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Guarda in alto e alle tue spalle...
folclore o folklore
tratto da wikipedia: Il termine (dall' inglese folk = "popolo", e lore = "sapere"), si riferisce all'insieme delle tradizioni arcaiche provenienti dal popolo, tramandate oralmente e riguardanti usi, costumi,leggende e proverbi, musica al canto alla danza, riferiti ad una determinata area geografica o ad una determinata popolazione.
ROVIGO : I LUOGHI E IL TEMPO
"Rovigo appartata città di provincia? Forse sì, ma ormai tanto tempo fa. Rovigo città di campagna come suggeriva uno scrittore che l'ha molto amata? Sì, ma oggi la campagna è lontana. Rovigo città di confine? Certamente, ma con misura. Rovigo città d'acqua? A patto, però, di tenere a mente che è tutto il territorio a essere stretto tra i due maggiori fiumi d'Italia e tagliato in ogni direzione da altri fiumi e canali. Rovigo città di pianura? Naturalmente, ma i colli euganei sono a due passi e le loro forme si profilano nell'azzurro quando il cielo è terso. Rovigo città d'arte? Se ne parla in tempi recenti e i capolavori e le raccolte preziose non mancano. Rovigo città di poeti? Ce ne sono stati diversi e hanno lasciato traccia vivida e affettuosa. Per cogliere l'identità smemorata e smemorante di questa città si può, forse, cercarla con il cannocchiale rovesciato della storia, magari per trovare il segno di una duplicità che si manifesta in ogni tempo ma in modo diverso. Ci sono le vestigia di un castello medievale perduto che si affaccia su una strada di grande traffico urbano, per riconoscersi nello specchio deformante del presente. C'è la città estense e c'è quella veneziana, con palazzi prestigiosi e la memoria affascinata di stagioni d'arte e cultura, ma anche di complesse vicende idrauliche. C'è la piazza grande e c'è quella più recente e attigua che occupa lo spazio che era stato di una chiesa e una terza che si apre là dove era il ghetto ebraico. C'è un duomo luminoso e maestoso, ma c'è anche l'antica chiesa francescana che ancora offre i suoi tesori e poco oltre un tempio dedicato alla Vergine che è anche il trionfo del manierismo veneto. A percorrerla e ripercorrerla, Rovigo offre stimoli e suggerimenti, ma con pudore e reticenza, come ha sempre fatto, in un continuo intreccio di presente e passato. Una città disseminata di segni e indizi che non si lasciano catturare al primo sguardo. Una città che questo volume vuole raccontare attraverso un itinerario che va dalle due torri e dai brandelli di mura al duomo di Santo Stefano e a piazza Vittorio Emanuele II con i suoi poderosi palazzi e l'Accademia dei Concordi, per poi insinuarsi in piazza Garibaldi e correre verso la chiesa di San Francesco e la Rotonda, senza però tralasciare deviazioni e occasioni diverse, mescolando storia e quotidianità, sogno e realtà, arte e tradimenti, poesia e aneddoti. Né mancano le incursioni fuori dalla cinta urbana, per scoprire quartieri antichi e recenti e la corona delle frazioni che circondano la città, magari seguendo il corso dell'Adigetto, sospinto, nei secoli, sempre più in periferia, fino a perdersi nella campagna. Questo viaggio attraverso i luoghi e il tempo è sostanziato da immagini vecchie e nuove, ma soprattutto dai risultati di una attenta ricognizione fotografica che vuole rivelare i numerosi volti della città."
Prefazione del Volume: Rovigo I luoghi e il tempo - ed. Signum (PD) aut. S. Garbato
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Testi degli autori della terra Polesana, scritti in lingua Veneta. Il sentire, le parole, gli ambienti di un tempo; le immagini dei luoghi della terra , della città, e dei dintorni , per aumentare la visibilità, farne ammirare la bellezza,far conoscere la storia; i personaggi e personalità del mondo Veneto.
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Su 'a porta de 'a casa
vien uno che dise:
"Co'l me furgonsin,
mi son l'arotin"
Tacà su 'a sintura
ga un masso de forbici,
che 'a par na picàia
de tordi ciapài;
in man i cortei,
na ròncoea, na brìcioea,
pirata el me par,
brigante del mar.
