Tag Cloud
FESTIVAL, Particolarità, STORIA, comunicazione, editoria, eventi, film in uscita, incassi, libri, musica, news, novità, premi, recensioni, trailer, tv
Monicelli, senza cultura in Italia...
Archivio messaggi
Lu | Ma | Me | Gi | Ve | Sa | Do |
|
|
|
|
|
|
|
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
6 |
7 |
8 |
9 |
10 |
11 |
12 |
13 |
14 |
15 |
16 |
17 |
18 |
19 |
20 |
21 |
22 |
23 |
24 |
25 |
26 |
27 |
28 |
29 |
30 |
|
|
|
|
|
|
Chi può scrivere sul blog
Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti. I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
tutto il materiale di questo blog può essere liberamente preso, basta citarci nel momento in cui una parte del blog è stata usata. Ladridicinema
FILM PREFERITI
Detenuto in attesa di giudizio, Il grande dittatore, Braveheart, Eyes wide shut, I cento passi, I diari della motocicletta, Il marchese del Grillo, Il miglio verde, Il piccolo diavolo, Il postino, Il regista di matrimoni, Il signore degli anelli, La grande guerra, La leggenda del pianista sull'oceano, La mala education, La vita è bella, Nuovo cinema paradiso, Quei bravi ragazzi, Roma città aperta, Romanzo criminale, Rugantino, Un borghese piccolo piccolo, Piano solo, Youth without Youth, Fantasia, Il re leone, Ratatouille, I vicerè, Saturno contro, Il padrino, Volver, Lupin e il castello di cagliostro, Il divo, Che - Guerrilla, Che-The Argentine, Milk, Nell'anno del signore, Ladri di biciclette, Le fate ignoranti, Milk, Alì, La meglio gioventù, C'era una volta in America, Il pianista, La caduta, Quando sei nato non puoi più nasconderti, Le vite degli altri, Baaria, Basta che funzioni, I vicerè, La tela animata, Il caso mattei, Salvatore Giuliano, La grande bellezza, Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Todo Modo, Z - L'orgia del potere
Tag Cloud
FESTIVAL, Particolarità, STORIA, comunicazione, editoria, eventi, film in uscita, incassi, libri, musica, news, novità, premi, recensioni, trailer, tv
|
Messaggi di Giugno 2014
Post n°11577 pubblicato il 20 Giugno 2014 da Ladridicinema
Aggiornato il 18 giugno 2014 Il restauro della Cineteca di Bologna dei tre western del triennio '64-'66 ha dato l'occasione di ritrovare alcuni preziosi tagli che mostrano l'impassibile e statuario "uomo senza nome" alle prese con la pistola che non esce dal fodero o con una risata. Dal 19 giugno arriva "Per un pugno di dollari" nelle sale, a seguire "Per qualche dollaro in più" e "Il buono, il brutto e il cattivo" Tre capolavori che hanno fatto la storia del western tornano restaurati sul grande schermo: Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo saranno nelle sale The Space Cinema, a partire dal 19 giugno nell'ambito del progetto Il Cinema Ritrovato. Al Cinema, promosso dalla Cineteca di Bologna per la distribuzione dei classici restaurati in sala, con il sostegno di Unipol Gruppo. L'uscita in sala della Trilogia del dollaro è realizzata grazie a Leone Film Group e Unidis Jolly Film. Tre capolavori che hanno fatto la storia del western tornano restaurati sul grande schermo: Per un pugno di dollari, Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo saranno nelle sale The Space Cinema, a partire dal 19 giugno nell'ambito del progetto Il Cinema Ritrovato. Al Cinema, promosso dalla Cineteca di Bologna per la distribuzione dei classici restaurati in sala, con il sostegno di Unipol Gruppo. L'uscita in sala della Trilogia del dollaro è realizzata grazie a Leone Film Group e Unidis Jolly Film. La Trilogia del dollaro è stata presentata nella nuova veste restaurata al 67° Festival di Cannes, per celebrare il 50° compleanno del suo primo capitolo Per un pugno di dollari, il film che nel 1964 lanciò l'icona western di Clint Eastwood, seguito nel 1965 da Per qualche dollaro in più e nel 1966 da Il buono, il brutto, il cattivo. Questa estate, a distanza di anni, torneranno sul grande schermo per far rivivere a tutti gli appassionati la magia del western e il fascino dell'uomo senza nome: il personaggio interpretato da Eastwood e che ricorre nei film di Leone. Il primo appuntamento in calendario è a partire dal 19 giugno con il film Per un pugno di dollari. Dal 3 luglio sarà sul grande schermo Per qualche dollaro in più e dal 17 luglio sarà la volta de Il buono, il brutto, il cattivo. L'uomo senza nome, una maschera imperturbabile, che pronuncia poche frasi in tutto il film (tra cui la celebre al becchino "Prepara tre casse... volevo dire quattro") con un'ironia che non ammette sorrisi è il cowboy di Clint Eastwood in Per un pugno di dollari. Grazie al restauro sono stati ritrovati i tagli, gli errori, le risate che ormai tanto cinema americano ci ha abituato a vedere nei titoli di coda, negli extra dei dvd ma che sono quanto mai curiosi per un film del 1964 entrato nella storia del cinema. Eastwood che non riesce a sfilare la pistola dalla fondina, il vento che gli scompiglia il poncho, Eastwood e Volontè occhi negli occhi scoppiano in una inopportuna risata, i ciak di "El magnifico" che era il titolo originale di "Per un pugno di dollari". Tutti questi tagli del film di Sergio Leone sono stati ritrovati in occasione del restauro della pellicola realizzato dalla Cineteca di Bologna e dalla Jolly Film E così vediamo Eastwood che non riesce a sfilare la pistola dalla fondina, il vento che gli scompiglia il poncho, Eastwood e Volontè occhi negli occhi che scoppiano in un'inopportuna risata, i ciak di El magnifico (in italiano Il magnifico straniero) che era il titolo originale di Per un pugno di dollari. Ma soprattutto lui, Clint Eastwood che al di là della maschera cinematografica, è un uomo, un attore ancora lontano da essere la star che proprio grazie al successo di questa trilogia diventerà. Nel 1964 Eastwood godeva di una certa notorietà negli Stati Uniti grazie ad una serie tv Rawhide ma era ben lontano da essere un divo. Leone aveva in mente James Coburn e Charles Bronson, che aveva molto apprezzato nel film I magnifici sette che era ispirato, come il suo progetto, ad un film di Kurosawa. Ma erano attori troppo costosi e la produzione non poteva permetterseli così venne fuori il nome di Eastwood che sarebbe stato pagato decisamente di meno, 15.000 euro. Da parte sua l'attore californiano era stato colpito dalla sceneggiatura, sebbene tradotta in un inglese molto approssimativo e, spinto dalla moglie Maggie, aveva accettato di venire a Roma. Sergio Leone sul set Anni dopo i due racconteranno che al primo incontro erano entrambi piuttosto intimiditi. Della prima impressione che il regista ebbe di Eastwood dirà molti anni dopo in un'intervista: "Ciò che più di ogni altra cosa mi affascinò di Clint, era il modo in cui appariva e la sua indole. Nell'episodio Incident of the Black Sheep Clint non parlava molto... ma io notai il modo pigro e rilassato con cui arrivava e, senza sforzo, rubava a Eric Fleming tutte le scene. Quello che traspariva così chiaramente era la sua pigrizia. Quando lavoravamo insieme lui era come un serpente che passava tutto il tempo a schiacciare pisolini venti metri più in là, avvolto nelle sue spire, addormentato nel retro della macchina. Poi si srotolava, si stirava, si allungava... L'essenza del contrasto che lui era in grado di creare nasceva dalla somma di questo elemento con l'esplosione e la velocità dei colpi di pistola. Così ci costruimmo sopra tutto il suo personaggio". Un personaggio che conquistò il pubblico. Il film costato 120 milioni, incassò quasi 2 miliardi e fu venduto in mezzo mondo. Eastwood in America neppure se ne accorse per via del titolo che tra le riprese e l'uscita era appunto cambiato come testimoniano i ciak. Per il secondo episodio della trilogia Eastwood ottenne un trattamento completamente diverso del primo film: 50.000 dollari, un biglietto di prima classe e una piccola percentuale sugli incassi. Leone avrebbe voluto cambiare genere, ma dopo un paio di progetti abortiti realizzò Per qualche dollaro in più che lo sceneggiatore Luciano Vincenzoni scrisse in nove giorni. Fu il campione di incassi della stagione '65-'66 aprendo la strada al terzo titolo. Leone per non replicarsi aumentò i protagonisti: Sentenza (Lee Van Cleef), assassino a pagamento, il Biondo (Eastwood), bounty-killer, e Tuco (Eli Wallach), fuorilegge messicano che, fanno società, pur senza alcuna fiducia reciproca, per la caccia a un tesoro nascosto.
