Creato da maryrose.ms il 14/05/2008

CONTROESODO

BREVI PAUSE PER RIPRENDERE FIATO

 

 

MARTIRI

Post n°50 pubblicato il 26 Agosto 2008 da maryrose.ms
 





http://www.gesuiti.it/moscati/Img/Ciro.jpg

I nuovi martiri cristiani

Brutalizzati e arsi vivi, ancora oggi, in India e non solo. Urge campagna

Una
religiosa del centro pastorale di Bubaneshwar, nell’India orientale, è
stata assalita (forse anche stuprata) da una banda di fanatici indù,
un’altra è stata arsa viva da delinquenti che hanno dato fuoco a un
edifico religioso (due vittime almeno). Il pretesto di queste ennesime
violenze contro la comunità cattolica è l’assassinio di un leader
radicale indù, Swami Laxananda Saraswati, che la propaganda degli
estremisti ha attribuito falsamente a elementi cristiani. Le notizie
sulle aggressioni sono ancora confuse, ma quello che è certo è che
esiste una persecuzione contro i cristiani in India, come ce n’è una in
Turchia e in altre zone del mondo, compreso l’Iraq.
Si tratta di un
tremendo fenomeno, assai diffuso ma poco noto. Le persecuzioni contro i
cristiani non fanno notizia, forse perché contrastano con la vulgata
degli occidentali oppressori e delle povere vittime inermi e innocenti
del terzo mondo. Questa sottovalutazione dell’opinione pubblica,
persino di una parte di quella cattolica che forse per un malinteso
senso del pudore non lancia un allarme corale contro queste tragedie,
aiuta l’immunità dei persecutori. Tutti sanno l’impegno profuso in
India dai cattolici a sostegno degli ultimi, che ha avuto come simbolo
madre Teresa di Calcutta. Pochi, invece, conoscono le condizioni
terribili nelle quali operano le missioni e le comunità cristiane
sottoposte a ogni genere di vessazione e esposte inermi alla violenza
dei fanatici. Sarebbe ora che di questo si parlasse, per spirito di
verità e di giustizia, e non solo in qualche trafiletto in nona pagina. 

Da Il Foglio




 
 
 

LA STRANIERA

Post n°49 pubblicato il 25 Agosto 2008 da maryrose.ms
 


Ho
riletto il testo che mi piace molto, per l`ennesima volta. Avevo appena
terminato,quando, in Val Badia, dove ero in vacanza con la comunità di
Cl del mio paese, Carate, si sparse la voce della visita del Papa,
l`indomani, 5 agosto, a Ojes, città natale di San Giuseppe
Freinandemetz, missionario in Cina e lì morto di tifo nel 1909, dopo
essere scampato a persecuzione. Decidemmo immediatamente di andare
tutti, partendo per tempo, come è conveniente in questi casi.

 

Abbiamo
atteso il Papa per qualche ora, insieme a persone di ogni età, donne
incinte, bambini e anche malati, cotti dal sole di montagna, che per
fortuna ogni tanto se ne andava. La miscela di entusiasmo e di fatica
mi faceva venire in mente la domanda dei Cori, che don Giussani ha
eletto a motivo di fondo del suo magnifico testo, «La coscienza
religiosa nell`uomo moderno» (ne «Il senso di Dio e l`uomo moderno»,
BUR): «È la Chiesa che ha abbandonato l`umanità o è l`umanità che ha
abbandonato la Chiesa?». Il fervore dell`attesa di chi mi circondava
contrastava evidentemente con la freddezza, l`ottusità, se non
l`indifferenza, con cui troppe volte è accolto il messaggio del Papa.

 

D`altra
parte, non infrequentemente, la domanda di verità del popolo o delle
persone si scontra con un discorso degli uomini di chiesa, preti e
laici, difficile, soggetto alla mentalità dominante, incapace di far
percepire l`abbraccio del mistero. Giussani ci leggeva e commentava i
"Cori della Rocca", proprio perché desiderava trasmetterci, oltre che
la novità, la drammaticità unica del fatto cristiano che, dalla sua
origine fino al presente, sfida credenti e non credenti a essere veri.

 

Si
dice che il testo di Eliot è profetico della secolarizzazione che ha
colpito le società occidentali, a volte definite anche post-cristiane.
É certamente così, ma non solo, perché, se fosse solo così, la profezia
sarebbe una diagnosi ideologica e il suo apprezzamento una compiacenza
intellettuale. La profezia è percezione del dramma presente. "Il
deserto non è così remoto nel tropico australe (...) è pressato nella
metropolitana presso di voi (...) è nel cuore di vostro fratello (...).
La nostra è un`età di virtù e di vizio moderato in cui gli uomini non
deporranno la croce perché mai l`assumeranno". L’ età è quella di oggi,
oggi del 1934 e oggi del 2008; del futuro conosciamo solo la promessa o
la maledizione del presente. «Rendete perfetta la vostra volontà», cioè
amate, è l`appello che pervade i Cori sin dalle prime pagine. È la
mancanza di amore il vero deficit di conoscenza - «tutta la nostra
conoscenza ci porta più vicini alla nostra ignoranza» - che fa
percepire la Chiesa rocciosa, la "Rocca", e "Straniera", lontana, se
non ostile all`uomo, perché apparentemente ostacolante la sua libertà.

 

É
la mancanza di amore che rende il mondo quel «buio esterno e interiore»
da cui evadere «sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno
avrebbe bisogno di essere buono». La Chiesa stessa deve edificare di
continuo, perché il passato, la sua gloria e la sua storia, non trovano
senso se non in una novità di vita presente. «Se il sangue dei martiri
deve fluire sui gradini, dobbiamo prima costruire i gradini». Non si
tratta solo dei gradini del tempio, ma delle pietre vive di cui è fatto
il popolo cristiano. E amore non è semplice sentimento; è affermazione
di ciò che fala vita e la morte, di ciò che gli uomini vorrebbero
scordare, ma non possono, perché c`è. In «un momento predeterminato nel
tempo e del tempo» è stato dato il senso di tutto. «Bestiali, carnali,
egoisti, interessati e ottusi come sempre (...), sostando, perdendo
tempo, sviandosi, attardandosi, tornando», gli uomini, in fondo, non
potranno rinnegare la Straniera, perché essa non cessa di rendere
presente la realtà, per cui «visibile e invisibile, due mondi si
incontrano nell`Uomo», Cristo e la sua Chiesa.

 

In
un libro uscito in questi giorni («Uomini senza patria», Rizzoli), a
proposito di questa pagina di Eliot, don Giussani commenta: «Tutto
cambia se questo fatto è il centro della mia vita (...) se è
riconosciuto come presenza (...). Una Presenza che penetra tutto il
tempo, come il significato penetra ogni istante e ogni brandello di
cosa». Una "luce invisibile" ci ha colpiti, conclude Eliot; luce che
non acceca, ma si propone discretamente, "frantumata", appellandosi
alla nostra libertà e suggerendoci che saremo protagonisti seguendo la
luce (la verità) e non pretendendo di possederla. «Eppure nulla è
impossibile, nulla, agli uomini di fede e convinzione». «O protagonisti
o nessuno», recita il titolo del Meeting di quest`anno.

 

(Giancarlo Cesana su Avvenire del 23-8-2008)

 
 
 

ROSE

Post n°48 pubblicato il 24 Agosto 2008 da maryrose.ms
 

ROSE:LA DONNA CHE COMMOSSE BUSH, AL MEETING DI RIMINI



 Anche

l'uomo più potente della terra-detto in termini politici- ha avuto un

intenso momento di commozione, durante l'annuale conferenza alla Casa

Bianca sulle iniziative caritatevoli di ispirazione religiosa dello

scorso 26 giugno, si è inchinato ed ha detto "Grazie".



Così

anche George W. Bush, Presidente degli Stati Uniti d'America è stato

conquistato dal cuore semplice e tenace delle donne del Meeting Point

International di Kampala, guidate da quella "miniera" umana fatta di

fede, di carità e di grande speranza, che si chiama Rose Busingye,

infermiera ugandese. Bush mostra la sua immensa gratitudine perchè la

loro semplicità d'animo fece si che dopo il disastro dell'uragano

Katrina "fecero di tutto per raccogliere mille dollari per le
vittime.

E una donna orgogliosamente disse: "ora siamo noi a donare". La
platea

americana altrettanto conquistata fece partire un lunghissimo applauso

alle parole del Presidente.



Martedì

26 agosto Rose,insieme a Vicky sempre del Meeting Point, terrà

l'incontro al Meeting di Rimini sul tema "Si può vivere così".



Di seguito propongo un articolo apparso su www.ilSussidiario.net lo scorso mese
di maggio sull'esperienza di Rose e le donne del Meeting Point di Kampala.



LA DIFFICILE MISSIONE DI
ROSE TRA I POVERI DI KAMPALA
 



 



Alfred Memo è un ragazzino
ugandese che ha visto davanti a sé i propri

genitori uccisi e i loro corpi tagliati come carne da macello. Che idea della

vita può farsi un bambino come lui? Che cosa può aspettarsi dal futuro? «Le

prime volte che gli abbiamo chiesto che cosa avrebbe voluto fare da grande, ci

ha detto che voleva fare il soldato, per ammazzare, come era stato ammazzato

suo padre». A raccontare la storia di Memo è Rose Busingye, direttrice del

Meeting Point International di Kampala, un centro dove vengono accolti e curati


oltre duemila orfani per guerra o malattia, e altrettanti adulti, per lo più

donne, molte delle quali malate di Aids. 
 



 "Il nostro
primo lavoro è far capire a ciascuno di questi

ragazzi che la vita ha un valore, che c`è qualcuno che li ama, e, banalmente,

che vivere è meglio che farsi ammazzare». Non vale infatti, di fronte a Memo,

l`obiezione che andando a fare il soldato rischia di essere ucciso per primo; a


questo risponde dicendo «e allora?». «Quello di Memo sembrava veramente un caso


disperato, e io stessa ero convinta di averlo perso. Invece sono andata avanti,


continuavo ad andare a trovarlo, a scuola, a casa, per fargli vedere che c`ero,


che veramente mi stava a cuore. Non si può dire una volta sola che la vita ha

un valore, se poi non si affronta la fatica e il lavoro di continuare a far

vedere che questo è vero. E io insistevo, ripetevo a Memo che adesso aveva una
nuova

famiglia, in cui era voluto bene». Ora Memo non parla più di fare il soldato;

poco tempo fa in un disegno ha espresso quello che vuole fare in futuro: ha

disegnato una casa grande, per i bambini che hanno perso i genitori come lui.