Mi penso al moèta,
che 'a roda el girava
alzando 'a ganbeta;
al vaso co'l fil
de fero tacà,
che assava cascar
sui sighi e lamenti
na gossa, na eàgrema,
precisa e costante
ea pena a lenir.
( Attilio Scremin da Dialettando.com)
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Rigoni Stern
Marco Paolini legge Rigoni Stern
IL RICORDO DELLA CAMPAGNA DI RUSSIA
BY CORO MONTE PASUBIO
A ROVIGO A GH È ON CURATO
A Rovigo a gh é on curato
mia bela ti do.
A Rovigo a gh’é on curato
mia bela ti do.
E a Rovigo a gh é on curato
che l é bravo da confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
E a Rovigo a gh é on curato
che l é bravo da confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l é una giovane mandatela avanti
mia bela ti do.
Se l é una giovane mandatela avanti
mia bela ti do.
Se l é una giovane mandatela avanti
che la vòlio confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l é una giovane mandatela avanti
che la vòlio confesar
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l é una vechia mandatela via
mia bela ti do.
Se l é una vechia mandatela via
mia bela ti do.
Se l é una vechia mandatela via
che il demonio la porta via
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l é una vechia mandatela via
che il demonio la porta via
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
E anche il figlio raconta al padre
mia bela ti do.
E anche il figlio raconta al padre
mia bela ti do.
E anche il figlio raconta al padre
che il curato baciò la madre
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
E anche il figlio raconta al padre
che il curato baciò la madre
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l à baciata à fato bene
mia bela ti do.
Se l à baciata à fato bene
mia bela ti do.
Se l à baciata à fato bene
l à solevata da tante pene
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
Se l à baciata à fato bene
l à solevata da tante pene
mia bela ti do
bela ti do
ti do on bacin d amor.
« UNA STORIA POLESANA DI M... | IL CENTRO MARIA BOLOGNESI » |
Maria Bolognesi nacque a Bosaro (RO) il 21 ottobre 1924. Ebbe umilissime origini; fu iscritta all’anagrafe con il cognome della madre Samiolo, poiché il genitore naturale rifiutò di riconoscerla. Nel 1930, la mamma sposò Giuseppe Bolognesi, bracciante agricolo di Selva di Crespino, il quale diede alla piccola il proprio cognome.
Conseguentemente a ciò, Maria uscì dalla casa dei nonni materni per trasferirsi in quella del padre adottivo, dove, assieme agli stessi genitori ed ai sette fratellini nati successivamente, per lungo tempo conobbe la durezza e la crudezza della povertà e della miseria.
A causa della precaria condizione economica, dovuta al lavoro stagionale del padre, e a ricorrenti problemi di salute dei componenti la famiglia, Maria dovette fin da piccola occuparsi dei lavori di casa e impegnarsi anche in quelli dei campi, per cui poté frequentare solo a intervalli le prime due classi elementari.
Nonostante ciò, non si perse d’animo, non si scoraggiò, diventando ben presto per tutti e soprattutto per i suoi famigliari: cuore generoso e fiero, pronto a donarsi e a donare.
Questo stile di vita trova conferma e spiegazione nelle parole di Mons. Aldo Balduin, suo ultimo direttore spirituale, che nell’anno della morte di Maria (1980) fece stampare dalla tipografia del seminario il primo profilo biografico “Una vita per i poveri”, dove egli scrisse:
“Nella puerizia sentì la voce del Signore che la chiamava a consacrarsi a Lui ed essa rispose subito di sì. Ella rammentava all’occasione con gioia e riconoscenza quell’atto compiuto nella campagna solitaria.
Seguì quella voce passo passo lungo la traiettoria infallibile della fedeltà ai comandamenti di Dio, ai precetti della Chiesa, all’esercizio quotidiano delle virtù teologali e cardinali, fino alla pratica dei consigli evangelici e alle grazie mistiche”.
