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Messaggi di Agosto 2019
Post n°15270 pubblicato il 24 Agosto 2019 da Ladridicinema
di Francesco Galofaro Università di Torino; CUBE;
Perché è sempre colpa della Corea del Nord? O degli hacker russi? La risposta può venire, forse, dalla narratologia. Come sappiamo, non c’è giallo senza colpevole: se, giunto all’ultima pagina, il lettore viene lasciato in preda ai suoi dubbi, il romanzo cambia genere e diventa letteratura colta. Lo stesso dicasi per le inchieste giornalistiche sui crimini informatici: i colpi più efferati degli ultimi decenni devono avere un autore; dietro le maschere anonime di pseudonimi come Shadow Brokers, Lazarus, Guccifer 2.0 deve esserci un volto. Nell’impossibilità di individuare i reali responsabili, che probabilmente godono dei frutti delle proprie rapine in qualche isola tropicale, un vero e proprio sistema, composto da superpotenze, media e agenzie investigative, cerca di manipolare l’opinione pubblica e di accusare il nemico geopolitico.
In questi casi, la mossa più semplice è attribuire la responsabilità ai comunisti (Corea del Nord, Cina) o all’impero del male (Russia), proprio come accadeva durante la guerra fredda. In questo articolo vorrei mostrare come nasce questo genere di false notizie, che diventano presto verità incontestabili, note a tutti, impossibili da mettere in dubbio.
Finanziare i missili nucleari coi videogiochi
Spesso il punto di vista adottato sui conflitti tra Stati che coinvolgono la rete è improntato a un sensazionalismo acritico (ideologico, a pensar male). Ad esempio, nel 2018 l’agenzia Bloomberg pubblica un’intervista a un hacker coreano ‘dissidente’ [1]. Un giovane di talento, selezionato negli anni ‘90 per studiare in Cina, e in seguito destinato a piccole operazioni di hackeraggio e di violazione dei diritti d’autore, per conto di una sezione segreta del Partito dei lavoratori chiamata ‘Office 91’. Tra gli altri aneddoti, racconta di aver passato molto tempo giocando a giochi di ruolo fantasy on line: Lineage e Diablo. Una volta costruiti personaggi molto potenti, li rivendeva ad altri giocatori.
Una bella storia, che periodicamente torna ad affacciarsi nei media. L’8 agosto del 2011, la rivista PC gamer pubblicava la notizia dell’arresto di 30 hacker nordcoreani [2]. La struttura narrativa è la stessa, ma questa volta la storia è ambientata a Seul, la sezione segreta del Partito si chiama ‘Office 39’, le università in cui gli hacker si sono laureati sono le migliori della Corea del Nord, e gli hacker non giocavano direttamente al videogame Lineage, ma avevano programmato dei bot allo scopo di rastrellare l’oro virtuale del gioco per poi ‘cambiarlo’ in valuta reale vendendolo ad altri giocatori.
Quattro giorni dopo, Repubblica – già allora all’avanguardia nella denuncia dei crimini commessi dalla Corea del Nord – pubblicava una notizia simile [3], arricchendola di dettagli: alla lista dei giochi si aggiunge Word of Warcraft, che in Cina ci sarebbero circa centomila hacker che vivono in questo modo, diecimila dei quali al soldo della Corea del Nord.
La stanza 39
Si tratta chiaramente di una storia di propaganda, fabbricata con lo stampino. La ‘Sezione 39’ ritorna infatti in un documentario in cui il dissidente di turno, questa volta ex funzionario di partito, sostiene che la sua funzione era controllare fabbriche, società commerciali, miniere ecc. mettendo questi fondi a disposizione del leader supremo, sottraendole al bilancio dello Stato [4]. Proprio come nel caso dell’Area 51, a quanto pare sappiamo tutto quel che avviene in questa segretissima stanza, e Wikipedia le dedica una pagina apposita [5].
