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Aspetti e problemi professionali del capitano marittimo

Post n°218 pubblicato il 06 Maggio 2012 da Blogini
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Il sistema MET (Maritime Education and Training)

Il problema della formazione intellettuale e professionale del capitano di marina mercantile viene ben sintetizzato e riconosciuto in tutto il mondo, sia a livello informale sia a livello istituzionale, con la dicitura Maritime Education and Training (MET). La formulazione ed il significato del sistema
MET furono molto diffusi negli anni ‘1980 per indicare la preparazione necessaria a gestire leattività, sia di bordo sia di terra, nel campo dello shipping e trovava nella fondazione della World Maritime University di Malmo (WMU), per iniziativa IMO, il paradigma più rappresentativo. Il Prof. Cap. Gunther Zade, vicerettore della WMU, sostenne, in alcuni autorevoli interventi, che una formazione più ampia e progressiva avrebbe facilitato forme di riconversione professionale e l'impiego a terra del personale di bordo, dopo un periodo speso a mare, ed avrebbe così riacceso
interesse e vocazione per le attività marittime.
Nello stesso periodo entrava in vigore la convenzione sugli standard del personale navigante (STCWS 78/95) finalizzata ad assicurare dei livelli minimi di competenza del personale navigante mentre la disaffezione per la vita di bordo, degli equipaggi europei, incoraggiava molti paesi meno sviluppati a istituire scuole e accademie per la formazione di ufficiali di marina mercantile, attività molto stimolante ed appetitosa in relazione al loro tenore di vita.
Studi e ricerche di enti e associazioni (FST, ECSA, etc.) evidenziavano una carenza progressiva di personale marittimo europeo per la flotta mondiale, proiettata nel futuro, ed alcuni problemi operativi in relazione all'impiego di personale multinazionale, multiculturale e multilinguistico.

La tradizione nautica in Italia

Il problema della formazione degli equipaggi non veniva affrontato, in Italia, con la necessaria percezione dell'importanza sociale ed economica della sua incidenza per decine di migliaia di famiglie, specie per le regioni del sud ed in particolare per le comunità del Golfo di Napoli. Infatti equipaggi di queste contrade, comuni e stato maggiore, erano stati impiegati ed apprezzati da flotte italiane e straniere contribuendo in modo rilevante alle entrate economiche.
Già la mancata, tempestiva soluzione del problema dell'allievo nautico aveva costretto molti giovani a rinunciare alla carriera del mare mentre i paesi "emergenti" avevano compreso bene la domanda del mercato ed offrivano "ufficiali di guardia"; in tal modo i bordi venivano sempre più da questi conquistati a spese degli italiani che non potevano superare la fase di apprendistato. La perdita di occasioni di job per alcune migliaia di ufficiali naviganti, per le nostre zone, è una stima per difetto e deve far riflettere tutti, in primis amministratori e politici, sulla natura delicata e prioritaria del problema.
Peraltro fin dagli anni '80 si faceva notare, da più parti ed in diverse sedi, che tradizionali Istituti Nautici non erano sufficienti a garantire una preparazione adeguata rispetto alla tradizione, ad altre attività in settori diversi dallo shipping, a realtà straniere ivi compresi i paesi "emergenti".
Il capitano, fino agli anni '50‐'60, seguiva un percorso di studi impegnativo e selettivo, quando la istruzione della gran parte dei giovani si arrestava alla quinta elementare. Il capitano godeva di uno status culturale e sociale di prestigio, era consapevole di svolgere un ruolo impegnativo, godeva di un lungo periodo di apprendistato a bordo. I programmi di studio, pur indugiando su aspetti discutibili sul piano scientifico e pedagogico, erano sufficienti in relazione alle esigenze.
Il moltiplicarsi dei tipi di navi e delle tecnologie di bordo, a partire dagli anni '70, richiedeva però altre competenze, difficili a realizzare nell'antico curricolo. La STCW 78/95 alterava ancora i vecchi equilibri del sistema MET mentre in altre attività veniva richiesto il diploma di laurea per compiti molto più semplici e meno delicati di quelli previsti per il capitano di navi. Intanto gli ufficiali stranieri, compresi i paesi "emergenti", si formavano in strutture di studi postsecondari e godevano di attenzione e sostegno più puntuali e più consistenti nell'iter della loro formazione.

