Creato da LIBRERIAVENETA il 14/04/2010
libreria del Polesine e del Veneto : vagando qua' e la alla scoperta delle origini e delle tradizioni e delle storie Polesane

Archivio messaggi

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Area personale

 

FACEBOOK

 
 

Calicanto - Bealaguna

 

le mondine

 

Contatta l'autore

Nickname: LIBRERIAVENETA
Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 55
Prov: RO
 

OGGETTO:

Testi degli autori della terra Polesana, scritti in lingua Veneta. Il sentire, le parole, gli ambienti di un tempo; le immagini dei luoghi della terra , della città, e dei dintorni , per aumentare la visibilità, farne ammirare la bellezza,far conoscere la storia; i personaggi e personalità del mondo Veneto.

 

Migliori

 

Blog Directory  BlogItalia - La directory italiana dei blog   Antivirus The Directories.org

 

 

Aggregatore rss

 

Scambio Link

 

Azienda premiata con lo Statuto Cylex Silver

 

abbigliamento
contatori visite

 

Tag

 

Ultime visite al Blog

silranicapino.schiesarifranco.rizzi51ddhartyilnastrinoshopclorindo_manzatosandro.spinellomauro_voltanMLGDvorreidartiunbaciomattia.riondatoleonardomeggiorinimenefrego100gianluigi_marconiperottofamily
 

MUSICA DEL BLOG

 

 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Chi può scrivere sul blog

Tutti gli utenti registrati possono pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 

LA TRADIZIONE

 ... che la saggezza degli antichi non sia una via di fuga?

Coro Monte Pasubio canta: "Me compare giacometo"

IL GRUPPO : ANDE CANTI E BALI

http://www.andecantebali.it/


un blog molto interessante 

 

EL MOETA


Su 'a porta de 'a casa
vien uno che dise:
"Co'l me furgonsin,
mi son l'arotin"
Tacà su 'a sintura
ga un masso de forbici,
che 'a par na picàia
de tordi ciapài;
in man i cortei,
na ròncoea, na brìcioea,
pirata el me par,
brigante del mar.

Mi penso al moèta,
che 'a roda el girava
alzando 'a ganbeta;
al vaso co'l fil
de fero tacà,
che assava cascar
sui sighi e lamenti
na gossa, na eàgrema,
precisa e costante
ea pena a lenir.

 

( Attilio Scremin da Dialettando.com)

 

 

CONTE

 
 

canzone dei gobeti

 

 

--------------

La Canzone Popolare

 

I CRONISTI DEL TEMPO

 

marco paolini

 

Rigoni Stern 

 

Marco Paolini legge Rigoni Stern

 

IL RICORDO DELLA CAMPAGNA DI RUSSIA

 

BY CORO MONTE PASUBIO

 

 

A ROVIGO A GH È ON CURATO

 

A Rovigo a gh é on curato
mia bela ti do.
A Rovigo a gh’é on curato
mia bela ti do.
E a Rovigo a gh é on curato
che l é bravo da confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
E a Rovigo a gh é on curato
che l é bravo da confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.

Se l é una giovane mandatela avanti
mia bela ti do.
Se l é una giovane mandatela avanti
mia bela ti do.
Se l é una giovane mandatela avanti
che la vòlio confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l é una giovane mandatela avanti
che la vòlio confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.

Se l é una vechia mandatela via
mia bela ti do.
Se l é una vechia mandatela via
mia bela ti do.
Se l é una vechia mandatela via
che il demonio la porta via
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l é una vechia mandatela via
che il demonio la porta via
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.

E anche il figlio raconta al padre
mia bela ti do.
E anche il figlio raconta al padre
mia bela ti do.
E anche il figlio raconta al padre
che il curato baciò la madre
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
E anche il figlio raconta al padre
che il curato baciò la madre
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.