Questo cammino spirituale fu contrassegnato anche da una prova durissima: “Per oltre un anno e mezzo, dal giugno 1940 al gennaio 1942, fu posseduta da Satana, divenendo lo zimbello del paese, che la giudicò pazza. Liberata misteriosamente dalla possessione demoniaca, divenne oggetto di incredibili favori divini. Essi furono accompagnati dall’incontro settimanale con il Signore e convalidati dalla manifestazione di avvenimenti futuri - a lei rivelati con precisione di giorno, mese, anno - avvenimenti poi puntualmente verificatisi. Trattandosi di eventi futuri lontani, legati al gioco della libertà umana, sconosciuti pertanto a Satana e rientranti nella esclusiva pertinenza divina, essi depongono per la soprannaturalità degli stessi e configurano la Bolognesi tra le persone che nella storia della mistica cristiana hanno segnato pagine di altissima levatura spirituale”. (P. Tito Sartori, Postulatore della Causa di canonizzazione)
Superata questa prova, il 1° aprile 1942, mercoledì santo, Gesù le apparve per la prima volta in vesti candide e luminose, le parlò a lungo rivelandole il progetto d’amore che aveva posato su di lei e le mise al dito un anello: “Maria dammi la tua mano destra, questo è l’anello che ti dono, cinque sono le piaghe e cinque sono questi rubini, che cosa vuoi ancora? L’anello un giorno sarà ancora mio”.
Queste parole le troviamo scritte nel diario che Maria cominciò a tenere con regolarità su specifica richiesta del primo direttore spirituale Don Bassiano Paiato e dei successivi altri tre direttori - Mons. Rodolfo Barbieri, Mons. Adelino Marega, Mons Aldo Balduin - fino al luglio 1967. Attraverso la lettura di ben 2647 pagine di quaderno e della numerosissima corrispondenza da Maria stessa conservata e ora custodita presso l’archivio del Centro Maria Bolognesi, attore della Causa di Canonizzazione in corso, appare evidente la figura di una donna attiva, piena di risorse, che si faceva notare per la sua dolcezza, per l’amore profondo e la bontà verso i poveri e gli ammalati, per la sua intelligenza chiara, per la semplicità nel parlare, per il modo con cui istruiva i piccoli e i giovani, e come consigliava e ammaestrava gli adulti che a lei si rivolgevano per aiuto.
Per adempiere ad un voto, nel 1943 cominciò a portare un abito nero che non depose mai fino alla morte, per dedicarsi a quell’ideale che teneva chiuso nella mente e nel cuore. Infatti, la sua vita interiore - come lasciò scritto di lei Mons. Aldo Balduin - si svolse su due linee essenziali: “amare Dio con semplicità di cuore e servirLo con semplicità nei fratelli bisognosi”, anche quelli ingenerosi verso di lei.
“La singolarità dell’abbigliamento fece generalmente pensare ad una stranezza che, unita alla pratica devozionale e ad una sistematica fuga da qualsiasi forma di notorietà spinse molti a giudicarla come minimo isterica, se non addirittura pazza. Queste qualifiche ne segnarono negativamente l’intera esistenza e perfino la successiva memoria. Chi però la conobbe da vicino ne ebbe la dimostrazione contraria. Maria Bolognesi fu donna di grande equilibrio, arricchita da una intelligenza superiore alla media, dotata di grande perspicacia anche nelle umane vicende, generosa ed altruista fino all’eroismo”. (P. Tito Sartori)
L’8 novembre 1946, a ventidue anni, obbediente alla voce di Gesù, lasciò il domicilio paterno, con il consenso dei genitori e del primo direttore spirituale, per dimorare in loc. Cavazze di Crespino presso la famiglia di Angelina e Ferdinando Piva, suoi primi benefattori: con il loro contributo poté aprire una specie di scuola materna privata per aiutare le mamme occupate nel lavoro dei campi.
Nel 1952 per motivi di salute si trasferì a Rovigo, amorevolmente accolta e curata prima dalla famiglia della signora Vanda Guerrato e successivamente nel 1955 dalla famiglia Mantovani, i cui componenti - mamma Novella, ed i figli Zoe, Gino, Emanuele - le furono sempre vicini fino al giorno della morte.