Post n°11576 pubblicato il 20 Giugno 2014 da Ladridicinema
Aggiornato il 19 giugno 2014 Accoglienza da superstar per l'attore al TaorminaFilmFest. La carriera con i grandi registi, l'esperienza dietro la macchina da presa, il piccolo-grande schermo: "Molti prodotti televisivi sono di una qualità irraggiungibile". Presto girerà un documentario sulla musica afrocubana degli anni Quaranta TAORMINA - Lo avevano definito "il James Dean degli anni Ottanta", il tempo ha stemperato la sua bellezza patinata e gli ha donato rughe e fascino. Oggi Matt Dillon ha cinquant'anni, una lunga carriera con registi come Francis Ford Coppola, Arthur Penn, Gus Van Sant, Mike Figgis, Cameron Crowe, Anthony Minghella, un bel po' di cose da raccontare. Alla TaoClass del TaorminaFilmFest della quale è protagonista è accolto da orde di adolescenti urlanti, quando lui era all'apice della popolarità non erano ancora nati. "È una delle cose che mi piace di voi italiani, la generosità con cui sapete accogliere l'altro, la vostra sensibilità" commenta, mentre le ragazzine gli agitano gli smartphone davanti alla faccia e la giovanissima fidanzata lo guarda adorante, seduta in prima fila. "È un aspetto che emerge anche dal vostro cinema, che è stato ed è grande perché ha la capacità di raccontare le storie delle persone. Penso a Fellini e a I vitelloni, ad esempio, e a tanti altri maestri del passato e del presente che sanno tirare fuori una grande umanità dai personaggi". Matt Dillon, cinquant'anni, un'intensa carriera cinematografica scandita dai registi più quotati, si è presentato da divo alla TaoClass del TaorminaFilmFest, accolto dall'entusiasmo di un pubblico prevalentemente adolescente: quando lui era all'apice della popolarità molti di loro non era ancora nati...
Una fissazione, quella del lato umano delle storie. Lo ripete di continuo, durante la conversazione con il direttore artistico del Festival, Mario Sesti, e con il pubblico. Lui che di ruoli ne ha interpretati tanti e diversi, da buono e da cattivo (e da imbranato, come in Tutti pazzi per Mary) insiste: "In un film quel che conta è avere un buon personaggio, non è necessario che sia simpatico, non deve per forza piacere al pubblico, deve avere una sua storia - dice Dillon - devi restituirne l'intimità. Ho deciso di fare questo mestiere non per stare sotto ai riflettori, ma per girare lo specchio verso il pubblico e riflettere la verità della vita. Anche quando ho lavorato come regista, l'ho fatto sempre in questa chiave, con l'intenzione che lo spettatore vedesse se stesso e si potesse riconoscere almeno in parte". La sua passione per il cinema comincia con un debutto fortunato, dopo piccoli ruoli in altri film, con Francis Ford Coppola in I ragazzi della 56esima strada. Era il 1983, per alcuni fu un trampolino d'oro. C'erano Ralph Macchio e Patrick Swayze, Rob Lowe e Emilio Estevez, Tom Cruise e Diane Lane, Leif Garret e Tom Waits. "Coppola era una divinità - ricorda Dillon - noi giovani eravamo in costante venerazione, e in soggezione. Era un sogno lavorare con lui. La cosa più importante che mi ha insegnato è stata la fiducia in me stesso, mi ha convinto che potevo credere in quel che facevo. Allora era estremamente impulsivo, mentre eravamo sul set di I ragazzi lui decise che avrebbe fatto un altro film, Rusty il selvaggio, tratto da un libro dello stesso scrittore, S. E. Hinton. 'I grandi artisti rubano, o quanto meno prendono in prestito', diceva sempre. E dimostrava continuamente di avere un grande rispetto per il cinema e una grande conoscenza di quell'arte: per I ragazzi della 56esima strada volle un'atmosfera da film anni Cinquanta, una fotografia patinata, magniloquente. Rusty invece - continua Dillon - gli piacque perché gli permetteva di fare un film d'autore, lo dedicò al padre, era una storia di fratelli, i legami familiari sono sempre stati una costante nel cinema di Coppola". A catapultare Matt Dillon alla grande notorietà fu Francis Ford Coppola. Il film era "I ragazzi della 56esima strada", del 1983, e fu un trampolino d'oro per tanti attori. Nel cast c'erano Ralph Macchio, Patrick Swayze, Rob Lowe, Emilio Estevez, Tom Cruise, Diane Lane, Leif Garret, Tom Waits. "Coppola era una divinità", ha ricordato Matt Dillon al TaorminaFilmFest, "noi giovani eravamo in costante venerazione, e in soggezione. Era un sogno lavorare con lui" Ma come è cambiato, oggi, il modo di fare cinema rispetto ai suoi esordi? "È cambiato così com'è cambiato il mondo. Oggi nessuno porta più l'orologio al polso perché tutti guardano l'ora sul telefonino. La tecnologia, gli effetti speciali, il 3D hanno avuto gran parte in questo cambiamento. Paul Newman aveva capito tutto già un sacco di anni fa - ricorda - una volta mi disse: le superstar del cinema degli anni Settanta sono state due robot e uno squalo, ovviamente si riferiva a Star Wars e al film di Spielberg. Oggi il cinema fa più attenzione alle 'cose' che alle persone. Per fortuna resiste il grande cinema d'autore, che mette al centro gli esseri umani e le loro storie. Penso anche al vostro Paolo Sorrentino e al suo La grande bellezza, vero e potente, specifico perché parla di Roma e dell'Italia ma anche universale, con la storia di un uomo che a un certo punto decide di non stare più dietro a ciò di cui non gli interessa niente. Capita a tutti noi". Il cinema, oggi, è anche la tv. Che cosa ne pensa delle serie che per cast e qualità riescono a fare concorrenza alle superproduzioni cinematografiche? "Ne penso tutto il bene possibile, anche io ne ho girata una. Oggi il cinema propone molti prodotti interessanti ma vince l'intrattenimento. La televisione è più stimolante, ho appena finito di girare una miniserie per la Fox, si intitola Wayward Pines, un mistery drama dal romanzo di Blake Crouch, prodotto e diretto da M. Night Shyalaman, a metà strada fra Lost e Twin Peaks, anche se è impossibile paragonarsi a David Lynch... Interpreto l'agente Ethan Burke, incaricato di indagare sulla scomparsa di due federali nella cittadina di Wayward Pines, un luogo idilliaco in cui tutto sembra funzionare alla perfezione. Ma dopo un incidente automobilistico non ho più i miei documenti né la mia identità, nessuno mi riconosce e non riesco a comunicare con il resto del mondo. È avvincente, un dramma psicologico che sconfina nella fantascienza, un po' stile Stephen King. Diretta da un bravissimo regista come Shyamalan, ottimo narratore e grande leader". Dopo l'esperienza come regista con City of Ghosts del 2002, in cui aveva diretto se stesso, Matt Dillon sta per tornare dietro la macchina da presa, ma questa volta per un documentario e per parlare di musica, lui che è un grande appassionato di jazz. "È la storia di un grande cantante cubano degli anni Quaranta e della musica afrocubana, un talento brillantissimo che fu molto influenzato dal jazz americano dell'epoca e diede vita a una vera e propria scuola. Ho cominciato a lavorarci dieci anni fa, sono stato a fare delle ricerche in Messico, dove lui si era trasferito, poi ho lasciato stare ma adesso sto riprendendo in mano il progetto. È il bello dei documentari, puoi tornarci anche a distanza di anni e il lavoro è lì, che ti aspetta, per nascere un'altra volta".
