Capitani e non solo
Dedicato a tutti coloro che dal mare hanno avuto molto e a coloro i quali da esso si aspettano ancora di più
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Post n°196 pubblicato il 22 Febbraio 2012 da Blogini
Dopo giorni di silenzio stampa stamani si registra un commento della compagnia napoletana F.lli Amato. Si tratta della società armatrice della MN Enrica Lexie. La compagnia di via dei Fiorentini a Napoli fa sapere che stanno seguendo la vicenda, che però, resta gestita dalle autorità e nella quale la compagnia ha un ruolo marginale. Il laconico messaggio lasciato dalla compagnia di navigazione napoletana dimostra quanto possa essere impossibile gestire una determinata situazione dai civili se in mezzo ci sono i militari. Un motivo questo che dovrebbe portare a spingere ancora di più affinchè dal governo italiano giunga il via libera per gli armatori italiani a poter Il problema è anche un altro. I militari italiani sono finiti in mano alle autorità di un altro Paese e se invece, fossero stati catturati dai pirati In un passato non tanto remoto la società napoletana dei F.lli Amato è stata per mesi alla ribalta delle cronache internazionali avendo avuto, dal mese di febbraio scorso fino al dicembre successivo, una sua nave, la petroliera italiana ‘Savina Caylyn', in mano ai pirati somali che l'hanno Attualmente invece, la F.lli Amato è rimasta coinvolta, suo malgrado, nella vicenda legata all'uccisione nell'Oceano Indiano dei 2 pescatori indiani in quanto in virtù di una legge italiana di contrasto alla pirateria marittima, la 130, aveva imbarcato a bordo di una sua nave un team di sicurezza militare per difenderla da eventuali attacchi pirati.
I militari italiani, impiegati per questi compiti, sono distribuiti invece, lungo tutta l'area interessata dal fenomeno della pirateria marittima. Piccoli gruppi di sei unità che si imbarcano al momento del bisogno per poi, sbarcare mediamente dopo 10-15 giorni. Giusto il tempo di Le regole di ingaggio che regolamentano l'attività di questi team di sicurezza militari si basano sul principio dell'autodifesa. I militari italiani devono limitarsi solo ad azioni che impediscono il sequestro della nave, ricorrendo a segnali luminosi, radio e ad azioni puramente intimidatore come raffiche sequenziali dirette in aria e in acqua. Il ricorso al fuoco diretto sul presunto assalitore è possibile solo come ultima risorsa. La stessa legge individua anche gli spazi marittimi a rischio pirati. Essi sono non solo le acque del Corno d'Africa, ma anche quelle dell'Oceano Indiano e del Golfo Persico. Sono sempre di più i Paesi che permettono alle loro flotte commerciali di utilizzare personale armato a bordo, siano essi militati o contractors privati, per difendersi dai pirati. Tra i Paesi europei, oltre l'Italia, il Belgio, la Spagna, la Francia, l'inghilterra.
Mentre un'altra nave italiana, la ‘Enrico Ievoli' è tutt'ora in mano ai predoni del mare somali. Ferdinando Pelliccia |
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