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Dove cadono le ombre

Post n°15523 pubblicato il 02 Gennaio 2020 da Ladridicinema
 

Anna e Hans, infermiera e suo assistente di un istituto per anziani, l'ex orfanotrofio che li ha visti prigionieri nell'infanzia, vivono come intrappolati nel tempo e nello spazio. Dal passato riappare Gertrud e il nastro dell'orrore sembra riavvolgersi. L'istituto torna a essere ciò che era; ricovero di bambini jenisch sottratti alle famiglie, tempio di un progetto di eugenetica capitanato da Gertrud. Anna, schiava di quel luogo e di un'infanzia dolorosa che non termina mai, riprende le ricerche di Franziska, amica amata che cerca ovunque e senza sosta.

Alla base di questa opera prima di fiction di Valentina Pedicini sta una vicenda che non molti, al di fuori dei confini della Confederazione Elvetica, conoscono.

Tra il 1926 e il 1986 la Pro Juventute (un’associazione a carattere filantropico) ha sottratto 2000 bambini alle famiglie di etnia jenisch (nomadi come i rom e i sinti) con l’obiettivo di mettere fine al nomadismo. Sui minori sono stati condotti esperimenti scientifici e applicate pratiche come la sterilizzazione per impedirne il riprodursi. Una delle vittime di questa forma di pulizia etnica, Mariella Mehr, ha raccontato quanto accaduto trasfigurandolo in forma poetica e letteraria. In quanto esposto finora stanno il pregio e il difetto di Dove cadono le ombre. Perché è importante che qualcuno abbia preso la decisione di portare sullo schermo un tema che resta scottante anche perché tutto questo è accaduto nella tranquilla e civile Svizzera. Le vittime dell’eugenetica meritano che la memoria di quello che hanno subito non si disperda affinché non abbia più a ripetersi.

Quello che però nuoce al film, nonostante l’adesione al personaggio di Anna di Federica Rosellini, è l’impianto teatrale che sarà indubbiamente rispettoso dell’opera dell’autrice ma finisce con il raggelare oltre il necessario la narrazione. Si ha l’impressione di trovarsi di fronte a una trasposizione di un testo nato per il palcoscenico più che a una sceneggiatura pensata direttamente per un film. Questo rischia di far sì che un tema così importante finisca con l’essere comunicato a un pubblico di nicchia. Il rigore stilistico è indubbiamente un merito ma quando si trattano argomenti di questa rilevanza qualche ‘concessione’ sarebbe utile alla causa che si vuole sostenere.

 
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