«Un giorno - racconta ancora Rose - ho organizzato una gita al Nilo per i

bambini, e avevo portato delle pentole per cucinare. Quando siamo arrivati, i

ragazzi si sono buttati tutti in acqua: continuavano a giocare e divertirsi, e

non volevano mangiare. Alla fine ho chiesto loro: “e adesso cosa facciamo con

tutto questo cibo?”. È stato Memo a rispondere: “non sprechiamolo. Adesso

telefono a casa e ci organizziamo per portarlo ai bambini che non hanno da

mangiare”. Questo è Memo, quello che diceva di volerne ammazzare almeno dieci,

come era stato ammazzato suo padre».
 



Anche
la vita di molte donne malate di Aids è cambiata al Meeting Point

International. Tra di esse c`è Vicky, autrice di una lettera bellissima, che

l`associazione Avsi, di cui il Meeting Point è partner per l`Uganda, ha scelto

come testo per lanciare lo scorso anno la campagna “Tende di Natale”, una

raccolta di fondi che l`Avsi organizza ogni anno per sostenere le proprie opere


nel mondo. In questa lettera racconta la propria storia di malata di Aids,

abbandonata dal marito, sola e con i figli che non potevano più andare a

scuola: «Non avevamo amore da nessuna parte del mondo. Non sapevo più se Dio

esisteva davvero» racconta Vicky. «Nel 2001 qualcuno mi ha indirizzato al

Meeting Point, dove ho trovate donne che facevo fatica a credere potessero

vivere in quel modo pur essendo malate di Aids, tale era la gioia che portavano


sul viso». Ora Vicky sta meglio, è volontaria al Meeting Point, e i suoi figli

hanno ripreso ad andare a scuola.
 



«Di
storie come quella di Vicky cene sono molte altre», racconta ancora

Rose. «Sono storie di donne rinate, e anche di donne coraggiose. Come ad

esempio Jovine, una donna di quarantasei anni. Una volta c`era qui un gruppo di


giornalisti, che dopo avere visto queste donne rimasero molto colpiti e

commossi, e pensarono di fare un gesto per aiutarle: comprarono cinque scatole

di preservativi. Jovine prese in mano quelle scatole e disse: “c`è a casa mio

marito che sta morendo, cosa me ne faccio di queste? I miei figli non hanno da

mangiare, a cosa mi servono queste scatole?”. Li affrontò con un coraggio che

nemmeno io avrei avuto». E qui c`è il segreto del “metodo” di Rose: non c`è

nessuna risposta preconfezionata al dramma di queste persone. L`unica strada è

quella di voler bene, di educare al valore della vita, e di responsabilizzare.

Senza questa educazione, non c`è nulla che valga. «Anche il discorso della

prevenzione» spiega Rose «non ha senso, se non li aiuti a scoprire il valore

della vita. Altrimenti i nostri ragazzi - che hanno storie simili a quella di

Memo - quando parliamo loro di prevenzione ci dicono: “e perché? Come noi siamo


stati infettati, così anche noi infettiamo gli altri”. Partono da una

considerazione della vita che è assolutamente pari a zero, sia la loro che

quella degli altri». 
 



Il
metodo di Rose è vincente, anche dal punto di vista medico. Se ne sono

accorti anche negli ospedali di Kampala. «Un po` di tempo fa - racconta Rose -

l`ospedale di Stato sperimentò gratuitamente alcuni farmaci contro l`Aids, e

presero un po` di persone da vari centri. Da me presero solo cinque persone,

tra cui anche Jovine. Ebbene, le mie cinque persone furono le uniche a guarire.


Allora dall`ospedale mi chiesero altre persone, e anche queste miglioravano.

Non capivano il perché, e pensavano che, essendo io amica degli italiani, mi

arrivassero alcune cure speciali dall`Italia. Io ho provato a spiegare che il

punto è dare un motivo per cui valga la pena lottare contro la malattia. Loro

mi dicevano: “sì, è molto bello”, ma come se fosse qualcosa di marginale.

Volevano numeri per fare uno schema da applicare: tanti medicinali, tanti

preservativi etc. Ma da noi non c`è uno schema». 
 



I malati al

Meeting Point, dunque, trovano un motivo per cui valga la pena guarire. Perché

questo accada vengono organizzati gruppi di dieci pazienti, che si ritrovano

per affrontare insieme le cure. Se una volta ce n`è uno stanco, che non

vorrebbe andare avanti col trattamento, gli altri lo sostengono e lo

incoraggiano. Oppure c`è chi inizia la cura e ha effetti collaterali pesanti:

altri lo aiutano, anche semplicemente dicendo «è successo anche a me, poi è

passato». «E una catena di aiuto, in cui sono i malati stessi ad essere

responsabilizzati - spiega Rose - non puoi dar loro solo le medicine, anche

perché spesso non le prendono».



E la responsabilità che matura in queste persone può raggiungere punte

veramente commoventi. Come per Memo, che vuol dar da mangiare agli altri

bambini e costruire una casa per gli orfani. 
 



O
come accadde ai tempi dell`uragano Katrina. Allora Rose parlò di questo

evento con i malati del Meeting Point, leggendo un testo e facendo con loro un

minuto di silenzio. «Ma un malato, che pesava circa trenta chili, si alzò dal

fondo e mi disse: "con me non avete fatto solo un minuto di silenzio, mi

avete anche aiutato concretamente". Allora decisero di raccogliere un po`

di soldi, e in quattro settimane misero da parte circa mille euro. C`era un

giornalista scandalizzato che disse di non mandare negli Usa quei soldi, che

servivano più a loro. Gli rispose una delle nostre donne, dicendo: “noi

vogliamo amare come siamo stati amati, e il cuore è internazionale”. E da

questa frase, tra l`altro, che è nata l`idea di chiamare il nostro centro

Meeting Point International». Un punto d`incontro nel centro dell`Africa, dove

si rinasce, e da dove si può addirittura decidere di mandare un po` di soldi

negli Stati Uniti d`America. 
 



  



Grazie all'amico POLITICUS

 
 
 

TUTTI AL MEETING!

Post n°46 pubblicato il 23 Agosto 2008 da maryrose.ms
 
Tag: eventi

 
 
 

PROTAGONISTA DELLA VITA

Post n°45 pubblicato il 20 Agosto 2008 da maryrose.ms
 

Ieri sera, nel nostro Santuario dedicato alla Madonna di Pietrasanta,
abbiamo celebrato la Santa Messa in suffragio di Claudio Chieffo. Sua
moglie Marta, i figli Celeste, e Martino con la sua famiglia, sono
stati da noi per un periodo di vacanza. Claudio veniva ogni anno a
trovarci, la sua amicizia è stata, ed è preziosa per ognuno di noi che
ci siamo dissetati alla fonte del suo canto. Vi offro un lieto ricordo
di Martino Chieffo, che non smette di stupirsi per il grande "segno"
che è stato suo padre!

“Ti diranno che tuo padre, era un
personaggio strano, un poeta fallito, un illuso di un cristiano”.
Basterebbe questo verso profetico di Martino e l’Imperatore per
raccontare chi era Claudio Chieffo. Un poeta cristiano. Un personaggio
strano. Un poeta, e ascoltando le sue canzoni non si può non
riconoscerne la poesia. Cristiano, i testi e le melodie semplici
puntano dritte senza fronzoli al cuore della vita. E sono capaci di
parlare ad ognuno. Ovvero dicono quello che ogni uomo ha in cuore ma
solo il poeta è capace di esprimere. Un personaggio strano che un anno
fa tornava alla Casa del Padre.
Ricordo con grande commozione il
momento del suo ultimo respiro. Un momento che mi auguro di non
dimenticarmi mai come il primo respiro dei miei figli. Ricordo
l’abbraccio dei numerosi amici presenti (tanti rinunciarono ad
accompagnarci in quell’ultimo tratto per non disturbare gli altri
ammalati di notte), e l’abbraccio delle migliaia di persone che anche
da lontano sono venute alla camera mortuaria o al funerale. Un
abbraccio che fortunatamente si protrae nel tempo. Ricordo che alla
fine del funerale, mentre la polizia ci scortava al cimitero ho
improvvisamente realizzato che avevo appena detto a mio figlio di 3
anni che il nonno andava in cielo e di li a pochi minuti l’avremmo
seppellito in terra. Ho pensato: “adesso come glielo spiego, è
difficile per me, come farò a spiegarlo a lui?” E in un secondo ho
trovato la risposta. Avremmo seppellito la scatola dove era il nonno
come un tesoro. Così Gesù sarebbe venuto a cercarlo. In questo anno
diverse volte mio figlio mi ha chiesto di andare a trovare il nonno. E
veramente come un tesoro lo conserviamo nel cuore.
Ora però mi
rendo conto che più che un tesoro nascosto, e così non fruttuoso, con
la morte, mio padre si è “trasformato” in quel seme che il Signore ha
messo “nella terra del mio giardino” (Il Seme), quel seme che muore e
da molto frutto. Ed è presente. Mi colpisce come mia figlia che ha solo
un anno e mezzo riconosca il nonno nelle fotografie. Mi colpisce come
mio figlio, che ora ha 4 anni, in macchina chieda di ascoltare le
canzoni del nonno, e se io e mia moglie ci distraiamo e cominciamo a
parlare, lui ci zittisce dicendoci di ascoltare. Io ho sempre sentito
descritto quello che mi capitava nella quotidianità (gioie e dolori, la
fatica del lavoro, la gioia di un incontro) dalle parole delle canzoni
di mio padre. Ma mai come in quest’anno ne ho avvertito la potenza
profetica. (continua)
Da Il Sussidiario
725134857.jpg

 
 
 

PAROLA DI PAPA

Post n°44 pubblicato il 18 Agosto 2008 da maryrose.ms
 

http://negroski.files.wordpress.com/2008/05/papa-benedetto-xvi.jpg






ECCO
LA GIOIA CHE NON SI PU TAROCCARE
 

  DAVIDE RONDONI 

Ha parlato, ancora una volta, della
gioia. Lui, il capo della fede che secondo tanti che non la conoscono
renderebbe tristi. Ha parlato ancora di gioia. Ha avuto il coraggio che i più
non hanno. Anche coloro che parlano di felicità attraverso mille spot, mille
promesse, mille seduzioni, in realtà parlano di una gioia che non dura. Che non
sopporta prove serie. Che se ne va come la schiuma delle onde. Loro parlano di
una gioia momentanea, cioè illusoria. Lui invece continua a parlare della gioia
che non se ne va, che aumenta fino a compiersi. Lo ha fatto da subito e ci
torna su spesso. E ieri ha usato una frase strana.