Post n°11575 pubblicato il 19 Giugno 2014 da Ladridicinema
Andrea Guglielmino18/06/2014 “Milioni di bambini sono considerati malati. E se ci stessimo sbagliando?”. Questa domanda accompagna l’uscita del docu-film di Stella Savino ADHD – Rush Hour, sul tema sempre più attuale della sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività. La pellicola sarà distribuita daMicrocinema a partire dal 26 giugno.
Bambini che non stanno fermi, giocherellano con le mani o i piedi, non riescono a stare seduti, corrono, si arrampicano, si distraggono, sparano risposte prima che sia terminata una domanda, interrompono le comunicazioni con gli altri. Tutto sommato atteggiamenti che sarebbero stati considerati comuni tra i bambini di una certa età fino a qualche anno fa. Ma ora invece si sta creando una tendenza spesso non giustificata a diagnosticare appunto questa “presunta” sindrome, basandosi soltanto su diagnosi comportamentale e non su ricerche di tipo neuro-psichiatrico. Il fenomeno parte dagli Usa e in particolare dal sistema scolastico. Gli insegnanti notano bambini irrequieti, chiamano i genitori e dicono ‘vostro figlio non sta bene. E’ iperattivo. Dovete risolvere il problema’. Il punto è che, spesso, risolvere il problema significa somministrare al bambino psicofarmaci che forse sì, tengono sotto controllo i suoi disturbi a breve raggio, ma incidono tantissimo sulla salute e sullo sviluppo. Negli Stati Uniti se ne parla tantissimo perché la casistica è molto ampia (parliamo dell11% degli studenti censiti). In Italia siamo attorno all’1°%.
“La forbice – spiega la regista – mi pare troppo ampia per potersi basare solo sulla differenza di condizioni ambientali, sociali e culturali. Pur senza avere nessuno che ha avuto questa problematica vicino a me mi è parso un dato interessante per partire con una ricerca. La percezione di questa problematica è altissima nei paesi anglosassoni, dove il sistema scolastico è basato sulla performance e sulla competizione, mentre scende sensibilmente nei paesi mediterranei dove c’è comunque un’attenzione familiare maggiore rispetto all’infanzia. E per quanto possiamo essere critici, il nostro paese da questo punto di vista, rispetto all’America, è un paradiso. Ovviamente il mio intento non è trovare soluzioni, in una sola ora e mezza di documentario, su qualcosa di cui la comunità medica discute da 50 anni, però voglio sollevare domande in modo da spingere chi è colpito direttamente o indirettamente dalla problematica a indagare. Ora, io sono tendenzialmente contro l’uso dei farmaci, ma non volevo fare un documentario di denuncia alla Michael Moore. Volevo invece sentire voci pro e contro, solo che gli esperti ‘pro’, in linea di principio, intuivano il mio orientamento filosofico e rifiutavano il confronto. Molto importante il confronto con Stefania, la madre di Armando, uno dei protagonisti, che somministra farmaci a suo figlio in un modo che non esito a definire criminale. Lei sapeva esattamente cosa pensavo di lei, eppure mi ha aperto casa e mi ha permesso di raccontare il ‘sommerso’, ovvero quei casi non registrati di persone che si procurano i farmaci con stratagemmi, ad esempio acquistandoli in Svizzera. Per questo,e per la sua generosità, la stimo, sono stata in casa con lei per settimane. Mi sono chiesta spesso se non lo facesse per un’esigenza di redenzione. Comunque è stato importante perché non volevo finire con un approccio new-age o superficiale, del genere ‘facciamo yoga e risolviamo tutto’. Non è quello il problema centrale, il problema è che sotto il cappello dell’ADHD finiscono decine e decine di malattie e problematiche. Un bambino che si addormenta in classe potrebbe avere problemi non neurologici ma epatici, o problemi in famiglia. E’ molto facile bollare tutto con una diagnosi semplicistica”.
Il consulente scientifico del progetto è l’esperto Stefano Canali, che aggiunge: “Quante malattie psichiatriche nel corso della storia sono poi “scomparse” man mano che cambiavano le condizioni ambientali e culturali. L’omosessualità, l’isteria… la anfetamine un certo dosaggio effettivamente aumentano la capacità di focalizzazione. Addirittura certi colleghi usano il Ritalin per quando sono molto concentrati su articoli o ricerche. Ma gli effetti a lungo raggio potrebbero essere devastanti, e non lo sappiamo. Questi giovani stanno facendo da cavie. E allora è bene ricordarsi come diceva Platone che anche la parola è una cura e che ‘il cervello è un alambicco che distilla l’anima’, per citare le parole di un alchimista – dunque favorevole ai farmaci, ne ‘L’opera in nero’ di Marguerite Yourcenar.
Post n°11574 pubblicato il 19 Giugno 2014 da Ladridicinema
Cristiana Paternò16/06/2014 Un film lungo tredici anni per raccontare "il tempo che si passa a immaginare, ad aspettare, e poi, all’improvviso, a ricordare". È Le cose belle di Giovanni Piperno eAgostino Ferrente, un lavoro cresciuto insieme ai suoi protagonisti e che continua a crescere, come una pianta, in modo organico e naturale. Adele, Enzo, Fabio e Silvana erano bambini o poco più nella Napoli del ’99, quando i due autori li scelsero per la loro intensità e i loro sogni, diversi da quelli dei loro coetanei, sogni non omologati. Era agosto e si girava un po’ in corsa un documentario, Intervista a mia madre, che Raitre aveva commissionato ed era ansiosa di mandare in onda (oggi la tv è totalmente assente dal progetto finanziato da Regione Campania e Pasta Garofalo). Due ragazzi dodicenni e due ragazzine di quattordici si raccontavano nel rapporto, mai semplice, con i propri genitori. Un po’ fatalisti ma in fondo convinti di avere un futuro. Forse era anche lo spirito dei tempi. Li ritroviamo alla fine degli anni 2000, giovani adulti segnati dalle cose brutte in una città che pare perennemente sull’orlo della catastrofe.
“Abbiamo provato a fare il contrario del documentario antropologico – spiega Agostino Ferrente, autore del celebrato L’orchestra di Piazza Vittorio – non siamo osservatori neutri della realtà ma la influenziamo e la modifichiamo. Per esempio, abbiamo fatto ritrovare Enzo e Fabio attraverso la ricerca di un lavoro, mentre Silvana, grazie al film, ha capito che doveva cambiare vita”. Così Enzo, che da piccolo cantava insieme al padre nei ristoranti, ha ripreso il repertorio napoletano per regalarci una versione straziante di Passione che apre e chiude il film. Un nuovo inizio e un nuovo finale, per quest’opera molto musicale, un momento di cinema nato in progress, nei giorni della presentazione del documentario a Venezia, alle Giornate degli Autori, perché Enzo, che aveva deciso di smettere di cantare nel ’99, è salito di nuovo sul palco. “La sua esperienza da bambino – ci dice Piperno - l'aveva fatto soffrire, ma quando l’abbiamo sentito interpretarePassione ci si sono drizzati i peli per l’emozione”.
