Creato da toughenough il 22/08/2007

Cinema e Amenità

Cinema e Amenità

 

 

BASTA CHE FUNZIONI di Woody Allen

Post n°153 pubblicato il 09 Ottobre 2009 da toughenough
 

"Basta che funzioni" è in pratica un susseguirsi di aforismi alla Woody Allen. Lo scienziato ebreo Boris Yellnikoff è un genio che ha lasciato la sua cattedra, la sua università e la sua brillante moglie per sopravvivevere in una bettola dando lezioni di scacchi "a bambini col cervello addormentato"(cit.), insultando tutto e tutti quelli che gli capitano a tiro dall'alta superiorità del suo smisurato ego. Nonostante questo, possiede un ristretto gruppo di amici, tra cui artisti e letterati, che non giudica "vermetti" ma che invece ritiene suoi pari, che frequenta. Nella sua vita piomba una ingenua e sempliciotta ragazza di campagna, Melodie, che stravolgerà per un po' la sua vita, fatta di paure, attacchi di ansia, disprezzo, abitudini e genio.
Il film è divertente ed irriverente, e passa con disinvoltura dal bigottismo religioso al libertinismo più sfrenato, ed il senso di tutto questo è racchiuso nelle parole che danno il titolo al film: "Basta che funzioni". La felicità è transitoria, e non esistono delle regole logiche per far funzionare un rapporto di coppia. Per quanto sbilanciata, stramba, fantasiosa possa essere una coppia, non ci sono paletti nè regole... l'importante è che funzioni.
La pellicola scorre così, tra una battuta ed un sarcasmo, con una regia semplice, essenziale, pulita; la recitazione è un pochino stucchevole e un po' sopra le righe, come in una pièce teatrale di cui il film sembra averne assorbito la struttura, ma è senz'altro voluta.
Passatempo.

 

                                                        T.

 
 
 

DISTRICT 9 di Neill Blomkamp

Post n°152 pubblicato il 30 Settembre 2009 da toughenough
 

District 9 a prima vista sembra un grande film. Parte benissimo, con una specie di ricostruzione fatta attraverso filmati di repertorio e interviste ai testimoni dei fatti, ai loro familiari, alle popolazioni civili. Dà l'impressione di un grande documentario. Ma bisogna fare un passo indietro: venti anni fa è arrivata sulla Terra una gigantesca nave aliena, ed è rimasta appesa a mezz'aria sopra i cieli di Johannesburg. Dopo mesi di studi e osservazioni, una task force ne tenta l'accesso, trovandovi dentro i cosidetti "gamberoni", ovvero una forma primitiva e rozza di civiltà aliena molto vicina, nella forma, a gamberi antropomorfi.
Questi ultimi vengono salvati e sfollati su un campo profughi, con grandi problemi di accoglienza, comunicazione interspecie, igiene, violazioni dei diritti "umani" da un lato e violazione della legge "umana" dall'altro. Questo anche perchè i Gamberoni sono una specie di progenie senza controllo, senza una figura superiore che abitualmente sembra debba guidarli. La loro astronave è fuori uso, sono intrappolati qui.
In seguito alle proteste della popolazione di Johannesburg, si decide di ricollocare la loro baraccopoli in un mega campo pieno di tende, che "sembra piuttosto un campo di concentramento". Questo è l'incipit del film, che segue le gesta di Wikus Van de Merwe, responsabile sempliciotto dell'operazione. Tutto il film parte sembrando tracciare un parallelo stimolante ed estremamente interessante sulla condizione degli sfollati, dei profughi, del razzismo. Invece no. Piano piano, intorno alla fine del primo tempo e conseguentemente all'inizio del secondo, il film diventa un film d'azione sconclusionato, glissando neppure tanto elegantemente a tutte le questioni che rimangono in sospeso nella trama, rivelando buchi di sceneggiatura grossi come groviera. Un vero peccato, poteva essere un capolavoro, e per lungo tempo questa è la sensazione che dà. Purtroppo tutte le questioni irrisolte, le sparatorie, gli errori di trama buttano alle ortiche un soggetto che potenzialmente poteva essere il nuovo riferimento per i film di fantascienza "impegnati".

A parte questo, se si ignora questa "piccola" questione, il film è girato abbastanza bene, gli effetti speciali (vero punto forte del regista, ex visual effect in altre pellicole e serie tv) sono di buona caratura, le riprese, il montaggio e la fotografia non sgarrano quasi mai.
Occasione mancata.

 

                                                T.

 
 
 

I RACCONTI DELL'ETA' DELL'ORO (Amintiri din epoca de aur)

di Hanno Hofer,Razvan Marculescu, Cristian Mungiu, Costantin Popescu, Ibana Uricaru.

