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IL MUGNAIO "MACININO" di Clemens W. M. Brentano

Post n°33 pubblicato il 19 Settembre 2010 da ciapessoni.sandro

 

IL MUGNAIO “MACININO” di Clemens Brentano

da: Le fiabe dell’antico Reno

Indice necessario per la ricerca puntate precedenti:

Puntata – Numero. Post - Data del post

I 11 22 maggio 2010.

II 12 01 giugno 2010.

III 13 06 giugno 2010.

IV 15 10 giugno 2010.

V 15 15 giugno 2010.

VI 18 25 giugno 2010.

VII 19 13 luglio 2010.

Istruzioni: Ciccare su “«” del CALENDARIO fino a raggiungere il mese desiderato, indi sul giorno del post desiderato.

*****

Finale della VII puntata: – post nr. 19 del 13-07-2010-

“La principessa riposa in pace” lo interruppe Orecchioditopo, “la colpa è tutta sua ed ora giace in fondo al Reno con gli altri bambini; è caduta nel fiume mentre suonavo l’ultimo motivo”.

***

VIII PUNTATA:

A queste parole il topo si mise a singhiozzare ed a compiangere il povero mugnaio Macinino e, dopo che egli ebbe raccontato tutta la commovente storia, anche Orecchioditopo cominciò a piangere. Poi, siccome non c’era molto da rimediare all’accaduto, decisero di sistemare le salme della regina e di Rattopelato sulla nave, e di riportarle a Treviri, di deporre al loro posto nella tomba i fantocci di paglia e di cambiare l’epitaffio in modo che il mugnaio Macinino, al suo ritorno, venisse informato degli ultimi avvenimenti. E così fecero. Orecchioditopo caricò sulla barca prima la madre e poi il fratello, con l’aiuto del re dei topi mise nella fossa i pupazzi di paglia, capovolse la lapide e vi scrisse sopra:

“Orecchioditopo principe di Treviri

qui trovò madre e fratello

e li carico su di un battello.

 

Risalì poi Reno e Mosella

e in quel di Treviri li seppellì.

 

Ora giacciono nella tomba

due fantocci impellicciati

che da forca di Magonza

furono di là strappati.

 

Per punizione un motivetto zufolò

e tutti i bimbi di Magonza

il Reno ne affogò.

Nella volontà divina stava scritto

che per filiale amore compivasi il delitto.

 

Ah pio Macinino, che perdonarlo tu lo possa,

la bella Ameleya è ormai giù nella fossa.

 

Grazie a Dio ed al suo ausilio,

la notte… sempre donerà consiglio!

 

Dopo avere inciso l’epitaffio, il re dei topi andò sulla barca per ornarla di fiori e di ramoscelli, suonò la zucca e raccolse intorno a sé una ventina di topi e di ratti, suddivise equamente il resto del sacco di farina regalatogli da Macinino e si rivolse ai più anziani con queste parole:

“Da questo momento affido a voi la reggenza del regno. Ormai sono vecchio e non so se farò ritorno dal mio viaggio”.

Poi chiamò le coppie che volevano mettere su famiglia, chiese loro di stringersi le zampe e disse:

“Vogliatevi bene e preparate i vostri figli a vendicarsi della terribile disfatta che la nostra stirpe ha subito ad opera del re di Magonza. Addio e comportatevi sempre da topi d’onore!”

Salì sulla barca con Orecchioditopo e insieme veleggiarono spediti alla volta di Treviri. Quando approdarono in città, erano ancora tutti sconvolti per l’improvvisa fuga del principino, sicché non sapevano più se ridere dalla gioia per il loro ritorno o se piangere per la morte dei loro signori. Costruirono una splendida tomba con in cima una minuscola casetta d’oro per il re dei topi, che non voleva separarsi dalla vecchia regina, tanto l’amava; Orecchioditopo gli avrebbe portato ogni giorno un biscottino di marzapane. Il principino venne proclamato re all’unanimità per aver dato prova d’intelligenza e di coraggio. La prima cosa che fece, fu di armare un grande esercito per punire ancora più duramente il re di Magonza.

Come i cittadini di Magonza soffrivano per la scomparsa dei bambini, della brava Marzibilla e della figlioletta Amelina; del Pesciolindoro e del Topolinobianco.

