Creato da Blogini il 27/10/2010

Capitani e non solo

Dedicato a tutti coloro che dal mare hanno avuto molto e a coloro i quali da esso si aspettano ancora di più

 

 

Pirateria marittima: preoccupante aumento attività pirati nigeriani nel Golfo di Guinea

Post n°247 pubblicato il 29 Luglio 2012 da Blogini
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Pirati di nuovo in azione nelle acque dell'Africa Occidentale. Dopo gli episodi registrati alla fine dello scorso mese di giugno ieri i pirati hanno di nuovo attaccato un'imbarcazione nelle acque nigeriane nel Delta del Niger, regione petrolifera del sud del Paese africano. Ad essere stata presa di mira una barca che trasportava tre dipendenti dell'ENI verso un impianto petrolifero. Per il momento sembra che degli uomini a bordo della nave uno sia morto annegato e altri due risultino dispersi. Il morto è un cittadino nigeriano dipendente della società petrolifera italiana. L'episodio è avvenuto ieri lungo un fiume dello stato di Bayelsa e riporta di nuovo alla ribalta un fenomeno che nella regione comincia ad prendere piede ed espandersi in maniera pericolosa. Il fatto che il fenomeno della pirateria marittima sia in forte crescita nelle acque del golfo di Guinea, un'area che copre una dozzina di Paesi tra cui Togo, Lagos e Nigeria, preoccupa non pochi. Almeno fino al 2010 il mare del West Africa sembrava quasi immune al fenomeno della pirateria marittima. Negli ultimi mesi però, si sono registrati assalti quasi ogni settimana. Tentativi di assalti che sono portati per lo più da predoni del mare nigeriani. Secondo l'International maritime bureau, Imb, nel primo semestre del 2012 sono stati messi in atto almeno 32 attacchi pirati dei quali gran parte andati a buon fine. Il conto è presto fatto. Rispetto allo stesso periodo del 2011 si registrano almeno 26 assalti in più. Un crescendo che viene letto in maniera negativa in quanto a livello mondiale gli atti di pirateria marittima sono in calo. Un calo che si registra persino al largo della Somalia dove il fenomeno negli anni scorsi, periodo 2009-2011, aveva raggiunto livelli preoccupanti. Sempre secondo quanto riporta l'Imb la maggior parte degli attacchi sono avvenuti al largo della Nigeria. Un particolare che rende chiaro che la maggiore attività è svolta proprio dalle gang del mare nigeriane. Addirittura sembra che questi predoni del mare stiano cominciando a colpire anche al largo lontano diverse miglia dalle coste. Un fatto questo che denota un evoluzione nel fenomeno oltre che un ricorso da parte dei pirati nigeriani ad imbarcazioni d'altura, probabilmente pescherecci sottratti a pescatori e quindi anche facilmente mimetizzabili. A preoccupare è anche l'aumento della violenza. Si comincia a registrare un numero elevato di marittimi uccisi o feriti nel corso degli assalti pirati che ora avvengono anche durante la navigazione. Un fatto questo che in passato difficilmente si verificava. Gli ultimi episodi accaduti hanno mostrato un vero e proprio salto di qualità nelle azioni dei pirati nigeriani che oramai agiscono con modalità simili a quanto avviene di fronte alle coste somale come se avessero subito dei preoccupanti ‘innesti'. Si registra anche un cambio nel tentativo di catturare le navi. Prima l'assalto avveniva quasi sempre mentre le navi erano impegnate nelle operazioni di trasferimento del carico e lo scopo era quello di rubare il carico per poi, rivenderlo al mercato nero. Questo faceva si che il sequestro si risolvesse in breve tempo. Se il trend del fenomeno dovesse continuare nella sua salita uno degli hub commerciale emergenti nel Continente africano si ritroverebbe in serie difficoltà. La minaccia che viene dai pirati nigeriani porterebbe infatti, un danno enorme a quello che ormai è considerato il più importante hub per l'approvvigionamento di petrolio, metalli e prodotti agricoli per l'Occidente. Nell'agosto del 2011 la maggiore compagnia assicuratrice mondiale, i Lloyds Association di Londra, ha definito le acque del Golfo di Guinea come rischio al pari della zone di guerra. Un fatto questo che ha pericolosamente accomunato il mare dell'Africa Occidentale a quello dell'Africa Orientale. Un po' come avvenne nel 2007 per il mare della Somalia questo ha comportato infatti, una forte impennata nei costi
assicurativi per gli armatori. La storia quindi si ripete e tra qualche mese la comunità internazionale potrebbe ritrovarsi a dover affrontare in maniera preoccupante il fenomeno della pirateria marittima anche sul fronte occidentale oltre che orientale. Per combattere il fenomeno, ormai in fase crescente, dalla fine del mese di settembre del 2011 diversi Paesi del Golfo di Guinea, in particolare Nigeria e Benin, hanno iniziato un pattugliamento navale congiunto alla largo delle loro coste, mentre è in fase di approntamento anche una forza aerea per il pattugliamento dall'alto. La lotta alla pirateria marittima però, come la Somalia insegna, deve essere condotta in maniera decisa e oltre la comunità internazionale deve coinvolgere anche tutti i Paesi della regione che per contrastare il fenomeno nel Golfo di Guinea devono costituire una loro forza militare navale congiunta specializzata appunto nel contrasto al fenomeno e questo prima che sia troppo tardi.