Cybercrimini di Stato
L’intervista di Bloomberg è per certi versi deludente. Il ‘dissidente’, il cui fantasioso pseudonimo è Jong, racconta crimini minori, peccati veniali, come il pirataggio di CD. La Corea del Nord si è macchiata di ben altri delitti, come leggiamo nell’opuscolo #Cybercrime, di Carola Frediani, pubblicato nel 2019 da Hoepli – ovvero, da una casa editrice molto seria [6]. L’autrice ricostruisce un insieme di episodi criminosi cui cerca di fornire un’interpretazione e un significato. Nel caso di una serie di crimini informatici che di politico hanno ben poco, Frediani sposa la tesi che individua il mandante nella Corea del Nord, stato canaglia per eccellenza. Come vedremo, esistono molte ipotesi differenti sul reale colpevole, tutte proposte dagli investigatori che si occupavano dei suddetti crimini e tutte pubblicate da diverso tempo. L’autrice tuttavia non le ha considerate, nemmeno allo scopo di confutarle.
Chi è stato?
In passato, mi sono già occupato di Wannacry, il software pirata che, nel 2016, ha bloccato fabbriche, università, ospedali, criptandone i dati e chiedendo un riscatto ai malcapitati [7]. Come in un film di fantascienza, il mondo si è fermato man mano che il virus si diffondeva. L’applicazione malevola sfruttava una vulnerabilità di Windows che per la verità era già nota; purtroppo, gli utenti infettati avevano trascurato di aggiornare il loro sistema operativo. Wannacry è un ransomware: cripta i dati dell’utente per chiedergli un riscatto (ransom). Oggi, grazie alle scrupolose indagini dell’FBI, questo crimine ha trovato un colpevole: la Corea del Nord, ça va sans dire. Oppure no?
Come nasce un virus
Gli spioni della National Security Agency (NSA, un’agenzia di spionaggio USA) avevano per primi scoperto la vulnerabilità di Windows su cui è basato Wannacry; invece di avvertire Microsoft, hanno pensato bene di sfruttarla, sviluppando una cyber-arma chiamata Eternal blue, allo scopo di infiltrarsi nei computer da spiare (purché montino Windows). In seguito, Eternal blue è stata rubata e messa in vendita su Internet da un misterioso gruppo di pirati chiamato Shadow Brokers. Infine, un secondo gruppo di hacker l’ha usata per sviluppato Wannacry. per chiedere il riscatto: la responsabilità è stata attribuita alla sigla Lazarus.
Le responsabilità USA
Mi sono già occupato di come ‘dare la colpa agli hacker russi’, ovvero di come Eternal Blue sia stato progettato dalla NSA predisponendolo per sviare le indagini [8]. Per riassumere: ogni programmatore ha la possibilità di inserire commenti nel codice che sta scrivendo, per ricordare (anche a se stesso) a cosa servono certi ‘pezzi di codice’, funzioni, variabili … Il codice degli americani prevedeva luoghi appositi per inserire commenti nella lingua del nemico, in modo da far ricadere la colpa su jiadisti, coreani, russi, cinesi o iraniani, a seconda delle esigenze. Gli USA hanno progettato una cyber-arma criminale predisposta per far cadere le responsabilità sulle spalle altrui. In seguito, se la sono lasciata rubare da gruppi di criminali, come sottolinea, correttamente, anche il libro di Carola Frediani. Il problema aperto per gli investigatori, gli Stati nazione e i giornalisti come la Frediani è attribure un volto agli autori del furto e del ransomware.
Perché la Corea del Nord?
La tesi che identifica gli autori di Wannacry (il gruppo Lazarus) con un agenti nordcoreani che godrebbero dell’appoggio della Cina è stata proposta dagli stessi americani, che l’autrice definisce l’unico cyber-poliziotto al mondo. Al gruppo Lazarus si attribuiscono almeno altri due ‘colpi’:
1) il grande furto di informazioni e di e-mail della Sony nel 2014. Nell’occasione, i criminali chiesero alla Sony di ritirare dalla distribuzione il film L’intervista, una commediola di serie B il cui bersaglio era il dittatore nordcoreano Kim Jong-Un [9];
2) la grande cyber-rapina della Federal Reserve Bank di New York del 2016: hackerando il network SWIF gli autori assunsero fittiziamente l’identità della banca del Bangladesh, riuscendo a trasferire illegalmente circa 80 milioni di dollari dalla Federal Reserve a cinque diversi conti nelle Filippine, dove i soldi furono lavati e riciclati [10].
