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Un blog creato da codadipavone il 31/10/2008

Apollo Errante

Prospettive rovesciate, segni e segnali dell'anima di Roberto Caravella

 
 

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Apoftegmi Spartani e la trincea democratica - ultimo appello al Bue d'Arcore

Post n°66 pubblicato il 03 Novembre 2011 da codadipavone
Foto di codadipavone

Il Tebano Plutarco, cresciuto e vissuto all'ombra della cultura d'Atene tra il 64 e il 119 d.C ci ha lasciato tante cosine belle e interessanti che i più "secchioni" - come li chiama mio figlio - forse troverebbero anche e curiosamente degne di attenzione. Tra queste spiccano i Moralia in cui sono contenuti aforismi morali spesso sagaci ma più spesso allusivi, in stile criptico ma asciutto, al contempo oracolare ed apodittico. Insegnamenti limpidi fondati su una moralità essenziale e salvifica in cui spicca l'amor patrio, la libertà, il coraggio, la coerenza.

Penso al nostrano bue d'arcore ignaro emulo di cotanto laconico rigor d'intelletto.

Purtroppo non è comprensibile come possa continuare a essere convinto che il suo sorriso sia magnetico e convincente come i suoi contenuti degni di nota e di rispetto. Continua implacabile a raccontare storielle come quella che gli ha riferito il suo amichetto russo. Sorride, riferendo una specie di barzelletta di cui egli stesso è protagonista (ma va'?) che - da come l'ha raccontata - non l'ha capita neanche lui, ma che non sa che milioni di italiani la conoscevano da decenni (la versione divertente...) e che gli è stata tradotta in italiano/romanesco dal russo. Chissà chi l'ha raccontata a Putin traducendola (e come?) dal romanesco al russo moscovita? Cosa avrà capito? probabilmente l'ha buttata lì pensando: "magari lui la capisce..." Ma il bue d'Arcore sorride. Ignaro e mentecatto. Sorride con la sua dentiera al corindone. Dietro di lui uno stuolo grigio e indefinito di oscuri seguacipusillanimi lo segue blandendolo e sorridendo condiscendenti lasciando lunghe scie di bava densa e biancastra che neanche un San Bernardo riuscirebbe a produrre dopo una corsa ai tropici. Gli stanno dietro, si sa, perchè così portano a casa la pagnotta, perchè in questo modo, sono esenti da procedimenti di qualsiasi tipo - civile, penale - nei loro confronti qualora ne avessero (!?!).

Ma il bue d'Arcore farfalleggia svolazzando leggiadramente tra i banchi di camera e senato (come un macaone tra i fiori del frutto della passione) succhiando sostenitori come nettare qua e la nel tentativo di mantenere in vita questa situazione che sa più di trincea devastata che di crisi sociale. Forse non abbiamo capito che ormai tutto è perduto, la clessidra ha consumato il suo ultimo granello di sabbia. E lui sorride, racconta barzellette... Ci incita a fare lo stesso perchè così la vita appare meno dura. Chissà se io racconto una storiella alla cassa del supermercato mi fanno uscire senza pagare, o magari con uno sconticino e un sorriso?

Voi tutti avete di certo un lavoro; molti di voi lavorano senza stipendio, molti di voi lavorano al nero, molti di voi non lavorano più perchè sono stati buttati fuori dalla finestra... molti lavorano per un tozzo di pane sgobbando come muli. Pochi, pochissimi non fanno un benemerito accidente, e magari sorridono beffardi, e si ritrovano in tasca fior di quattrini che neanche potrebbero usare in tre vite. Questa è una barzelletta! Come è una barzelletta la trovata geniale che ha avuto la fantomatica maggioranza di governo  in questi anni tormentati. In un qualsiasi concorso per titoli, a parità di punteggio, si preferisce il candidato più giovane! Questa si che è una barzelletta! ah ah ah.... intanto però gli stessi vogliono mandare in pensione la gente a settant'anni... ah ah ah... Il bue Berly è proprio simpatico! Inoltre è ancor più esilarante l'idea che chi si ritrova a quaranta, cinquant'anni alla disperata ricerca di un lavoro che dia un pò di respiro almeno per due o tre anni, si veda scaraventato dentro il paradosso più paradossale: il figlio viene assunto (teoricamente...) e lui, papà, va a spasso; al sabato il padre va dal figlio per chiedergli se può lasciargli dieci euro per la paghetta settimanale... ah ah ah! Il pezzo migliore? Immaginate quale delle cinque dita della mano destra mostri l'amato figliolo: L'hai voluto Berlusconi? tiè!Ma il bue d'Arcore continua a mostrare la sua corindonica protesi da ottantamila euro.