  Ricordando la festa della Madonna
Assunta, cioè di carne e sangue presi in cielo, ha detto che si può ­vivere e
morire il quotidiano ­rivolti verso la gioia. Ha detto proprio così: vivere e
morire il quotidiano. Perché lo sappiamo bene che ogni giorno si vive e si
muore. E dunque il Papa, che non tira a ingannare la gente, cioè noi, non
potrebbe dirci che la gioia riguarda una quotidianità in cui solamente si vive.
Perché nella quotidianità anche si muore. Lo sappiamo bene. Lo vediamo intorno
a noi, nelle mille notizie o immagini che ci arrivano. Nella morte altrui. E lo
vediamo anche nella morte nostra.


  Lo diceva il gran poeta: la
morte si sconta vivendo. E il Papa parla di gioia a noi che tutti i giorni
viviamo e tutti i giorni moriamo. Perchè i giorni passano e perchè nella vita si
fa esperienza della morte in molti modi. Insomma a noi, mortali, il Papa viene
a parlare di gioia. Di quella vera. Che non teme la prova della morte. La gioia
vera dei mortali. Non dei finti uomini. Perché la gioia finta quella che deve
dimenticare che si vive e si muore. E si propone come gioia perchè 'ferma' o
'rallenta' l’attimo di godimento, o di piacere.­una gioia taroccata, o meglio
che vale solo per vite taroccate. Per vite che fingono di non morire (alla fine
e tutti i giorni, nel limite o anche nel dolore per la morte altrui). Nel suo
discorso di Ferragosto e in quella frase 'strana' ci sta una sapienza, una
esperienza di cosa­ la gioia che fa quasi venire i brividi e il magone. Perché ­come
se dicesse: la gioia si può sperimentare anche se c’il dolore, anche se c’la
sofferenza, e il limite. La gioia vera ­più dura, più profonda, più ricca di
futuro di ogni limite e dolore. In questa nostra società sentimentale e manichea,
invece, i più pensano che dove c’è dolore non ci può essere gioia. Pensano che
dove c’è l’uno non ci può essere l’altra. E dunque sono costretti a pensare che
la gioia riguarda solo i 'perfetti', i ricchi, i senza problemi, senza vene
varicose, senza difetti, senza peccati, senza dolori. Senza vita insomma. Gioia
finta per uomini finti. E spacciano per gioia la pura e semplice dimenticanza
della vita. Una droghetta passeggera, insapore.


  Invece il Papa ha detto di
guardare il cielo, che è come dire guardare il Mistero, per conoscere un gioia
che non se ne va. E di considerare la vita come un viaggio verso una possibile
gioia piena.­la gioia del viaggiatore avventuroso, quella che qui di suoi segni
veri, i suoi anticipi. Ha detto di alzare gli occhi. Per gustare veramente le
gioie che, nel quotidiano dove si vive e si muore, ci passano e splendono sotto
gli occhi.



Da Avvenire




 
 
 

L'EUROPA

Post n°43 pubblicato il 17 Agosto 2008 da maryrose.ms
 

 

Buttando via il cristianesimo L'Europa rischia di buttare via pure la democrazia

Afferma
Mario Mauro, Vice Presidente del Parlamento Europeo, nella
Presentazione di questo volumetto tanto agile quanto stimolante: “Se –
come scriveva Henri Bergson – la ragion d’essere della democrazia è la
fraternità, occorre altresì ammettere con lui che  'la democrazia è per
essenza evangelica'. Ne scaturisce che è nostro dovere offrire alla
democrazia il contributo della nostra filosofia, della nostra morale,
della nostra tradizione. Un contributo certamente molteplice e vario,
contraddistinto però dal cristianesimo, elemento comune alla vita
personale e sociale di tutti noi … Affermando che all’origine della
civiltà europea si trova il cristianesimo, non si vuole introdurre
alcun criterio confessionale esclusivo. Si vuole invece fare
riferimento alle radici comuni dell’Europa, a quella morale unitaria
che esalta la figura e la responsabilità della persona umana col suo
fermento di fraternità evangelica”. Dunque, a dare ascolto a Bergson, o
l’Europa difenderà le sue origini cristiane o perderà se stessa e la
democrazia. Ma l’Europa è intenzionata a prestare orecchio
all’insegnamento del celebre filosofo dell’evoluzione creatrice?
Sembrerebbe proprio di no, e Brienza lo dimostra prendendo in attento
esame vari documenti fondamentali della recente storia dell’Unione
Europea e ripercorrendo con attenzione alcuni passaggi relativi
all’ampio dibattito sulla questione della libertà religiosa
sviluppatosi negli ultimi anni nel Vecchio Continente. 
In
occasione di un convegno tenutosi un paio d’anni fa presso l’Università
Lateranense, fu Rocco Buttiglione – ricorda Brienza – a porre il
problema se quella che si andava affermando in Europa fosse una
“laicità amichevole” di marca statunitense, oppure una “laicità ostile”
di tipo francese; laddove – aggiunse l’onorevole Alfredo Mantovano
nella medesima sede – si deve intendere amichevole la laicità che tende
a difendere le religioni dal potere dello Stato, e ostile quella che
viene usata per tenere lo Stato al riparo dalle religioni. E che
l’Unione Europea si sia sempre indirizzata a far proprio questo secondo
modello sembra incontestabile: il fondamentalismo laicista si sta da
tempo affermando e il professor Roberto de Mattei poteva scrivere su
“Il Foglio” del 2 ottobre 2003: “Nel momento in cui gli Stati Uniti
rivendicano con orgoglio la dimensione collettiva della loro esperienza
religiosa, l’assenza di un richiamo al cristianesimo assumerebbe il
significato di un imperdonabile atto di rimozione storica”. E così –
ricorda Brienza – siamo giunti al divieto di menzionare nella Carta
europea le radici cristiane, al fine di ottenere quella privatizzazione
del fatto religioso che è negli auspici di molti. Stante questa
situazione, non tutto il male viene per nuocere, e anche il
congelamento del Trattato Costituzionale seguito ai referendum francese
e olandese potrebbe diventare un’opportunità: “All’Europa – conclude
Brienza – serve infatti reinfondere nella politica la sua cultura, la
sua tradizione, la sua saggezza. E anche la sua religione. Il
cristianesimo è vivo nelle chiese e nell’agorà. Anch’esso potrebbe
rientrare nella Carta, portato da uomini nuovi, orgogliosi di essere
europei con una Costituzione comune”. (Giuseppe Brienza, "Libertà e
identità religiosa nell'Unione europea", Solfanelli, 110 pp., €8,00)

di Maurizio Schoepflin - Il Foglio

 
 
 

L'ASSUNZIONE DI MARIA

Post n°42 pubblicato il 15 Agosto 2008 da maryrose.ms
 
Tag: feste





L'Assunzione al cielo di Maria. Auguri a tutti!

http://www.sermoneta.it/images/madonna.jpg

L'anima
mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le
generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me
l'Onnipotente e Santo è il suo nome: di generazione in generazione la
sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la
potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro
cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha
ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha
soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come
aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per
sempre

 
 
 

EROS

Post n°39 pubblicato il 06 Agosto 2008 da maryrose.ms
 

http://danyli.altervista.org/blog/images/FamilyDay_Chagall.jpg

Ho
letto su Il Foglio questo gustosissimo articolo di Camillo Langone,
vale la pena di leggerlo, è come l'ora d'aria per i carcerati.

 

L’espressione “morale cattolica” è paccottiglia da anni Cinquanta Parliamo della vecchia, cara concupiscenza carnale E’ insultante pensare che Gesù s’è fatto mettere in croce per impedirci di rubare la marmellata e di toccarci il pisello

Concupiscenza,
che bella parola. E che brutta gatta da pelare. Perché il tema mi mette
in un angolo, mi impedisce ogni via d’uscita che non sia dire la
verità. Potrei menare il torrone a lungo ma tanto vale dirlo subito: io
mi sono assunto il compito di testimoniare in partibus infidelium la
possibilità di essere nel contempo cattolici e concupiscenti. Di più:
di essere cattolici e concupiscenti senza particolari problemi, senza
soverchie macerazioni. Di più e di più ancora: senza particolari
problemi e senza soverchie macerazioni proprio in quanto cattolici.
Penso che sia una testimonianza necessaria in un mondo diviso tra
perfettismo e nichilismo. Penso che ogni uomo (ogni uomo normale, non
parlo dei santi) abbia una dose limitata di intransigenza: è pericoloso
sprecarla per i dettagli, quando serve davvero si rischia di scoprire
che è finita.
Stesso ragionamento per qualsiasi altra virtù. La
storia e l’esperienza quotidiana insegnano che spesso i vegetariani
cominciano e finiscono a tavola la loro dose di bontà. Io mangio carne
cruda di cavallo sia perché mi piace sia per essere più mite con i non
equini.
L’espressione “morale cattolica” mi fa venire in mente un
vecchio libro di Alessandro Manzoni, che immagino non legga più nessuno
e una volta tanto l’oblio di un testo è un bene, l’idea ricevuta del
cristianesimo come morale è già troppo diffusa. E’ svilente, insultante
pensare che Gesù si sia fatto inchiodare a una croce per impedirci di
rubare la marmellata o di toccarci il pisello. E’ molto anni Cinquanta,
anche. Il nostro popolo è così vecchio e così stanco che ama credere di
vivere nel passato, al tempo in cui era pieno di speranze e di energia.
In politica giriamo sempre intorno agli anni Settanta (con la
differenza che oggi la violenza è solo di sinistra), al cinema vanno
molto gli anni Ottanta e per quanto riguarda la religione l’immaginario
nazionale è bloccato agli anni Cinquanta, questo grazie all’attività
degli anticattolici e alla passività dei cattolici deboli, dei milioni
di italiani che hanno ricevuto un’educazione cattolica ma che non sono
più capaci di impartirla.