Ferdinando Pelliccia

 
 
 

I marittimi Italiani e il “crew shortage”

Post n°246 pubblicato il 18 Luglio 2012 da Blogini
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Diventa sempre di più un'ardua impresa per i marittimi italiani trovare un imbarco sulle navi commerciali di bandiera, come mai? Eppure gli italiani sono tradizionalmente un popolo di navigatori, partendo da chi ha fatto la storia della nostra marineria. Oggi forse siamo costretti ad archiviare la tradizione e il mestiere che dalla notte dei tempi è stato perno dell'economia costiera di un Paese bagnato da ¾ dal mare. Infatti, inspiegabilmente, sembra che le compagnie di navigazione italiane siano costrette a ricorrere a personale marittimo straniero per sopperire alla penuria di marittimi italiani. Almeno questo è quanto verrebbe sostenuto delle società di navigazioni italiane e la Confederazione Armatori, Confitarma, principale espressione associativa dell'Industria Italiana della Navigazione che raggruppa Imprese di Navigazione e Gruppi Armatoriali che operano in tutti i settori del trasporto merci e passeggeri, nelle crociere e nei servizi ausiliari del traffico. Il fenomeno è chiamato "Crew Shortage", ossia carenza di personale qualificato da impiegare a bordo delle navi commerciali dato da una cronica crisi di vocazione tra i giovani. Per cui, di fatto, a bordo delle navi di bandiera si formano equipaggi multietnici, si usano lingue, religioni, modi di lavorare, modi di agire e di mangiare differenti, ma in primis salario e diritti diversi.

Infatti, il ricorso a lavoratori del mare stranieri o meglio extra comunitari oltre a problemi contrattuali, evidenzia anche altri problemi molto più delicati legati ad esempio alla convivenza. Per non parlare di quelli relativi alla sicurezza. In Italia i marittimi sono tenuti a seguire dei corsi e la loro certificazione viene rilasciata con severità. Mentre per i marittimi stranieri è facile dubitare dell'attendibilità dei loro certificati di frequenza ai corsi.

Non va sottovalutato il fatto che lavoratori del mare stranieri lavorino per gli Armatori italiani, ciò comporta che ogni mese milioni di euro, invece che entrare nel circuito monetario nazionale finiscono in quello di altri Paesi. Da una nostra inchiesta pubblicata sul settimanale WEEK, non risulterebbe però che non vi siano lavoratori del mare italiani disponibili, anzi abbiamo preso nota della disperazione di questi marittimi che non riescono a trovare collocamento e non ci risulterebbe nemmeno che siano pochi i giovani che vorrebbero intraprendere il mestiere di marittimo.

Il sistema marittimo italiano costituisce uno dei soggetti economici dello sviluppo, come rilevato dal Censis nel 45′ Rapporto Annuale presentato lo scorso mese di dicembre a Roma e a Milano, e produce complessivamente beni e servizi per un valore di 39,5 miliardi di Euro (2,6% del PIL). L'Italia è prima in Europa nell'interscambio via mare con 240 milioni di tonnellate di merci e nel turismo crocieristico con 6,7 milioni di passeggeri, nonché nel mondo nella costruzione di navi passeggeri e motoryacht di lusso, fornendo occupazione a circa il 2% della forza lavoro del Paese (480mila addetti).

La stessa Federazione del mare, che riunisce il cluster marittimo italiano, nel suo rapporto 2011 riferito al 2009 sull'economia del mare indicando le cifre degli occupati rivela che i livelli degli occupati è cresciuto rispetto agli anni precedenti.