Se l à baciata à fato bene
mia bela ti do.
Se l à baciata à fato bene
mia bela ti do.
Se l à baciata à fato bene
l à solevata da tante pene
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l à baciata à fato bene
l à solevata da tante pene
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.

 

 

« Il Delta del Po.Polesine Delta del Po »

Valli, lagune e sacche.

 

 

Valli da pesca. Componenti fondamentali del Delta, sia dal punto di vista naturalistico che da quello economico, sono le valli, ampie estensioni di acqua salmastra delimitate da arginelli, comunicanti a mezzo di chiaviche da una parte con il fiume, dall'altra con la laguna.

L'importante attività di pesca legata alle valli si basa sulla tendenza migratoria di molte specie di pesci che periodicamente si spostano dal mare al fiume e dal fiume al mare. Tali spostamenti vengono sfruttati prima portando cefali, anguille, orate branzini nella valle, nelle cui acque tranquille e riparate il pesce trova la pastura adatta alla crescita; poi, al momento della discesa a mare, incanalando i pesci verso i "lavorieri" dove vengono pescati.

La ricchezza di fauna acquatica e la tranquillità attirano nella valle molte specie di uccelli: garzette, aironi rossi cinerini, svassi, sterne, gabbiani, falchi di palude, oche selvatiche, cavalieri d'Italia, sgarze ciuffetto, nitticore, avocette, chiurli, pittime reali, e altri ancora; e soprattutto molte specie di anatre che d'inverno sono preda dei cacciatori.

Sugli arginelli di valle si svolge, a mo' di corona, la sequela delle tamerici, di cui ricordiamo la triplice funzione: consolidamento delle rive, riparo dai venti e, almeno un tempo, legno per gli attrezzi di valle.

Attualmente la maggior concentrazione di valli, quasi 8.000 ettari, si trova a nord del Po della Pila sino a Rosolina Mare.

L'ambiente di valle è tipico non solo per l'aspetto naturalistico e paesaggistico, ma anche per le tipiche costruzioni. Il casone dal grande camino, il locale dove si riparano a mangiare e a dormire i guardiani di valle; il casonetto, luogo adibito al ricovero degli attrezzi; la cavana, ricovero delle barche dai vari nomi, forme, funzioni.

Se si ottiene il permesso di accedere alla valle, conviene senz'altro fermarsi a parlare coi guardiani, miniere di racconti legati a grandi avventure di pesci, di uccelli, di pescatori di frodo, di freddo e di solitudine vissuta.

Qui i ricordi della Resistenza, e ancora prima quelli di Garibaldi e Ciceruacchio, il popolano di Trastevere fucilato assieme al figlio in questi luoghi dagli Austriaci nel 1849, sono tradizione orale sempre viva ed avvincente.

Lagune. Se la valle da pesca è ambiente interamente governato dall'uomo, la laguna consiste invece in bacini liberi di acqua salmastra, in parte delimitati verso il mare da cordoni di dune sabbiose o "scani", e dalla parte del fiume da barene. Su queste ultime è facile osservare la salicornia (Salicornia europaea), pianta carnosa che assume un bel colore rosso verso la fine dell'estate, il limonio dai bei fiori violetto, e lapuccinella, un'elegante graminacea.

Sacche. Più che lagune, le sacche sono insenature del mare. L'acqua è salata.

Le sacche, con le loro bordure di canne, gli isolotti che qui chiamano bari i più piccoli e bonelli i più grandi, e gli scani sono uno tra gli elementi più interessanti del paesaggio del Delta, di cui caratterizzano il limite verso il mare. La Sacca di Goro, quella di Scardovari, il "Canarin", la Sacca di Calèri sono le maggiori.

Durante l'alta marea il loro aspetto è quello di un grande lago da cui emergono solo le zone a barena, con vegetazione tipica di salici e arbusti di tamerici, e i bonelli coperti dalla cannuccia. Durante la bassa marea emergono vaste distese di fondali fangosi: levelme. Su questi fondali si formano banchi di ruppia, i cui semi sono ricercati dalle folaghe e da altri uccelli.

