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“Falsificatori della storia”, II guerra mondiale: la pubblicistica russa oggi 4a parte

Post n°15654 pubblicato il 21 Aprile 2020 da Ladridicinema
 
Tag: STORIA

L'URSS arrivò al patto di non aggressione, a causa della minaccia di una guerra su due fronti (nell'agosto del 1939 era ancora in corso il conflitto con il Giappone), [13] mentre per la Polonia, nel 1934, non vi era un pericolo simile.


L'URSS arrivò a concludere il patto, di fronte alle posizioni strategiche significativamente rafforzate e alla potenza militare della Germania (all'agosto del 1939), mentre la Polonia, con il patto con Hitler, creò i presupposti per il rafforzamento di una Germania, che nel gennaio 1934 ancora debole.


Così che, il patto di non aggressione tedesco-sovietico rappresentò una reazione obbligata a quelle conseguenze, le origini delle quali vanno ricercate nel contributo non secondario dato dalla Polonia al rafforzamento del Terzo Reich. Quindi se un patto ha dato il via alla Seconda guerra mondiale, è proprio quello polacco-tedesco del 26 gennaio 1934.


A chi conviene rianimare l'anticomunismo

Ora, conclude Lazutkin, è stata proprio la Polonia a cominciare a scavare nella storia. È stata la delegazione polacca al Parlamento europeo a dare il via alla risoluzione sulla condanna del patto sovietico-tedesco; lo ha fatto, dopo il discorso del presidente Andrzej Duda del 6 settembre 2019, in occasione delle manifestazioni per l'80° anniversario dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Ma ci sono ragioni molto attuali dietro l'ostinato rianimarsi delle idee antisovietiche.

Si tenta di minare ogni riavvicinamento tra gli stati europei e la Federazione Russa. Inoltre, gli americani stanno cercando di "dirottare" l'Europa sul gas di scisto americano e contemporaneamente abbassare i prezzi mondiali del petrolio. Allo stesso tempo, i mass media mirano a fare della Federazione Russa una sorta di stazione di servizio dal "passato criminale", mentre proclamano patrimonio di “tutta l'umanità” le ricchezze della Siberia.

S'intende, che alla Polonia vengono offerte alcune alternative geopolitiche. Ad esempio, la versione moderna del progetto polacco "Miedzymorze" [la Polonia “dal mar Baltico al mar Nero”; ndt], che prevede l'inclusione dell'Ucraina e della Bielorussia nella sfera di influenza polacca. [14]

Pertanto, tutto ciò che cercano di appiopparci sul "passato criminale", come minimo non è affatto nuovo. E, di fatto, ricopia parola per parola la ben nota tesi secondo cui l'Occidente non ha bisogno della Russia in alcuna forma - né zarista, né bolscevica, né altra.

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Come Iosif Stalin vinse Winston Churchill sulla Polonia

Nel dicembre 2019 Aleksandr Lukašenko ha rilasciato un'eloquente dichiarazione: “In Bielorussia dovremmo erigere un monumento a Stalin per il patto “Molotov-Ribbentrop”. Perché con quello rinascemmo di nuovo negli attuali reali confini della nostra Bielorussia”

di Maksim Maksimov          18.01.2020

(…) Nel 2016, la Verkhovnaja Rada ucraina, dopo aver condannato il patto sovietico-tedesco del 1939, aveva adottato, insieme al Sejm polacco, un "Atto di memoria e solidarietà". L'allora ottantatreenne deputato Jurij Šukhevic, figlio dell'ex leader dell'UPA [Ukra?ns'ka povstanc'ka armija: Esercito insurrezionale ucraino. Vedi Nota 6 Introduzione; ndt] Roman Šukhevic, aveva immediatamente denunciato l'Atto, affermando che la condanna del patto “Molotov-Ribbentrop” fosse vantaggiosa solo per la Polonia. Perché? Condannando il patto sovietico-tedesco, si condanna anche tutto ciò che esso aveva dato all'Ucraina: Galizia, L'vov, Ternopol, Ivano-Frankovsk. All'ultimo momento, anche in Lituania si erano resi conto che la sottoscrizione di quell'Atto significava censurare il passaggio al paese della sua attuale capitale, Vilnius; così che anche il Sejm lituano si era sottratto al voto.


Il patto “Majskij-Sikorski”

Il para-storico revisionista Mark Solonin, scrive Maksimov, sostiene che tutto ciò che la Repubblica Socialista Sovietica di Bielorussia ricevette dopo la guerra, non ha nulla a che vedere con il patto “Molotov-Ribbentrop”, ma è il risultato delle conferenze di Jalta e di Potsdam, in cui Stalin e Molotov negoziarono il confine occidentale della Bielorussia sovietica, avendo la meglio sulla accanita resistenza di Churchill.