A questo punto è necessario capire come mai vi sia tanta disoccupazione nel settore marittimo italiano e perché invece gli armatori si dicano costretti ad assumere personale extracomunitario.

Già nel 2007 da un'indagine ISFORT/Federazione del mare risultava che in quell'anno i marittimi stranieri imbarcati sulla flotta italiana erano circa 12.678. Nel 2011 risulta che sono 9500 i marittimi stranieri effettivamente imbarcati sulle navi italiane. Si tratta del 34,6% dei 27.450 posti di lavoro nella flotta italiana, con un avvicendamento di 35.600 lavoratori, di cui oltre 12.000 stranieri.

Secondo la Fit-Cisl, i marittimi stranieri costituiscono invece, l'80% degli equipaggi o del settore alberghiero delle navi da crociera. Un esempio recente quello della Costa Concordia a bordo della quale vi erano imbarcati 296 filippini, di cui 120 membri dell'equipaggio, mentre gli altri lavoravano nell'hotel della nave.

Va anche fatta una riflessione in merito alla tutela sindacale dei lavoratori del mare offerta dalle tre principali sigle CGIL CISL UIL e sarebbe indicativo andare a vedere in che percentuali questi tre sindacati rappresentino i lavoratori del mare. Sembra che alcune compagnie abbiano l'usanza di far firmare ai marittimi l'iscrizione al sindacato insieme al contratto di lavoro. Ma tutto questo si tramuterebbe in una beffa se si analizzasse che un marittimo nell'arco di 5 anni non riuscisse a svolgere almeno 12 mesi di navigazione, rischierebbe di non ottenere il rinnovo della certificazione, quindi non gli sarebbe più consentito svolgere l'attività; insomma il marittimo italiano esce dal mercato. Il marittimo sarebbe legalmente eliminato.

Emergono posizioni nettamente contrastanti che vogliamo sottolineare tra lavoratori e armatori. I primi denunciano il fatto che non riescono più a imbarcarsi, i secondi lamentano di non trovare personale e quindi debbono rivolgersi al mercato extracomunitario.

Confitarma come già precedentemente accennato, liquida la questione denunciando una crisi di vocazione tra i giovani. Ma è vero anche che nel settore marittimo inspiegabilmente si investe poco. Infatti sono le politiche armatoriali dirette al risparmio, nel non investire nella formazione di giovani, non imbarcando di fatto il cadetto, ritenuto per moltissime compagnie solo una spesa. Il non imbarcare per anni allievi ufficiali, ha fatto si che le varie generazioni non vedendo sbocchi per il futuro, optando per altri corsi scolastici, hanno messo in crisi gli Istituti Tecnici Nautici italiani che hanno visto anno dopo anno diminuire i propri iscritti. I 37 istituti nautici italiani formano mediamente ogni anno 1200 diplomati per cui la crisi nel tempo sarebbe dovuta diminuire ed invece, già nel 2008, la "lungimirante" Confitarma, lanciava un allarme: nel 2012 i posti vacanti da ufficiali sarebbero stati circa 12mila. Come faceva a prevederlo?

Sul sito della Confederazione Italiana Armatori si legge che: "la formazione scolastica di base, i percorsi formativi aziendali, l'applicazione degli istituti previsti dalla riforma del mercato del lavoro, l'addestramento prescritto dalle normative internazionali sono le materie che Confitarma segue nell'intento di favorire l'adeguamento degli standard professionali degli equipaggi ai fabbisogni delle aziende armatoriali".

In virtù di questa filosofia è nata l'Accademia del Mare di Genova istituita dallo Stato italiano, che ne copre i costi per l'80%. L'Accademia è però anche ‘sostenuta' da moltissime compagnie di navigazione e dalla stessa CONFITARMA. (http://www.accademiamarinamercantile.it)

Sul sito web dell'Accademia si legge che i posti per i cadetti sono definiti di anno in anno in accordo con CONFITARMA.

Questo dovrebbe voler dire che a seconda della disponibilità d'imbarco resa nota dagli Armatori vengono predisposti i corsi per determinato numero di allievi. Sembrerebbe secondo nostre fonti, che l'Accademia ogni anno sia costretta a respingere iscritti in quanto la domanda eccede sempre l'offerta.

Come è possibile una cosa del genere?