Nell'acqua delle sacche vive un'infinità di alghe microscopiche in sospensione. Si può osservare bene in questo ambiente come la maggior parte degli organismi presenti siano specializzati nella demolizione della sostanza organica. Molti animaletti hanno funzione di spazzini, come molte specie di gamberetti e crostacei che si nutrono di resti organici, o di filtratori, come ostriche, cozze vongole. Molto attiva, specie nella Sacca di Scardovari, è la mitilicoltura.

L'avifauna tipica della sacca e della laguna si discosta poco, se non per quantità, da quella della valle. 

 

Gli scani e le spiagge.

Trasportati da piccoli battelli o barche di pescatori si può arrivare su queste propaggini estreme del Delta, lingue dunose di sabbia con davanti il mare aperto e dietro sacche e lagune.

È l'ambiente forse più caratteristico, e anche quello più integro. Non a caso il futuro Parco Naturale ha previsto in queste zone, che delimitano i contorni del Delta, riserva integrale.

Fare il giro a piedi di queste isole è una vera e propria avventura naturalistica. È interessante, partendo dal mare, seguire l'evoluzione dell'insediamento dei vari tipi di vegetazione. Prima solo sabbia, poi cespi sempre più fitti: la cachile o ravastreflo (Cakile maritima), pianta erbacea a foglie carnose con fiori rosa pallido, il convolvolo di spiaggia o vilucchio marittimo (Calystegia soldanella), soldanella di mare con fiori rosa-lilla, la salsola, l'enotera (detta anche "bella di notte") con vistosi fiori gialli che ogni giorno si chiudono per rifiorire ogni notte con freschezza e fragranza, la silene che forma tappeti fioriti rosa antico, la lappola (Xanthium italicum) con frutti ricoperti da semi spinosi, l'eringio di spiaggia o erba di San Pietro (Eryngium maritimum).

Segue più all'interno una fascia di vegetazione in cui predomina l'agropiro o gramigna delle spiagge (Agropyrum junceum elongatum), l'ammofila o sparto pungente (Ammophila littoralis) e la medica gialla, pianta che ha una funzione di consolidamento della sabbia e attorno a cui si sviluppano delle formazioni dunose.

Dietro le dune, in avvallamenti ricchi di sabbia salata, possiamo notare il giunco(Juncus maritimus) e il giunco nero (Schoenus nigrilans), più carice che giunco, tappeti di muschio e di ambrosia, con moltissimi fiori gialli che raggiungono la fioritura in tarda estate  Proseguendo verso la laguna, troviamo molte altre specie tra cui ilginepro, e poi la cannagrieca, la canna palustre, arbusti di tamerice robinia.

Gli scani si prestano alla nidificazione di molti tipi di uccelli: il corriere piccolo, il corriere maggiore, il fraticello, la pivieressa, il gabbiano reale o "magoga", ilmignattino, la sterna comune, la sterna maggiore, il beccapesci e altri.

Ci può accadere di chinarci ad ammirare un uovo di sterna, tra maggio e giugno, o, più tardi, a seguire le tracce lasciate sulla sabbia dai pulcini e vederci volare incontro i genitori, le cui acute strida suonano di minaccia per l'indesiderato visitatore e di avvertimento per i piccoli, perché corrano a ripararsi dietro un ciuffo d'erba o un relitto abbandonato sulla spiaggia dal mare.

Grande misura e rispetto sono richiesti al visitatore di questi luoghi che, si deve proprio dirlo, non sopportano davvero le invasioni turistiche.

Costruzioni tipiche.

Altra componente importante del paesaggio sono le costruzioni.

