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L'inseguimento dell'inimmaginabile
Cap. 9
Quando gli amici gli chiedevano quante donne avesse avuto in vita sua, Tomáš rispondeva in maniera evasiva e quando insistevano diceva: “Forse duecento, più o meno”. Alcuni invidiosi ritenevano che esagerasse. Lui si difendeva: “Non sono poi tante. I miei rapporti con le donne durano da circa venticinque anni. Dividete duecento per venticinque, e vedrete che fa circa otto donne nuova all’anno. Non sono poi così tante”. […]
Che cosa cercava in loro? Che cosa lo attirava verso di loro? Fare l’amore non è forse l’eterna ripetizione del medesimo?
Niente affatto. Rimane sempre una piccola percentuale di inimmaginabile. Certo, quando vedeva una donna vestita, sapeva immaginarsi più o meno come sarebbe apparsa nuda (qui la sua esperienza di amante era completata dalla sua esperienza di medico), ma tra l’approssimazione dell’idea e la precisione della realtà rimaneva un piccolo intervallo di inimmaginabile che non lo lasciava in pace. E poi, l’inseguimento dell’inimmaginabile non termina con la scoperta della nudità, va oltre: come si comporterà quando lui l’avrà spogliata? che cosa dirà facendo l’amore? che tono avranno i suoi sospiri? che spasmo contrarrà il suo viso nell’istante del piacere?
Ciò che l’io ha di unico si cela appunto in ciò che l’uomo ha di inimmaginabile. Noi possiamo immaginarci solo ciò che nelle persone è uguale, ciò che è comune. L’io individuale è ciò che si differenzia dal generale, quindi ciò che non si può indovinare o calcolare in precedenza, ciò che nell’altro si deve svelare, scoprire, conquistare.
Tomáš, che negli ultimi dieci anni di attività medica si è occupato esclusivamente del cervello umano, sa che non c’è nulla di più difficile da affermare dell’io. Tra Hitler e Einstein, tra Breznev e Solzenicyn ci sono molte più somiglianze che non differenze. Se lo si volesse esprimere con un numero, tra loro c’è un milionesimo di diversità e 999999 milionesimi di affinità.
Tomáš è ossessionato dal desiderio di scoprire e di impadronirsi di quel milionesimo e ritiene che in ciò risieda il senso della sua ossessione per le donne. Non è ossessionato dalle donne, ma da quello che in ciascuna di esse c’è di inimmaginabile, in altre parole, è ossessionato da quel milionesimo di diversità che distingue una donna dalle altre donne. […].
Abbiamo il diritto, naturalmente, di chiederci perché cercasse quel milionesimo di diversità proprio nel sesso. Non poteva trovarlo, ad esempio, nella maniera di camminare, nei gusti culinari o nelle preferenze artistiche di questa o quella donna?
È vero, quel milionesimo di diversità è presente in tutti gli aspetti della vita umana, ma lì è esposto pubblicamente, non è necessario scoprirlo, non è necessario il bisturi per raggiungerlo. Che una donna preferisca il formaggio al dolce e un’altra non sopporti il cavolfiore è in effetti segno di originalità, ma è subito chiaro che questa originalità è del tutto insignificante e superflua, e che non ha alcun senso dedicarvi attenzione e cercarvi un qualche valore.
Solo nella sessualità il milionesimo di diversità si presenta come qualcosa di prezioso perché è inaccessibile pubblicamente e bisogna conquistarlo. Ancora mezzo secolo fa una conquista del genere richiedeva molto tempo (settimane, persino mesi!), e il valore della cosa conquistata si misurava con il tempo dedicato alla conquista. Anche oggi, sebbene il tempo della conquista si sia notevolmente accorciato, la sessualità continua ad apparire come uno scrigno nel quale è nascosto il mistero dell’io femminile.
Non era quindi il desiderio del piacere sessuale (il piacere era un’aggiunta, una sorta di premio), bensì il desiderio di impadronirsi del mondo […] ciò che lo spingeva a inseguire le donne.
Cap.10
Gli uomini che inseguono una moltitudine di donne possono facilmente essere distinti in due categorie. Gli uni cercano in tutte le donne la donna dei loro sogni, un’idea soggettiva e sempre uguale. Gli altri sono mossi dal desiderio di impadronirsi dell’infinita varietà del mondo femminile oggettivo.
L’ossessione dei primi è lirica: nelle donne essi cercano se stessi, il proprio ideale, e sono sempre e continuamente delusi perché l’ideale, com’è noto, è ciò che non è mai possibile trovare. Poiché la delusione che li spinge da una donna all’altra dà alla loro incostanza una sorta di scusa romantica, molte donne sentimentali sono commosse dalla loro ostinata poligamia.
L’altra ossessione è un’ossessione epica e in essa le donne non trovano nulla di commovente: l’uomo non proietta sulle donne alcun ideale soggettivo, perciò ogni cosa lo interessa e nulla può deluderlo. E proprio questa incapacità di rimanere delusi ha in sé qualcosa di scandaloso. Agli occhi della gente, l’ossessione del donnaiolo epico appare senza riscatto (senza il riscatto della delusione).
Poiché il donnaiolo lirico insegue sempre lo stesso tipo di donna, nessuno si accorge che egli cambia amante; gli amici gli causano continui malintesi, perché non sono capaci di distinguere le sue amiche e le chiamano tutte con lo stesso nome.
Nella loro caccia alla conoscenza, i donnaioli epici (e a questa categoria appartiene ovviamente Tomáš) si allontanano sempre più dalla debolezza femminile convenzionale, della quale si stancano presto, e finiscono irrimediabilmente per diventare dei collezionisti di curiosità. Essi se ne rendono conto, ne provano un po’ di vergogna e, per non mettere gli amici in imbarazzo, non si mostrano in pubblico con le loro amanti.
Da “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Milan Kundera
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Inviato da: diletta.castelli
il 23/10/2016 alle 13:28
Inviato da: mizarchessengine
il 17/12/2012 alle 19:13
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il 16/05/2012 alle 09:01
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