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RUSTICHE CASE...
Post n°27 pubblicato il 22 Agosto 2010 da ciapessoni.sandro
PRESENTAZIONE. Nel mio album fotografico non ho trovato la foto che riportava il luogo oggetto della lirica; mi trovo perciò costretto pubblicare una foto che mi ritrae nel gruppo scolastico di quei tempi! Sono il settimo in seconda fila, partendo dalla insegnante di destra (che mi sbacchettava sovente…) e andando verso il centro. Mi troverete subito: capelli a frangetta sulla fronte e l’immancabile sciarpa bianca – sempre da bucato – per cui mia Mamma… tanto ci teneva! La lirica: i primi versi descrivono l’ubicazione del “Ristoro” – tale era il suo nome in quel di Bisuschio nella frazione di Ponte, (Varese), per meglio dire, era la casa di parte della famiglia di mia Mamma. C’era un ben tenuto battuto campo per il gioco delle bocce, subito dopo un ampio pergolato d’uva spina e sotto di esso, tavolati e panche in pietra. Su uno di quei tavolati, imparai dalla cuginetta Costantina, i “primi rudimenti del sapere” Da lì si dipartiva un prato lungo circa 300 /350 metri e largo circa 80 metri. Subito dopo l’ergeva il monte Crocino alla cui base c’era una cava di pietre. Il prato era circoscritto da un muro a secco ma tutto colorato con Campanule policrome. Accanto al terreno del gioco delle bocce, c’era un enorme pino sotto il quale, al pomeriggio lo zio “Pierin” mi offriva il gelato da un gelatiere che col barroccino veniva da Varese e si portava – credo – fino a Porto Ceresio. Cinquanta centesimi di gelato (surbétt) che veniva confezionato in due cialde rotonde (assistere a quel… teatro…per me, era quasi quasi un rito!…). Lo zio si accontentava del cornetto di trenta centesimi. E nel contempo osservavo il volto del caro zio Pierin, tutto illuminato di gioia. Il resto è tutto descritto ampiamente e spero piaccia al lettore. Ma ricordate e tenete presente!… Sono i ricordi di una fanciullezza vissuta sotto la purezza di un cielo anche lui… pulito. Sandro Ciapessoni.
RUSTICHE CASE...
Rustiche case... rustico ristoro. Un’osteria sul bordo della via e un pino accanto all’orto, sul pianoro.
Lungo il bel prato fin sotto a grigia rupe, arbusti di campanule violacee screziate con colori bianco e rosa, ornavano selvatiche in natura sconnesse pietre antiche a mo’ di mura.
Protetto e custodito come familiarmente avvezzo, nell’ora cui meriggio vuol tacita a diletto, sotto il bel pino ombroso gustavo il buon sorbetto.
Nella stagione cui sole si scatena, sul limitar del prato e l’osteria, un pergolato verde d’uva spina il fresco refrigerio mi porgeva, mentre, su libro chino, cannuccia in mano i primi rudimenti del sapere aprivano mia mente al mio dovere.
Sul tavolato in pietra e all’ombra degli intrecci d’uva amara, io qui compresi a ricordar qual pietra, aste diritte ed aste... col rampino, il tondo della “o” e i segni col puntino, poi... sulla pietra dura, poggiando mani al viso, io reclinavo il capo... sognando il mio destino.
Prati, colline e monti!... Dolci profili familiari e forti che abbracciano solari l’orizzonte.
Folte robinie e schiere di sambuco dove la chiara roggia scorre presso il “ponte”... io vi conobbi allora, quando in estate il sole si scatena, quando cicale e grilli allietano giornate in fino a sera.
Io vi conobbi all’alba col sorgere del sole, con l’animo sereno di candido bambino, guardando un cielo puro disgombro dalle nubi e il volteggiar di rondini festanti e di colombe, in cerca di ristoro.
Guardando amene valli al tramontar del sole... i poggi dell’Usèria, la bianca casa col segno di Maria, la cima del Crocino e a fondo valle la selva scorticata a pie’ del monte.
Le fredde “piode” erose e levigate giù nella rongia poste... consunte da ginocchia cui l’acqua lor lambiva, rubando anche il sudore che il caldo lor forniva.
Conobbi allora i segni del ricordar soave e genuino che in fino ad oggi dominano la via del mio cammino.
Dei personaggi tipici del luogo ricordo... il contadino anziano e rosso vestito di fustagno liso e smunto: i baffi rossi attorcigliati e a punta, il calice di vino poggiato sovra un soglio mentre bocciando con fragor sul ciglio, centrava quasi sempre il suo bersaglio.
Mi sveglio da quel sogno... e nello specchio azzurro ed infinito rivedo i tempi antichi... ma ancor vicini, sì, che emozioni amare e sconsolate invadono con forza le mie vene.
La cima del Crocino è sempre verde!... I poggi dell’Usèria, immobili e solenni mi additano lontano lor tramontare eterno.
Nei prati che da Ponte vanno a Brenno lungo il sentiero dove il sambuco odora, ancora scorre giovine gran roggia antica un tempo... che sempre m’innamora.
Ma sulla fronte mia e sul mio viso, ahimè, profondi stanno i segni della trascorsa vita... e del destino.
Sandro Ciapessoni. ***
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