In taluni scani remoti, come a Scano Boa, si possono trovare gli ormai rarissimi casoni di canna, le tradizionali abitazioni molto diffuse nel Delta sino all'ultima guerra, a pianta rettangolare, pareti e tetto di canna palustre, pavimento in terra battuta e camino in muratura. Sono abitati stagionalmente da famiglie di pescatori.

Del cason di valle, costruzione in muratura dall'ampio camino con gli annessi casonetto e cavana, abbiamo detto trattando della valle.

Una presenza significativa è quella delle ville venete: Ca' Zen, Villa Carrer, Ca' Farsetti ed altre. Un fenomeno non solo architettonico, ma di costume. I nobili veneziani, cui venivano affidate vaste estensioni deltizie, vi costruivano dimore dalla duplice funzione: villeggiatura e controllo del lavoro dei campi.

Le immense distese di terreno bonificato richiedevano altresì grandi corti, con adeguati magazzini e strutture di servizio. Ancor oggi il visitatore che si trova di fronte alle corti, per esempio di Ca' Venier o di Ca' Zuliani, non può non restare stupito dall'imponenza dei granai e delle barchesse, e dalla vastità delle aie.

Collegate alle corti, o anche sistemate lungo gli argini, c'erano le case dei braccianti, le tipiche case polesane nel Delta: molto basse, ad un piano, spesso a schiera, dove ad ogni camino (caratteristica la forma a dado) corrispondeva un nucleo familiare.

Nei terreni dell'ultima bonifica, sparsi nella campagna, si trovano le case della riforma,tutte uguali, con stalletta e fienile.

Altre costruzioni tipiche del paesaggio polesano sono le vecchie idrovore, i cui alti camini si stagliano nella piattezza del paesaggio; e le fornaci, per lo più sistemate in golene protette da argini: ciò sia per l'abbondanza di argilla sia per la comodità di trasporto dei mattoni via fiume. Ambedue questi tipi di costruzione sono esempi di archeologia industriale.

Attività economiche tipiche.

Oltre ai cantieri navali (a Loreo, Adria, Donada e Contarina) e agli squeri, le attività economiche tipiche sono legate all'agricoltura, alla valle da pesca, alla pesca,all'allevamento dei mitili, alla lavorazione del pesce del sale, alla raccolta della canna palustre, alle risaie, agli zuccherifici e ai mangimifici (famosa l'erba medica del Delta). Da segnalare, anche per il loro folclore, i mercati del pesce di Pila, Goro e Scardovari.

Sono tutte attività anche diverse tra loro, ma intimamente legate al territorio, e profondamente evolute. Pensiamo all'agricoltura, un tempo legata al sudore di stuoli di braccianti, ora meccanizzata; o ai lavori di bonifica e di regimentazione delle acque, un tempo sulle spalle di masse di "scariolanti".

Certo, dalle prime lotte contadine, che proprio in Polesine ebbero inizio alla fine del secolo scorso al grido de «la boje!», le condizioni di vita e di sicurezza sono profondamente cambiate.

Oggi nel Delta del Po l'obiettivo è salvaguardare e valorizzare il più possibile questo ambiente: sia perché della natura l'uomo ha bisogno per migliorare la qualità della vita, sia perché è la più sicura premessa di uno sviluppo economico duraturo ed equilibrato della zona.

 

Il Delta del Po.

Un paesaggio antico in un territorio recentissimo, il risultato dell'immane lotta fra il mare, il fiume, la terra, l'uomo: ecco il Delta del Po.

Vale la pena di fare rotta su questo mondo complesso e vario, foriero di scoperte e di incontri. Man mano che ci addentreremo, ci renderemo conto che non una, ma più rotte occorrerà percorrere per tentare di sviscerare i segreti di un ambiente che non si concede al visitatore frettoloso e superficiale. Viceversa, il Delta sa essere generoso e ricco di forti sensazioni per il "navigatore" che sappia, con tenacia, interesse ed intelligenza, seguire l'istinto della scoperta.