Provate a chiedere in giro chi sia disposto ad offrirvi un lavoro, loro si che troveranno il modo di ridere. Eppure tutto ciò che sa pensare il bue d'Arcore è di sfilare altri soldi dalle tasche di tutti meno che da quelle sue e dei suoi accoliti. Paese più tassato al mondo, più gabellato dell'universo, con meno lavoro di quanto ce ne sia nell'entroterra del Burundi, deriso da tutti i popoli della galassia, inaffidabile sotto ogni profilo, si cerca ancora di sottrargli quel poco che resta e anche quel che più non c'è in nome di un sacrificio collettivo per salvare l'italia dalla crisi! ah ah ah. Anche la Merkel ride come una cameriera ubriaca all' October Fest... E il bue d'Arcore riapre l'orrido delle sue fauci mostrando il corindone appena molato e lucidato credendo di essere stato simpatico e di aver fatto una sua solita battuta arguta e simpatica! E noi li, attoniti cercando di ritrovare quei dieci centesimi che avevamo poggiato sulla mensola qualche giorno fa... Suonano alla porta: La zingarella mi chiede se posso darle cinque euro.... Sono incerto se confessarle che non ho soldi neanche per comprare il pane (mi crederebbe?) o riderle in faccia. Magari le racconto la storiella del bue d'Arcore...

Roberto Caravella

 

 
 
 

Nella città Antica

Post n°65 pubblicato il 18 Giugno 2011 da codadipavone
Foto di codadipavone

 

 

Nella città antica

 

 

 

Ho lasciato che andassero

Per la loro strada.

Tutti.

Senza destino ne compagni,

nudo di me stesso

mi sono incamminato;

al mio fianco

soltanto sole alto

ed ombre larghe e rade.

 

In quel deserto di anime

Portavo con me

Soltanto timore di smarrirmi,

indolenza

e bisogno di andare avanti.

 

Compagni di giochi

Paura e coraggio,

intenti a beffarsi

del mio sentire.

Ma sono andato avanti.

 

Ho visto volti millenari

Come demoni immortali

Mutevoli e capaci

Di rivestirsi di ogni sogno,

di ogni desiderio,

di ogni incubo.

 

Ho sostenuto i miei passi

Incerti

Senza cedere

Regalando loro,

per quanto mi fosse possibile,

un incedere

tranquillo e fiducioso,

pur velato di dubbi

e aspre amarezze.

 

Poi le ombre

Si sono fatte

Alte

E il sole ha

Allargate le sue luci

Oltre il centro del cielo.

Li, sotto l’arco antico

Di pietra e sabbia,

di fiori di cobalto lucente,

ombrati si polvere

mi sono fermato

obbediente ad un richiamo

silenzioso,

e ho atteso.

 

Timore e coraggio

Si sono dileguati.

Poi nulla.

Silenzio.

Ma non invano.

 

Il buon servo

Mi ha donato il suo sguardo,

un sorriso,

come una lacrima d’acqua

all’ombra di un

sasso nel deserto.

Facendomi strada

Mi ha aperto la porta

Di cedro antico

E ottone.

 

Il vestibolo, breve e oscuro,

Ancor più

Per contrasto

Col sole ardente e

Accecante, pareva

Un abisso nero e bituminoso.

 

Oltre quell’abisso, il peristilio,

Immenso, silente e pacato,

con le sue colonne,

la sua fontana

d’acqua pura

dove colombe planavano

leggere come piume

a dissetarsi.

 

Sono stato ristorato

Con dolcezze infinite,

mi sono nutrito

di fresca aria,

di un leggero tubare,

di qualche frinire,

del continuo cicalare

di gocce d’acqua

e del liquido fruscio

del loro scorrere.

