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Ogni lavoro su se stessi è un lavoro doloroso in cui si prende coscienza di ciò che si perde senza essere sicuri di guadagnarci e senza poter capire, quando si è fortunati, che cosa si è sul punto di guadagnare. Ma in effetti è «paradossalmente quando l'individuo non ha paura di disfarsi che ha le maggiori possibilità di raggiungere realmente ciò che egli è» (M. de M'Uzan, 1977, IX). E' quando l'uomo accetta le proprie incongruenze, incoerenze, contraddizioni, i propri conflitti, i suoi stessi fallimenti, è quando vive questa esperienza, per quanto gli è possibile, senza cadere nel «dis-essere» mortifero, è quando c'è del «caos in lui» ed egli sa riconoscerlo e affrontarlo che forse, secondo la frase di Nietzsche, egli potrà «partorire una stella che danza». A ciò l'individuo cosiddetto normale, corazzato nelle proprie certezze, risulta definitivamente inadatto. Enriquez E. (1987), Il lavoro della morte nelle Istituzioni. in L'Istituzione e le Istituzioni. L'immagine è di Sylvie Robert. Il titolo è: "The gate of knowledge" |
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