Le somme sono presto fatte: il furto della Sony permette di identificare l’etichetta ‘Lazarus’ con la Corea del Nord. Quindi, ogni volta che un crimine è riconducibile a Lazarus, il vero responsabile sarebbe la Corea del Nord. Il meccanismo narrativo è lo stesso delle così dette condanne senza processo: prima si espongono una serie di indizi che puntano contro un certo imputato; da quel momento in poi, l’imputato diventa colpevole senza ulteriori dimostrazioni e senza considerare il punto di vista dalla difesa, si trattasse pure dell’avvocato del diavolo. Ma è davvero così semplice?
I conti non tornano
Gli USA incriminano gli agenti nordcoreani sulla base di una serie di passi falsi piuttosto clamorosi, come l’utilizzo, per inviare mail, di Google e Yahoo, due aziende molto collaborative nei confronti dell’FBI. Secondo Frediani la cosa sarebbe più o meno normale: solo dopo essere state colte una prima volta con le dita nella marmellata le organizzazioni spionistiche si farebbero più caute. Un altro punto poco chiaro è lo scopo di Wannacry: il meccanismo di pagamento era così artigianale da risultare non funzionante; il meccanismo di disinnesco tanto amatoriale che nel giro di un giorno venne scoperto da un giovane blogger disoccupato, che si autoproponeva come hacker etico. D’altro canto, se il vero scopo fosse stato una dimostrazione politica, perché fingere un tentativo di estorsione? Possiamo cavarcela con lo stereotipo della ‘follia’ della Corea del Nord, questa novella Spectre intimamente volta al male, destinata a venir sempre sconfitta da James Bond a causa di stupidi passi falsi?
Colpevoli alternativi
In occasione del grande furto di 80 milioni di dollari alla Federal Reserve Bank di New York, il gruppo Lazarus – o chi per loro - aveva dimostrato ben altre capacità. Come ricostruito da Loretta Napoleoni [11], molti esperti del settore hanno espresso dubbi sull’attribuzione della responsabilità alla Corea del Nord: secondo Laura Galante, che ha investigato sul caso del furto alla Federal Reserve, fino all’ottobre 2017 la Corea del Nord era connessa al resto del mondo da un unico cavo di fibra ottica che collega Pyongyang a Dadong, in Cina. Secondo Tanvir Hassan Zoha, un esperto informatico che ha indagato sullo stesso caso, nessun indizio puntava sulla Corea del Nord. Al contrario, la riuscita del colpo presupponeva la presenza di un basista interno alla banca. Lo stesso può dirsi del furto alla Sony, come confermato da un dirigente in un’intervista alla rivista TMZ [12]. Infatti, in qualsiasi grosso furto di informazioni, ci vogliono mesi, addirittura anni per trovare quelle davvero imbarazzanti nella marea di dati insignificanti che vengono rubati. Un basista interno avrebbe potuto dire ai criminali dove cercare. Per quanto riguarda il movente, il malware utilizzato è stato usato dalla stessa Sony per proteggere i propri cd dalla pirateria, colpendo quanti avessero tentato di copiarli. Si sarebbe trattato dunque di una ritorsione della comunità hacker.
Come cancellare le impronte digitali
Da semiotico, trovo sempre molto divertenti le prove indiziarie di carattere linguistico che orientano le investigazioni. Anche Carola Frediani le riporta nel suo libro: le note del riscatto di Wannacry erano scritte in una trentina di lingue, ma quasi tutte le traduzioni sono state realizzate con Google Translator. In tre casi la lingua non era tradotta: nella versione inglese e in due versioni cinesi. Ma la versione inglese conteneva un marchiano errore di grammatica, mentre le due versioni cinesi erano linguisticamente più ricche e contenevano testo originale. Tanto basta all’autrice per accettare la tesi secondo cui l’attenzione andrebbe spostata su ‘un’area geografico-politica interessante’.