Ora torniamo a Magonza a vedere che cosa combinarono il re, la regina e tutti i cittadini che Orecchioditopo aveva segregato in chiesa. Finita la messa, la gente voleva andare a casa per il pranzo, ma le porte risultarono sprangate: picchiarono, provarono diverse chiavi, non ci fu niente da fare. Tutti erano convinti che si trattasse di una marachella dei bambini e pensavano di punirli severamente non appena fossero usciti; chi altro poteva aver tirato il catenaccio se gli adulti erano rimasti tutti chiusi dentro?

Dalla chiesa si levava un unico terribile lamento; le cuoche gridavano in coro: “Dio mio, si brucia l’arrosto!”, le madri invece: “I bambini avranno fame!”. “Chi darà da mangiare al gatto e al pappagallo?” si lagnava la regina. Il parroco, che dal pulpito riusciva a sbirciare attraverso una finestra dentro la sua cucina, aveva notato che l’anatra allo spiedo stava bruciando; così, dimenticando che la cuoca era in chiesa, si mise a gridare con voce strozzata: “Sann…to ccie…lo! L’aaaa… natra… bbbb… rucia! Neee… naa giiii… raa… la!” I fedeli, convinti che parlasse in latino, gli fecero notare che avrebbe fatto meglio a suggerire in buon tedesco un modo per uscire di là. “Ahimè!” strillò la cuoca Nena, “signor curato, non posso girare l’anatra senza prima uscire di qui: vorrà dire che l’anatra brucerà”.

Alla fine uno di loro pensò di arrampicarsi sul campanile servendosi della corda della campana, poi si calò giù sulla piazza e riuscì ad aprire la porta. Tutti si accalcarono all’uscita e con grande stupore lessero:

“E intanto Orecchioditopo

principe d’illustre casato

tutte le porte ha qui sprangato”.

Nessuno sapeva chi fosse Orecchioditopo. Arrivarono anche i fedeli rimasti prigionieri nelle altre chiese e si meravigliarono molto di essere stati rinchiusi nello stesso modo. Poi si riversarono tutti sulla piazza del castello per cercare i loro bambini, ma la trovarono vuota ; i fantocci appesi alla forca erano scomparsi. Il re cercò la principessa, anche lei era sparita. Corsero a casa per vedere se i loro figli erano lì e intanto l’angoscia cresceva: dove potevano essere finiti?

Infine lungo il vicolo che portava al Reno raccolsero gli zufoli abbandonati a terra. Seguirono con grande affanno questa traccia e giunsero alla carrozzina del re, parcheggiata sulla riva del fiume. Quando videro galleggiare i berretti e le cuffiette e scorsero sulla sabbia le orme dei loro piedini che portavano dritti in acqua, i poveri genitori cominciarono a levare grida e lamenti strazianti. “O la mia bionda Ninetta! Mia piccola dolce Annina! Margheritina mia moretta!” si sentiva gemere e invocare . “Barbarella mio tesoro! Cara bambolina, sei annegata! Mio buon Giacomino! Mia bella trottolina! Ah, mio svelto Giovannino! Oh, Tonino, mio bambolotto! Federicuccio adorato! Oh, mio intelligente Franceschino! Martino buffoncello! Mio Severino! Oh, Massimino! Mio caro Vincenzino! Mio buon Carletto! Domenicane mio! Guendalina adorata! Bettina mia! Tesoruccio caro! Oh, Maddalenina! Dolce gattina degli occhi blu! Piccino mio! Sapevi già dire le preghiere e fare la calza! Sapevi già sillabare! Eri già chierichetto!”.

Piangendo e torcendosi le mani dal dolore ripescarono i berretti e le cuffiette e li baciarono, raccontandosi a vicenda le virtù dei loro poveri figlioli perduti.

Man mano che il tempo passava, e che invano sfogavano il loro indicibile strazio lì sulla riva, nel loro animo cresceva un feroce rancore contro il re che, per la sua slealtà nei confronti del mugnaio Macinino, era considerato l’artefice di tutti quei mali. Neppure il buio della notte poté indurli a rincasare: quella buona gente non riusciva a staccarsi dal luogo in cui erano periti i figli.

