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Ole Rømer si accorse che le osservazioni non erano in accordo con le previsioni delle effemeridi, ovvero in alcuni periodi erano in anticipo ed in altri in ritardo. Riuscì a mettere in evidenza che tali anomalie erano in fase con il moto della terra ed in particolar modo con la posizione della Terra con Giove che durante l’anno fa variare la distanza reciproca. La differenza massima tra le effemeridi di previsione e l’osservazione si presenta quando la Terra e Giove si trovano in congiunzione. Nella congiunzione inferiore i due pianeti si trovano alla minima distanza, ma alla successiva, quella superiore, dopo circa sei mesi, vede la terra allontanarsi da Giove per la distanza pari al diametro della sua orbita. Tra le due congiunzioni, la differenza della distanza Terra-Giove è di circa 300 Milioni di Km, una differenza astronomica che anche per la velocità della Luce comincia ad essere rilevante, a tal punto che è misurabile come una variazione di 16 minuti. Ole Rømer ricavò una velocità per la Luce di 210.800 Km/s, ed anche se l’errore è stato elevato, l’ordine di grandezza è stato individuato.
Il risultato più grande non è stata la misura ma è stato l’aver dimostrato che la velocità della Luce non è infinita ed esisteva un valore limite. Questo è uno dei passi fondamentali che porta alla necessità di introdurre una teoria che richiede l’ingresso in scena di oggetti come i Buchi Neri, ma ancora non sufficiente in quanto manca un altro tassello di concetti necessari molto importante. Il puzzle viene completato dalla nuova teoria sulla Luce di Newton. Isaac Newton, fra i suoi vari tanti studi, si occupò anche di ottica, e fu il primo a scomporre la Luce solare in tutti i colori dell’arcobaleno con un prisma. Questo ed altri esperimenti lo portarono ad avanzare l’ipotesi della “Teoria Corpuscolare della Luce” esposta nel trattato di “Ottica” pubblicato nel 1704. La Luce, veniva vista come composta da piccole particelle di materia (corpuscoli) emesse in tutte le direzioni. Per spiegare i colori aveva introdotto il peso per le palline.
Ad ogni colore era associato una massa differente che interagiva con la forza gravitazionale in proporzione alla sua grandezza: i corpuscoli più pesanti si traducevano in una sensazione del rosso e quelli più leggeri del violetto. Dato che nella teoria corpuscolare la Luce era dotata di un peso sarebbe attratta dalla gravità, e nel suo trattato Newton ipotizzò che un corpo dotato di massa possa deflettere la Luce. Nel 1801, Johann Georg von Soldner, calcola, in base alla teoria di Newton, l’angolo di deflessione subito da un raggio di Luce che passi in prossimità di una stella come il Sole. Ricava che la deflessione è pari a circa 0,87 secondi d’arco, la metà di quello oggi osservato, ma che allora non era possibile verificare in quanto la tecnologia dei telescopi non era ancora progredita sufficientemente. A questo punto il dado è tratto, gli elementi teorici sono tutti a disposizione per ipotizzare un Buco Nero: la legge di gravitazione universale, il limite alla velocità della Luce, la teoria corpuscolare, e la dimostrazione che vi sono oggetti più massivi della terra. Occorre che qualche studioso prenda atto di questi dati e li metta insieme, il primo a farlo è il prete John Michell.
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