***
Antonio Socci è stato
espulso come corpo estraneo dalla televisione non perché cattolico ma
perché cattolico attivo e contemporaneo, non nostalgico, non
archeologico: osò addirittura mostrare la fede del Terzo Millennio, e
non glielo perdonarono. Che andasse a Radio Maria a parlare alle
beghine.
Gli anni Cinquanta furono l’età della censura, ovunque,
nell’Italia democristiana, nell’Europa comunista, nell’America
maccartista, e a chi non vuol pensare fa molto comodo una chiesa
vintage, bloccata per sempre dentro quello scenario mondialmente
sessuofobico. Ignorando quanto avvenuto prima, ad esempio il Vangelo
con quella frase che cambia il corso della storia: “Chi di voi è senza
peccato, scagli la prima pietra”. Tutte le volte che rileggo Giovanni
8, 4-11, tutte le volte che rivedo Gesù tracciare ghirigori sulla
sabbia con sprezzatura stellare (un gesto senza il quale non si possono
capire né Don Chisciotte né Pierre Drieu La Rochelle), sotto lo sguardo
via via più perplesso dei farisei coi sassi pronti in mano, bene, mi
vengono le lacrime agli occhi. Come il quadro di Courbet è l’origine
del mondo, questa è l’origine del nostro mondo, di tutto quanto di
gentile esso contiene. Sono dettagli che sfuggono perfino
all’Osservatore Romano che, nel culmine di una crisi di violenza
mimetica che per spiegarla ci vorrebbe René Girard, si è vilmente
accodato alla lapidazione mediatica dell’adultero Vittorio Emanuele di
Savoia. Sono loro che si dovrebbero vergognare, non il principe: la
vittima è sempre innocente e chi lo nega è pronto a diventare complice
dell’immenso campo di lavoro forzato chiamato Cina, dove chi si ribella
viene ucciso assieme a decine di altri in uno stadio e il conto della
pallottola mandato a casa ai famigliari.
Gli sciattoni e i
maliziosi secondo i quali regna ancora Pio XII ignorano anche quanto è
venuto dopo, a cominciare da Comunione e Liberazione, movimento
realista quindi immoralista, fino alla “Deus caritas est”. Papa
Ratzinger nella sua prima enciclica è stato chiaro al di là di ogni
aspettativa: “Eros e àgape non si lasciano mai separare completamente
l’uno dall’altro”. Significa che distinguere fra amore e sesso non è
cattolico (ed etimologicamente non potrebbe proprio esserlo). Significa
che nella concupiscenza non alberga soltanto il male. Sembra di
ascoltare Fabrizio De Andrè: “Dal letame nascono i fior”. Benedetto XVI
si spinge al punto da considerare potenzialmente fruttifero perfino il
sesso senza amore aborrito dagli atei sentimentali: “Anche se l’eros
inizialmente è soprattutto bramoso, nell’avvicinarsi poi all’altro
cercherà sempre di più la felicità dell’altro”. Qui ci sento qualcosa
di sant’Agostino, anche se non vorrei.


***
Farcendo
questo articolo di brani delle “Confessioni” potrei finirlo in trenta
secondi e andarmene a spasso in bicicletta ma stavolta non voglio usare
la scorciatoia del solito “Ama e fa’ ciò che vuoi”. La usa sempre
Adriana Zarri, una teologa che non ho ancora capito a quale religione
appartenga. Se si equivoca sulla prima parte della frase, la seconda ci
porta in bocca a Zapatero. L’amore a cui allude il santo africano è
certamente lo stesso amore di cui parla Cristo: “Ama il prossimo tuo
come te stesso”. Quindi la manifestazione della propria volontà va
subordinata al bene dell’altro. Non che sia sempre così facile
identificarlo. Ci sono rari casi di incontri fra concupiscenti: Dio li
ha fatti e che si accompagnino pure. Ci sono molti casi di incontri tra
falsi concupiscenti che in realtà non ci tengono per niente a essere
gettati dopo l’uso. Ci sono altrettanti casi di incontri fra un lui
concupiscente e una lei sedotta e abbandonata, e viceversa. Ma non
vorrei infilarmi in una casistica degna di un gesuita spagnolo del
Seicento, che pure sarebbe divertente. Che spasso l’Enriquez secondo il
quale la sodomia praticata con una donna era se non altro esercitata
col sesso giusto. Sollazzevole il Suarez che giustificava gli
ecclesiastici che non avessero compiuto quell’atto fino in fondo
(fondo?) o per non più di due o tre volte. Io purtroppo questi
buontemponi li ho conosciuti tardi, attraverso Pascal che non li poteva
soffrire. Così mi sono salvato dalla religione braghettona leggendo
altri autori, ad esempio Pietro Aretino, principe dei pornografi
cattolici, Michelangelo Buonarroti, omosessuale che per la Cristianità
ha fatto più di trecento cardinali, Charles Baudelaire, che mi ha
insegnato come la preghiera potesse ben abbinarsi alla frequentazione
di mulatte e all’aspirazione di pipette.
Recentemente mi è stato
prezioso “Peccato non farlo” di Roberto Beretta ed Elisabetta Broli
(Piemme), agile catalogo di duemila anni di erotofilia cattolica. Pure
il vocabolario mi ha dato una mano. Platonico, aggettivo che ripugna in
bocca a una ragazza, deriva da Platone, uno che Cristo non poteva
sapere chi fosse. Puritano, altra parola fastidiosa, prima che un
moralista fanatico denotava un odiatore della chiesa di Roma.
Docetisti, monofisiti, encratiti, pauliciani, bogomili, catari,
albigesi, begardi, lollardi, zwingliani, calvinisti…
Ai margini
della vera fede sono infinitamente più numerose le eresie e le
degenerazioni spiritualiste che quelle carnaliste. Lo spiritualista,
uno gnostico convinto di appartenere a una schiera di eletti, è di
norma un teorizzatore, un moralizzatore invadente, mentre il carnalista
tende a farsi gli affarucci propri, a non fondare né sette né
ideologie. L’atteggiamento del peccatore è molto più consono al
cristiano di quanto sia quello dell’immacolato.
L’Immacolata è una
sola, la Madonna. Tutti gli altri sono macolati, prima ne prendono atto
e meglio è. Anche la devozione mariana mi ha aiutato a fare i conti
senza isterismi con la concupiscenza. Una mamma protegge sempre un
figlio, qualunque sia il suo errore. Provvede a coprirlo sotto il suo
manto, a intercedere per lui. Del resto i santuari mariani sono zone
franche, a Montevergine si può incontrare Vladimir Luxuria, a Loreto,
secondo Vittorio Messori e Magdi Allam, possono arrivare da un momento
all’altro i maomettani, per venerare la madre di un profeta. Non che
sia la stessa cosa ma in certi casi bisogna sapersi accontentare anche
di una mezza verità. Lo dice san Tommaso d’Aquino: “E’ proprio di un
legislatore sapiente permettere le trasgressioni più piccole per
evitarne di più grandi”.


***
A questo punto, per
chiudere l’articolo e andare a pedalare contenti, bisogna solo
tracciare il confine fra trasgressioni piccole e trasgressioni grandi.
Trasgressione piccola è la concupiscenza rassegnata, grande quella
orgogliosa. Perché la prima mantiene il dolente ricordo della caduta
primordiale, la seconda non percepisce su di sé la minima ammaccatura.
Nella concupiscenza minore, chiamiamola così, Dio è sempre pensabile,
mentre nella concupiscenza maggiore Dio è dimenticato o negato, con i
rischi segnalati da Dostoevskij. Ma non è certo il dongiovannismo
l’ultima stazione di questa nostra via crucis. La concupiscenza
sensuale, esercitandosi sui corpi, mantiene sempre un qualche rapporto,
per quanto storto, con la legge naturale. L’esplosione dell’artificio
tecnoscientifico ha insuperbito le masse rendendole preda di una
concupiscenza peggiore, la brama tutta mentale di essere come Dio. Il
peccato finora riservato a pochi empi leggendari diventa alla portata
di chiunque. La produzione di mele da mordere si è fatta industriale,
il prezzo si è abbassato, i supermercati dove le si compra sono aperti
anche la domenica. Maggioranze ubriache di potere vogliono approvare
nuove leggi che in pratica non servono a niente (i matrimoni
omosessuali a nulla praticamente servono), se non a soddisfare uno
scopo astratto: proclamarsi fonte del diritto, sorgente della verità.
Idem per la manipolazione genetica, per l’aborto non chiamato col suo
nome, eccetera. Queste sono trasgressioni grandissime, per aggiornare
san Tommaso. Meglio dunque la cara vecchia concupiscenza della carne.

Leggi l'articolo di Giuliano Ferrara

 
 
 

SOLZENICYN

Post n°38 pubblicato il 04 Agosto 2008 da maryrose.ms
 




Un omaggio a un grande scrittore e un grande uomo: A.Solzenicyn
Grazie al blog amico Berlicche

 

"L’intera
vita che mi è stata restituita da allora, non mi appartiene più nel
senso completo della parola: vi è stato immesso uno scopo”
A. Solzenicyn


Così anche Solzenicyn è morto. Forse il più grande tra gli scrittori
che animarono una stagione di sofferenza e dissenso, di repressione e
speranza; una speranza che non si era spenta sotto la repressione, una
repressione che fu spenta dalla speranza. La stagione del samizdat
(Lett."edito in proprio"), quando una rete sotteranea di persone libere
copiava a mano, con antiche macchine da scrivere, in rari casi
ciclostilando ogni genere di documento e libro tra quelli che il regime
sovietico proibiva. Una rete clandestina di persone libere, assetate di
vero.

Quel dissenso non era senza conseguenze personali: se
eri contro il regime della libertà, se non approvavi il comunismo non
potevi che essere pazzo. E quindi finivi in manicomio, o esiliato in
terre lontane e inospitali, nella migliore delle ipotesi.
Tra
quelle opere copiate con carta carbone e fatte circolare
clandestinamente c'erano anche quelle di Solzenicyn, e quando
arrivarono in occidente colpirono come un martello un'opinione pubblica
indifferente o negatrice. Kruscev utilizzò Solzenicyn per attaccare
Stalin, ma la frattura da lui stesso provocata inghiottì anche il
Presidente dell'URSS. L'esilio, l'esilio dall'amata terra per cui non
aveva neanche voluto ritirare il Nobel fu infine il modo in cui
l'Unione sovietica, che moriva e non lo sapeva, scelse per liberarsi
dello scrittore. Il corpo malato che espelle la parte sana
nell'illusione di salvarsi.

Sono storie di quaranta,
cinquant'anni fa e sembra passata un'era. Più nessuno ha il coraggio di
negare quella che fu la realtà. E quasi più nessuno ricorda com'erano
quegli anni, in cui la menzogna era quotidiana, conclamata. Solzenicyn,
più di molti altri, è stato tra quelli che l'hanno svelata. Ma essa non
è morta, vive in terre differenti; e quanti Solzenicyn oggi che nessuno
legge, a cui nessuno vuole credere?




 
 
 

L'UOMO VECCHIO

Post n°37 pubblicato il 04 Agosto 2008 da maryrose.ms
 
Foto di maryrose.ms





Con questo canto Claudio Chieffo esprime una vera e propria preghiera: la domanda appassionata di un uomo
che cerca realmente il compimento di sé e comprende che tale compimento può
venire solo da un Altro.



 



La tristezza che
c’è in me



l’amore che non
c’è



hanno mille secoli



Il dolore che ti
do



la fede che non ho



hanno mille
secoli.  



Sono vecchio
ormai, sono vecchio sì,



questo tu lo sai
ma resti qui.  



Io vorrei vedere
Dio,



vorrei vedere Dio,



ma non è
possibile;



ha la faccia che
tu hai



il volto che tu
hai



è per terribile.



