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Giovanni Vigetti è un giovane seminarista che deve sfuggire alla Chiesa da cui è inseguito per i suoi crimini (aver costretto la sua amante ad abortire), viene salvato dal diavolo che lo manda in una specie di castello situato nell'Appennino tosco-emiliano a far compagnia ad un vecchio eremita scomunicato di nome Achille Ropa Sanuti, dal momento che l'assistente di questi, un presunto satanista, è morto. Il giovane e l'anziano diventano grandi amici. Giovanni aiuta Achille nelle sue ricerche esoteriche e pratiche occulte, ma nel paese comincia a girare la voce secondo cui, il defunto aiutante dell'anziano stia per risorgere dalla tomba. Il giovane comunica ciò ad Achille che non da alcun peso alla cosa .. Anche qui, come in tutti i film thriller/horror di Pupi Avati, si parla di resurrezione, avvenuta solo parzialmente in Zeder, mancata ne La Casa dalle Finestre che ridono, e.. No, non posso fare spoiler alla mia prima recensione, anche perché non è mica semplice spiegare ciò che accade nell'ultima mezzora di questa pellicola! Non è però giusto definire L'Arcano Incantatore un semplice film dell'orrore o giallo all'italiana, con questo film si può parlare di neogotico italiano. Infatti già dai titoli di testa, si respira un grande classicismo, sia nelle musiche che nei caratteri utilizzati. Avati fa un lavoro molto simile a quello svolto da Herzog nel suo Nosferatu, film che riprese alcuni aspetti dell'espressionismo tedesco e li riadattò al colore e agli esterni. Così Avati riprende le atmosfere del primo cinema di paura italiano, e sfruttando il colore e le nuove tecniche fa qualcosa di mai visto prima, e forse neppure dopo. Ma le analogie col gotico influiscono sulla trama fino a un certo punto, dal momento che ad Avati non interessava raccontare le avventure macabre di qualche scrittore inglese o professore russo, personaggi molto presenti nei film di Mario Bava e Antonio Margheriti, capostipiti del cinema gotico. Avati preferisce ambientare la sua vicenda nell'Italia del 700, tra inquisizione, satanismo, paganesimo e magia. Il film è imperniato di un sottile anticlericalismo, nulla a che vedere con la sbandierata propaganda de Il Codice Da Vinci. Pupi Avati si limita ad evidenziare qualche dettaglio sgradevole del comportamento degli uomini di Chiesa, dandoci la sua visione di essi, e se vogliamo dell'Italia intera, l'Italia bigotta, ma allo stesso tempo pagana. Interessante anche la reazione del protagonista, interpretato da uno Stefano Dionisi alla sua migliore interpretazione (forse perché la meglio diretta, non amo particolarmente quest'attore) che continua per tutto il film a temere il diavolo, nonostante abbia avuto contatti con esso. Devo avvertire che si tratta di un film molto lento nella prima parte, costruito sull'atmosfera, che conserva tutta la tensione per il finale, dove si dipana l'intrigo giallo (chi è abituato ai thriller moderni non mi crederà, ma garantisco che tutto viene chiarito senza spiegone alcuno!). Molti non saranno d'accordo, ma credo sia il migliore tra i film di Avati citati in questa recensione e uno dei più bei film d'orrore del bel paese. Una pellicola in costume realizzata benissimo, che venne ingiustamente ignorata dal pubblico e stroncata dalla critica, l'ennesima convalida di come questi fattori siano deboli e ingiusti rispetto al seppur crudele filtro del tempo (va precisato che ai critici italiani dell'epoca non andava mai bene niente, geniali autori come Argento, Fulci e Soavi venivano regolarmente sminuiti).
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