Storia, archeologia, architettura, folclore, umanità, e soprattutto natura. Una natura che molto spesso convive con l'uomo, ma che nei luoghi più caratteristici ha mantenuto la sua libertà e presenta il suo aspetto selvaggio e diverso.

Se il paesaggio è quasi completamente asservito all'uomo, coltivato e governato, di là dall'argine il fiume sa mantenere le distanze. Vicino al suo corso il Po non sopporta argini troppo stretti, e vuole golene e spazi e sfoghi, costruisce isole e spiagge. E se a monte l'uomo riesce a governare anche parte delle golene, nel Delta il Po si espande con i suoi rami e porta attorno a sé il pulsare libero della natura. È il regno della vegetazione spontanea e della fauna stanziale e migratoria.

Il fiume è grande, come la montagna, e incute rispetto, esige ritmi suoi. Per capirlo occorre che anche l'uomo, quando vuole addentrarsi nel suo mondo, si adegui.

È con questo spirito che ci addentriamo anche noi in un tipo di avventura che non ripercorre grandiosi miti e nemmeno possibili esperienze robinsoniane, ma semplicemente si fa trainare dal desiderio della scoperta. E così cercheremo di entrare a contatto con la natura, non intesa in senso astratto, ma fatta di nomi e cognomi, come quelli dei nostri amici e conoscenti: uccelli, pesci, erbe, fiori, alberi, acque e terre. Cercheremo, dall'alto dei naturali balconi del Delta che sono gli argini, di capire nel paesaggio l'importante presenza dell'uomo.

Di fronte alle emergenze storiche, archeologiche, architettoniche, cercheremo di individuare il filo di un discorso che insieme uomo e natura hanno contribuito a dipanare e intessere nei secoli, fino a realizzare l'ambiente attuale, che ci troviamo davanti agli occhi.

Il mito di Fetonte.

Un discorso sul territorio e la civiltà del Polesine non può non partire dal mito originario, che tanto più rimanda ad una possibile realtà quanto più riesce ad evocare un'alta intensità poetica. E il mito di Fetonte, giovane dio sprofondato nell'Eridano (antico nome del PO) con il carro del Sole, è stato celebrato dai più grandi poeti.

La favola narra dunque di Fetonte, figlio del Sole e di Climene, offeso da Epafo, altro giovane dio dell'Olimpo. Questi insinuava che Fetonte non era in realtà figlio del Sole.

Fetonte in lacrime si recò dalla madre per supplicarla di dargli una prova che il Sole era veramente suo padre. Allora Climene, per calmare il figliolo, chiese al Sole che permettesse al figlio Fetonte di guidare almeno una volta il fiammeggiante carro solare, che dal principio dei secoli egli conduceva ogni giorno lungo l'arco del cielo.

Il Sole sulle prime si oppose, conoscendo l'immane fatica e difficoltà che tale guida comportava. Ma poi dovette cedere alle preghiere della moglie e alla tormentata insistenza del figlio. Unse di sacri unguenti il volto del figlio perché potesse sopportare le fiamme e diede ordine di aggiogare i quattro splendidi cavalli bianchi.

Fetonte, bramoso di dimostrare il proprio valore, balzò sul carro. Ma ahimè, ben altro polso occorreva per trattenere sul giusto cammino la quadriga di fuoco!  I cavalli presero la mano all'inesperto auriga, si avvicinarono troppo alla Terra. Arsero foreste e montagne; i fiumi e i laghi essiccarono. Fu così che le popolazioni dell'Etiopia divennero da allora scure di pelle; il Nilo, terrorizzato, per non restare interamente all'asciutto nascose le proprie sorgenti nel cavo dei monti.

Così proseguendo nella sua corsa pazza il carro del Sole avrebbe distrutta tutta la Terra. Fu allora che Zeus, impietosito verso gli uomini, vibrò un fulmine sul carro e Fetonte in fiamme precipitò nel fiume Eridano.