 

Ecco.

Il mio cammino mi ha condotto

Qui.

Ove il buon servo mi ha

Aperto la casa del suo signore.

Ora.

Non ho più

Paura.

 

 

R.C.

Giugno 2011-06-16

 
 
 

Un pò di Poesia

Post n°64 pubblicato il 10 Maggio 2011 da codadipavone
Foto di codadipavone

ODE

 

 

Non posso volere, non voglio.

Non posso che desiderare

Attraverso le necessità del tuo volere.

E se guardo con i tuoi occhi

Non posso che vedere i miei desideri.

Vorrei poter contare su ogni uomo,

donna, bambino o vecchio.

Vorrei che ogni uomo, donna, bambino o vecchio

Potesse contare su di me.

Vorrei che la vita mi donasse

Ciò che mi ha donato, mi dona e mi donerà.

Nulla di più.

Vorrei che l’oro fosse fatto

Di carne e sangue, di sogni e di sensi

Sottili e impercettibili come

L’anima mia.

Vorrei che dietro ogni minima parola

Tracimasse, uno per ogni istante,

Un diluvio di estasi e stupori.

Desidero poter mangiare la terra che mi divorerà.

Desidero che il tempo possa scorrere davvero

Per condurmi lì dove ogni istante risuona

Come nuovo e perfetto.

Desidero che ogni desiderio

Mai possa esuberare la pura necessità.

Desidero guardare tra il ramo e la sua spina,

tra il petalo e il suo fiore, tra il giorno e la sua aurora,

tra la notte e il suo crepuscolo, tra i sensi e la

pelle, per scorgere la soglia attraverso cui guardare al mondo.

Desidero essere un Ulisse

Per usare i miei giorni come un cavallo di Troia,

Conquistare la città perduta

 E riportare indietro la donna rapita.

Desidero ritrovare infine la quercia su cui

Posare il capo e respirare piano

di nuovo, accanto a lei, mia antica e giovane compagna.

Desidero vagare all’infinito tra dune d’acqua

E onde di pietra per scoprire

Che la mia casa è solo là, in quel

Dovunque perduto

Tra ogni sasso, tra ogni granello di polvere

Tra goccia e goccia, tra alito e sospiro

Di questo mondo sognato.

 Desidero sposa la morte, come sorella la vita

E un bacio, un umido bacio, al sapore di carne

Bagnato d’umore, acuto, salato, dolciastro, tumido,

caldo, profumato di ventre materno.

Desidero un mare, profondo, oscuro

Come la notte di Giovanni,

Per godere dell’alito dei cedri

E del palpito pacato dei gigli

assaporato sul petto dell’amata.

Vorrei dunque almeno ringraziare

Per godere del nettare speziato

Di questa imperdibile, impossibile,

oscura luminosità.

                            Roberto Caravella – 22 Aprile 2011

 
 
 

