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Dogman

Post n°14536 pubblicato il 21 Giugno 2018 da Ladridicinema
 

Un uomo cosa può arrivare a fare se costretto a umiliazioni continue? Dove è il limite tra il giusto e il sbagliato, tra cosa è morale e non e soprattutto uno pul decidere di farsi giustizia da solo?

Questo è Dogman, ultimo film di Matteo Garrone, ispirato alla storia vera de "Il canaro" della Magliana che umiliato a livello fisico e mentale da un ex pugile decide di vendicarsi fino ad ucciderlo. Agli investigatori e ai magistrati che lo interrogarono l’uomo raccontò di aver inflitto alla propria vittima una serie di indicibili torture prima di ammazzarlo. Le indagini però dimostrarono che molti dei particolari erano inventati e molte mutilazioni furono inflitte dopo la morte del pugile.

Come detto da Garrone, il fatto di cronaca nera è stato solo uno spunto per il film.

Marcello ha un salone di bellezza per cani e una figlia, che è la sua vita. Vive nella periferia romana, in un quartiere dove tutti gli vogliono bene. Il problema è un suo amico, ex pugile, chiamato Simoncino, violento cocaionomane che da fastidio a tutto il quartiere e porta Marcello sulla cattiva strada. In molti pensano di intervenire anche in maniera definitiva, ma Marcello no, è soggiogato completamente da Simone e la sua indifesa tenerezza aggiunta a una sorta di inettitudine lo portano ad essere la vittima preferita del delinquente, distruggendone la vita.

C'è poco da dire. Matteo Garrone è abilissimo nel lavorare nei contesti complessi e duri della società italiana, nelle periferie, negli abbandonati dallo Stato. La cosa che sorprende questa volta è la sua capacità di raccontare i sentimenti migliori, la tenerezza che poi si trasforma in violenta rabbia, odio, vendetta, morte e di guardare dentro i vari personaggi e soprattutto dentro Marcello, e tirare in superficie i nostri istinti più profondi sia che siano teneri sia che siano violenti.

Il racconto non è incentrato sulla violenza o sulla vendetta, ma come sempre avviene nel cinema del regista romano ci si concentra sulle sfumature, su come si arrivi alla vendetta e come questa sia non un qualcosa per liberarsi del fastidio ma come tentativo di redimersi verso tutto e tutti.

Marcello è la parte di noi che emerge quando sbagliamo non dicendo no, pure se sappiamo di sbagliare. La sua vendetta non avviene per le umiliazioni, ma perchè perde il rispetto di se stesso e una volta avvenuta, avviene la sconfitta definitiva del canaro.

Marcello Fonte, attore non protagonista e premiato come migliore attore a Cannes, è strabiliante, in un film che non si pone il principio di fare la morale o moralismi vari, ma semplicemente viaggia nei meccanismi oscuri nella mente e dei rapporti umani in un film di rara potenza che crea difficoltà nello spettatore, che avrebbe voglia di uscire dalla sala per l'ansia e la sofferenza che la storia ti pone di fronte

 

 
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