Accorsero le Eliadi, sorelle dell'infelice giovane, le quali tanto piansero l'amato fratello fino a che Zeus pietoso le trasformò in pioppi e le loro lacrime in ambra.

Chi si trovi a passare per Crespino, troverà la piazza principale intitolata a Fetonte, a ricordo dell'antica leggenda e della tradizione orale che vuole che in quel tratto di fiume sia avvenuta la mitica caduta.

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

INDICE DEL BLOG

Caricamento...
 

I MESTIERI (A.SAVARIS)

de sciatori prinzipianti,

ma ogni tanto me vien l'estro

de ingessàrghene raquanti.

*

Son Febraro, gran Stilista

de costumi de ogni pano,

ma da bravo trasformista

a lavoro tuto l'ano.

*

A son Marzo, l'Ombrelaro,

ma 'sta piova inacidà

mena tuti dal stagnaro

e mi son disocupà.

*

Son Aprile e vendo vento,

ma de mi se pòl far senza

da chel dì che el Parlamento

el me fà la concorenza.

 

A son Magio e vendo fiori,

ma da quando sula Tera

a ghe xè l'efeto-sèra,

più che fiori i xè dolori.

*

A son Giugno campagnolo,

miedo al dì co' la falzina,

ma de note, co' son solo,

cargo i campi de atrazina.

*

A son Lujo, el Vagabondo,

scapo via dale cità,

par catare un fià de mondo

che no'l sia anca lu inquinà.

 

*

 

Son Agosto, el gran Bagnin,

ma col mare che ghe xè,

no' ghe meto gnanca un pié

e me tufo in t'un cadin.

*

 

Son Setembre, el Giardiniere

e rinfresco un fià l'està,

ma me basta do'.. ..Marghere

par brusare campi e prà.

*

Son Otobre e pisso vin

in social-cooperativa.

Scarpe grosse e zervèo fin:

metà "uva" e metà Iva....

*

Son Novembre, el Tabacaro

de 'sto Stato, e dago a smaca

nebia, tasse, fumo, snaro....

E ti, popolo, tabaca!

*

Son Dicembre, Spaladore

dela neve su la strada,

ma vorìa. .. .spalarghe al cuore

dele mafie de casada.

 

 

una fonte di approfondimento

 

I MIEI PENSIERI

QUESTO BLOG

L'HO INIZIATO PIANO PIANO,

MI HA PRESO SEMPRE

PIU' LA MANO.

 


 

VORREI NON AVESSE

UN FINALE,

MA UN FINE.

VORREI LASCIARVI

NEI RICORDI,

NON MIEI,

VORREI.

VIVI!!

 


 

UN ESEMPIO

 

 

 

Canzone popolare

La pègra e la mateina la bèla e la sira la bala

La me morosa

 

 

 

 

ACQUA (L'ELEMENTO PRINCIPALE)

a stago inte a bassa

Sa sbato un pié

me s-cianzo el viso.

A stago in te la Bassa.

La tera l'é aqua

l'aqua l'é tera.

Cresse el riso.

La me cà l'é bagnà.

El fango ciapa i muri

la cusina -el vien soto la tola.

Fora gh'é le cane

ca speta na bava de vento

par scrolarse.

(Passé 'nde - giré!

Mi no me movo).

Ei me mondo l'é chi.

A son ligà al Po

come na corda a la canpana.

El Po - grande o picolo -

l'é la me crose, la me tana.

Mi ghe pisso dentro.

Lu me conta tuto.

El vien zo fredo come el giazzo,

sto pajazzo, incoconà

de pàesi, canpagne, zità.

La Bassa la lo ciùcia,

la se lo tira adosso. Che missioto!

Aqua de monte o de colina

de canale o de fosso

prima de finire in mare

la se mùcia a speciare

un cielo grande assé.

A stago in te la Bassa.