Fukushjma, la donna e il dragone - la tragedia nell'anima

Post n°63 pubblicato il 03 Aprile 2011 da codadipavone
 
Foto di codadipavone

Immaginiamo una cena con dieci invitati, magari un Natale... Immaginiamo anche che per un tacito patto ognuno abbia portato quel che poteva. Al momento di sedersi in tavola ci accorgiamo però di una realtà raccapricciante e incredibile: Scopriamo infatti, con sgomento, che due dei dieci invitati hanno portato con sè cinque piatti prelibati, quattro bicchieri a testa, otto bottiglie di vino pregiatissimo, un set di posate d'argento per quattro persone e un carrello con tanti dolci. Un'altro invitato invece ha fatto di meglio: da solo ha portato con sè quattro piatti prelibati, quattro bicchieri di baqqarat, otto bottiglie di vino e champagne pregiatissimo, un set di posate d'oro per quattro persone e due carrelli con dolci, liquori e altro... E gli altri sette? Vi chiederete...Gli altri sette hanno portato con sè qualche busta di cibo liofilizzato, posate di plastica, piatti di carta e un po di acqua minerale.Morale. Da uno studio effettuato già nel lontano 2006 è emerso che il 50% della ricchezza mondiale è in mano al 2% della popolazione totale; un altro 40% di tale ricchezza è in mano al 1% di tale popolazione. Il restante ha ben poco di che vivere. Ecco la nostra cena di Natale. E' raccapricciante perchè tutto ciò rappresenta un evidenza mai verificatasi nella storia umana conosciuta perchè ottenuta attraverso un meccanismo invisibile, intangibile, incontrollabile e, ahimè, irrimediabile rappresentato dalla virtualità tecnologica... a meno che...Ad una visione superficiale sembra che tutti i problemi del mondo siano scollegati fra loro e indipendenti: sconfiggere il terrorismo, eleggere o destituire governanti insani di mente, bloccare il riscaldamento globale, rimediare ai nefasti danni nucleari o trovare fonti alternative di energia, ridurre l'inquinamento e placare quell'insaziabile mostro consumistico che è in noi. Ma ad uno sguardo disincantato seppur attento questi problemi si risolvono in un unico problema. La buonanima di Einstein soleva ripetere che "non nè possibile risolvere un problema con lo stesso stato di coscienza che l'ha prodotto"; ecco "il" problema: se da un lato questi problemi sembrano scollegati, dall'altro sono sintomi di uno stato collettivo di una coscienza che funzionale non è più, da molto tempo.Il mondo è vittima dei grandi manipolatori (diciamo all'incirca il 3 per cento della popolazione mondiale... nda) che indicano ad ogni piè sospinto la strada della "felicità" che fatalmente conduce ad una divisione tra il nostro reale sentire e l'istinto del desiderio "senza fine". Ma chiedo a me e a voi tutti di fare la cosa alla quale siamo più abituati da cent'anni a qui, guardare un film.Nel film ci sono io; sono su un barcone sperduto nel mare. ho con me mio figlio e ho dovuto pagare il doppio della cifra prevista per me per portarlo in salvo dal mondo che mi crollava addosso al quale avevo dato tutto me stesso, i miei sogni, il mio sudore, la mia religione, la mia terra. La salsedine mi brucia la pelle e il dolore dell'incognita mi brucia l'anima. Lo guardo e spero di fare la cosa giusta; è lui, mio figlio, l'unica ragione per cui resisto così tanto: devo dargli quello che la tacita promessa ha sancito per noi all'atto del suo concepimento. Gli ho promesso la vita, non la ricchezza, non l'oro, non altro, soltanto la vita, quella che nel mio animo è degna di essere vissuta. Ed ora eccoci qui, dentro un guscio instabile in balia di un procelloso mare schiavi di un mio simile, un novello caronte senza dignità divina, che confida nel mio ultimo denaro per promettermi un altra sponda vagando sopra un traghetto più instabile dei miei stessi tormentati sentimenti.Guardo il capo di mio figlio addormentato, spio la sua salute ascoltando in segreto il suo respiro. E' vivo e mi chiedo se anche la sua anima faccia lo stesso. Mi chiedo se sel suo silenzio mi ritenga responsabile di questo istante doloroso, o se già percepisca la dolorosa e inconfessabile verità. Poi uno scossone mi scuote e il beccheggio mi riporta la mente all'equilibrio; anch'io mi faccio la stessa domanda: non sono forse io il responsabile di tutto ciò? almeno per la mia parte? Non avrò anch'io una parte di colpa? Non sarà forse giusto se mio figlio individui in me tutte le colpe anche se tutte mie non sono?E' notte, fonda, buia come soltanto l'attimo prima dell'aurora può esserlo. Un frastuono strano e roboante si mescola allo sciabordio. Un luce intensa e una voce metallica giunge dall'alto del cielo. Tramortito dal sonno e dalla devastante stanchezza nutro il dubbio che sia un angelo del paradiso o la tromba di un arcangelo. E' forse giunta l'ora del giudizio? siamo in salvo, o prossimi alla gheennah? Prego. Ascolto. D'un tratto comprendo: è un elicottero della guardia costiera italiana, e il cuore mi si apre, singhiozzo ma non troppo, mentre il sale, l'acqua, le lacrime, la gioia, il timore e mille altri pensieri mi devastano la mente. Proietto quest'immagine in un futuro sereno in cui io, mio figlio e mia moglie ricordiamo quel lontano giorno in cui uscimmo dalla morte per tornare alla vita, sorridiamo abbracciandoci e facendo battute di spirito sul paradosso nel quale io, poco più di lei e di mio figlio, ho