Sono vecchio
ormai…



Ascoltami, rimani
ancora qui,



ripeti ancora a me
la tua parola.



Ripetimi quella
parola che



un giorno hai
detto a me



e che mi liberò  



Io vorrei veder
Dio…  



La paura che c’è
in me



l’amore che non
c’è



hanno mille
secoli.



Tutto il male che
io so



la fede che non ho



hanno mille
secoli.



Sono vecchio
ormai, sono vecchio sì,



ma se tu vorrai mi
salverai  



Ascoltami…

 
 
 

IL NEMICO

Post n°36 pubblicato il 30 Luglio 2008 da maryrose.ms
 

http://www.mondimedievali.net/Medioevoereticale/images/demonio01.jpg

I Cristiani
descrivono il Nemico come uno "senza il quale Nulla è forte". E il
Nulla è assai forte: è tanto da rubare all'uomo gli anni migliori non in dolci
peccati, ma in una terribile volubilità della mente che si aggira in non sa che
cosa senza saperne il perchè, nell'appagamento di curiosità così deboli che ne
è consapevole soltanto a metà, nel fare il tamburiello con le dita e battersi i
tacchi, nello zufolare ariette che non gli piacciono, o nel lungo, oscuro
labirinto di sogni privi perfino di quel piacere o di quell'ambizione che diano
loro un certo gusto, ma che, una volta che un incontro fortuito abbia dato il
via, la creatura è troppo debole e troppo intossicata per scrollarli da sè. Dirai
che questi sono peccati veniali. Senza dubbio, come tutti i tentatori giovani,
tu hai una gran voglia di poter fare un rapporto con qualche delitto
spettacolare. Ma ricordati che la sola cosa che ha importanza è la distanza con
la quale riuscirai a separare il giovanotto dal nemico. La piccolezza dei
peccati non ha importanza, purchè il loro effetto cumulativo scacci l'uomo nel
Nulla, lontano dalla Luce. Un assassinio non è migliore delle carte da gioco,
se le carte riescono a fare il gioco. La strada più sicura per l'Inferno,
ricordalo, è quella graduale - è il dolce pendio, il soffice suolo, senza
brusche voltate, senza pietre miliari, senza indicazioni. Tuo affezionatissimo
Zio. Berlicche.



 



Clive Staples Lewis
1898-1963, Le Lettere di berlicche, 1942

 
 
 

NON KERMESSE MA ESPERIENZA

Post n°35 pubblicato il 27 Luglio 2008 da maryrose.ms
 






Alcuni
“saggi” hanno già cominciato la loro serie di commenti e obiezioni
all’incontro dei giovani con il Papa a Sidney, compreso un teologo,
noto per il successo delle sue scommesse sul futuro, che già annuncia
che la presenza di Benedetto XVI a Madrid nel 2011 non servirà a
rinnovare la Chiesa. Il dibattito è di quelli che stanca. Guardiamo ai
fatti.

Certamente l’immagine di
Sidney non serve a dare una diagnosi completa della situazione della
Chiesa. Vanno inseriti molti altri fattori nell’equazione, perché la
Chiesa è grande e varia, affronta circostanze diverse nella geografia
del mondo, e vi convivono germogli primaverili con rami già nodosi.
Detto questo, la scena di Sidney rivela alcune cose che molti analisti
professionisti non vogliono vedere, o perlomeno nascondono con
interesse sospetto: la connessione con la gioventù non ha motivo di
perdersi nella Chiesa (dipende dalla proposta che viene fatta); ci sono
percorsi educativi capaci di suscitare e accompagnare la fede nel mondo
di oggi; la diversità di carismi non divide ma costruisce; e,
soprattutto, la parola e la testimonianza di Pietro continuano a essere
il più potente richiamo di cui dispone la Chiesa per proporre al mondo
la propria esperienza.

Certamente
rifiuto ogni trionfalismo su questo, ma diamo a ogni cosa il suo
valore, e credo che bisogna essere miopi per non vedere l’immenso
valore educativo e di testimonianza che ha avuto l’incontro di mezzo
milione di giovani con Benedetto XVI, così come il suo enorme
potenziale per il futuro. Il fatto che alcuni si sentano obbligati a
discutere su questo è già significativo. Prima di cominciare la
Giornata, al Papa è stato chiesto se la formula di queste
manifestazioni resta valida; lui ha risposto che bisogna guardare a
questi eventi nel loro percorso completo: una preparazione, una
celebrazione e un cammino che prosegue. Tutti sappiamo che Benedetto
XVI non si lascia soggiogare da immagini sentimentali o da
mobilitazioni di massa, ma il Papa ha verificato in prima persona che
l’incontro faccia a faccia con i giovani è una parte essenziale della
sua missione.

Arrivati a questo
punto, mi domando se gli opinionisti hanno guardato e ascoltato
realmente quello che è successo a Sidney, o se seguono solamente una
traccia precedentemente scritta. Quello che è successo lì è lo
spettacolo della corrispondenza imponente dell’annuncio cristiano con
l’attesa del cuore dell’uomo, con il suo desiderio enorme di felicità,
con la sua nostaglia di unità e la sua esigenza di giustizia. «Chi
soddisfa questo desiderio umano essenziale ad essere uno, ad essere
immerso nella comunione, ad essere edificato, ad essere guidato alla
verità?»: questa è la sfida radicale che Benedetto XVI è tornato a
proporre in nome di tutta la Chiesa: chi può soddisfare la vostra sete
di Infinito? E per rispondere a questo non servono le buone intenzioni:
qui si rompono le false promesse e gli idoli di ieri e di oggi.
Soddisfare questo desiderio è possibile a Colui che lo ha messo nel
cuore di ogni uomo, e che ha voluto accompagnarlo nella sua turbolenta
avventura. È l’opera di Cristo, che lo Spirito Santo compie nella
storia.

Il Papa si è rivolto
anche a coloro che camminano sul filo del rasoio, a coloro che sono
tentati di abbandonare, a coloro che hanno seguito il labirinto dei
piaceri che lascia solamente rabbia e odio... Anche i primi erano
tentati di andarsene, di cercare la soddisfazione lontano dall’uomo che
avevano incontrato... E allora fu Pietro a prendere la parola per dire:
«Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna». È la
stessa scena che si è svolta a Sidney 2008 anni dopo. Allontarsi da Lui
è solamente un vano tentativo di fuggire da noi stessi!, ha detto
Benedetto XVI ai giovani. «Affrontare la realtà, non di sfuggirla: è
questo ciò che noi cerchiamo!». Dio è con noi nella realtà, non nella
fantasia. Qui stava il vertice della sfida cordiale che il Papa ha
lanciato in quei giorni: tutto quel che ha detto si deve verificare
nella realtà, non nel vaporoso mondo dei nostri sogni, perché la fede è
la ragione aperta, l’energia invincibile che ci permette di stare
precisamente nella realtà e non di scappare da essa attraverso
innumerevoli sotterfugi. Per questo nulla è finito, ma incominciato
esattamente ora.

Ai giovani che
già si preparavano a tornare alle loro lontane case, il Papa ha
tracciato questa appassionante rotta: «Che l’amore unificatore sia la
vostra meta, l’amore duraturo la vostra sfida e l’amore che attira la
vostra missione». Ma come potranno farlo nelle ore amare, nelle aspre
controversie della vita o all’interno della propria comunità cristiana,
molte volte appesantita da inerzia e sfiducia? Il Papa dà la risposta:
«Quello che costituisce la nostra fede non è principalmente quello che
facciamo, ma ciò che riceviamo». Questo è il segreto del rinnovamento
della Chiesa e questa è anche la ragione di tanti esperimenti pastorali
falliti di coloro che ora intonano i loro distinguo al posto di restare
ancorati alla gratituità.

Ascoltando
“i commenti e le obiezioni” di alcuni di questi maestri frustrati mi è
venuta in mente quest’altra frase del Papa: «L’amore di Dio può
diffondere la sua forza solamente quando gli permettiamo di cambiarci
da dentro, dobbiamo permettergli di penetrare la dura crosta della
nostra indifferenza, della nostra stanchezza spirituale, del nostro
cieco conformismo allo spirito del nostro tempo». Non sono un profeta
per poter dire come sarà la GMG del 2011 a Madrid, ma varrà la pena
farla solamente perché si ripeta questo dialogo tra la proposta di
Pietro e il desiderio dei cuori dei giovani.

In
ogni caso è chiaro che la Chiesa si rinnova quando tira fuori ed espone
al mondo la Verità, che è il suo nervo e il suo cuore più profondo, e
questo accadrà tra tre anni a Madrid, nonostante le discussioni pesanti
dei “saggi”.
Rallegrarsi non è segno di conformismo, ma l’inizio di una vera responsabilità.
José Luis Restan -IlSussidiario


 
 
 

NON UCCIDERE

Post n°34 pubblicato il 27 Luglio 2008 da maryrose.ms
 
Tag: persone





http://www.eccomimandame.it/cellule/IMAGES/Gesu_che_predica.jpg

di Renato Farina
Tratto da Il Sussidiario.net il 25 luglio 2008


Quanta tristezza c’è a scrivere ancora oggi di Eluana. Mi rendo conto:
chi ne scrive può farlo senza sprofondare solo se è disponibile a dare
la sua vita per lei. Io non so. Però lo desidero. Non per altruismo, ma
perché questo è ciò che mi è stato insegnato dall’unico in cui c’è
speranza, e non spreco altre parole.

Ora sta prevalendo questo
discorso: l’invocazione del silenzio. Eluana ha diritto al silenzio. Lo
si rivendica quasi con rabbia, come se chiedere di non lasciarla
uccidere sia una violenza sul corpo inerme di lei.

Bisogna
stare attenti a questi discorsi suggestivi. È necessario avere il
coraggio con semplicità di reclamare il diritto di dar voce a lei che
non ha voce. Amplificando le parole delle persone che dedicano a questa
ragazza, da anni, il loro tempo, la loro tenerezza, accarezzandola,
nutrendola. Sono le suore di Lecco. Bisogna rendersi conto che quando
si chiede di staccare la spina, di eliminare la macchina in realtà non
si vuole strappare un filo elettrico, togliere elettricità ad un
marchingegno elettronico, ma solo tagliare via le mani che si accostano
a Eluana, le frizionano la schiena, la portano a prendere un po’ di
sole.

L’umanità, il rapporto d’amore non proclamato
sentimentalmente, ma vissuto nelle ore e nei giorni, è quello che nel
caso di Eluana viene denominato falsamente accanimento terapeutico.