L'aqua l'é cielo, el cielo l'é aqua.

 

Carlo Lezziero

 

ANCHE CON LA MUSICA E IL CANTO

 

DISPONIBILI I CD DEL GRUPPO:

http://www.bookshopro.it/documenti/shared/calicanto%2025.htm

BONIFICA EMILIANO VENETA  (BEV)

 

pensieri personali e non solo

MI TE SERÒ AMIGO (Piero Conforto Pavarin) 


Mi te serò amigo

come el vento

su la strada de baro

o la piova sul campo

ai primi de luio.

Come el can

che menando la coa

leca la man al paron

mi te serò amigo

par sempre

pur che te gàbia:

un fià de vento

de piova, o almanco

el sguardo de un can.

 

Le mie Fonti

Cante d'Adese e Po - Gino Piva - 1931

....e invezhe no! - Jani de-la-Ranpa -1984

Almanacco Veneto 1979

Omani, cépe e scupetun - Gianni Sparapan -1992

Veneto Raccont popolari - Giuseppe Consolaro - 1976

Verso l'imbrunire -Ugo Suman - 1990

QUADRETI VILANI - Angelo Savaris -1993

 La Magnifica (Magnemo inversi) - Angelo Savaris -1995

da jeri a ouquò - Gianni Sparapan - 2° ed. -2005

Do schei de morbin - Giuliano Scaranello - 1995

Foje sperse - Leone Fabbris - 1978

abecedario dei vilani - 2001

 

CO’ STA PIOVA E CO’ STO VENTO (TOC-TOC)

«

 chì che bate a sto convénto?»

«L'e 'na pòra veciarèla

che si vuole confessàre»

«Co' sta piova e ce' sto vento

no se confèssa un sacraménto!»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

 (TOC-TOC)

« Co' sta piòva e co' sto vento

chi che bate a sto convénto?»

«L'é 'na pòra verginèla

che si vuole confessàre»

«Entra, entra, verginèla

che te meno a la capèla»

Ciàppeo, ligheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«E te ài mai tocà la ganba»

«Padre sì, ma no son stranba!»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«E te ài mai tocà le tete»

«Padre si, i me le è anca strete!»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«E te ài mai tocà la pansa»

«Padre si, ma co creànsai»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«E te ài mai tocà la figa»

«Padre si, ma co fadìga!»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«Se tu vuoi l'assolussione

 prendi in mano sto cordone!»

Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

«Caro Padre no son Òrba

questo é un casso e no 'na corda!»

Ciàppeo, ligheo, méÉeo in gaèra

chippeo, ligheo, méteo in presòn!

Co' sta piòva e co' sto vento

chiò restà drento 'l convénto?

L'é restà Padre Formìga

 che ghe piàse tant la figa!

Ciàppeo, flgheo, méteo in gaèra

ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!

 

 

E ME MARI LE BON

E me marì l'è bon

e l'è tre volte bon

e 'l sabo e la doménega

e 'l sabo e la doménega,

e me marì l'é bon

e l'è tre volte bon

e 'l sabo e la doménega

el me òn'se col baston'

E co ste cìcoe

e co ste ciàcoe

e co ste Cìcoe, Cìcoe, ciàcoe,

e co ste cicoe e Cìcoe Ciàcoe

l'é saltà fòra un ciacoeòn!

 

baston nel doppio significato di bastone e membro maschile; òn'ser, ungere;

ciòcoe, chiacchiere; lé saltà fòra, ne è nato; ciacoeòn, chiacchierone.

(spiegazione: la bontà di mio marito - rime ambigue e simpatiche)

 

RUZANTE "IL REDUCE"

arte e commedia nella storia

e con alcuni autori di oggi:

Rino Gobbi

 

 

 

 

 

 

 

9788895352312

Perpetua zovane...Casin in canonica

Commedia brillante in tre atti in lingua veneta popolana 

Dante Callegari

 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963