Intanto anche il re aveva fatto frugare ogni angolo della città nel tentativo di ritrovare la bella Ameleya e quando venne informato dai suoi messaggeri della sciagura che aveva colpito gli abitanti di Magonza non osò più aprire bocca temendo le ire del popolo, e questo timore non era sbagliato. Mandò quindi un vecchio prete a consolare i cittadini e a convincerli a tornare a casa; ma il sacerdote non venne accolto molto gentilmente. Tutti gli rimproverarono la sua interminabile predica; se fossero usciti prima dalla chiesa, forse avrebbero fatto in tempo a salvare i loro bambini!

Fu la fame a costringerli a rientrare; quella povera gente non aveva toccato cibo per tutto il giorno. Ma la loro afflizione non fece che aumentare quando varcarono la soglia di casa, dove un tempo i bambini correvano loro incontro: seggioline e giocattoli giacevano abbandonati e quando furono in procinto di coricarsi non trovarono nessuno che tendesse loro le braccine, nessuno che recitasse con loro le preghiere della sera. Poi videro i lettini e le culle vuote, mandarono giù qualche boccone tra le lacrime e per tutta la notte non chiusero occhio. A ogni ora le madri affrante si alzavano e controllavano le culle per convincersi della perdita dei propri figlioletti e, quando all’alba si addormentarono, ormai esauste, sognarono che i loro bimbi venivano sbattuti dalle onde contro gli scogli e che il mulino li stritolava sotto la ruota. Altre li sognarono ancora vivi, ma destandosi all’improvviso e rendendosi conto che era solo un sogno, ripresero a lamentarsi e con il loro pianto svegliarono i vicini.

Così ebbe luogo una nuova giornata di lutto e ne sarebbero seguite molte altre, ugualmente dolorose, se una nuova disgrazia fosse occorsa agli sfortunati magonzesi. Tutti i giovedì in città si teneva il mercato delle granaglie; i panettieri e le massaie si recavano ad acquistare il frumento dai contadini dei dintorni, che andavano al mercato a vendere i propri prodotti. Anche quel giorno, allo spuntar dell’alba, i fornai e le massaie scesero in piazza per riempire i loro sacchi, ma non vi trovarono neppure un contadino. Non riuscirono a capacitarsi dell’accaduto finché d’un tratto sopraggiunse una folta schiera di agricoltori provenienti da ogni dove, con in mano i sacchi vuoti: volevano comperare del grano poiché, spiegarono: “i topi ci hanno devastato i campi; il raccolto è distrutto e senza il grano non potremo neppure seminare!”. Quando si accorsero che nemmeno in città di trovava un solo chicco, si guardarono sgomenti; a quel punto il popolo prese ad urlare: “Carestia! Carestia! Dal re! Dal re! Ha ancora tutti i granai pieni” e una gran folla si avviò al castello gridando al sovrano di affacciarsi al balcone.Esasperato dalle grida insistenti, questi alla fine si risolse ad uscire ed esclamò furibondo: “Che vuole questa marmaglia che non mi lascia tranquillo neanche un secondo?! Dopo di aver perso quella sciagurata di mia figlia Ameleya, credevo di poter bere un bicchiere di vino in santa pace ed ecco piombare queste canaglie con le loro urla e i loro strepiti! “ Allora il popolo rispose che voleva il grano; per colpa sua i sorci avevano fatto irruzione nel paese e non avevano risparmiato neppure il più piccolo filo d’erba e ora si dava il caso toccasse proprio a lui procurare il frumento per la semina e per il pane.

“Perché non ci avete pensato prima ad amministrarvi meglio?” replicò il re, “le scorte di frumento servono a me ed ai miei soldati”. E la folla ribatté: “I tuoi soldati sono i nostri figli e per causa loro non devono morire di fame i loro genitori!”. “Pagatemi il sestuplo del prezzo e avrete un sacco di grano a testa!” tagliò corto il re chiudendo la finestra. Ma il popolo s’inferocì e cominciò a tirare sassi contro le finestre gridando a gran voce:

“Fuori il pane!”.