Il sistema MET italiano: una situazione ambigua con molte ombre.


Oggi la situazione nel sistema MET italiano è piuttosto singolare, ambigua ed è caratterizzata da una grande frammentazione delle attività ed una notevole dispersione delle risorse. Peraltro l'Italia talvolta non compare, in riferimenti internazionali, tra i paesi in possesso di un sistema MET. Si contano oltre 40 tra ex ITN (Istituti Tecnici Nautici) ed altre scuole similari; vi sono alcune decine di ITS (Istituti Tecnici Superiori) che svolgono corsi di "allineamento" di 500 ore; sono attivi
quasi 50 centri di formazione riconosciuti e accreditati per le certificazioni previste dalla STCW/95; esistono ancora 4 o 5 Accademie di Marina Mercantile, dal ruolo incerto ed in ogni caso non paragonabili a quelle di omonime istituzioni straniere. La Guardia Costiera, su delega del Ministero dei Trasporti, controlla il sistema degli accreditamenti e delle certificazioni con criteri che si riducono ad esami, metodo che sul piano storico e pedagogico risulta poco affidabile e inadeguato. Non è previsto, mi pare, un sistema di raccordo o coordinamento tra le attività, di
forme di auditing interno ed esterno, di studi e ricerche pedagogiche nel campo specifico, di confronti con altre realtà straniere, etc. salvo errori od imperdonabili omissioni.
Un sistema così frammentato, un edificio con tanti mattoni ma poca amalgama, finisce per lasciare vuoti pericolosi su aspetti delicati come le valutazioni di sistema, le sue prestazioni nel complesso, le ridondanze inutili ed i limiti del sistema stesso. La gestione di un sistema articolato senza una corretta visione secondo i principi dell'affidabilità dei sistemi tecnici può ingenerare false valutazioni delle sue informazioni con inconvenienti notevoli. Sono ben noti i casi che portarono
alla coniazione delle desolanti dizioni radar assisted collision, ARPA assisted collision ed altre analoghe.
Gli studi sui fattori di rischio e sul ruolo dell'elemento umano forniscono molti utili elementi che in alcuni casi meriterebbero di essere ancora letti ad un livello di profondità più spinto. Andrebbe per esempio verificato se la disponibilità di informazioni superflue sul ponte non producano inconvenienti sull'efficacia della guardia ed in quale misura.
Carenza di una linea coerente
Nel sistema MET italiano, esteso ad altre istituzioni con interessi convergenti, non esistono sedi di studio di ergonomia della condotta della nave , di psicologia industriale del settore, di psicologia cognitiva applicata alle specifiche attività. Se tali aspetti sono considerati inutili, superflui, andrebbero però giustificati rispetto alla esistenza di studi nel campo, di cui la produzione scientifica a livello mondiale è ricca di indicazioni. D'altra parte, come si possono valutare gli aspetti intellettuali dell'arte nautica del Capitano di nave la cui conoscenza è necessaria per elaborare qualsiasi programma di attività MET? Senza contare situazioni di imbarazzo in cui si possono trovare esperti C.ti di nave chiamati a discutere, in sede di esami di verifica, su
circostanze operative e concetti di merito con linguaggi e modi a loro estranei.
Peraltro alcuni aspetti dell'arte nautica del capitano non si prestano ad essere trattati lontano dal ponte di comando, far of the bridge. E' possibile ovviare all'inconveniente con particolare forme di training on the job sperimentate con notevole interesse didattico, in Olanda dalla società Holland America Line ed in Italia dalla Società Grimaldi. In questi casi risulta evidente che chi propone, progetta e segue l'attività deve avere sicure conoscenze teoriche e padronanza pratica delle operazioni e della materia che tratta. I benefici di cui usufruiscono gli ufficiali di bordo nelle attività
di training on the job sono di notevole livello sia sul piano professionale sia su quello psicologico e di interfaccia con l'elemento tecnologico.
Il Det Norske Veritas fornisce, nelle linee guida per riconoscere i requisiti per l'accreditamento di centri di certificazione STCW 95, precise indicazioni sui piani didattici delle attività di formazione.
In particolare gli argomenti trattati devono essere riferiti a noti strumenti cognitivi e docimologici suggeriti dalla scienza pedagogica, per individuare il livello delle operazioni mentali e l'efficacia dei sistemi di verifica dei risultati rispetto alle finalità dello specifico corso. Questo per evitare forme di vuoto autoreferenzialismo come purtroppo succede da noi e non solo nel campo del MET.
In Italia le Istituzioni di controllo del sistema MET, Guardia Costiera, RINA, dovrebbero tentare di produrre e rendere disponibili strumenti del tipo di quelli individuati dal citato Registro DNV per meritarsi un riconoscimento di effettivo aiuto e supporto; la sola azione di controllo, inibitoria o repressiva, non può trovare consenso e conforto in una visione olistica e valoriale del sistema MET attuato in Italia.
Se l'arte nautica non trova occasioni di studio e di confronto malgrado il numero "siderale" di enti e centri di istruzione e di formazione, nel sistema MET italiano non sono previsti corsi e/o attività di aggiornamento, culturale e professionale, che non
siano finalizzati a conseguire le prescritte certificazioni. Incontri di studio, di confronto e di scambi di esperienze farebbero emergere aspetti psicologici e professionali di un'attività molto complessa e varia per aiutare a capire per tempo problemi ed aspetti che sfuggono alla nomale routine e che spesso si scoprono in modo drammatico. La solitudine del C.te, i suoi dubbi, la carenza di vissute esperienze in casi di emergenze estreme potrebbero far emergere indicazioni preziose sulla migliore formazione culturale e professionale e su una più efficace assistenza in caso di necessità.
Un sistema MET efficace richiede una riflessione continua e ad ampio spettro perché i problemi implicati ed i fattori in gioco sono vari e non sempre di immediata comprensione. L'attività e la formazione del capitano di nave sono state tra le prime ad avere particolare attenzione. Già nel 1508 la Casa de Contratacion di Siviglia istituiva, su ordine del Re Fernando, un esame per i piloti, dalla liturgia solenne, e Amerigo Vespucci fu il primo presidente di commissione; il sistema esame andò poi in crisi. Nella Francia di Luigi XIV vi era un professore di Idrografia che preparava ed
esaminava, assieme a due esperti, i capitani di navi e Pierre Bouguer, uno dei più brillanti scienziati del XVIII secolo preparò ed esaminò circa mille capitani. In Venezia il capitano veniva esaminato da un Maestro di Nautica e da due C.ti esperti con prove tecniche sulle attività previste dal ruolo.
L'Inghilterra non ebbe un sistema di certificazioni per gli ufficiali fino al 1854 ma il capitano si formava con un lungo tirocinio alla dura scuola di bordo.