Dinanzi a questo anche Berlusconi chiede che si faccia una legge. Non
lo ritengo necessario, anzi temo si risolva in una corrida dove alla
fine il toro sarà infilzato, ed il toro sono i malati senza coscienza
apparente, ridotti - come si dice - allo stato vegetativo, per cui sarà
consentita l’eliminazione.

Che cosa serve una legge? Basta oggi quella che dice: non uccidere.


Colpisce che personalità di destra e di sinistra la pensino in maniera
simile: vuoi per difendere Eluana da chi vuol strapparle il cibo e
l’acqua, vuoi per sostenere la necessità che la si faccia finita con un
corpo che non c’entrerebbe più nulla con la ragazza. Tra coloro che la
vorrebbero già in agonia, prevale una strana concezione spiritualista o
dualista. Per cui esisterebbe una Eluana che non c’entra con il suo
corpo, una Eluana spirituale che è già morta, e che è la proprietaria
di un corpo indipendente da lei, e siccome lei se n’è andata lo si può
seppellire o cremare, tanto lì non c’è Eluana.

In realtà noi
siamo il nostro corpo. Siamo più grandi di esso, abbiamo desideri
infiniti, ma noi su questa terra siamo questa faccia, questa voce: non
esiste l’io se non situato dentro la carne, se non fatto carne. Così
come Dio non aveva un corpo a prestito, ma era quel grumo di sangue nel
seno di Maria. Non c’è bisogno di essere cattolici per riconoscere
questo dato di realtà.

O se proprio non riesci ad accettare
questo, e cioè che Eluana sia ancora questo corpo, e che la sua dignità
non sia legata alla coscienza (apparente) ma al fatto che è una
persona! Comunque sia capace di intendere e di volere! Ella è in stato
vegetativo apparente, ma non è un vegetale!

Se non accetti
questo, come ha scritto sul Tempo Giorgio Stracquadanio, e se hai il
dubbio, e non capisci, e non sai che cosa sia davvero quello che è
sotto i tuoi occhi; nel dubbio che dietro il cespuglio ci sia un uomo o
un coniglio, magari un dubbio piccolissimo, non sparare è la cosa più
razionale, non uccidere resta un imperativo senza se e senza ma.




 
 
 

NON PIANGERE!

Post n°32 pubblicato il 26 Luglio 2008 da maryrose.ms
 





 http://www.rtsi.ch/prog/images/trasm/pianto_occhi_donna-b.jpg

Il
suo pianto era come quello di un bimbo abbandonato, il dolore per la
perdita di suo figlio «era opposto alla speranza». Eppure Lui le disse
quelle parole. E da quel momento Nain è per tutti un luogo caro, per
quella compassione che Dio ha avuto per tutti noi

La gente
intorno guardava e taceva. Si consumava una storia vecchia e dolorosa,
che altre volte avevano visto, e che ogni uomo conosceva bene da
sempre. Ma ogni volta era come la prima e ogni dolore era altrettanto
nuovo e altrettanto lacerante. Il dolore di una donna, una madre. Una
donna sola, vedova, che vedeva morire suo figlio. E non poteva farci
nulla, e in quel momento non poteva nemmeno piangere, tratteneva le
lacrime per non rendere ancor più terribile l’ultimo terribile attimo
di vita del suo ragazzo. Poi avrebbe pianto, lo sapevano, e avrebbe
pianto come solo una donna che vede morire il figlio può piangere, e
nessuno può dirle: «Donna, non piangere!». Non si ricordava nella
storia del villaggio, nella storia del popolo, nella storia
dell’umanità che qualcuno avesse avuto quel coraggio, quella forza,
quella capacità di sconfinata tenerezza. Quella capacità di commuoversi
e quella misteriosa saggezza che nasce da Chi solo conosce il Mistero e
lo guarda in faccia e sa di poter chiedere al Mistero ciò che vuole. Ma
non era mai esistito nessuno così. Nessuno di loro lo aveva mai
incontrato. E così assistevano impotenti agli ultimi inevitabili attimi
di quell’ultima inevitabile agonia.

Vento da Nord
«Mamma,
comincia a fare un po’ freddino», le aveva detto il ragazzo, e si era
stretto il cuore a quella povera donna. Il cielo in effetti era un po’
più scuro, carico di nuvole e il vento soffiava da Nord, da dove c’era
il grande lago di Tiberiade e non era mai un buon segno, perché portava
sempre pioggia e tempesta. Era la stagione del resto, la stagione in
cui le ombre sono un po’ più lunghe e l’aria si rinfresca presto. E là,
a Nain, il villaggio sulla strada che corre giù da Nazareth verso il
Sud della Galilea, verso il monte Tabor, il tempo era stato davvero
poco clemente, quell’anno, e il freddo aveva acuito la malattia di quel
ragazzino che ormai era tutta la sua vita, dopo che un altro inverno si
era portato via suo marito.

«Mamma, comincia a fare un po’
freddino» e il viso del ragazzo era come più scavato, più affilato.
Erano giorni che mangiava poco, si diceva la mamma, ma non si illudeva,
quei segni non erano belli e il cuore le si gonfiava e le si stringeva
sempre più forte, ma non voleva darlo a vedere. Non voleva piangere,
«Mamma…». Non voleva che la vedesse piangere. Era un ragazzo
intelligente, e avrebbe capito, se non aveva già capito. Non era
giusto, pensava, prima suo padre e adesso… Ma non voleva piangere. E
pensava, la donna, a quel momento di festa e di gioia, quando suo
marito l’aveva chiesta in sposa, e quel giorno del matrimonio, con
tutta la luce e il colore e le danze e il paese che esultava intorno a
loro e per loro. E poi era nato quel bimbo, e anche allora c’era luce e
si era ballato e fatto festa per quel ragazzo che ora stringeva nella
penombra che non era fredda, non era ancora gelida, ma cominciava a
essere insopportabile per il suo cuore che diventava sempre più
piccolo, un nocciolo duro di dolore.

Un battito di ciglia

Non doveva piangere e guardava a occhi asciutti il viso, il naso più
fine del suo bambino, e la pelle della fronte più lucida e tesa, quasi
trasparente. Le era sembrato di ritrovarselo tra le braccia come quando
era piccolo, e aveva voglia di coccolarlo ancora un poco, almeno un
poco, ed era così sola ora e faceva davvero freddo, sempre più freddo e
le pareva di non sentire nessuna emozione. Le lacrime erano come chiuse
da una diga dietro le palpebre e sarebbe bastato un battito di ciglia
per far esplodere l’urlo e la disperazione. Ma in quel momento c’era
solo l’Ombra che diventava più presente e quell’Ombra portava un gran
freddo nella casa. E quel freddo era la sensazione più fisica del suo
dolore. «Mamma…». Aveva ragione, faceva davvero freddo, “freddino”
aveva detto il ragazzo con un filo di voce come a non spaventare la sua
mamma, a proteggerla da quel dolore che non voleva darle e lei gli
aveva accarezzato la fronte e quella diga che sentiva tra le palpebre e
gli occhi aveva d’improvviso ceduto.

Lacrime amare
Il
pianto era arrivato così, e dicevano che il pianto consolava, e le
lacrime salate come il mare avrebbero spazzato via il suo dolore, lo
avrebbero lavato a poco a poco, quelle lacrime salate che le
ricordavano il sapore di tanti momenti, di gioia e di dolore. Ma non
era vero. Nessun pianto era come questo. Era come il pianto del bimbo
abbandonato, che non spera che qualcuno venga, che Qualcuno venga a
consolarlo. E c’era un sapore diverso in quelle lacrime e un dolore
diverso, molto più amaro e irrefrenabile e senza consolazione e nulla
avrebbe lavato via nulla. Come il mare si dilatava il suo dolore e il
cuore era sempre più piccolo, e non poteva trattenere il figlio a cui
aveva dato la vita, tenerlo con sé, abbracciarlo, riscaldare quel
freddo che, ora sì, era gelido, e c’era quell’Ombra, che ora ricopriva
l’anima e il volto. E nessuno tra quelli che erano entrati nella
stanza, osava parlare, osava dire qualcosa. Osava dire “quella cosa”.
Chi poteva dire a quella donna: «Non piangere»? Chi? C’era qualcuno
sulla faccia della terra che avrebbe potuto pronunciare quelle parole,
o soltanto osare pensarle? Che piangesse invece, si sfogasse, si
esaurisse nel suo dolore. Era questo il destino pronunciato per lei e
tante come lei da secoli. Partorire con dolore e con dolore portare la
vita. E il pianto era l’unico sfogo. Come si poteva dire: «Non
piangere»? Poi l’avevano accompagnata fuori. L’avevano accompagnata
lungo gli stretti sentieri dei campi che portavano al cimitero. Erano
appena usciti dal villaggio, dove la strada lasciava le ultime case, la
porta del villaggio; la chiamavano e qualcuno si ricordò il luogo e il
momento, perché i luoghi sono importanti e si fissano nella memoria
quando accade qualcosa di davvero straordinario. Piangeva forte la
donna, «per lei il dolore era in quel momento opposto alla speranza»,
dice don Giussani raccontando quel momento (da Si può vivere così?, pp.
199-200). Quel momento in cui accade qualcosa: il corteo funebre
incrocia una gran folla e tra la folla c’erano i discepoli e quell’uomo
di cui tanti parlavano, quel Gesù di Nazareth così attento a tutto e a
tutti da chinarsi sui fiori e descriverne la veste, da parlare con
bontà e delicatezza persino del sole e della pioggia. E soprattutto
dell’uomo: diceva che ogni capello del capo era contato, e l’attenzione
che rivolgeva a tutti era colma di compassione sterminata, di
cordialità senza riserva. Così dicevano di Lui. E Lui è lì, davanti
alla donna che nessuno osa consolare. Dice quello che nessuno può
immaginare: «Donna non piangere!».

Un estraneo
«Si sarà
sorpresa - commentò un giorno don Giussani leggendo questo passo -: un
estraneo che fa un passo, le tocca una spalla dicendole: “Donna, non
piangere”», «cercando di infonderle così, come una scossa, almeno una
sorpresa. (…) Incominciando, così, a ricondurla a prendere
considerazione di sé. Lei, dopo quell’avvertimento si sarà sentita come
stranita; avrà sospeso un istante le sue grida e in quell’istante Gesù
le resuscita il figlio» (da Si può vivere così?, pp. 199-200).


