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VENEZIA - Un giallo processuale dove non si capisce mai se l'accusato dice la verità o mente è il raffinato The Third Murder del maestro giapponese Kore-Eda Hirokazu, che a Venezia ha vinto l'Osella d'oro per la regia con Maborosi nel 1995. Un giallo quasi all'americana se non fosse che al regista - che ci ha deliziato con titoli come Little Sister, Ritratto di famiglia con tempesta e Father and Son - non interessa sapere cosa è accaduto di notte in riva al fiume dove un imprenditore ha perso la vita ma mostrare la relazione, molto personale, che si stabilisce tra un avvocato rampante (la pop star Masaharu Fukuyama, 21 milioni di dischi venduti) e un l'uomo accusato dell'omicidio. Si chiama Misumi (Kôji Yakusho) e ha già scontato trent'anni per un altro omicidio, lavorava nella fabbrica della vittima ed in più è reo confesso. Sembra insomma che non ci sia molto da fare, ma l'avvocato Shigemori accetta comunque la causa sperando di poterlo salvare dalla pena di morte a cui è destinato. Man mano che si approfondisce il caso vengono fuori altri aspetti della vicenda che coinvolgono la famiglia della vittima, sua moglie e soprattutto la figlia adolescente, claudicante come la figlia dello stesso Misumi. "Volevo rappresentare in modo appropriato il lavoro dell'avvocato - spiega il regista e sceneggiatore giapponese - Quando ho parlato con i consulenti legali, mi hanno detto: 'Il tribunale non è il luogo in cui si stabilisce la verità'. Allora mi sono detto: se le cose stanno così, voglio fare un film su una vicenda legale in cui la verità non viene rivelata". Di solito, aggiunge Kore-Eda Hirokazu, "in un film alla fine si arriva alla verità, ma qui solo la sentenza del processo si chiude, mentre i personaggi non vedono la verità. Ciò significa che nella nostra società c'è un sistema imperfetto che non può reggersi a meno che le persone non giudichino altre persone senza conoscere appunto la verità". Il film, in concorso a Venezia 74, ha le musiche dell'italiano Ludovico Einaudi.
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