fatto la parte dell'eroe. Mi sento fiero perchè quel mio sacrificio è servito a qualcosa, perchè dall'altra parte c'erano uomini come me che avevano dato un morso avido al fiele della vita e erano lì, dall'altra parte.La notte è lunga e giunti a terra spero in un sorriso. Ma presto mi accorgo di vedere mille, forse duemila occhi spenti e dolenti. leggo pena e disillusione in quegli sguardi che moltiplicano per mille il mio sguardo su mio figlio. Cerco acqua, ma non ce n'è. Sento odore di minzione fermentata ovunque. Vedo militari ad ogni centimetro, muri alti e gente arrogante, ben vestita con camicia nera che sbraita sorridendo falsità e offese a qualsiasi umano pudore. Qualcuno mi si avvicina offrendo un po' d'acqua a mio figlio e ringrazio io per lui; alzo gli occhi e vedo me stesso, un altro me stesso che ha forse soltanto un misero un centesimo più di quanto sia riuscito a ricavare io. In quello specchio spezzato non sorrido più e i miei sogni si ridimensionano perchè presto scopro che li, nessuno mi vuole e se mi prende per mano è solo per mostrarmi al mondo intero come uno straniero indesiderato o come esempio televisivo dell'infame bontà di chi presto o tardi mi riporterà nella patria che mia non è più. E tutto questo senza chiedermi neanche chi sono. Stanotte lui dormirà un sonno tranquillo, pensando al suo domani programmato e certo: quello stesso che io non so più immaginare.Mi rassegno, come Odisseo, a continuare questo lungo viaggio verso una terra che forse non c'è sperando di scorgere, prima o poi, chi sappia provare ciò che provo, che sappia scorgere la palese indescrivibile realtà che scorgo ogni attimo che trascorre sotto i miei occhi. Ho la soluzione ma so che è soltanto mia e so anche che è la stessa per tutti ma, per chissà quale misterioso difetto resta unica e solitaria per ognuno.Ecco dunque l'interrogativo lacerante: Come è fatta in verità la vita, quella vera? A quale cena di Natale sono invitato se invitato sono? Perchè sono oggetto di speculazione ideologica se mi voto alla morte per spegnere un reattore nucleare in un angolo sperduto del mondo e tentare nel mio piccolo universo di salvare quanto più mi è possibile? Quando sarò morto devastato da tumori e carcinomi dolorosi e implacabili, quando l'ultimo atomo di cesio avrà bruciato la mia ultima cellula, chi mi inviterà a cena? E quel signore ben vestito con le posate in oro avrà il coraggio di ammettere che il mio regalo è stato l'altare al quale ho immolato ogni mia cellula pensando di dare la mia vita per la mia famiglia, per i miei figli, per l'umanità che amavo? Quel bel signore a capotavola sa che oggi sono convinto che nell'oro che mostra con indifferenza sulla sua mensa c'è proprio quel cesio che sopravviverà ad entrambi? E sa che anche nel sale c'è lo jodio che sta uccidendo mio figlio e i figli suoi?Perchè ho sentito il dovere di essere uomo per riparare ai danni di uomini che, alla fin fine, uomini non sono ne mai lo saranno? Perchè quel sale d'acqua ha bruciato ferite mortali che io non ho cercato?Io cercavo un Natale in famiglia, sorrisi, tenerezza, onestà... Cercavo di infondere nell'anima di mio figlio la verità che avevo sognato, una verità fatta di rispetto, un eden situato tra cucina e camera da letto, o soltanto tra cesso e tinello, non m'importava dove fosse quell'eden; lo pensavo puro e semplice come una soglia ma mai avrei creduto che fosse come un muro irto di chiodi arrugginiti, frammenti di vetro, ossa umane, e brandelli di carne putrida. Sapevo che in quell'eden c'era cibo e commensali da far Natale ogni giorno e sapevo anche che ad ogni istante potevo incappare in una golosa e attraente tentazione, ma ero certo, si proprio certo, che avrei resistito come ho sempre fatto. Mai e poi mai avrei creduto che mio fratello Abele avrebbe avuto il coraggio di dire che io, Caino fossi il responsabile della sua sottile e nascosta crudeltà!Adesso mi costerà caro dover attendere 24.000 anni prima di redimermi: tanto occorre al plutonio per estinguersi. Ed io che sono qui a decidere se esere Caino o Abele non so scegliere il minore tra i due mali. Mi faccio ammazzare dallo scellerato che vuole tutto per se oppure ammazzo quel disgraziato che tenta di pavoneggiarsi come "il giusto" che mostra timore e rispetto per annientarmi senza armi? Alla fine uno sguardo perduto in un orizzonte lontano; sono io che guardo voi, voi che guardate me, siamo noi tutti che ci guardiamo allo specchio, sono i nostri figli che ci guardano, è forse dio o il nostro carnefice?Così si chiude il film, con questo sguardo enigmatico; spero vi sia piaciuto. La regia non è del sottoscritto ma di ognuno di noi, ho soltanto partecipato alla sceneggiatura ma, vi avverto: ogni riferimento a cose e persone non è per nulla casuale e non c'è nulla che sia inventato.Qualora vi venisse in mente di dare un'occhiata ai credits e alle scene tagliate o al back stage vi consiglio le scene da "presidenza del consiglio": sono le più amare e satiriche di tutto il film, perciò sono state tolte. Oppure le scene contrassegnate Apo 12/13 che sono quelle più enigmatiche, ma se le guardate con "l'occhio di Fukushjma" le comprenderete molto bene specialmente se sostituirete Terra e Mondo o Umanità con "Donna rivestita del Sole"; tutto vi sarà chiaro... chi ha orecchie....Roberto Caravella