Don Giussani racconta di aver contemplato tante volte questo episodio,
e con lui vien da dire a Gesù: «Fa’ prima quello che hai fatto dopo
qualche minuto. Restituiscile il figlio vivo, e dopo potrai dirle:
“Donna, non piangere”. E invece no. Gesù abbandona gli apostoli, fa un
passo avanti e dice: “Donna, non piangere!”. (…) È più miracolo questo:
“Donna, non piangere!”, che neanche la risurrezione stessa del figlio.
La fede ci fa partecipare a questo amore senza confine all’uomo,
all’altro» (da L’io, il potere, le opere, pp. 142-144). Tanto che in
quel momento, vicino alla porta di Nain, tra quella gente attonita si
compiono due eventi inimmaginabili. Tre parole pronunciate da Chi solo
poteva pronunciarle. Da Chi solo poteva dare speranza al dolore
apparentemente senza speranza, il dolore che vince tutto, che non ha
nessuna attesa di risposta. È un Dio che ama davvero: «Un Dio glaciale,
di cristallo freddo, opererebbe tranquillamente la resurrezione come
opera la creazione», don Giussani si commuove di fronte a questo Dio
commosso: «Sarebbe stato più dignitoso, quasi, per Dio… anzi, senza
quasi; sarebbe stato più dignitoso per Dio dire: “Alzati!” e
restituirlo a sua madre. Dire “Donna, non piangere!” è come cedere
qualche cosa. Cede, è come cedere: è un uomo, è un uomo… Dio è un uomo,
è più uomo dell’uomo: si chiama compassione, la gratuità di Dio è piena
di compassione» (da Si può (veramente?!) vivere così?, pp. 487-489).

Giovanotto, alzati

Poi quello che accadde è quello che in fondo ci si aspetta - in fondo,
in modo inconfessato, ma inevitabile -. Qualcosa di gratuito, di
imprevedibile ma a questo punto atteso. I portatori si fermano, Gesù si
accosta alla bara, parla al ragazzo. «Dico a te, giovanotto, alzati», e
il morto si leva e incomincia a parlare. E Gesù lo consegna alla madre.
E tutti glorificano Cristo e annunciano che è sorto un grande profeta .


Ma è strano, davvero strano, che prima del miracolo si ricordano quelle
parole, come si ricordano le lacrime di Gesù davanti al sepolcro di
Lazzaro.

C’è soltanto una chiesetta francescana oggi a Nain e
il villaggio è interamente musulmano. Ci sono le tracce del cimitero
dove veniva portato il ragazzo, e non sappiamo cosa sia accaduto poi di
quella donna e di quel ragazzo, e cosa si siano detti dopo, ma certo
l’Ombra non c’era più e splendeva il sole e non c’era più quel
terribile freddo: e ricordiamo il posto e sappiamo che in ebraico Nain
vuol dire “grazioso”, e doveva essere un luogo bello e pieno di grazia
quel paesino davvero piccolo e ignorato dal mondo che è rimasto così
nella storia. È il luogo dove Colui che ha fatto ogni cosa ha dato un
senso e una speranza al dolore e al pianto. E mentre gli altri
guardavano in silenzio lo strazio di quella donna o se ne
allontanavano, nascondendo con il pudore l’intollerabile lacerazione
che quelle lacrime facevano echeggiare nell’ animo, quell’Uomo ha detto
ciò che ognuno vuol sentirsi dire, vuol veramente sentirsi dire, ogni
attimo. «Non piangere». Perché il pianto non è il destino, non è il
destino inevitabile. Ed era arrivato Qualcuno che poteva dire «Non
piangere», che dice «Non piangere» e lo ripete ogni giorno. E Nain è
per tutti da allora un luogo caro e prezioso per quella attenzione che
Dio ha avuto per tutti noi, e per quella madre, per quella vedova.

di Giancarlo Giojelli
( Tracce n. 8- settembre 2002 )




 
 
 

SCHERZI DA...PRETE

Post n°30 pubblicato il 23 Luglio 2008 da maryrose.ms
 





http://data.kataweb.it/kpm2eolx/field/foto/foto/1675823

Uno
stile, quasi un genere letterario: gli avvisi affissi alle bacheche
delle chiese hanno un che di universale, di simile in tutte le chiese
di tutti i paesi. E la devozione è spesso parente degli "scherzi da
prete"!

CARTELLI LETTI ALLE PORTE DELLE CHIESE

Per tutti quanti tra voi hanno figli e non lo sanno, abbiamo un’area attrezzata per i bambini!


Giovedì alle 5 del pomeriggio ci sarà un raduno del Gruppo Mamme. Tutte
coloro che vogliono entrare a far parte delle Mamme sono pregate di
rivolgersi al parroco nel suo ufficio.

II gruppo dei volontari ha deposto tutti gli indumenti. Ora li potrete vedere nel salone parrocchiale.

Martedì sera, cena a base di fagioli nel salone parrocchiale. Seguirà concerto.

II gruppo di recupero della fiducia in se stessi si riunisce Giovedì sera alle 21. Per cortesia usate la porta sul retro.


Venerdì sera alle 19 i bambini dell’oratorio presenteranno l’”Amleto”
di Shakespeare nel salone della chiesa. La comunità è invitata a
prendere parte a questa tragedia.

Un nuovo impianto di
altoparlanti è stato installato in chiesa. È stato donato da uno dei
nostri fedeli, in memoria di sua moglie.

Care signore, non
dimenticate la vendita di beneficenza! È un buon modo per liberarvi di
quelle cose inutili che vi ingombrano la casa. Portate i vostri mariti.

Tema della catechesi di oggi: “Gesù cammina sulle acque”. Catechesi di domani: “In cerca di Gesù”.


Barbara C. è ancora in ospedale, e ha bisogno di donatori di sangue per
trasfusioni. Ha anche problemi di insonnia, e richiede le registrazioni
delle catechesi del parroco.

Il coro degli ultrasessantenni verrà sciolto per tutta l’estate, con i ringraziamenti di tutta la parrocchia.


Il torneo di basket delle parrocchie prosegue con la partita di
mercoledì sera: venite a fare il tifo per noi mentre cercheremo di
sconfiggere il Cristo Re!

II costo per la partecipazione al Convegno su “preghiera e digiuno” è comprensivo dei pasti.


Il concerto parrocchiale è stato un grande successo. Un ringraziamento
speciale alla figlia del diacono, che si è data da fare per tutta la
sera al pianoforte, che come al solito è caduto sulle sue spalle.

Per favore mettete le vostre offerte nella busta, assieme ai defunti che volete far ricordare.

Ringraziamo quanti hanno pulito il giardino della chiesa e il parroco.


Il parroco accenderà la sua candela da quella dell’altare. Il diacono
accenderà la sua candela da quella del parroco, e voltandosi accenderà
uno a uno i fedeli della prima fila.
Da www.Jesus.it

 
 
 

COSCIENZA DI ESSERE CREATURA

Post n°29 pubblicato il 23 Luglio 2008 da maryrose.ms
 


Il caso Englaro, che richiama quello per
certi aspetti simile di Piergiorgio Welby, continua a far discutere. E
non solo. La vicenda umana di Eluana sta anche dividendo l’opinione
pubblica, la quale, c’è da scommetterci, si sente letteralmente
travolta quando, artatamente, viene posta dinnanzi a casi di così forte
impatto mediatico che, suscitando in essa sentimenti forti, la
costringono a prendere posizione. Molto meglio sarebbe affrontare
le questioni che attengono la vita e la morte con un approccio il più
pacato possibile, costruttivo e lontano dalle ideologie
.

Quello appena descritto è un processo che andrebbe promosso e favorito
da chiunque e in ogni ambito ma che, al contrario, viene da tutti
disatteso con estrema noncuranza. Soprattutto da coloro che dovrebbero
promuovere una visione non ideologica e rispettosa della realtà e di
tutti i fattori che la compongono: ci riferiamo ai mezzi di
comunicazione sociale che, spesso per partito preso, contribuiscono a
dare una visione poco veritiera della realtà.

Il TG5 del 22 luglio, tanto per fare un esempio, ha mandato in onda dando il massimo risalto, un video attraverso il quale Paolo Ravasin,
ammalato di Sla e presidente onorario dell’associazione Luca Coscioni,
ha reso pubblico uno pseudo testamento biologico nel quale esige di non
essere più alimentato qualora non riuscisse più a farlo attraverso la
bocca.



Le questioni che riguardano la vita e la morte
, a causa delle pesanti implicazioni che hanno sulle nostre esistenze e sull’intera società, appassionano tutti
e proprio per questo riteniamo che siano tutt’altro che una questione
privata o un affare che si possa sbrigare in un caldo angolo della
propria coscienza. Ci fa piacere, quindi, se il TG5, così come
qualunque altro mezzo di comunicazione, decide di affrontare il tema
eutanasia, anche se temi di tale portata sarebbe preferibile trattarli
trasmettendo immagini accompagnate da un giudizio rispettoso dei
telespettatori. Come abbiamo fatto notare in una lettera inviata
proprio al TG5, “se si vuol dare informazione di uno che desidera
essere lasciato morire, è ancor più urgente e responsabile comunicare
che molti malati in quelle condizioni desiderano vivere”: in tal senso l’instancabile testimonianza del dott. Mario Melazzini è un vivido esempio.

A questo punto non possiamo non chiederci: forse la testimonianza di chi grida alla vita vale meno di quella di chi invoca la morte?
Quali sono, inoltre, i motivi che spingono una redazione giornalistica
a dare il massimo risalto ad una notizia e a trattare le altre con
superficialità, come la notizia del medesimo giorno che ha visto la Commissione
Affari Costituzionali del Senato approvare la proposta di sollevare
davanti alla consulta il conflitto di attribuzione contro la sentenza
della Cassazione sul caso Englaro
?

Si ha la sensazione che, nonostante tutti gli sforzi profusi dal
cosiddetto “laicismo radical-chic”, la gente non si lasci abbindolare e
sappia ancora ben distinguere e scegliere tra bene e il male.
Di questo non possiamo che ringraziare la tempesta veritativa scatenata
da Giovanni Paolo II prima, e da Benedetto XVI, ora. Una tempesta che,
tra le altre cose, sta avendo il merito di risaltare i limiti “di una
cultura cattolica tipicamente italiana che noi definiremmo "dal
pensiero debole", se non "dell'assenza di pensiero", le cui parole
chiave sono "tolleranza e dialogo". Parole alle quali preferiamo
contrapporre “fede” e “carità”.

Il problema dell’uomo - come giustamente ha osservato l’ateo devoto Giuliano Ferrara, rispondendo al teologo laico Vito Mancuso - non è quello di poter “disporre della vita come di un prodotto della propria volontà”, ma riconoscere ed aver coscienza di essere creatura.

Sul terreno della difesa della vita, seriamente minacciata da
pericolose derive nichiliste, non viviamo nessun complesso di
inferiorità e, come sottolineano gli amici del Centro Culturale di Lugano, siamo disposti a “sfidare a singolar tenzone” chiunque voglia confrontarsi con le nostre posizioni.

Censurarossa socio di SamizdatOnLine



Mail inviata alla Redazione del TG5 il 22 luglio:

Nel vostro TG odierno delle 13 è comparso il video di un uomo ammalato di SLA che detta un suo testamento.