Il venerdì santo del 1955, alle ore 15.00, Gesù le apparve e nel corso dell’estasi le mise al dito un secondo anello, tuttora esistente, raffigurante il volto dell’Ecce Homo: “Maria, le mie piaghe sono anche tue, so quanto Mi ami, tu ripeti sempre, voglio essere solo di Gesù, ed Io sono tuo”.
Nell’ottobre del 1966, facendo obbedienza a Gesù, Maria uscì da casa Mantovani per trasferirsi con Zoe in una piccola mansarda di via Mazzini, e da qui, nel 1971, passò in via Giovanni Tasso 49, zona San Bortolo, in un’abitazione propria, costruita con i mezzi che alcuni benefattori misero nelle sue mani.
La sua intenzione era quella di realizzare un piccolo convalescenziario, nel quale ospitare ammalati di famiglie povere, soprattutto bambini, dimessi dall’ospedale ma ancora bisognosi di attenzioni e cure.
L’edificio composto di due piani fu costruito, ma il progetto convalescenziario non poté essere realizzato a causa delle sopravvenute precarie condizioni di salute di Maria: infatti fu colpita da un primo gravissimo infarto proprio nel dicembre del 1971, seguito da altri frequenti problemi cardiocircolatori e nuove malattie.
Impossibilitata a sostenere fatiche fisiche e affrontare intemperie, come riferisce Zoe Mantovani, che le fu vicina per 25 anni, Maria dovette frenare lo slancio della sua attività operosa fuori casa; seppe in ogni modo essere sempre d’aiuto a chi era nel bisogno, avvalendosi anche di preziosi collaboratori. Durante le pause di lavoro, quando era in salute, oppure nei periodi di convalescenza, ebbe modo di coltivare il suo amore per la musica e soprattutto per la pittura; numerosissimi sono i dipinti ad olio da lei realizzati, in cui ha cantato il Creato, che ogni giorno osservava, studiava, amava nelle sue bellezze e forme più varie. Un particolare importante: le tele molto spesso venivano offerte ai benefattori che ben volentieri l’aiutavano nell’assistenza ai poveri.
In questa casa di via Giovanni Tasso, dove trascorse gli ultimi anni di vita offrendosi totalmente a Dio nella preghiera e nelle opere di misericordia corporali e spirituali, Maria Bolognesi si spense serenamente il 30 gennaio 1980.
“Sepolta nella nuda terra del cimitero di Rovigo, Maria rimane, povera tra i poveri, segno della presenza divina nelle anime umili. Anche se i doni mistici, che ne arricchirono il rapporto con il Signore, rimangono pur sempre lontani dalla nostra esperienza, il suo amore agli indigenti, la sua dedizione agli infermi, la sua partecipazione alle sofferenze altrui sono anche per noi un esempio al quale guardare e un motivo in più per chiederle di intercedere presso Dio a nostro favore”. (P. Tito Sartori)
Il 21 ottobre 1992 il Vescovo di Adria-Rovigo, Mons. Martino Gomiero, accogliendo la richiesta avanzata dal Postulatore Padre Tito Maria Sartori O.S.M., dette inizio al Processo di canonizzazione che, in sede diocesana, venne chiuso l’8 luglio 2000.
Tutta la documentazione “sulla vita, le virtù e la fama di santità” della Serva di Dio Maria Bolognesi venne consegnata il successivo 11 luglio 2000 a Roma alla Congregazione per le Cause dei Santi.
Attraverso lo studio di essa, il Postulatore ha completato e sta per consegnare al relatore ed ai teologi la “Positio super vita et virtutibus”; il conseguente giudizio degli esperti, se positivo in quanto all’esercizio eroico delle virtù praticate dalla Serva di Dio, porterà al riconoscimento della “Venerabilità” per questa nostra concittadina.
