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Quanto basta

Post n°15524 pubblicato il 02 Gennaio 2020 da Ladridicinema
 


Arturo è un cuoco stellato caduto in disgrazia a causa del suo temperamento collerico, che gli ha fruttato un arresto per percosse e lesioni aggravate. La pena alternativa che gli è stata comminata è quella di insegnare a cucinare ad un gruppetto di ragazzi autistici affidati ai servizi sociali e supervisionati dalla bella psicologa Anna. Nel gruppetto spicca Guido, un ragazzo affetto da sindrome di Asperger, che ha un talento innato per l'alta cucina. Guido chiederà ad Arturo di fargli da tutor per un concorso culinario: uno di quelli che lo chef odia e che hanno partorito fenomeni mediatici come il suo acerrimo rivale, il simil-Cracco Daniel Marinari. Riusciranno Arturo e Guido ad aiutarsi a vicenda a superare i rispettivi limiti comportamentali?

Dopo l'esordio con Emma sono io, che affrontava già il tema della disabilità mentale, e le due prove intermedie Last Minute Marocco e Questo mondo è per te, Francesco Falaschi torna a parlare di neurodiversità attraverso il personaggio di Guido, interpretato in modo molto convincente da Luigi Fedele, che avevamo lasciato padre adolescente in Piuma.

Il lavoro d'attore di Fedele è la vera forza del film, e trova la sua sponda migliore non tanto nel sempre affidabile Vinicio Marchioni nei panni di Arturo, quanto in Alessandro Haber che ha il piccolo ruolo dolente di Celso, maestro di cucina di tutta una generazione. La naturalezza di Haber avrebbe dovuto ispirare tutta la narrazione, che invece, dopo un inizio assai promettente (ad esempio fa a meno dello "spiegone" iniziale in voce fuori campo e ci dà tutte le informazioni sul protagonista con la sola forza delle immagini) procede lungo binari di estrema prevedibilità: la sceneggiatura è calcolata al millimetro, senza nemmeno una sorpresa, o una svolta inaspettata.

Quel che è più grave, la psicologa appare del tutto priva di deontologia professionale, e anche il tema del gran clamore che si fa intorno ai fornelli nell'Italia di oggi, di per sé interessante, è affrontato in maniera artificiosa. Anche il montaggio indugia troppo a lungo sulle reazioni degli interpreti, e la musica viene spalmata su troppe scene ad effetto strappalacrime.

È un peccato, perché l'idea di appaiare due "soggetti a rischio" in un road movie - per quanto già ben raccontata, ad esempio da Rain Man e, nel cinema italiano recente, da La pazza gioia - avrebbe potuto funzionare, grazie soprattutto al traino della credibilità di Fedele nei panni di Guido. Quanto basta resta invece una commedia lieve ma superficiale, e troppo formulaica per suscitare l'empatia che richiede.

 
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