“Il film ha realizzato il mio sogno – interviene Enzo, che ha da poco perso il lavoro da venditore porta a porta - da piccolo cantavo con mio padre, oggi canto da solo e sto imparando a suonare la chitarra. Questa è una cosa bella...”. Fabio, che amava giocare a calcio e ora ha una figlia piccola, è felice di rivivere il passato, “anche per non far fare a mia figlia i miei stessi errori”. Le due ragazze hanno preferito non venire a Roma per la presentazione del film, Adele si è trasferita in Sicilia con il suo nuovo compagno e Silvana cerca di vivere nel presente. “Oggi nelle cose belle non ci credono più – dicono i registi – o forse hanno imparato a non cercarle nel futuro ma nell’incerto vivere della loro giornata, nella lotta per un’esistenza difficile ma dignitosa”. La loro Napoli è una città dove la bellezza si annida nelle pieghe di una quotidianità segnata da disoccupazione e degrado, famiglie dissestate e povertà. “Ma un regista non è un assistente sociale o un antropologo – chiarisce Ferrente – e non credo che queste storie siano limitate a Napoli, tutti i paesi del Mediterraneo possono riconoscersi”. E ancora: “Non eravamo all'inseguimento della spazzatura o dei casi tragici. Ci siamo innamorati di questi personaggi e abbiamo voluto mostrare che, nonostante il disagio, tra le rovine nascono fiori. Questi ragazzi, pur avendo la camorra a un metro, hanno resistito, cercando di lavorare”. Aggiunge Piperno: “Napoli, che nel ’99 era all’apice del rinnovamento di Bassolino, dieci anni dopo è invasa dall'immondizia, ma non voglio cadere nel luogo comune del ‘prima si stava meglio’, questa è una città che si muove tanto. Così abbiamo evitato di mostrare la Napoli della camorra che adesso, col successo della serie Gomorra, sembra l’unica verità. Noi diamo spazio a quello che inferno non è”. EAntonella Di Nocera, produttrice del progetto fin dal ’99 e assessore alla Cultura per un biennio col sindaco De Magistris, spiega: “La bellezza della dignità umana si conserva nonostante tutto. Ma noi adulti abbiamo responsabilità verso i ragazzi e in queste immagini non si vedono belle scuole e bei parchi, ma precariato. È un film che va mostrato agli studenti”.
Dal 26 giugno Le cose belle, che ha fatto incetta di premi, dal Nastro speciale al Cariddi di Taormina 2014, arriva in sala grazie all’Istituto Luce Cinecittà. Come spiega l’ad Roberto Cicutto: “E’ un film da cui non ci si stacca e che potrebbe essere usato come lezione di regia”.
Post n°11573 pubblicato il 19 Giugno 2014 da Ladridicinema
Box Office Italia L'Italia è ancora stregata da Maleficent, che riesce a stare anche questa settimana sopra quota 1 milione di euro e arriva ad un ottimo totale di oltre 10 milioni, una vera rarità in questo periodo pre-estivo e soprattutto denso di eventi sportivi. Detto ciò il gap rispetto al secondo posto dimostra quanto le offerte di questo weekend siano state poco attrattive per il pubblico. Il Magico mondo di Oz esordisce con poco più di 300mila euro, un dato deludente ma in linea con gli scarsi risultati ottenuti dal film in tutto il mondo, America in primis dove è stato uno dei peggiori flop dell'anno. Tutti i film in classifica sono in netto calo e quindi bastano cifre molto basse per entrare nella top ten: 1303 raccoglie poco più di 200mila euro e si piazza quinto, Le week-end è settimo con 100mila euro e spicci. La prossima settimana arrivano Jersey Boys, Tutte contro lui e, con soli 5 anni di ritardo rispetto alla sua uscita nelle sale americane (e home video, a ben vedere...), Synecdoche, New York.
Box Office Usa In America ci sono risultati abbastanza clamorosi: nonostante uscisse in "appena" 3300 sale, 22 Jump Street ottiene il primo posto del box office con 60 milioni di dollari ed una media per sala strepitosa (anche le recensioni sono ottime), mentre l'evidentemente non molto atteso sequel di Dragon Trainer deve accontentarsi del secondo posto con solo 50 milioni di dollari. Una mezza delusione per Fox, che adesso spera che il film sfondi nel resto del mondo per andare in pari. Dietro resistono bene Maleficent, arrivato a 163 milioni (e 436 nel mondo) ed Edge of Tomorrow - Senza domani che perde meno di quanto fosse lecito aspettarsi e arriva a 56 milioni, cifra però ancora deludente (nel mondo è a 167). Crolla Colpa delle stelle che però è già ampiamente in attivo, mentre X-Men - Giorni di un futuro passato passa i 200 milioni ed è a 661 milioni nel mondo (nota: i primi tre incassi mondiali sono tre film con supereroi, si capisce perché nei prossimi 4 anni ne usciranno 27...). Godzilla arriva a 191 e forse potrebbe passare quota 200, mentre Un milione di modi per morire nel West è ufficialmente un floppone con appena 38 milioni e poche possibilità di recuperare nel resto del mondo. Saluta la top ten The Amazing Spider-Man 2 con quasi 200 milioni di dollari, ben 50 in meno rispetto al primo capitolo, almeno sul suolo americano (all'estero invece va strabene, visto che a oggi è il secondo miglior film dell'anno con 700 milioni). La prossima settimana è "defatigante" con il solo Jersey Boys di Eastwood in uscita in molte sale, in attesa del nuovoTransformers 4 - L'era dell'estinzione che dovrebbe dominare nel periodo che porterà al weekend dell'Indipendence Day.
Post n°11572 pubblicato il 19 Giugno 2014 da Ladridicinema
Post n°11571 pubblicato il 13 Giugno 2014 da Ladridicinema
Post n°11570 pubblicato il 07 Giugno 2014 da Ladridicinema
Creato da Walt Disney come personaggio negativo, è diventato ben presto l'antagonista di Topolino. Con i suoi mille difetti ispira simpatia. E nelle sue mille sfaccettature si riconoscono da decenni milioni di lettori di LUCA RAFFAELLI(ansa) E' nato per essere un cattivo esempio. Per questo fu creato Donald Duck, ovvero Paolino Paperino, nel cortometraggio Disney "La gallinella saggia". Era il 1934. L'anno prima Disney aveva celebrato con i 3 porcellini la reazione alla grande depressione raccontando la voglia di darsi da fare, di costruire un futuro solido con una bella casa di mattoni e non più di legno o di paglia. Allo stesso modo la gallinella saggia, in quel corto pieno di musica, voleva piantare il grano e poi raccoglierlo per dare ai propri pulcini delle belle torte fragranti da mangiare. Per reggere tutta quella fatica chiedeva aiuto a un maiale, poi passato nell'oblio, e a Paperino, che viveva allora in una barchetta sul fiume (ecco perché il suo vestito da marinaio). Ma tutte le volte che la gallinella si presentava da loro a chiedere aiuto ecco il rifiuto secco, motivato da un fortissimo mal di pancia (inventato, naturalmente). Quando alla fine del film le torte saranno pronte e i due sfaticati vorranno anche loro condividere tanta bontà arrivava la giusta punizione: altro che torte, ecco per voi del salutare olio di ricino. Così erano i film educativi di un tempo: con la morale.
Ma quel cattivo esempio sprizzava simpatia e personalità. E proprio lui, a cui mancavano il buon senso, la razionalità, la ragionevolezza, la civiltà, divenne un antagonista del divo disneyano per eccellenza, ovvero Topolino. E' vero: Paperino per certi aspetti è il contrario di Topolino. Mickey ha voglia di alzarsi la mattina, ha voglia di cominciare la giornata, è ottimista e ben disposto rispetto a tutto quello che dovrà fare. All'inizio (da ragazzino) era entusiasta dei propri giochi astratti e poetici, in seguito (da adulto) avrebbe indirizzato la propria gioia di vivere verso iniziative più produttive. Paperino invece è istintivo, primordiale, basico. Se potesse se ne starebbe tutto il giorno sull'amaca, magari a fare qualche cruciverba, magari a sognare qualche momento di felicità che non è poi necessario vivere a tutti i costi.