Il discorso appare logico, afferma Maksimov; ma si tratta comunque di una interpretazione [il corsivo non è nell'originale; ndt] degli eventi. Ecco allora che i revisionisti tirano fuori il fatto: il 30 luglio 1941, a Londra, l'ambasciatore dell'URSS in Gran Bretagna, Ivan Mikhailovic Majskij [Plenipotenzario dell'URSS in Finlandia dal 1929 al 1932; Ambasciatore e plenipotenziario straordinario dell'URSS in Gran Bretagna dal 1932 al 1943. Il suo vero nome, Jan Lachowiecki, lascia intendere le origini polacche della sua famiglia, nonostante egli fosse nato in Russia; ndt] alla presenza del Primo ministro Churchill, firmò un accordo con il capo del governo polacco in esilio, Wladyslaw Sikorski, sul ripristino delle relazioni diplomatiche. Viene chiamato patto “Majskij-Sikorski” e i politici polacchi fuggiti a Londra lo firmarono sotto la più pesante pressione britannica. Al primo punto c'era la rinuncia di Mosca al patto “Molotov-Ribbentrop”. Più precisamente: l'accordo di Mosca, nella parte riguardante i cambiamenti territoriali della Polonia, veniva riconosciuto non più valido. E questo è un fatto storico. I revisionisti lo usano per dimostrare che Stalin, nel 1941, rinunciava al ritorno all'URSS dei territori occidentali di Bielorussia e Ucraina. Mentre gli accordi del dopoguerra sarebbero un'altra cosa. Messa così, parrebbe che Bats'ka [≈ piccolo padre, boss: Aleksandr Lukašenko; ndt[15] si sia infangato con le sue lodi a Stalin.


Rinunciò Stalin al patto “Molotov-Ribbentrop”?


In realtà, i revisionisti dicono la verità, ma solo a metà, scrive Maksimov. In risposta alla richiesta di tornare, dopo la guerra, ai confini del 31 agosto 1939, Stalin aveva proposto di rimandare la questione alla fine della guerra. Allora Sikorski rifiutò ulteriori trattative. Era quindi intervenuto il “pressing” inglese sui polacchi. Il 15 luglio 1941, durante un incontro al Ministero degli esteri, il Ministro britannico Eden aveva detto chiaro e tondo a Sikorski e August Zaleski che lo accompagnava: "Signori, che lo vogliate o no, l'accordo con l'Unione Sovietica deve essere firmato".


Tra gli emigrati polacchi scoppiò uno scandalo; una parte dei Ministri si dimise. Ma il 21 luglio 1941, Sikorski accettò di firmare l'accordo con l'URSS senza discutere la questione dei confini. Lo fece, passando sopra la testa del presidente in esilio Raczkiewicz. Ma il primo punto dell'accordo, secondo cui la parte del patto “Molotov-Ribbentrop” relativa ai confini della Polonia perdeva la sua forza, c'era. Dove era il trucco? Il fatto è che i revisionisti dimenticano un altro fatto storico. Nella primavera del 1943, i nazisti dissotterrarono i resti dell'esercito e della polizia polacchi a Katyn'. [16] E il governo in esilio inviò i propri rappresentanti nel territorio dell'URSS occupato dai tedeschi, per prendere parte alla commissione d'indagine sulla fucilazione. In questo modo, divennero complici della campagna di propaganda lanciata dalla Germania con l'obiettivo di dividere gli alleati.


La reazione di Stalin fu fulminea e delle più dure: l'URSS ruppe ufficialmente l'accordo di Londra con il governo polacco in esilio e cessò le relazioni diplomatiche con esso. Ciò contrariava la Gran Bretagna, che non aveva certo bisogno di uno scandalo del governo fantoccio alla vigilia dell'ingresso dell'Armata Rossa in Polonia. Sikorski era però ormai fuori controllo. Chiese addirittura a Churchill di rompere i rapporti con l'URSS. E non si sa come sarebbe finita se, nell'estate del 1943, l'aereo su cui Sikorski stava volando in Africa per ispezionare le unità del Wojsko Polskie che facevano parte dell'esercito di Anders non si fosse schiantato in mare sedici secondi dopo il decollo.


Dall'accordo di Mosca all'accordo di Mosca


Così che Bats'ka non si era sbagliato, alzando un brindisi alla salute di Stalin e del patto “Molotov-Ribbentrop”. Iosif Vissarionovic non vi aveva rinunciato nemmeno per un secondo. Tra l'altro, egli non aveva mai definito, quello del 1939, trattato di Mosca. Se anche sia stato Churchill a togliere di mezzo Sikorski, lo fece affinché Stalin non smettesse di discutere la questione polacca con lui personalmente. Non era più una questione di Bielorussia e Ucraina: Churchill desiderava la sfera di influenza sulla Polonia, e di questo si discusse poi effettivamente alla Conferenza di Jalta nel 1945. Gli Stati Uniti non erano interessati alla questione polacca; solo la Gran Bretagna vi insisteva. Fu il tema più spinoso: su quello, furono pronunciate 10.000 parole, ossia il 24% di tutte le parole dette a Jalta furono spese per la sua discussione.