 
 
 

Quando la giustizia è troppo giusta

Post n°62 pubblicato il 12 Marzo 2011 da codadipavone

Il rischio maggiore, suppongo e non me ne vogliano quelli in buona fede, è quello che scivola attraverso le larghe maglie di una vera giustizia. Non quella di Berlusconi – manipolatore di anime e solleticatore di vizi connaturali – sia chiaro, non quello dei giudici e della magistratura ne quella costituzionale. Parlo del senso di equilibrio che, con buona pace della maggioranza degli uomini e delle donne della sinistra, fa sfoggio di se con esemplare rigore costituzionale. E’ condivisibile in un contesto equilibrato. E’ augurabile in una società e in uno stato responsabile che lavora alacremente per “tutto” il suo “popolo” e che si fa responsabilmente carico di interpretare ogni minimo impulso, bisogno, pprospettiva e ogni potenzialità del paese. Molto meno condivisibile è quando, in momenti come questi, in cui una vera e propria dittatura larvata in una sorta di scenografia demogratica, questo modo di fare "giusto" diviene puro fariseismo. Rispettiamo le leggi. Non facciamo passi falsi.  Non si usino armi improprie per scalzare il tiranno e la sua coorte che nel frattempo moltiplica a dismisura le avversità di un paese semicadavere. Che si dimostri un esemplare dignità, una calma quasi mistica, che si misuri ogni singola parola e ogni minimo accento! Perchè nessuno possa mai obiettare che noi siamo altrettanto volgari come i nostri carnefici. Qui bisogna fermarsi perchè la misura dell’esemplarità conduce soltanto in un Moderno Colosseo in cui ognuno è assetato di sangue e i giusti vengono giustiziati; un anfiteatro in cui il cesare rovescia il suo pollice, la gente urla: “crucefige!” e i giusti cadono sotto i morsi di fiere inconsapevoli tra il sollazzo raccapricciato di una roboante folla inferocita senza un vero perchè. Basta! basta così grazie! l’eleganza non fa proseliti ne salva anime. Il potere dello stato deve diventare ciò che realmente è per ogni uomo: NON un potere ma un dovere. Attendo meno parole e più fatti, meno ipotesi e più certezze, meno leggi e più coscienza, meno politica e più responsabilità. Il mio grazie e la mia stima vanno soprattutto a quelle donne che questo hanno compreso.

 
 
 
 

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