Il papero prima nasce con i cartoni e poi si trasferisce nei fumetti dove, a costruire il mondo di Paperopoli, interviene quel genio di Carl Barks. Nel 1947 Barks inventa lo Zio Paperone, il più ricco del mondo, colui che su una collina della città ha il deposito con i suoi svariati fantastiliardi. Ci voleva una ricchezza spropositata come quella, condita dalla nevrosi della ricchezza, per poter capire bene i difetti del nipote Paperino. E' meglio dannarsi per essere ricchi e isterici o essere solo potenzialmente isterici cercando di poltrire sull'amaca? Un dubbio a cui la saga dei paperi non ha mai (e giustamente) fornito una risposta certa. Neanche quando Paperino è stato adottato da tanti meravigliosi autori italiani che lo hanno voluto protagonista delle loro celebri parodie. Così Paperino si è trasformato in Paperin Meschino, Paperino Don Chisciotte, Paper Hood, Paperin di Tarascona, Paperin Sigfrido e tanti altri personaggi famosi. Perché la personalità di questo papero straordinario è piena di sfaccettature, di grandezze improvvise e inaspettate, di generosità nascoste, di amori segreti. Non c'è dubbio: è la gioia di quella parte di noi che identifichiamo con Paperino ad essere la più elettrizzante ed inattesa.
Tutto italiano è anche Paperinik, creato nel 1969 da Elisa Penna, dallo sceneggiatore Guido Martina e dal disegnatore Giovan Battista Carpi. Un alter-ego, una seconda esistenza che finalmente ha permesso al papero disneyano di scrollarsi di dosso, una volta tanto, quella fama di perdente che l'ha ossessionato tutta la vita. Paperino non è un perdente: è solo un papero che di sbattersi per vincere non ha proprio nessuna voglia.
Post n°11569 pubblicato il 07 Giugno 2014 da Ladridicinema
Otto riconoscimenti a "La grande bellezza" e quattro a "Il capitale umano". Premiati anche Pif, Valeria Golino e Sydney Sibilia ROMA- Trionfo di La grande bellezza di Paolo Sorrentino e di Il capitale Umano di Paolo Virzì ai Ciak d'Oro 2014. I premi ideati da 'Ciak', il mensile di cinema edito da Visibilia e diretto da Piera Detassis, consegnati, per la prima volta nello spettacolare scenario della cornice del Vittoriano. La grande bellezza incassa otto premi a partire da quello per il Miglior film dell'anno cui si affiancano quello a Toni Servillo come Miglior Attore Protagonista e come Migliori attori non Protagonisti a Sabrina Ferilli e Carlo Verdone, il riconoscimento come Migliori Produttori a Francesca Cima e Nicola Giuliano (Indigo Film) e ancora i premi per la Miglior Fotografia, la Miglior Scenografia e i Migliori Costumi. A Paolo Virzì e al suo Il capitale umano vanno ben quattro Ciak d'Oro, tra i quali Miglior Regia e Migliore Sceneggiatura. A Valeria Bruni Tedeschi, per il personaggio di Carla Bernaschi, va invece il riconoscimento come Miglior attrice protagonista e, a sottolineare un'edizione particolarmente rosa, a Cecilia Zanuso sarà consegnato il Ciak d'Oro per il Miglior Montaggio. La vita di Adele di Abdellatif Kechiche (Palma d'oro 2013) ottiene il 'Ciak d'Oro come Miglior film straniero. Monica Bellucci riceve dalla redazione del magazine il Superciak d'Oro femminilE per "l'intelligenza con cui ha saputo condurre la propria carriera tra cinema popolare e cinema d'autore in una chiave internazionale e da grande star". Claudio Amendola vince il Superciak d'Oro maschilE "non solo per la bravura e simpatia d'interprete, ma per il passaggio felice alla regia con La mossa del pinguino". Il premio Ciak-Alice Giovani (nato dalla collaborazione del magazine con Alice nella Città, Sezione indipendente e autonoma del Festival Internazionale del Film di Roma), dedicato alle migliori pellicole italiane rivolte al mondo dei ragazzi è assegnato alla commedia La mafia uccide solo d'estate di Pif. Due riconoscimenti al film Smetto quando voglio del salernitano Sydney Sibilia, votato come Miglior rivelazione dell'anno e per il Miglior manifesto. Miele, esordio alla regia di Valeria Golino, pellicola su un tema tabù come il suicidio assistito, guadagna il titolo di Miglior Opera prima. Il Ciak d'Oro per il Miglior suono in presa diretta va a Gianfranco Rosi per il suo documentario Sacro Gra, già Leone d'oro alla Mostra di Venezia. Il compositore e musicista Pasquale Catalano conquista il premio Miglior colonna sonora per Allacciate le cinture, mentre Tutta colpa di Freud di Daniele Silvestri è stata eletta Miglior canzone originale. Il Ciak d'Oro Bello & Invisibile, destinato dalla redazione del magazine ad un film di grande qualità non abbastanza gratificato al box office, va quest'anno a L'arte della felicità di Alessandro Rak.
Post n°11568 pubblicato il 07 Giugno 2014 da Ladridicinema
Scritto da: Paolino - mercoledì 28 maggio 2014 Su Mtv Mario 2, puntata speciale della serie tv di Maccio Capatonda in cui il protagonista diventa cattivo e maltratta i colleghiì, ma che mostra anche il backstage della nuova stagione In attesa dei nuovi episodi, Mtv regala ai fan di Maccio Capatonda una puntata speciale diMario, la serie tv in onda dallo scorso anno che tornerà con la seconda stagione in autunno.Questa sera, alle 23:20, va in onda Mario 2, puntata che riporta sul piccolo schermo i personaggi creati da Maccio Capatonda, tra cui il giornalista Mario, conduttore dell'Mtg, telegiornale in onda su un'emittente acquistata dalla Micidial Corporation. Nella prima stagione, la nuova proprietà aveva deciso di inserire all'interno del notiziario una serie di spot improbabili, che portano Mario, paladino del giornalismo "serio", a voler lasciare il lavoro. Costretto da Lord Micidial (Franco Mari), torna a condurre il Tg ed ad insegnare i trucchi del mestiere al figlio Ginetto (Herbert Ballerina). La prima stagione è terminata con la rivelazione che Lord Micidial è padre di Mario. Nello speciale, Mario si è ripreso dalla notizia ma è molto cambiato: se prima era un giornalista sempre attento, ora è diventato un perfido cronista che maltratta i suoi colleghi. In realtà, la puntata speciale è una serie "fantasma", girata male, che svelerà il motivo per cui Mario è diventato cattivo. Inoltre, ci saranno scene del backstage, che mostreranno i protagonisti al lavoro sui nuovi episodi. Il tutto, con lo stile ironico e surreale di Capatonda, che già con la prima stagione di Mario ha confermato la sua capacità di prendere in giro i mass media con originalità e riuscendo a trovare l'appoggio di un pubblico pronto a lasciarsi andare alle trovate geniali ed irriverenti delle sue notizie. Un regalo, quindi, che Maccio Capatonda riserva ai suoi fan, che dovranno aspettare ancora per rivedere Mario alle prese con nuove notizie e sponsor, ma che possono rifarsi con questo speciale.