Un fatto davvero strano è incomprensibile in quanto se già nel 2008 gli armatori hanno previsto che nel 2012 i posti vacanti per ufficiali sarebbero stati 12mila perché il numero dei posti messi a disposizione ai corsi all'Accademia sono ridotti ai minimi termini?

In sostanza, c'è o non c'è questa crisi di vocazione?

Inoltre, in questo modo, si rischia che chi ha tentato di iscriversi all'Accademia e ne è rimasto escluso, nel 99% dei casi non ci riproverà l'anno successivo, facendosi scappare così un potenziale ufficiale. In questo modo l'effetto ottenuto è il contrario di quello che si vuole: si disincentivano le vocazioni dei giovani alla carriera in mare anziché incentivarla.

A meno che non sia questo il vero obiettivo, si deve porre rimedio al più presto.

Se effettivamente si tratta del "Crew Shortage" tanto sbandierato dagli Armatori italiani, il problema sarebbe facilmente risolvibile, basterebbe aumentare i corsi, il numero dei posti per gli aspiranti allievi all'Accademia di Genova e addirittura creare anche nuove scuole di formazione a livello universitario in Italia. È strano che in un Paese con forti tradizioni marinare vi sia un numero così esiguo di scuole di formazione a livello universitario.

Forse sarebbe più giusto parlare non di assenza di vocazioni, ma di scelte ben precise, mirate verso i lavoratori stranieri.

Qui è obbligatoria una riflessione. Se gli armatori italiani sostengono l'Accademia del Mare di Genova, questi dovrebbero imbarcare di certo senza problemi anche i suoi allievi, che per legge, per concludere il ciclo di studi e conseguire il patentino di terzo ufficiale, devono oggi compiere 12 mesi di navigazione. E per far questo hanno anche delle agevolazioni dallo Stato italiano.

A molti giovani diplomati degli Istituti Tecnici Nautici viene di fatto preclusa ogni strada. Sarebbe interessante andare a vedere quanti diplomati dell'istituto nautico il giorno dopo il diploma hanno perso la vocazione o hanno tentato la carriera, ma sono stati «respinti». Neppure tanto apparentemente da quanto esposto sembra che in Italia si cerchi di affossare la formazione dei giovani che vogliono seguire la carriera in mare.

In Paesi come l'America la formazione avviene seguendo un percorso di laurea, come anche in Paesi emergenti come l'India; nelle Filippine, a Manila, addirittura è stata inaugurata di recente un'Accademia del mare a percorso universitario e a Dubai sta nascendo un'Accademia a livello mondiale (http://www.dubaimaritimecity.com)

Si tratta di fatto di percorsi universitari che condurranno tanti giovani di questi Paesi a formarsi e a diventare ufficiali della Marina Mercantile.

Stranamente in Italia sembra che si punti su una formazione che è sicuramente meno qualificante.

A proposito dell'Accademia del mare a percorso universitario inaugurata nel settembre 2007 nelle Filippine che si chiama ‘Italian Maritime Academy Phils., Inc.' (http://imaphilsinc.com) c'è da dire che a costituirla è stata Confitarma e la Rina (http://www.rina.org/en/index.aspx) . Questo dimostrerebbe che questi due attori della marineria italiana hanno importanti interessi in quel lontano Paese asiatico.

Tutto ciò rende palese il vero interesse: quello di imbarcare a minor costo i marittimi, usando personale extracomunitario... Altro che crisi di vocazione...

Ferdinando Pelliccia

 
 
 

Al via lo sportello unico marittimo

Post n°245 pubblicato il 14 Luglio 2012 da Blogini
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Genova - Prenderanno il via a settembre a Genova e a La Spezia i primi impieghi dello "Sportello unico marittimo", passo iniziale di un'azione finalizzata alla eliminazione dei documenti cartacei nella logistica (e-maritime) che, nel futuro, si estenderà a tutti gli operatori marittimi.

L'azione, frutto di un accordo in via di firma tra il Governo Italiano (Ministero dei Trasporti, Ministero dell'Economia e delle Finanze e Ministero Università e Ricerca) e quello Coreano (Minister of Land Transport and Maritime Affairs) in materia di digitalizzazione e innovazione del settore marittimo, è attuata per l'Italia da Agenzia Digitale Italia, Ministero dei Trasporti, Ministero degli Affari Esteri, Autorità Portuali di Genova e La Spezia ed è coordinata tecnicamente dal RINA. Il team coreano è composto dal Ministero dei Trasporti (MLTM), porto di Busan, KLNET e Hyndai U&I.