Il re allora fece sapere che avrebbero potuto inviare al granaio tutti quelli che fossero riusciti ad entrarvi: a ciascuno di loro avrebbe regalato un sacco di frumento. I poveretti si stiparono dentro come sardine, tanto che fra l’uno e l’altro non ci sarebbe stato posto neppure per uno spillo. Quando furono tutti ben ammassati il re fece chiudere le porte e alzare i ponti levatoi; il granaio infatti era costruito come una fortezza ed era circondato da fossati per proteggerlo da eventuali furti e incendi. Tutt’intorno fece appostare delle sentinelle e così la metà della popolazione venne crudelmente imprigionata e condannata a morire di fame.

Giorno e notte si udivano i lamenti di quegli sventurati, così strazianti da muovere chiunque a compassione; solo dopo due giorni il re fece gettare loro qualche pagnotta e, siccome non ci vedevano più dalla fame, molti di loro si picchiarono a morte. Quando gli altri rimasti davanti al cancello, s’inginocchiarono invocando misericordia per i poveri prigionieri, il sovrano urlò dalla finestra: “ Non sentite come squittiscono i miei sorci nel granaio? Dovrò rinchiudere anche voi se continuate ad assordarmi le orecchie con le vostre grida!”. E così i cittadini, impauriti e disperati se ne tornarono alle loro case.

Fra di loro c’era una brava donna di nome Marzibilla. Suo marito era un povero pescatore rimasto imprigionato nel granaio. Aveva una splendida figlioletta di nome Amelina , affogata insieme a tutti gli altri bambini; era quella bimba che Ameleya aveva tenuto a battesimo e che aveva tentato di salvare dal Reno poco prima di scivolarci dentro.

 

A giorni, seguirà la IX puntata.

 

 

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Commenti al Post:
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 19/09/10 alle 00:18 via WEB
P.S. Errata corrige: La V puntata del 15 giugno 2010 va letta col numero 16 (e non 15) di POST. Grazie! Sandro Ciapessoni.
 
licsi34pe
licsi34pe il 19/09/10 alle 05:57 via WEB
E' la prima volta che sento raccontare questa "fiaba": purtroppo vi ho letto una puntata deprimente , ricca solo di morti e di funeree ambientazioni, la qual cosa non mi invita a riandare ai precedenti avvenimenti....almeno al momento! Grazie comunque per l'impegno della conoscenza. Una serena domenica e un caro saluto.....licia
 
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 19/09/10 alle 13:08 via WEB
Licia, riesco ora ad aprile il PC. E' vero quanto mi dici, ma devi tener presente che le fiabe contengono sprazzi bui necessari per poi porre in forte luce quegli sprazzi luminosi che rendono le fiabe, la gioia dei bambini. Il mio modesto consiglio è questo: con calma incominciare dalla prima puntata: quella del 22 maggio 2010. Certo Licia, ci vuole pazienza... Buona domenica Licia, un caro saluto da Sandro.
 
gallovil
gallovil il 19/09/10 alle 10:30 via WEB
Bellissimo il racconto molto toccante , si succedeva cosi' nei tempi antichi , il re col granaio pieno e i poveri diavoli pieni di fame . Il re si divertiva a torturare i suoi concittadini , che poteva aprire i granai ,e soddifare le fame che circolava per colpa dei topi . ANDRO' A RILEGGERMI L'ATRO PASSO CIOE' IL QUINTO CAPITOLO UN ABBRACCIO VILMA
 
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 19/09/10 alle 13:14 via WEB
Buona domenica Vilma, solo ora ho aperto il PC. Ho apprezzato anche il tuo scritto. Brentano scriveva illustrando realmente i tempi cui viveva! Anche a te Vilma, vorrei consigliarti di iniziare la lettura a partire dal post 11, quello del 22 maggio 2010. Ci vorrà tempo - questo è innegabile - ma a noi... poveri pensionati, quel tempo necessario alla lettura, ce lo siamo guadagnato. Coraggio Vilma... poi ti piacerà di più. Caramente, Sandro.
 
gallovil
gallovil il 19/09/10 alle 10:42 via WEB
LA FAVOLA MI ENTUSIASMA MOLTO , DEVO LEGGERE LE PRECEDENTI PECCATO CHE ORA NON HO TEMPO DEVO USCIRE CON MIO FIGLIO . cOMUNQUE APPENA HO TEMO CONTACI CON AFFETTO VILMA
 
