ormai troppo ampie.

In fila in attesa.

L’attesa di qualcosa che accada, di qualcuno che deve arrivare, e mentre sei lì, convinto che ci vuole ancora tempo… tac! Quel qualcosa accade, quel qualcuno arriva e ti trova impreparato.

Tutto sommato questa vita è un film.

-   Lo posso guardare da fuori, seduto su una poltrona comoda oppure seduto sugli scalini duri; davanti allo schermo-tendone bene in vista, o seminascosto dietro una colonna. Posso essere in fila in attesa di entrare nella sala, al fresco oppure sotto la pioggia.

-   Posso  esserne uno degli attori, magari solo una comparsa ma pur sempre uno degli attori che manda avanti la scena, oppure uno dei protagonisti principali.

- Posso esserne il regista e prendermi la responsabilità se è un fiasco o scaricare la colpa sulla concorrenza sleale; posso essere l’autore di un capolavoro di cui si  parla ancora dopo 50 anni, oppure oscuramente fare, onestamente fare, senza che nessuno se ne accorga; silenziosamente, ma fare.

Posso scegliermi il mio ruolo, o attendere che qualcuno decida per me.

Posso soffrire in silenzio o urlare con rabbia; posso gioire in silenzio o ad alta voce; posso perfino morire in silenzio, o farlo ad alta voce.

Posso

fare quello che voglio, non perchè questo mi sia concesso da qualcuno, ma perché in fondo è solo la mia volontà che mi distingue da ogni altra cosa, pianta, animale o persona.

Posso anche pagare un euro e far morire un manichino a colpi di scariche elettriche, e poi mettermi di nuovo in fila.

 

Antonio Facchiano

 
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