Considerata la forte pressione mediatica che offre la TV, oggi, vi
pregherei di prestare maggiore attenzione nel diffondere certe notizie
che, laddove si ritenesse utile mostrarle al pubblico, è bene siano
ALMENO accompagnate da una versione alternativa.

Spero vi rendiate conto che siamo, purtroppo, dentro una cultura di
morte che tenta di soppiantare una cultura della vita, quest’ultima
molto più naturalmente connessa a ciò per cui l’uomo è fatto, e che più
desidera.

Pertanto, se si vuol dare informazione di uno che desidera essere
lasciato morire, è ancor più urgente e responsabile comunicare che
molti malati in quelle condizioni desiderano vivere.

Mi pare che la testimonianza vivente del dr. Mario Melazzini, ed i libri da lui scritti, meritino molto più spazio nel vostro TG

grazie

Wilma Bargiggia



ll Procuratore generale prende tempo mentre al Senato il Pd si spaccaL’Occidentale


 
 
 

BENEDETTO E L'AUSTRALIA

Post n°28 pubblicato il 17 Luglio 2008 da maryrose.ms
 

 [gmg320.jpg]

Dal discorso del Papa ai giovani - Australia



"Vi è anche qualcosa di sinistro che sgorga dal fatto che libertà e
tolleranza sono così spesso separate dalla verità. Questo è alimentato
dall’idea, oggi ampiamente diffusa, che non vi sia una verità assoluta
a guidare le nostre vite. Il relativismo, dando valore in pratica
indiscriminatamente a tutto, ha reso l’“esperienza” importante più di
tutto. In realtà, le esperienze, staccate da ogni considerazione di ciò
che è buono o vero, possono condurre non ad una genuina libertà, bensì
ad una confusione morale o intellettuale, ad un indebolimento dei
principi, alla perdita dell’autostima e persino alla disperazione.


Cari amici, la vita non è governata dalla sorte, non è casuale. La
vostra personale esistenza è stata voluta da Dio, benedetta da lui e ad
essa è stato dato uno scopo (cfr Gn 1,28)! La vita non è un semplice
succedersi di fatti e di esperienze, per quanto utili molti di tali
eventi possano essere. È una ricerca del vero, del bene e del bello.
Proprio per tale fine compiamo le nostre scelte, esercitiamo la nostra
libertà e in questo, cioè nella verità, nel bene e nel bello, troviamo
felicità e gioia. Non lasciatevi ingannare da quanti vedono in voi
semplicemente dei consumatori in un mercato di possibilità
indifferenziate, dove la scelta in se stessa diviene il bene, la novità
si contrabbanda come bellezza, l’esperienza soggettiva soppianta la
verità.

Cristo offre di più! Anzi, offre tutto! Solo lui, che
è la Verità, può essere la Via e pertanto anche la Vita. Così la “via”
che gli Apostoli recarono sino ai confini della terra è la vita in
Cristo. È la vita della Chiesa. E l’ingresso in questa vita, nella via
cristiana, è il Battesimo". Continua a leggere

 
 
 

COS'E' L'UOMO?

Post n°27 pubblicato il 16 Luglio 2008 da maryrose.ms
 
Tag: appelli

http://la_rosa_sul_fiume.ilcannocchiale.it/mediamanager/sys.user/43581/acqua4.jpg


La domanda, che un autore di 2500 anni fa ha lasciato scritto in un salmo, è ancora attuale. Cos’è un uomo? E’ da questa risposta che si può poi decidere cosa farne quando quest’uomo non riesce più a camminare, parlare, agire.

Esistenza deriva da ex + sistentia, che vuol dire avere l'essere
da un altro. Dipendere. Se non si vuole dipendere, allora è appena
normale che si voglia eliminare chi può solo dipendere.

Spesso chi
ha potere pensa allora di potere dire cos’è un uomo – o cosa non è un
uomo, di avere in mano la sua e-sistenza. Può essere un giudice, un
politico, e possiamo essere anche noi
.

Ma la nostra e-sistenza, dipende veramente solo da altri uomini?
Vorremmo veramente che l’essere, o non essere, uomini dipenda solo da
altri uomini? Cos’è l’uomo, perchè noi ne abbiamo cura?


Di seguito troverete lettere che ripropongono domande sul caso Englaro. Perchè la domanda è per tutti noi.

SamizdatOnLine



e-mail inviata ad Avvenire e Il Foglio 15 luglio:

Caro direttore,

Quando la morale si trasforma in moralismo inevitabilmente è costretta
a tagliare pezzi interi di realtà dal proprio orizzonte; un moralismo
che si alimenta di un mortifero nichilismo è spesso costretto a cadere
in contraddizione.

Come ha affermato Eugenia Roccella, in una recente intervista, «nessuno
permetterebbe che un bene materiale, una casa, ma anche solo un'auto,
passasse in eredità senza un testamento scritto, con tanto di bollo
notarile, mentre per lasciar morire una persona bastano un paio di
frasi dette davanti a qualcuno
»: se non è ideologia nichilista questa, non si capisce cosa possa esserlo.

E' terribile il senso di impotenza che si prova dinnanzi a quella che
viene sentita come un'evidente ingiustizia, perpetrata proprio da
coloro che la giustizia dovrebbero amministrarla in nome del popolo e
del bene comune. Fatti tutti gli scongiuri del caso, se Eluana morirà
nel modo atroce che le è stato prospettato un fatto imponente e tragico
s’imporra ai nostri occhi: chi potrà considerarsi al sicuro dinnanzi all’uomo che si sostituisce a Dio?
Nel caso specifico: chi potrà evitare di divenire una potenziale
vittima di giudici i quali, smettendo di curare l'applicazione delle
leggi, sempre più si stanno ponendo come forza che vuole egemonizzare,
nel senso di guidare, la società andando proprio contro di essa e il
suo sentire comune?

Sono proprio questi i motivi che giovedì 17, aderendo all’appello lanciato da Il Foglio e da Tempi, non potranno non spingerci ad essere tutti presenti, almeno idealmente, in piazza Duomo a Milano: consegniamo una bottiglia d’acqua perché la povera Eluana Englaro
non muoia di sete e per gridare a gran voce che né un giudice, né
nessun altro può sostituirsi alla sua volontà e alla volontà di ogni
singolo essere umano

Tempi duri e di instancabile preghiera ci aspettano.

Nicola Currò



Quante Englaro nelle corsie

Sul caso di Eluana Englaro segnalo il lucido comunicato stampa di
Medicina e Persona. Chi volesse approfondire il tema può trovare molti
altri spunti. Sono un po' in imbarazzo perché le cose vere e serie sono
già state dette meglio di quanto non possa fare io; ma ci sono delle domande che mi rodono dentro.

Eluana è una signora in coma vegetativo, ma le motivazioni addotte per
giustificare l'interruzione dell'alimentazione nel suo caso potrebbero
valere per molti altri. Nelle corsie degli ospedali e delle case di
riposo ci sono moltissime persone anziane affette da demenza all'ultimo
stadio; rattrappite, piene di decubiti, non riconoscono più nessuno,
sono alimentate e idratate con il sondino nasogastrico o con la "PEG"
(un tubicino che esce direttamente dallo stomaco attraverso la parete
addominale). Tutti casi di "accanimento terapeutico" da interrompere?
...

Insieme per Costruire



Le spine di Eluana

Si fa presto."Staccate la spina". In gergo l'espressione si riferisce
alla interruzione della ventilazione meccanica relativa a dun paziente
in rianimazione. Si può, legalmente, staccare la spina? SI, se si é
accertata la morte cerebrale (con la cessazione di tutte le funzioni
dell'encefalo) e il paziente, ad esempio, non é potenziale donatore di
organi.

Ma Eluana Englaro respira da sola, autonomamente, adeguatamente. "senza
ingombro tracheobronchiale" come si legge nella sentenza dei giudici di
Corte di appello di Milano (pag 15).

Si fa presto. "Stop alle macchine". Neanche fossero le rotative di un quotidiano ...

Vino e Mirra





 
 
 

DAR DA BERE AGLI ASSETATI!

Post n°25 pubblicato il 15 Luglio 2008 da maryrose.ms
 
Tag: appelli

Cari amici e lettori,


Tempi vi aspetta tutti


giovedì 17 luglio 2008, ore 18.30


sul sagrato del Duomo di Milano


con una bottiglia d’acqua per Eluana Englaro.


Ci sarà anche il direttore del Foglio Giuliano Ferrara


 


 


Sul nostro sito sono pubblicati i nuovi articoli dedicati al caso della donna in stato vegetativo condannata a morire per fame e per sete:


TITOLO.jpg

 
 
 

VERGINE MADRE

«Vergine madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura. Nel ventre tuo si raccese l'amore per lo cui caldo ne l'eterna pace così è germinato questo fiore. Qui se' a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra i mortali, se' di speranza fontana vivace. Donna, se' tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia ed a te non ricorre, sua disïanza vuol volar sanz'ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre. In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s'aduna quantunque in creatura è di bontate».
 

LA MADRE

http://www.opusdei.it/image/inmaculada.jpg
 

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Settembre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30            
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

I MIEI BLOG AMICI

ULTIME VISITE AL BLOG

lucia.soccolYour_luciusrita.ugolinimoreno.botticchioAvv.Valentin0user200_2006moreno928ilritornonitro40azzurramorganaHitchensbart.simpson01roberta.peruchmarnevi.pmraffaella.mariniellorosy.marchettini
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

SOLIDARIETA'

"Cari amici,
Ciò che mi preoccupa principalmente della vicenda del sito islamico legato ad Al Qaeda in cui il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ed io siamo stati minacciati di morte, indicati come "due morti che camminano, proprio come si autodefiniva Falcone", è la sottovalutazione del fatto che si tratta di un testo in lingua italiana e che l’autore è verosilmente un italiano convertito all’islam terroristico di Osama bin Laden.
La mia impressione è che in generale, a livello di potere esecutivo, legislativo e giudiziario, immaginando che questo terrorismo islamico "Made in Italy" potrebbe essere l’opera di una testa calda e magari di un cane sciolto, nel senso di un fanatico non organico a un gruppo terroristico noto, il pericolo viene valutato al ribasso e si ritiene quindi che non ci si debba preoccupare più di tanto. Questo è un errore gravissimo. Non si comprende che anche se fosse presente un solo aspirante terrorista e magari un terrorista suicida, sarebbe di per sé sufficiente per avere la certezza che si tratta della punta di un iceberg, dove l’iceberg è una realtà ben radicata territorialmente e ideologicamente che dovrebbe preoccuparci." Magdi Cristiano Allam
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963