Post n°11567 pubblicato il 07 Giugno 2014 da Ladridicinema
Scritto da: Paolino - mercoledì 28 maggio 2014 Su Mtv Mario 2, puntata speciale della serie tv di Maccio Capatonda in cui il protagonista diventa cattivo e maltratta i colleghiì, ma che mostra anche il backstage della nuova stagione In attesa dei nuovi episodi, Mtv regala ai fan di Maccio Capatonda una puntata speciale diMario, la serie tv in onda dallo scorso anno che tornerà con la seconda stagione in autunno.Questa sera, alle 23:20, va in onda Mario 2, puntata che riporta sul piccolo schermo i personaggi creati da Maccio Capatonda, tra cui il giornalista Mario, conduttore dell'Mtg, telegiornale in onda su un'emittente acquistata dalla Micidial Corporation. Nella prima stagione, la nuova proprietà aveva deciso di inserire all'interno del notiziario una serie di spot improbabili, che portano Mario, paladino del giornalismo "serio", a voler lasciare il lavoro. Costretto da Lord Micidial (Franco Mari), torna a condurre il Tg ed ad insegnare i trucchi del mestiere al figlio Ginetto (Herbert Ballerina). La prima stagione è terminata con la rivelazione che Lord Micidial è padre di Mario. Nello speciale, Mario si è ripreso dalla notizia ma è molto cambiato: se prima era un giornalista sempre attento, ora è diventato un perfido cronista che maltratta i suoi colleghi. In realtà, la puntata speciale è una serie "fantasma", girata male, che svelerà il motivo per cui Mario è diventato cattivo. Inoltre, ci saranno scene del backstage, che mostreranno i protagonisti al lavoro sui nuovi episodi. Il tutto, con lo stile ironico e surreale di Capatonda, che già con la prima stagione di Mario ha confermato la sua capacità di prendere in giro i mass media con originalità e riuscendo a trovare l'appoggio di un pubblico pronto a lasciarsi andare alle trovate geniali ed irriverenti delle sue notizie. Un regalo, quindi, che Maccio Capatonda riserva ai suoi fan, che dovranno aspettare ancora per rivedere Mario alle prese con nuove notizie e sponsor, ma che possono rifarsi con questo speciale.
Post n°11566 pubblicato il 07 Giugno 2014 da Ladridicinema
Andrea vorrebbe disperatamente un lavoro fisso e una compagna per la vita. Figlio maschio in una famiglia di femmine (il padre è scappato venticinque anni prima) è vessato da una madre generale, tre sorelle fastidiose, una nonna farneticante, una badante svogliata e una cagnetta imbronciata. Bambino trascurato, è cresciuto col complesso di inferiorità e l’annichilimento della volontà. Innamoratosi di Giulia, decide di ometterle l’ingombrante famiglia, fingendosi orfano felice. Ma la verità molto presto investe il suo sogno d’amore con la forza di un maremoto e di sette Erinni, decise anche questa volta, e loro malgrado, a comprometterne progetti e sanità mentale. Ostinato nel suo amore, Andrea trova in se stesso la forza di dire no e di costruirsi un futuro a trecentocinquantaquattro metri dall’appartamento materno. L’amore vero lo stanerà al supermercato, tra il reparto della frutta e quello della verdura. Se provassimo ad affrontare il nuovo film di Fausto Brizzi da un punto di vista squisitamente morale, facendone insomma una questione di libertà e non di qualità cinematografica, diremmo che ognuno ha il diritto di scrivere e di girare quello che vuole, che tutti i gusti sono naturalmente degni. Nondimeno resta che vi siano film buoni e film meno buoni. Pazze di me appartiene alla seconda categoria e possiamo portare le prove. La nuova commedia di Fausto Brizzi, scritta a sei mani con l’inseparabile Marco Martani e Federica Bosco, che poi ne ha tratto ispirazione per un romanzo, è cinema industriale, quel cinema che si limita a (ri)produrre all’infinito gli stessi racconti, che fabbrica stereotipi, fa commercio di buoni sentimenti, si serve di pretesti offerti dall’attualità per realizzare film di circostanza, studia a tavolino il mercato, individua una certa categoria di spettatore. Il soggetto poi è sempre il conflitto tra i sessi ripescato, rievocato ed enfatizzato fino a comporre una morale della favola che ‘castra’ il maschio di casa e suggerisce un modello femminile acido e ipernevrotico, molto di moda nelle serie televisive, condito di volgarità e di cattiveria. Cavalcando l’immaginario ormai collaudato di maschi contro femmine e femmine contro maschi, risultato di una riproduzione di formule prestabilite non certo di una creazione, Fausto Brizzi confeziona un’allucinazione mediale che non ha riscontro nella realtà ma è solo una proiezione del desiderio di chi l’ha generata. Pazze di me, sprecando letteralmente un cast di signore (del teatro e del cinema), è una commedia di semplificazione (e di menzogna) del mondo femminile, inaccessibile e lontano, di cui non dice la verità e la complessità. Insomma un film ‘usa e getta’ con finale accomodante che ‘accomoda’ le donne e generalizza grossolanamente gli uomini, sempre narcisisti, infedeli o insicuri. Talmente conciliante da far tornare nei titoli di coda il ‘cattivo padre’ di cui Andrea è il simbolico residuo aggiusta tutto, sorelle comprese. Pazze di me inquina il valore della faticosa indipendenza della donna e della sua realizzazione sociale. Brizzi perde l’ennesima occasione di fare un buon film. Appunto.
Post n°11565 pubblicato il 07 Giugno 2014 da Ladridicinema
Nina è una ballerina del New York City Ballet che sogna il ruolo della vita e un amore che spezzi l'incantesimo di un'adolescenza mai finita. Incalzata da una madre frustrata, si sottopone a un allenamento estenuante sotto lo sguardo esigente di Thomas Leroy. Coreografo appassionato e deciso a farne una fulgida stella, Leroy le assegna la parte della protagonista nella sua versione rinnovata del "Lago dei cigni". Sul palcoscenico Nina sarà Odette, principessa trasformata in cigno dal sortilegio del mago Rothbard, da cui potrà scioglierla soltanto il giuramento di un eterno amore. Eterea e piena di grazia Nina incarna alla perfezione il candore del cigno bianco e con difficoltà il suo doppio nero e tenebroso, che in una superba variazione ingannerà il suo principe e la voterà al suicidio. La ricerca ossessiva del suo lato oscuro e della consapevolezza della propria sessualità la condurranno verso una tempesta emozionale e all'incontro con Lily, insidiosa rivale in nero. Dietro le quinte Nina si strugge e si predispone a 'doppiare' il suo cigno bianco. Due anni dopo l'incarnazione radicale trovata in The Wrestler e nel campione in disarmo di Mickey Rourke, il cinema di Darren Aronofsky mette in schermo una storia speculare. Fondato sullo stesso semplice "teorema", salire su un ring o sulle tavole del palcoscenico per esistere, Black Swan coglie questa volta la protagonista al debutto con la vita e nel ruolo della vita. Per essere, la Nina della Portman sarà obbligata a prendere un ascensore per l'inferno e a battersi col suo doppio fino a contemplarlo e a raggiungere con lui la perfezione. In aiuto del regista newyorkese interviene il balletto per antonomasia, un classico del teatro di danza, sintesi perfetta di composizione coreografica e lunare poesia tardo romantica, di chiarezza formale e inquietanti simboli psicoanalitici, che contrappone un cigno bianco (Odette) a un cigno nero (Odile) traarabesque e attitude, tra fremiti nervosi di braccia e straordinari movimenti del corpo. E proprio tale prospettiva presta il fianco ad avvitamenti mentali, fluttuazioni interiori e metamorfosi corporali che mancano il segno, ostentando le smisurate ambizioni filosofiche dell'autore. I rapporti spaziali-geometrici tra i protagonisti e l'architettura viva e in movimento creata dal Corpo di Ballo, perfetta rifrazione e moltiplicazione di Odette, ispirano Black Swan e fondano la sua storia senza limiti e confini di genere. Dramma, mélo, thriller e horror si combinano sullo spazio scenico (ri)creato da Aronofsky e diviso in poli d'attrazione positivi e negativi che si annullano al centro nel momento dell'estasi amorosa di Odette e del suo principe, di Nina e del suo coreografo. Anche questa volta il regista mette al centro della scena un corpo, una donna alle prese con l'altro da sé, ossessione e oggetto di venerazione con cui cercare una possibile integrazione. Ma se a Mickey Rourke, saturo di carne e livido di pugni in faccia, è riuscita l'impresa del volo sul nero dell'epilogo, Natalie Portman fallisce la parabola e la verità del corpo, ricalcando la gestualità cignesca e crollando a terra.