Questo accordo è figlio di un primo protocollo di cooperazione generale per il settore ICT siglato il 28 settembre 2011 tra il Ministro della Funzione Pubblica italiano e il Mopas (Minister of public administration and security) coreano.

L'informatizzazione è una delle priorità a livello comunitario per lo shipping: la direttiva 2010/65 dell'UE prevede che, entro il 2015, tutti gli Stati Membri istituiscano uno "Sportello unico marittimo" (il cosiddetto "SPOC" Single Point of Contact) tramite il quale ottimizzare e semplificare l'espletamento delle formalità burocratiche di arrivo e partenza delle navi, oggi in larga parte ancora cartacee.

L'argomento è anche oggetto di attenzione da parte dell'Agenzia Europea per le reti europee di trasporto (TEN-T) tramite il progetto pilota MIELE, coordinato dal Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e gestito tecnicamente dal RINA, che vede una stretta collaborazione tra Italia, Portogallo, Cipro, Spagna e Germania con la finalità di condividere i relativi sportelli unici marittimi.

Presso la sede genovese del Gruppo RINA, sono state presentate le finalità della collaborazione italo-coreana e una prima analisi dei benefici che potrebbero derivare dall'applicazione del progetto MIELE al settore della logistica marittima in Europa.

La Corea (secondo i dati delle Nazioni Unite) vanta la migliore pubblica amministrazione digitale al mondo ed è arrivata a risparmiare, nel settore della logistica, fino a 3 miliardi di dollari all'anno. Da questo elemento è nata la decisione di scegliere la Repubblica Coreana come partner non europeo nei test dello Sportello unico marittimo italiano.
Sulla base dei risultati coreani, il RINA ha prodotto una stima cautelativa secondo cui il risparmio generato dalla digitalizzazione ammonterebbe a circa 1 miliardo di Euro.

In particolare, l'analisi tiene conto del risparmio ottenuto dal singolo armatore e dal terminalista, sommato a quello derivante dal miglioramento dell'intero sistema logistico, dovuto sia alla riduzione dei tempi di stazionamento in porto sia alla velocizzazione delle procedure doganali.

"La logica di questa iniziativa è quella di mettere a sistema le best practice a livello mondiale attraverso un'applicazione capace di interconnettere i sistemi informativi già esistenti e di tradurne i vari linguaggi in uno standard comune. Si potrebbe arrivare a contrarre i tempi della catena logistica di circa il 50%" - ha affermato Mario Dogliani, Responsabile Ricerca del Gruppo Rina.

"Grazie ad un settore marittimo coeso, l'Italia può aspirare ad una leadership applicativa non solo nel contesto europeo disciplinato dalla direttiva 2010/65, ma può assumere anche il ruolo di promotore di un approccio omogeneo alla logistica digitale in altri continenti. Sono già in essere accordi preliminari con il Canada che vanno in questa direzione" - ha proseguito Francesco Beltrame, Presidente di DigitPA.

"Oggi sono felice di poter testimoniare il forte interesse del Governo coreano su queste tematiche. L'evidente sintonia che si è venuta a creare tra i nostri due paesi è confermata anche dal valore dell'interscambio commerciale pari a circa 10 miliardi di dollari annui. La digitalizzazione produrrà vantaggi evidenti anche per le strutture consolari che sono tra gli attori della catena logistica integrata " - ha affermato Sergio Mercuri, Ambasciatore Italiano in Corea.