Tutto questo è di facile accesso e lettura: i protocolli sono di dominio pubblico.


Stalin non fece alcuna concessione territoriale rispetto a ciò che era stato ottenuto ai sensi del patto “Molotov-Ribbentrop”.


Propose solo di risarcire le perdite della Polonia, a spese del territorio tedesco. Il che fu fatto. L'URSS ottenne il confine occidentale con la Polonia lungo la “linea Curzon” e la RSS di Bielorussia non solo stabilì gli attuali confini occidentali, ma espulse da lì i polacchi. A Varsavia, Stalin installò un governo filo-sovietico e insieme ad esso il Cremlino prese il controllo delle questioni di confine, eliminando ogni intermediario. La Polonia non ebbe a soffrirne: le venne trasferita parte dei territori di confine dell'URSS, da 5 a 8 km, compreso il saliente di Bialystok, dove era drammaticamente iniziata la Grande Guerra Patriottica. L'ultimo trattato di confine con la Polonia fu in ogni caso firmato nuovamente a Mosca. E, dato che così stanno le cose, allora Bats'ka ha ragione. I revisionisti no.

 

Note

 

[1]  Nel libro “Savage Continent.  Europe in the Aftermath of World War II”, lo storico britannico Keith Lowe scrive che “Senza dubbio, dopo la guerra, la Polonia era il paese più pericoloso per gli ebrei. Almeno 500 ebrei furono uccisi dai polacchi nel periodo compreso tra la capitolazione della Germania e l'estate del 1946; la maggior parte degli storici cita in genere la cifra di circa 1.500 persone. Probabilmente è impossibile saperlo con certezza, poiché singoli casi venivano segnalati di rado e ancor meno registrati, anche se si concludevano con omicidi. Gli ebrei venivano buttati giù dai treni, derubati dei loro averi, portati nei boschi e fucilati. Si spedivano lettere per intimar loro di andarsene, se non volevano essere uccisi". Il più noto e forse il più brutale pogròm verificatosi in Polonia nel dopoguerra, avvenne nella città di Kielce, nella Polonia centro meridionale. Prima della guerra, vi vivevano circa 20.000 ebrei; dopo, meno di 200, sopravvissuti ai lager nazisti. Il pogròm cominciò la mattina del 4 luglio del 1946, dopo che un bambino di otto anni aveva falsamente accusato un ebreo del proprio rapimento e della sua detenzione nel seminterrato del locale Comitato ebraico. Assaltato l'edificio del Comitato, le persone che polizia e soldati vi avevano trovato, vennero gettate in pasto alla folla di uomini e donne che, a quanto si dice, urlavano “morte agli ebrei” o “finiamo il lavoro di Hitler”. Alcune decine di ebrei furono eliminati con spranghe di ferro, altri lapidati, ad altri ancora spararono polizia e soldati. Tra gli uccisi, donne incinte o con bambini piccoli; tre soldati ebrei decorati e anche alcuni polacchi, scambiati per ebrei. Nei diversi assalti, si contarono oltre settanta vittime. Secondo rubaltic.ru, il pogròm di Kielce dette il via all'emigrazione in massa degli ebrei dalla Polonia: a metà anni '60, ne rimaneva meno del 1% rispetto al periodo prebellico.

[2]  “URSS-Germania. 1932-1941” - Bollettino dell'Archivio del Presidente della FR; pag. 271; Moskva, “IstLit” 2019

[3]  Comunità degli stati Indipendenti – in russo SNG: Sodruzhestvo Nezavisimykh Gosudarstv – fu creata l'8 dicembre 1991 dai presidenti di Russia, Bielorussia e Ucraina, Boris Eltsin, Stanislav Šuškevic e Leonid Kravchuk, subito dopo aver liquidato a tavolino l'URSS, nel famigerato complotto cosiddetto della Belovežeskaja Pušcha. Formalmente, oggi ne fanno parte Azerbajdzhan, Armenia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirghizija, Moldavia, Russia, Tadzhikistan e Uzbekistan.

[4]  https://tsargrad.tv/articles/komu-nuzhno-chtoby-russkie-kajalis-za-vtoruju-mirovuju-vojnu_234471

[5]  Tra i lavori di Natalia Narochnitskaja, storica, politologa, ex Deputata della Duma russa, anche l'opera “Partitura della Seconda mondiale. Chi e quando cominciò la guerra?” (Vienna, 2009), scritta insieme al defunto Valentin Falin, ex diplomatico, membro del CC del PCUS, deputato del Soviet Supremo dell'URSS.