Post n°11564 pubblicato il 07 Giugno 2014 da Ladridicinema
Nel 2009 il capitano Richard Phillips lascia la sua famiglia nel Vermont per guidare la nave porta container USA Maersk Alabama dall'altra parte del mondo. In acque extraterritoriali, il suo bastimento viene però attaccato da un manipolo di pirati somali, armati e pronti a tutto, e Phillips viene rapito, in cerca di riscatto. Serve a poco che i pescatori somali chiamino il personaggio di Tom Hanks "Irish" anziché yankee: il film si nasconderebbe dietro un dito se non desse per evidente e garantito che quello che racconta è un attacco alla ricchezza battente bandiera americana da parte di un gruppo di poverissimi, ricattati da un locale signore della guerra e dunque in qualche modo "obbligati" a recitare la parte dei cattivi e a posizionare Hanks e i suoi in quella degli eroi. Ma non è questo il punto, o meglio è solo il punto di partenza. Greengrass si trasferisce dal ventre dell'aereo United 93 a quello di una nave che porta soccorsi umanitari, ma la sostanza non cambia, e non solo perché si tratta della ricostruzione di una storia vera, ma soprattutto perché, se là era la fine ad essere nota, qui lo è in qualche modo la premessa. Il governo americano non abbandona i suoi cittadini (è una morale che torna sempre più spesso nei film hollywoodiani degli ultimi anni), foss'anche uno solo, e non importa quali e quanti costi umani e militari questo comporti. La cavalleria arriverà e quella somala potrebbe allora tradursi in un'altra missione suicida, ma -ancora una volta- l'abilità cinematografica di Greengrass sta tutta nel saper creare, tra due estremi noti, una tensione che non lascia scampo. La scrittura non è mai stato il punto di forza dei film da lui diretti, e i dialoghi di Captain Phillips non si segnalano per particolare smalto, ma questa volta la dinamica narrativa è più semplice e al contempo più sofisticata. Dalla condizione di assedio, che vede tutti contro tutti, il film vira ad un certo punto verso un contesto più asfittico e cardiopatico: l'Iliade si trasforma così in Odissea e Philipps si ritrova a vivere una serie di peripezie in solitaria. Per tornare a casa, dovrà ricorrere alle sue doti umane (il rapporto tra i due capitani è lo spazio emotivo del film), all'astuzia e alla fede in un'entità superiore (i Seals). L'ambientazione in alto mare, il ritratto lucido della Marina statunitense nei suoi vari gradi, l'impatto visivo e metaforico della piccola scialuppa circondata dalle enormi navi da guerra sono parte integrante dello spettacolo inscenato da Greengrass. Completa il quadro la performance di Tom Hanks e il cast di non professionisti che dà sguardo e sangue ai pirati somali. Non si cerchino, però, grandi spunti etico-politici: that's entertainment.
Post n°11563 pubblicato il 07 Giugno 2014 da Ladridicinema
L'editor di George R.R. Martin risponde ai fan delle Cronache del ghiaccio e del fuoco. Anne Groell con il manoscritto di A Dance with Dragons Anne Groell è l’editor delle Cronache del ghiaccio e del fuoco fin dalla loro nascita. Non è stata lei ad acquistare i diritti per la saga di George R.R. Martin, battuta nella gara da una casa editrice concorrente, quella stessaBantam che poco tempo dopo l’avrebbe assunta e le avrebbe affidato, fra l’altro, la cura di quei romanzi che l’avevano enormemente colpita già al momento della lettura dei capitoli iniziali e del riassunto del resto. Sono trascorsi vent’anni da quanto lei è entrata per la prima volta nel continente di Westeros, e in questo tempo ha avuto modo di discutere a lungo con Martin della sua opera, accompagnandolo nel processo di creazione della saga più famosa degli ultimi anni. Recentemente Anne ha accettato di rispondere ad alcune domande in merito al suo rapporto con Le cronache del ghiaccio e del fuoco e al romanzo che Martin sta scrivendo in questo momento, The Winds of Winter. Anche se Martin è seriamente impegnato nella stesura del romanzo lei non è in grado di prevedere quando The Winds of Winter sarà terminato. Tutto quello che ha al momento è un dattiloscritto di 168 pagine — ed è bene ricordare che il numero delle pagine dei dattiloscritti di Martin è sempre più alto rispetto al numero di quelle stesse pagine nella loro versione libraria — che lo scrittore le ha spedito nel febbraio del 2013 per rispondere a un impegno contrattuale. Lei sa che George ha scritto altro perché continua a parlarle di capitoli che non le ha mai inviato. Del resto anche il secondo capitolo incentrato su Tyrion, recentemente pubblicato nella app A World of Ice and Fire, non fa parte di quelle 168 pagine. Quel che ha letto è, a suo giudizio, straordinario. Non è in grado di prevedere come finirà la saga, ma continua a sperare che Martin riesca a finire prima della serie televisiva perché è con i romanzi che ha iniziato a conoscere la storia ed è con i romanzi che vuole conoscerne la conclusione. A differenza di David Benioff e D.B. Weiss, i produttori del Trono di spade, lei non sa come finirà la saga. Conosce alcuni episodi di The Winds of Winter, anche perché nel romanzo sono confluiti alcuni episodi inizialmente previsti in A Dance with Dragons, principalmente perché erano informazioni che le servivano per aiutare Martin a strutturare al meglio i volumi. Copertina non ufficiale per The Winds of Winter In un primo momento George intendeva includere in A Dance with Dragons due grandi battaglie, episodi che sono invece confluiti in The Winds of Winter. I motivi che hanno spinto Martin e la Groell a posticiparle sono due. In primo luogo il libro sarebbe divantato troppo lungo, già così il dattiloscritto di A Dance with Dragonsera composto da 1513 pagine (corrispondenti alle 960 pagine del romanzo), e l’inclusione di quelle scene lo avrebbe reso così lungo da renderne impossibile la rilegatura. L’editore sarebbe stato costretto a suddividerlo in due parti, rendendo la lettura molto meno soddisfacente. In più Martin non aveva ancora finito di narrare quelle battaglie, perciò la pubblicazione del libro sarebbe stata ulteriormente posticipata. La loro scelta è stata quella di pubblicare il miglior libro possibile con il materiale esistente nel 2011, e sono soddisfatti del risultato. Al di là di questi episodi, e di quel che ha ricevuto oltre un anno fa, sa quale sarà il punto di arrivo della trama di Bran mentre è molto gelosa del fatto che Daniel Abraham, che sta curando la sceneggiatura dell’adattamento a fumetti della saga, sa come si evolverà la trama di Tyrion. Al momento il progetto prevede ancora di realizzare una saga in sette volumi, ma la Groell ricorda benissimo quel giorno di tanti anni fa in cui Martin le aveva telefonato per dirle che quella che aveva progettato come una trilogia sarebbe stata un po’ più lunga del previsto. All’epoca George aveva supposto che avrebbe scritto invece una tetralogia, mentre lei già pensava a una saga in sette volumi. Lei ha continuato a insistere su quella cifra anche quando Martin è passato a parlare di due trilogie, fino a quando non si sono trovati concordi sul numero di sette romanzi. La cifra gli sembrava giusta visto che Westeros è suddiviso in sette regni: sette libri per sette regni. Ora però non ne è più tanto certa perché si è resa conto che, contando anche le Terre della Corona, le prime conquistate da Aegon là dove poi sarebbe sorta Approdo del Re, i regni in realtà sono otto. Perciò i libri potrebbero anche essere otto, anche se le sue parole non vanno interpretate come una dichiarazione ufficiale che le Cronache si sono ulterirmente allungate. Quando la storia sarà finita, Anne intende pubblicare anche la lettera di cinque pagine in cui Martin aveva descritto a grandi linee la sua trilogia. Per quanto tempo possa volerci, lei ha iniziato a lavorare su questa saga fin dal principio e intende arrivare alla fine. Deve scoprire come finisce la storia.