Questo simpatica pellicola rumena è un insieme  di cortometraggi che hanno come filo conduttore le leggende metropolitane  durante la cosiddetta “eta dell’oro” (nome autoaffibbiatosi dalla propaganda comunista) della dittatura di Ceausescu, per cui il film è diviso in episodi diretti via via dai registi di cui sopra.
Difficile quindi dare un giudizio comune calzante per tutte le sue parti, anche se si può dire che il film è piuttosto divertente e alcune delle scene addirittura esilaranti. Si va dal convoglio governativo che arriva in paese per il quale si fanno grandi preparativi (finendo per rimanere bloccati, macchinista compreso, su una giostra fino ad esaurimento del carburante!), al maiale trafugato di nascosto e soffocato con il gas butano per macellarlo  in un appartamento di un condominio (lasciandovi  immaginare le conseguenze) e così via.
Il film ha evidentemente un budget piuttosto scarno, quindi i mezzi sono molto semplici e senza tante pretese, un classico esempio di film dell’est di tempi passati,  proprio di quelli in cui sono ambientati gli episodi. Nonostante questo il girato è quasi sempre pregevole, passando da stili più “polacchi” e classici a quelli più moderni e dinamici, senza perdere di vista l’ambientazione dell’epoca de aur, mentre le sceneggiature, vero pezzo forte, sono spesso cesellate e intriganti, rendendo a tratti l'idea del racconto popolare.
Di film del genere, insomma, se ne sente un po’ la mancanza nelle sale italiane. Per la visione di questi piccoli capolavori si devono ringraziare i piccoli cinema locali, slegati dal concetto delle multisale e del film di cassetta.
Da vedere.

                                                                                   T.

 

P.s. Per Pesaro si ringrazia il cinema Loreto e i suoi collaboratori.

 

 

 
 
 

TORCHWOOD di Russel T. Davies

Post n°150 pubblicato il 17 Settembre 2009 da toughenough
 

Torchwood è uno spin off della famosa serie “Doctor Who”, rilanciata nel 2005 dalla BBC e da Russel T.Davies, e di fatto il nome della serie è l'anagramma di quella da cui trae ambientazione e personaggi (cfr:post n. 148).

Il progetto di Torchwood nasce da un'idea di Davies, che adattò una serie da lui concepita all'universo esplorato dal “Dottore”, prendendone il personaggio del capitano Jack Harkness (visto nel finale della prima serie morire per mano dei Dalek e resuscitato dal Tardis nella persona di Rose) e l'ambientazione,. La stessa Torchwood viene fondata ad opera della Regina Vittoria dopo uno spiacevole incontro con un licantropo extraterrestre e la celebre coppia di viaggiatori del tempo, e il suo sviluppo si può seguire lungo tutta la seconda serie di Doctor Who con David Tennant, che si conclude con la distruzione di "Torchwood Londra” ad opera di Cyberuomini venuti da un'altra dimensione.

Il compito di questa organizzazione è quella di catalogare, fermare, gestire gli oggetti e gli eventi legati agli eventi extraterrestri che accadono sul pianeta Terra, per non lasciarlo indifeso di fronte alle minacce venute dallo spazio, ed essa è completamente indipendente, al di sopra degli stati e delle polizie di tutto il mondo. La sua sede è Cardiff, poiché la città Gallese si trova nel bel mezzo di una fessura spazio temporale (che compare la prima volta anch'essa in una puntata del Doctor Who alle prese con gli Sleethy di Raxacoricofallapatorius ) che fa letteralmente precipitare gli alieni nella cittadina del Regno Unito. In teoria, oltre alla sede di Cardiff e quella di Londra, distrutta, ne esiste un'altra di cui si sono perse le tracce.

Queste sono le basi. Quello che si evince dallo scorrere della prima stagione, è che Torchwood in qualche caso sembra fare più danni che risolverli, e risultano una sorta di Scooby-Gang sgangherata di eroi che fanno i duri senza poterselo permettere. La regia è solitamente brutta, con inversioni di campo che disorientano e confondono, il montaggio pessimo da far girare la testa e le telecamere qualche volta mosse alla cazzo di cane. Lo sviluppo dei personaggi è pietoso, la recitazione ostentata. Insomma, un vero disastro, anche se non ai livelli di Mutant X.

L'unica nota positiva è la sessualità dei protagonisti, ambigua e libertina, per cui troviamo membri della squadra che fanno sesso tra di loro,e non necessariamente uomo con donna ma anche con combinazioni fantasiose, compresa donna con alieno. A parte questo elemento di novità, interessante se non altro nel messaggio (il personaggio principale, il Capitano Jack, macho e risolutore, si dilunga spesso in lunghi baci con uomini) la serie è ben poca cosa, nonostante alcune delle puntate offrano spunti interessanti. Nonostante tutti questi elementi negativi, rimane una serie di fantascienza in un panorama piuttosto scarno, e nonostante non valga la spesa di un centesimo, è sempre meglio che guardare l'ennesima riproposizione di Supercar o l'A-team. Un passatempo mentre magari si cucina o si spazza in terra.

Ho cominciato a visionare anche la serie successiva. Come per il post n. 148, nei commenti compendierò con le impressioni sulla seconda stagione. La prima puntata, con Special Guest lo Spyke di Buffy (James Marsters), sembra denotare segni di possibile risalita.