Per un sistema di regole non troppo ingombrante


Oggi il sistema di certificazioni IMO (STCW/95, ISM Code, SOLAS etc.) con i controlli tipo PSC (Port State Control) e simili hanno assunto dimensioni notevoli sul piano formale e sono in fase di ulteriore sviluppo. Molti capitani pensano che un impegno burocratico, cartaceo troppo gravoso per il bordo possa costituire un inconveniente da non sottovalutare, proprio rispetto alle finalità che il sistema di controllo si propone.
Una razionalizzazione della materia appare auspicabile e necessaria. In un mercato di assunzione e selezione degli equipaggi sempre più globale il fattore umano diventa un elemento delicato nella catena del sistema di esercizio della nave. Autorevoli studi scientifici e statistici ed indicazioni di istituzioni sovranazionali come l'EMSA (European Maritime Safety Agency) suggeriscono di migliorare i programmi di studio, la qualità delle conoscenze nel settore delle professioni marittime e favorire la diffusione delle best practices nelle attività MET e di lavoro a bordo.
Le soluzioni migliori e più economiche vanno sempre ricercate nella valorizzazione del patrimonio delle migliori esperienze con ragionevoli aperture e innovazioni per favorire quei necessari e opportuni adattamenti ad una realtà in continua evoluzione.
E l'approccio alla tematica non può non avvenire in un'ottica favorevole alle esigenze di chi deve operare sul campo, on the job, a bordo, che è sempre un ambiente speciale e delicato, specie sulpiano della salvaguardia della sicurezza della vita umana e dell'ambiente marino.


Silvestro Sannino

 
 
 
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