Post n°11562 pubblicato il 07 Giugno 2014 da Ladridicinema
Scritto da: Pierpaolo Farina in Cultura, Il Rompiballe 4 giugno 2014 Anita: ”…infatti da quando c’è Mussolini i treni sono in orario. Tutto in ordine.” Troisi: ”Cioè per fare arrivare in orario…però se vogliamo cioè… mica c’era bisogno di farlo capo del governo? Bastava farlo capostazione no? E i treni arrivavano uguale…” (da “Le vie del Signore sono finite, 1987) Vent’anni fa ci lasciava Massimo Troisi. Uno dei più grandi artisti italiani. Oggi avrebbe avuto 61 anni: un giovincello, visti i tempi che corrono. La satira graffiante di Troisi e al tempo stesso la poesia e la profondità dei suoi monologhi non hanno eredi in Italia, dove la comicità si è ridotta a volgarità e superficialità. E si resta sgomenti di fronte a quel che poteva dire e fare 20-30 anni fa, quando la censura era ancora in mano ai parrucconi e il Muro di Berlino era ancora saldamente in piedi. Quando una volta gli chiesero come fosse nata la passione per la recitazione, spiegò: “Ero nù guaglione, ero andato a vedere un grande film, Roma città aperta. Me n’ero uscito da ‘o cinema con tutte quelle immagini dint’a capa e tutte quelle emozioni. Mi sono fermato ‘nu mumento e m’aggio ditto….”Massimo, tu da grande devi fa ‘o geometra“. Massimo Troisi era più di un attore, più di un comico: era un poeta. E forse non è un caso che l’ultimo film che ha girato, il Postino, riguardi un grande poeta come Pablo Neruda. Stava male da tanto tempo, ormai, quando girò Il Postino. Sul set poteva interpretare solo i primi piani, tanto era esausto. Ma lo voleva fare, come se sentisse la necessità di salutare il suo pubblico con qualcosa di grandioso. Quel sabato di vent’anni fa se ne andò dopo pranzo, in silenzio, con discrezione. In vita sua non accettò mai di fare una pubblicità, benché le offerte piovessero da tutte le parti: rimase fedele ai suoi ideali, trasformando la scena e non facendosi trasformare da quello che la scena gli aveva dato, fama, successo, notorietà. Il Troisi poeta ci ha regalato splendidi sogni intrisi di ideali, dipingendo quadri con colori brillanti e mai scontati e volando alto nella speranza di risvegliare le coscienze. Ci ha insegnato che i sogni si possono avverare, se non ci si arrende, a patto che si continui a restare se stessi, che non ci si trasformi in quello che gli altri ci vogliono far diventare.
Post n°11561 pubblicato il 06 Giugno 2014 da Ladridicinema
X-Men: Giorni di un futuro passato oltre ad essere il primo film Marvel ad abbracciare veramente lo stile narrativo dei fumetti, è anche un ritorno al passato visto il ritorno alla regia di Bryan Singer autore dei primi due capitoli. Il risultato è evidente, con il miglior film della serie fatto fino ad adesso e con una sceneggiatura finalmente decente
Post n°11560 pubblicato il 05 Giugno 2014 da Ladridicinema
Maleficient, ovvero tutto quello che conoscevate sulla Bella Addormentata non era vero. La Disney voleva fare un film incentrato dal punto di vista di Malefica e una semplice rivisitazione, ma alla fine il risultato è un altro, ovvero un remake del film animato originale, raccontato dal punto di vista di Aurora. Un tentativo comunque di rendere buono uno dei villain disney, figlio forse anche del politically correct di questo periodo, dove nemmeno i cattivi sono più cattivi. Ma del resto si era sempre capito che nelle motivazioni della rabbia di Malefica ci fosse in realtà un torto che aveva subito. Robert Stromberg, scenografo e autore di effetti speciali due volte premio Oscar per Avatar e Alice in Wonderland, esordisce alla regia rileggendo una dei più amati film d'animazione Disney. La storia in parte la conosciamo tutti, ma questa volta il racconto parte quando re Stefano e Malefica erano ancora giovani, nel momento in cui i due regni confinanti, quello degli uomini e quello della Brughiera, abitato da fate e creature incantate, sono in conflitto. È in questo territorio magico che vive la piccola Malefica, in pace con tuti. Conosce Stefano, bambino coraggioso che si spinge in un luogo dove nessuno avrebbe mai osato andare. La loro amicizia, diventa poi amore, ma quando a Stefano si presenta l'occasione per diventare re, non esiterà a tradire Malefica, ferendola nella maniera peggiore e scatenando la sua ira. Da qui poi parte la storia della Bella Addormentata nel bosco, anche se il racconto e i vari ruoli sono totalmente diversi. Del resto come dirà Aurora alla fine, questa è la storia raccontata da lei, l'altra era una leggenda. Il film dunque è incentrato tutto su un personaggio che però non ha più quella forza e quell'oscura potenza originale che ha spaventato milioni di bambini nel mondo. Qualcosa di molto forzato quello di trasformare un personaggio nato per incutere terrore, in una "fata madrina". Se nel film del 1959 la magia l'avevano regalata maestri del disegno come Eyvind Earle, cui Stromberg si rifà in maniera abbastanza precisa, dandogli un tocco di fantasy, consigliato per sua stessa ammissione da James Cameron e Peter Jackson; oggi la magia la regala soprattutto Angelina Jolie, nel ruolo della villain, in un'interpretazione praticamente perfetta. Gli altri personaggi invece, iniziando da Elle Fanning, nei panni di Aurora, sono un tantino irritanti, per non dire imbarazzanti. Maleficent mette in campo almeno un concetto interessante: la malvagità di Malefica è causata dal tradimento di un amore e in generale dal comportamento umano di voler distruggere ciò che c'è di bello nel mondo. Voto finale: 3+/5 Maleficient La rilettura della Bella Addormentata dal punto di vista della cattiva, Malefica. Una bella e giovane donna dal cuore puro con impresssionanti ali nere, Malefica vive una vita idilliaca immersa nella pace della foresta del regno, fino a quando, un giorno, un esercito di invasori umani minaccia l'armonia di quei luoghi. Malefica diventa la più fiera protettrice delle sue terre, ma rimane vittima di uno spietato tradimento, ed è a questo punto che il suo cuore comincia a tramutarsi un pietra. Decisa a vendicarsi, Malefica affronta una battaglia epica con il re degli umani e, alla fine, lancia una maledizione contro la piccola Aurora. Quando la bambina cresce, Malefica capisce che Aurora rappresenta la chiave per farle trovare la vera felcità e riportare la pace nel regno.
Post n°11559 pubblicato il 05 Giugno 2014 da Ladridicinema
Opera - 24 giugno Terme di Caracalla Balletto - 27 e 28 giugno Terme di Caracalla Balletto - dal 3 al 15 luglio Terme di Caracalla Opera - dal 14 luglio al 9 agosto Terme di Caracalla Opera - dal 23 luglio all'8 agosto Terme di Caracalla Balletto - 25 luglio Terme di Caracalla
Post n°11558 pubblicato il 05 Giugno 2014 da Ladridicinema
La storia del film ha per protagonista Megan, un'artista di successo irlandese, che vive a Dublino con suo marito Leo, un italiano emigrato. Alla notizia della morte dello zio di Leo, un potente monsignore della chiesa cattolica, la coppia torna in Puglia per sistemare una inaspettata eredità. Di nuovo a casa Leo ritrova i vecchi amici e riscopre un mondo che aveva dimenticato. Megan, nel frattempo, è incantata dalla bellezza del luogo e dall'antico palazzo di famiglia. Decidono quindi di restare per l'estate. Da sola, chiusa in casa a disegnare, nelle ore più calde della giornata – la controra - Megan è disturbata da presenze misteriose. Cercando di dare un senso a ciò che le accade, raccoglie piano piano indizi di un oscuro passato legato alla famiglia di Leo. - PRODUZIONE: Interlinea Films, Ripple World Pictures, Barter Films
- DISTRIBUZIONE: Interlinea Film in collaborazione con Nomad Film distribution
- PAESE: Italia, Irlanda
- DURATA: 85 Min
|
Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45