 

 
 
 

SERENITY di Joss Whedon

Post n°149 pubblicato il 01 Settembre 2009 da toughenough
 

  Serenity è un film sorprendente. Joss Whedon, più famoso in Italia per la serie "Buffy l'ammazzavampiri" che per altro, si rivela ottimo dietro la macchina da presa quanto come autore senza pagare lo scotto di passare dallo stile telefilm, a quello cinematografico della grande epopea. Il film narra di una banda di avventurieri, a bordo di un'astronave di classe "Firefly", molti dei quali reduci e sconfitti di una grande guerra che ha sancito la vittoria di uno status quo cino-americano globalizzante e centralista (che vuole ricalcare, schiavitù a parte, il senso di guerra civile dato dallo scontro tutto americano tra Nordisti e Sudisti), che si imbattono nel loro cammino in Riven, una sorta di supersoldatessa vittima di condizionamenti e apprendimento veloce dotata di capacità sovraumane e informazioni segretissime, e  in suo fratello "il dottore". Insieme entrano a fare parte di questo equipaggio sgangherato che sopravvive di razzie su carghi abbandonati e piccoli furti, tentando di scampare alle forze governative e ai cannibali Reavers, una sorta di predoni dello spazio pazzi e violenti che aumentano sempre di più il loro territorio e le loro razzie ai danni dell'Alleanza dei Pianeti.

Il clima che si respira in questo film è da grande Space Opera, con un universo strutturato e senza contraddizioni, frutto di un lungo lavoro preparatorio. Non stupisce in effetti poi scoprire che Serenity è una sorta di degna conclusione di "Firefly", capolavoro di Whedon del 2002, quando crea una nuova serie definita Space Western (anche se, a mio avviso, ogni serie di fantascienza ha un po' del "western", nonostante qui, in realtà, i richiami sembrino più marcati) che sopravvisse solo 14 episodi della prima stagione, lasciando milioni di spettatori ansiosi e pressanti per vederne la conclusione. Con il credito acquisito continuando a mietere successi con "Buffy" ed "Angel" (quest'ultimo serie spin off della prima) Joss raccatta 40 milioni di dollari, non una enormità ma neppure pochissimi, e realizza questo film a mio parere splendido. I personaggi sono molto interessanti, le scene dinamiche  e di combattimento più che eccellenti grazie anche alla "ballerina" Riven/Summer Glau già stravista in Italia in serie come "Sarah Connor's Chronicle o "The 4400", e anche la computer graphic è buona. I dialoghi e lo script scorrono via come il vento tenendo lo spettatore inchiodato alla sedia.

In definitiva: il risultato è molto apprezzabile, imperdibile per gli appassionati di fantascienza che raramente ottengono prodotti decenti al cinema (più fortunati sono o sono stati con le serie televisive). Da sottolineare decisamente è che il film è perfettamente fruibile così com'è, senza conoscere la serie Firefly di cui è il proseguio. Altrettanto vero è che, una volta visto il film, è impossibile non recuperare questa serie del 2002, i cui primi due episodi ho appena visionato, e che non hanno nulla da invidiare alla qualità del film.

                                                                                  T.

 

 

Allego qui sotto un trailer che gli rende giustizia (in cui si possono apprezzare anche l'ottima colonna sonora)

 
 
 
Il primo bicchiere, come sempre, è il migliore.

Hank
 

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HAGAKURE

Si può imparare qualcosa da un temporale.
Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma anche tentando di ripararci sotto i cornicioni ci inzuppiamo ugualmente.
Se invece, fin dal principio, accettiamo di bagnarci eviteremo ogni incertezza e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose.

Yamamoto Tsunetomo(1 - 79)
 
 

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LA MORTE E IL BUSHIDO

Ho scoperto che la via del samurai è la morte.
Quando sopraggiunge una crisi, davanti al dilemma fra vita e morte,è necessario scegliere subito la seconda. Non è difficile: basta armarsi di coraggio e agire. Alcuni dicono che morire senza aver portato a termine la propria missione equivale a una morire invano. Questa è la logica dei mercanti gonfi di orgoglio che tiranneggiano Osaka ed è solo un calcolo fallace, un'imitazione grottesca dell'etica del samurai.
E' quasi impossibile compiere una scelta ponderata in una situazione in cui le possibilità di vita e di morte si equivalgono. Noi tutti amiamo la vita ed è naturale che troviamo sempre delle buone ragioni per continuare a vivere. Colui che sceglie di farlo pur avendo fallito nel suo scopo, incorre nel disprezzo ed al tempo stesso è un vigliacco e un perdente.
Chi muore senza aver portato a termine la propria missione muore da fanatico, in modo vano, ma non disonorevole. Questa è infatti la Via del samurai.
L'essenza del Bushido è prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata.
Quando un samurai è sempre pronto a morire, padroneggia la Via.
 
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