[6]  “La coalizione anti-hitleriana. 1939. Cronaca di un fallimento”; cit. pagg.266-292.

Secondo lo storico Egor Jakovlev, importante non è tanto sapere se i “protocolli segreti” allegati al patto “Molotov-Ribbentrop” esistessero veramente oppure no. Importante è, in ogni caso, il loro contenuto, e questo, stando alla loro versione ufficiale, non va al di là di un semplice riconoscimento di sfere di interessi. Ora, dice Jakovlev, in cosa consistevano tali “sfere di interessi”? Esse rappresentavano le medesime condizioni che l'URSS aveva chiesto anche a Gran Bretagna e Francia (e che esse non le avevano accordato) per la difesa dei confini sovietici. In sostanza, Mosca aveva necessità di bloccare ogni possibile accesso a potenziali nemici che attaccassero da nordovest (e, dunque, bloccare i possibili accessi all'URSS da Finlandia e Paesi baltici), da ovest (Polonia) e da sudovest (Romania e più specificamente Bessarabia, il cui inglobamento da parte di Bucarest nel 1919 l'URSS non aveva mai riconosciuto). Mosca richiedeva da sempre tali garanzie, afferma Jakovlev, e Stalin, quando fallirono i negoziati con Londra e Parigi, le espose a Ribbentrop quale precondizione imprescindibile per avviare qualsiasi trattativa.

[7]  “La coalizione anti-hitleriana”; cit. pagg.74-80

[8]  Nome della riva destra del Dnepr negli anni 1660-1793. https://ru.wikipedia.org/wiki/?????????????_???????

[9]  “La coalizione anti-hitleriana”, cit., pag. 50

[10]  “La coalizione anti-hitleriana”, cit., pagg. 53-62

[11]  https://history.wikireading.ru/193276?fbclid=IwAR018qRSZ1_nVOUZCfF9Zf2A-36946LuK_7535sz1jdc0IIfpRcgPyI1rP0

[12]  Per chi conosce il russo: è possibile scaricare il libro su https://disk.yandex.ru/i/r009OMrztro-BQ

[13]  Vedi infra Fine agosto 1939. vittorie diplomatiche e militari dell'URSS, tra i brani che L'Antidiplomatico pubblicherà il prossimo l'8 maggio

[14]  “Verso il 2030 la Polonia dominerà su Bielorussia e Ucraina, mentre la Russia si sgretolerà in tanti “principati”... Verso il 2045 la Polonia riunirà intorno a sé Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania e stabilirà un protettorato su Slovenia e Croazia. Così, per la metà di questo secolo, l'Europa sbalordita scorgerà sulla propria carta un nuovo impero, la Rec Pospolita, come nel XVII secolo, da mare a mare” (George Friedman, co-fondatore della “StratFor”-Strategic Forecasting)

[15]  Bats'ka in bielorusso, bat'ko in ucraino (il più celebre è forse l'anarchico ucraino bat'ko Makhno), bat'ka in russo (abbastanza volgare). Il significato è lo stesso: padre, papà, babbo, ma con alcune sfumature stilistiche nelle diverse lingue slave. In una famiglia russofona, di città, con tasso culturale abbastanza elevato, quasi sicuramente l'appellativo verrà usato solo in senso ironico, a parodia di persone poco istruite o antiquate; la parola bat'ka in russo è di uso quasi solo contadino, rustico, ed è anche invecchiata. In bielorusso l'uso quotidiano è più frequente, anche se nelle famiglie della intellighentsia si usa sempre meno; così pure in ucraino. Il cliché di "bats'ka” fu appioppato a Lukašenko già all'inizio del suo primo mandato presidenziale. Si trattava di un epiteto popolare, per sottolineare che era abbastanza rustico, quasi contadinesco, poco colto e poco civilizzato nel parlare e anche un po' despota (come, in fin dei conti, era anche l'ucraino bat'ko Makhno) e pretende inoltre al ruolo di "padre della nazione". (Per l'illustrazione di questo termine, altrimenti di problematica traduzione letterale in italiano, ringrazio l'amico Aleksej Tekhnenko di Mosca. fp)

[16]  La questione di Katyn' non può ovviamente trovare illustrazione, nemmeno sintetica, nello spazio di una nota. È il caso dunque, a smentire il goebbelsiano “crimine sovietico”, di limitarsi a ricordare i principali rimandi disponibili in lingua italiana,  quali la riproposizione del contributo di Ella Rule (https://fulviogrimaldi.blogspot.com/2010/04/chi-ha-commesso-il-massacro-di-katyn.html) e il circostanziato compendio redatto da Grover Furr, pubblicato in italiano su vari siti web (uno è http://noicomunisti.blogspot.com/2014/03/la-versione-ufficiale-del-massacro-di_430.html).

 

 
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