Nella successiva fase romana saranno esaminati gli eventuali processi diocesani istruiti su presunti fatti prodigiosi avvenuti per intercessione della Serva di Dio. A tale riguardo, il 15 dicembre 2005 è stata consegnata a Roma la documentazione del primo di tali processi, conclusosi nella Diocesi di Padova, concernente l’improvvisa e duratura guarigione di Marco Ferrari, avvenuta nel febbraio del 1994 quando aveva 27 mesi.
Il 21 ottobre del 2006, in occasione dell’anniversario della nascita di Maria Bolognesi, a Bosaro è stata a lei intitolata la piazza antistante la chiesa e ivi inaugurato una scultura commemorativa.
Il 15 aprile 2008 le sue spoglie mortali sono state traslate con procedura “privilegiata” dal cimitero di Rovigo per essere tumulate nella Chiesa Parrocchiale di Bosaro.
a cura del “CENTRO MARIA BOLOGNESI”
Via Giovanni Tasso, 49 - 45100 Rovigo
Telfax. 0425.27931
e-mail: centro@mariabolognesi.it sito: www.mariabolognesi.it
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INDICE DEL BLOG
I MESTIERI (A.SAVARIS)
de sciatori prinzipianti,
ma ogni tanto me vien l'estro
de ingessàrghene raquanti.
*
Son Febraro, gran Stilista
de costumi de ogni pano,
ma da bravo trasformista
a lavoro tuto l'ano.
*
A son Marzo, l'Ombrelaro,
ma 'sta piova inacidà
mena tuti dal stagnaro
e mi son disocupà.
*
Son Aprile e vendo vento,
ma de mi se pòl far senza
da chel dì che el Parlamento
el me fà la concorenza.
A son Magio e vendo fiori,
ma da quando sula Tera
a ghe xè l'efeto-sèra,
più che fiori i xè dolori.
*
A son Giugno campagnolo,
miedo al dì co' la falzina,
ma de note, co' son solo,
cargo i campi de atrazina.
*
A son Lujo, el Vagabondo,
scapo via dale cità,
par catare un fià de mondo
che no'l sia anca lu inquinà.
*
Son Agosto, el gran Bagnin,
ma col mare che ghe xè,
no' ghe meto gnanca un pié
e me tufo in t'un cadin.
*
Son Setembre, el Giardiniere
e rinfresco un fià l'està,
ma me basta do'.. ..Marghere
par brusare campi e prà.
*
Son Otobre e pisso vin
in social-cooperativa.
Scarpe grosse e zervèo fin:
metà "uva" e metà Iva....
*
Son Novembre, el Tabacaro
de 'sto Stato, e dago a smaca
nebia, tasse, fumo, snaro....
E ti, popolo, tabaca!
*
Son Dicembre, Spaladore
dela neve su la strada,
ma vorìa. .. .spalarghe al cuore
dele mafie de casada.
una fonte di approfondimento
I MIEI PENSIERI
QUESTO BLOG
L'HO INIZIATO PIANO PIANO,
MI HA PRESO SEMPRE
PIU' LA MANO.
VORREI NON AVESSE
UN FINALE,
MA UN FINE.
VORREI LASCIARVI
NEI RICORDI,
NON MIEI,
VORREI.
VIVI!!
UN ESEMPIO
Canzone popolare
La pègra e la mateina la bèla e la sira la bala
La me morosa
ACQUA (L'ELEMENTO PRINCIPALE)
a stago inte a bassa
Sa sbato un pié
me s-cianzo el viso.
A stago in te la Bassa.
La tera l'é aqua
l'aqua l'é tera.
Cresse el riso.
La me cà l'é bagnà.
El fango ciapa i muri
la cusina -el vien soto la tola.
Fora gh'é le cane
ca speta na bava de vento
par scrolarse.
(Passé 'nde - giré!
Mi no me movo).
Ei me mondo l'é chi.
A son ligà al Po
come na corda a la canpana.
El Po - grande o picolo -
l'é la me crose, la me tana.
Mi ghe pisso dentro.
Lu me conta tuto.
El vien zo fredo come el giazzo,
sto pajazzo, incoconà
de pàesi, canpagne, zità.
La Bassa la lo ciùcia,
la se lo tira adosso. Che missioto!