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 19/09/10 alle 13:19 via WEB
Vilma, fai con calma, il tempo lo abbiamo... e troverai situazioni anche comiche poiché il Brentano sapeva "prendere in giro" quelle genti che gli stavano attorno e che lui... non gradiva. Dunque; leggi con calma quando maggiormente ti aggrada. Un saluto carissimo, Sandro.
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 19/09/10 alle 12:59 via WEB
Per: RICORDIDILIBERO - ANIMADEA - SIGNORA SCL_- UPR2010 // i miei sentiti ringraziamenti per aver visitato il mio Blog. Mi farò obbligo in questi prossimi giorni di visitare il Vostro. Con stima, cordiali saluti. Sandro Ciapessoni
 
gallovil
gallovil il 19/09/10 alle 17:13 via WEB
Sono passata leggere le precedenti puntate molto avvincenti e molto care ai tedeschi che di ogni castello ne inventano una fiaba. Bello il racconto dei topi , rispecchia i tempi in cui viveva il popolo poi ci gioca la fantasia dell'autore , e non sarebbe una fiaba se il povero mugnaio non si fosse innamorato della principessa , e il re e la regina erano furibondi di questa cosa.Le liti interne tra popolo e re , le vendette dei topi , anche cruente , . il racconto tiene sempre con il fiato sospeso Molto bello , 'avviccendarsi degli avvenimenti , con ripicche e vendette anche cruente come l'affogare tutti i bambini e principessa compresa. I re erano sempre egoisti e cattivi ,, sfruttavano il popolo , c'e' una principessa ricca che non puo' sposare il suo amore perche' povero.Egli Riesce a salvarsi attraverso una serie di roccambolesche imprese . Lafine della principessa e dei bambini e' triste , ma fa parte del copione della fiaba. I bambini quando leggono questi racconti si sentono molto presi e si immedesimano e ma poi ci sono i topi , gli animali sono molto cari ai piccoli , subentra la dolcezza e l'ubbidienza degli animali , la cattiveria , la bonta' e la situazione lacrimevole e una serie di sensazioni che tengono avvolto lo spettatore anche se e' una fiaba . C'e' sempre la lotta tra ilbene e il male , dove il bene prevarra' sempre
 
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 19/09/10 alle 18:16 via WEB
Vilma, hai fatto un sunto che lo sto apprezzando. Vedrai nel finale che - come dici tu - il bene prevarrà sempre. Grazie Vilma della tua collaborazione. Penso anche che il Brentano, nelle figure dei vari animali presentati (topo, ratti, gatto, ecc.) abbia voluto interpretare alcune 'prerogative negative' (?) dell'umana gente... Io ci sto pensando! Caramente, Sandro
 
gallovil
gallovil il 19/09/10 alle 17:36 via WEB
Certo e' una puntata di una storia che arriva da lontano, come tutte le fiabe ha il suo fascino , e molto bella e coivolgente , questa e' solo una puntata che parla di un re imbestialito e di un popolo affamato , quante volte nei tempi passati abbiamo sentito parlare di popoli affamati ci sono tutt'ora .La rivoluzione francese e' quella piu'nota , gli avvenimenti oltre che essere frutto di fantasia rispecchiano anche la realta' del tempo. , non c'e da meravigliasi che la puntata sia triste , e' la continuazione di una fiaba che come tutte le fiabe hanno anche del patetico , questo forse e' uno dei momenti patetici dico uno con l'ira del re e del popolo in rivolta. Belli i topolini ubbidienti con lo zuffolo magico , triste la vendetta del re dei topi che temeva la morte della madre e del fratello, non manca nulla a na fiaba che si rispetti , ne seguiremo la continuazione che sara' altrettanto avvincente.Povero mugnaio Macinino che oltre a chiudere i mulino ha perso l'amata. Ma si sa la compassione e' un sentimento , la fiaba e' ricca di sentimenti i piu' variegati e varianche belli , e' stata scritta per questo , ma se esiste il castello un fondo di verita' c'e' celato dai topi , dal mugnaio e altri personaggi che popolano la scena.e talvolta la realta' viene mascherata in fiaba , per non urtare qualche personaggio importante , ma lo scrittore gioca anche di fantasia per abbellire le scene un saluto vilma
 