"La costruzione dei corridoi logistici integrati rappresenta una delle nostre priorità di intervento evidenziata anche nelle linee guida per il nuovo Piano Regolatore. Partire da subito con la sperimentazione di sistemi di tracciamento per il traffico con la Corea e porre i nostri strumenti di lavoro al servizio degli Accordi di Collaborazione che il nostro Governo persegue è un elemento di grande valore per il porto di Genova" - ha dichiarato Luigi Merlo, Presidente dell'Autorità Portuale di Genova.
"L'accordo di cooperazione tra il nostro Governo e quello Coreano rappresenta un'ottima occasione di confronto e scambio di esperienze in un settore, quello dell'informatizzazione dei processi portuali, logistici e dell'e-governament, in cui la Corea esprime livelli di eccellenza. Ritengo quindi che essere qui oggi come uno dei porti inseriti nell'accordo intergovernativo per la sperimentazione, rappresenti un momento importante in un settore che ha molto da migliorare e che può contribuire in modo significativo al recupero della competitività nei confronti degli altri paesi e degli scali del Nord Europa. Grazie all'accordo, il porto della Spezia e quello di Genova, sperimentando nuovi sistemi di tracciamento della merce e interfacciandosi con i sistemi utilizzati dal Ministero dei trasporti coreano, potranno intervenire sulla digitalizzazione dei processi e il recupero delle inefficienze logistiche grazie alla velocizzazione e semplificazione delle procedure. Sarebbe importante, a mio avviso, che questa sperimentazione venisse estesa anche ai processi doganali, tramite il coinvolgimento delle rispettive autorità competenti dei due paesi" - ha aggiunto Lorenzo Forcieri, Presidente dell'Autorità Portuale di La Spezia.
"Come Gruppo RINA lavoriamo da sempre per sviluppare il settore della Ricerca, tanto che oggi rappresentiamo uno dei principali centri di innovazione industriale d'Italia. Il nostro dipartimento dedicato, infatti studia ogni giorno soluzioni per la ricerca applicata e siamo orgogliosi di poter contribuire a progetti che, come quello illustrato stamattina, rendono il settore del trasporto marittimo più efficiente " - ha concluso Ugo Salerno, CEO del Gruppo RINA.

 
 
 

Collegio Capitani, a proprosito della assicurazione sul titolo professionale.

Post n°244 pubblicato il 12 Luglio 2012 da Blogini
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Il Collegio Nazionale Capitani L.C. e M offre una polizza assicurativa così pubblicizzata: "Il Collegio Capitani offre ai propri Soci l'opportunità di assicurare il titolo professionale (certificato di abilitazione) dal rischio di sospensione e/o ritiro da parte della Aitorità Marittima".

Dal canto suo l'ISVAP, Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo, ci scrive con lettera datata 27 giugno 2012: " Secondo la normativa vigente tale copertura ha efficacia nei limiti e secondo le disposizioni prescritte dal contratto, e in ogni caso, secondo l'arti. 1900 del codice civile, non può garantire l'indennizzo dei sinistri cagionati con dolo o colpa grave, Nei casi in cui, quindi, il titolo abilitativo sia stato sospeso per fatti dolosi o per colpa grave, l'indennizzo non dovrà essere erogato, giacchè altrimenti si vanificherebbero gli effetti della sanzione amministrativa inflitta".

Molto seplicemente si evince che non vi sarebbe nessuna ragione di sospendere e ritirare l'abilitazione professionale se non ci fosse dolo o colpa grave per cui nessun indennizzzo spetterebbe agli assicurati.

E', quanto meno, fantasioso pensare che il Comandante della Capitaneria di Porto provveda alla sospensione o ritiro della abilitazione professionale al di fuori del dolo o della colpa acclarata; chi di noi può solo pensare che tale azione potrebbe avvenire per altri motivi.

Riflettiamo e non facciamoci ingannare e sopratutto non gettiamo al vento denari così faticosamente guadagnati.

 
 
 

Più incidenti marittimi.

Post n°243 pubblicato il 11 Luglio 2012 da Blogini
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Mancanza di addestramento di piloti, capitani ed equipaggi. Incapacità a gestire la nave mentre è in movimento: secondo le compagnie di assicurazione specializzate nel settore marittimo, questi sono solo alcuni dei motivi che hanno causati negli ultimi tempi una impennata di sinistri durante la navigazione. Non è bastata ad arginare il fenomeno neanche l'introduzione dell'alta tecnologia, come le carte elettroniche, i sistemi di identificazione (AIS), i GPS e i controlli al traffico marittimo (VTS). In una recente indagine che analizza il numero e l'impatto economico degli incidenti, condotta da Standard P&I Club, compagnia britannica che copre armatori, operatori e noleggiatori in caso di danno verso terzi, emerge che negli ultimi cinque anni sono registrate 85 richieste di risarcimento di oltre 1 milione di dollari, di cui oltre la metà "direttamente correlati a problemi di navigazione". Di questi reclami il 42% riguarda collisioni, il 32% scontri con corpi come boe, banchine, frangiflutti, ormeggi e gru, il 15% durante l'attracco. Il 16% si è verificato quando la nave era sotto la guida di un pilota. Il report segnala che dal punto di vista finanziario gli incidenti (80 per cento in navigazione) sono costati 376 milioni di dollari. Tra il 2000 e il 2010 - rileva Standard P&I - si è registrato un aumento costante del numero medio di collisioni fino al cinquanta per cento.

 
 
 

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