Aqua de monte o de colina
de canale o de fosso
prima de finire in mare
la se mùcia a speciare
un cielo grande assé.
A stago in te la Bassa.
L'aqua l'é cielo, el cielo l'é aqua.
Carlo Lezziero
ANCHE CON LA MUSICA E IL CANTO
DISPONIBILI I CD DEL GRUPPO:
http://www.bookshopro.it/documenti/shared/calicanto%2025.htm
BONIFICA EMILIANO VENETA (BEV)
pensieri personali e non solo
MI TE SERÒ AMIGO (Piero Conforto Pavarin)
Mi te serò amigo
come el vento
su la strada de baro
o la piova sul campo
ai primi de luio.
Come el can
che menando la coa
leca la man al paron
mi te serò amigo
par sempre
pur che te gàbia:
un fià de vento
de piova, o almanco
el sguardo de un can.
Le mie Fonti
Cante d'Adese e Po - Gino Piva - 1931
....e invezhe no! - Jani de-la-Ranpa -1984
Almanacco Veneto 1979
Omani, cépe e scupetun - Gianni Sparapan -1992
Veneto Raccont popolari - Giuseppe Consolaro - 1976
Verso l'imbrunire -Ugo Suman - 1990
QUADRETI VILANI - Angelo Savaris -1993
La Magnifica (Magnemo inversi) - Angelo Savaris -1995
da jeri a ouquò - Gianni Sparapan - 2° ed. -2005
Do schei de morbin - Giuliano Scaranello - 1995
Foje sperse - Leone Fabbris - 1978
abecedario dei vilani - 2001
CO’ STA PIOVA E CO’ STO VENTO (TOC-TOC)
chì che bate a sto convénto?»
«L'e 'na pòra veciarèla
che si vuole confessàre»
«Co' sta piova e ce' sto vento
no se confèssa un sacraménto!»
Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra
ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!
(TOC-TOC)
« Co' sta piòva e co' sto vento
chi che bate a sto convénto?»
«L'é 'na pòra verginèla
che si vuole confessàre»
«Entra, entra, verginèla
che te meno a la capèla»
Ciàppeo, ligheo, méteo in gaèra
ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!
«E te ài mai tocà la ganba»
«Padre sì, ma no son stranba!»
Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra
ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!
«E te ài mai tocà le tete»
«Padre si, i me le è anca strete!»
Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra
ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!
«E te ài mai tocà la pansa»
«Padre si, ma co creànsai»
Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra
ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!
«E te ài mai tocà la figa»
«Padre si, ma co fadìga!»
Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra
ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!
«Se tu vuoi l'assolussione
prendi in mano sto cordone!»
Ciàppeo, lìgheo, méteo in gaèra
ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!
«Caro Padre no son Òrba
questo é un casso e no 'na corda!»
Ciàppeo, ligheo, méÉeo in gaèra
chippeo, ligheo, méteo in presòn!
Co' sta piòva e co' sto vento
chiò restà drento 'l convénto?
L'é restà Padre Formìga
che ghe piàse tant la figa!
Ciàppeo, flgheo, méteo in gaèra
ciàppeo, lìgheo, méteo in presòn!
E ME MARI LE BON
E me marì l'è bon
e l'è tre volte bon
e 'l sabo e la doménega
e 'l sabo e la doménega,
e me marì l'é bon
e l'è tre volte bon
e 'l sabo e la doménega
el me òn'se col baston'
E co ste cìcoe
e co ste ciàcoe
e co ste Cìcoe, Cìcoe, ciàcoe,
e co ste cicoe e Cìcoe Ciàcoe
l'é saltà fòra un ciacoeòn!
baston nel doppio significato di bastone e membro maschile; òn'ser, ungere;
ciòcoe, chiacchiere; lé saltà fòra, ne è nato; ciacoeòn, chiacchierone.
(spiegazione: la bontà di mio marito - rime ambigue e simpatiche)
RUZANTE "IL REDUCE"
arte e commedia nella storia
e con alcuni autori di oggi:
9788895352312
Perpetua zovane...Casin in canonica
Commedia brillante in tre atti in lingua veneta popolana
Dante Callegari