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 19/09/10 alle 18:26 via WEB
Vilma, il Brentano a dirla giù tutta come sta, non ha avuto una vita felice, anzi: tutto l'opposto - di questo ne parleremo - Penso che lui abbia scritto una "vita vera vissuta" (forse la sua...) camuffata poi da fiaba per evitare le cosi dette "grane" da parte dei potenti. Troveremo più avanti una figura che al Reno è tutta originale: "Loreley", e riguarda proprio Macinino... e di più - per ora -non dico... Un caro saluto alla mia lettrice Vilma. Sandro.
 
gallovil
gallovil il 19/09/10 alle 17:39 via WEB
OH MUGNAIO MACININO CHE SFORTUNATO SEI STATO , MI FAI TANTA TENEREZZA , PER IL TUO AMORE INCOMPRESO , SOLO PERCHE'ERI POVERO . UN SORRISO VILMA
 
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 19/09/10 alle 18:28 via WEB
Vilma!... Rallegrati su! Vedrai, vedrai più avanti il nostro Macinino!... Caramente, Sandro.
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 20/09/10 alle 07:39 via WEB
A Daniella40 - Noto con piacere la tua presenza in questa mia pagina del Blog. Sentitamente ti ringrazio e con l'occasione di questa, ti auguro una serena e buona giornata. Caramente st. Sandro
 
gallovil
gallovil il 20/09/10 alle 11:18 via WEB
Nelle disavventure c'e' sempre un'anima pia che aiuta il prossimo , in ogni favola che si rispetti , c'e' sempre l'Angelo custode che da' una mano ai piu' deboli , in questo momento alla massa di gente , il pio intervento pianifica un po' la situazione. Si vede che era a quei tempi ,la situazione non era delle piu' rosee , veramente era un po' cosi' ovunque in Europa ,tanto da destare la fervida fantasia di uno scrittore al punto di velare con una favola cio' che non avrebbe potuto dire Lo sfogo comunque c'e' ed e' un bene libera il pensiero da cio' ' che non va, lo scrittore si sente meglio mettendo sulla cara il suo pensiero per quanto distaccato e' come dicesse: Chi ha orecchi da intendere intenda buon inizio settimana un sorriso VILMA
 
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 20/09/10 alle 14:29 via WEB
E' vero Vilma, sotto questo cielo, da allora... nulla è cambiato, e se cambiamento c'è stato, lo è stato in peggio! Allora era l'epoca napoleonica e tutta l'Europa era a soqquadro! Francia e Germania si guardavano... in cagnesco, pur ipocritamente rallegrandosi tra di loro! Su quelle basi è nato il romanticismo tedesco! Vedo che partecipi con piacere... grazie Vilma, leggo con piacere le tue notazioni! Caramente, Sandro.
 
gallovil
gallovil il 20/09/10 alle 17:33 via WEB
IL ROMATICISMO LA CORRRENTE CHE HA INVASO TUTTA L'EUROPA C'ERA BISOGNO DI CAMBIAMENTO , ANCHE NELLE ARTI NELLA POESIA NELLA LETTERATURA E COSI' VIA . DOPO LA RIVOLUZIONE FRANCESE Napoleone nonostante le sue manie di grandezza ( LA PIU' GRANDE ORMA STAMPAR)lascio' un attimo di respiro al popolo . Ma pago' caro la sua sete di cinquisTe due volte sulla polvere e due volte sull'altar. Dopo una guerra e una rivoluzione emerge sempre una figura grande, tipo dittatore . e' STATO GRANDE NAPOLEONE , COME ALTRI DITTATORI?HAI POSTERI L'ARDUA SENTENZA DEL LORO OPERATO , SI LACIANO IL BELLO E IL BRUTTO DELLA LORO PERSONALITA' ANCHE PER DELLE CONNIVENZE SBAGLIATE . MA IL POPOLO SBANDATO DOPO UNA GUERRA HA BISOGNO DI UN CAPO, UNA PERSONA FORTE E CON BUONA ARS ORATORIA CHE LO DIRIGA UN SORRISO VILMA
 
 
ciapessoni.sandro
ciapessoni.sandro il 20/09/10 alle 21:01 via WEB
Vilma, dopo due secoli (grosso modo) non si è ancora ben definito la figura del "Grande corso!" con le sue conseguenze! "Sic transit gloria mundi...!
 
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