Si direbbe che gli investigatori, e i giornalisti che ne riportano acriticamente le deduzioni, credano che il nostro rapporto con la lingua sia del tutto inconsapevole. Ad esempio, i pirati informatici sarebbero così ottusi da lasciare commenti nelle rispettive lingue madri – guarda caso russo, cinese e coreano. Eppure, l’offuscamento del codice è un concetto tecnico dell’informatica: wikipedia lo definisce come ‘l'atto di creare deliberatamente codice sorgente difficile da comprendere per un lettore umano [13]’. La rimozione di commenti è una funzione automatica di molti compilatori, anche solo per ridurre il codice allo stretto necessario (minification). Infine, il concetto di false flag è ben noto nel mondo degli hacker e dunque anche in quello delle aziende di cybersecurity. Si tratta di terminologia mutuata dal mondo dello spionaggio: secondo la definizione di wikipedia, ‘l'idea è quella di "firmare" una certa operazione per così dire "issando" la bandiera di un altro Stato o la sigla di un'altra organizzazione [14]’. La stessa Carola Frediani dedica un box di spiegazioni al termine. Eppure, quando si tratta di wannacry, non ha dubbi sulla sua attribuzione, su basi linguistiche, allo scenario geopolitico dell’estremo oriente.
Fake news professionali
Il libro che abbiamo esaminato non è un caso raro. Non è difficile leggere sui principali quotidiani nazionali attribuzioni molto leggere di cyber-crimini alla Cina o alla Russia: in fondo, non si rischiano querele. Quel che vorrei ribadire è che, al momento della pubblicazione del volume di Carola Frediani, tutti i dubbi sull’identificazione del gruppo Lazarus con la Corea del Nord erano già noti: sarebbe bastato documentarsi. Eppure, l’autrice non li prende in considerazione e non tenta di confutare attribuzioni diverse dei crimini che ricostruisce.
E’ curioso come alcune ‘notizie false’ continuino a circolare semplicemente perché i giornalisti non mettono alla prova la tesi che reputano più convincente, non comparano le proprie fonti, non valutano la ‘fonte della fonte’, come si richiede a un laureando in discipline umanistiche. Paradossalmente, gli stessi giornalisti imputano gli stessi difetti al mondo della rete, ai blogger fai-da-te, ai siti che diffondono idee politiche contrarie a quelle del loro editore, e considerano questo come l’ambiente ideale per fabbricare le così dette fake news. In fondo, ‘fake news’ è semplicemente il nome con cui la propaganda chiama le verità del nemico.
La mancanza di strumenti critici
Agenzie di investigazione, superpotenze e mass media condividono un interesse nel far ricadere la colpa sul nemico ideologico, anche se per tre motivi diversi (d’affari; politici; narrativi). Infatti, ciascuno di questi tre soggetti deve produrre l’identikit di un nemico accettabile tanto dagli altri due quanto dall’opinione pubblica, in casi in cui è molto difficile, se non impossibile, avere certezze sui reali responsabili di un attacco. D’altro canto, l’opinione pubblica raramente possiede le competenze per mettere alla prova la tesi dell’accusa, e nemmeno un metodo per giudicare la credibilità degli studi proposti. Così nascono leggende come quella dei diecimila hacker nordcoreani che giocano ai videogiochi e della sezione 39.
Conclusioni
Nel corso dell’articolo ho cercato di mostrare come la battaglia per l’attribuzione di un colpevole ai cyber-crimini si sia fatta già da tempo ideologica, segnando un costante tentativo di manipolare l’opinione pubblica, distraendola dai guasti del sistema (le armi create dai servizi segreti e sfuggite di mano) e identificando il vero pericolo in un oscuro e temibile nemico esterno. Un barbaro perennemente pronto a invaderci, dato che con Internet qualunque Stato confina col resto del modo, proprio come le antiche repubbliche marinare. Si tratta del problema della sovranità algoritmica, che da qualche anno vado esplorando nei miei articoli. Attraverso ragionamenti indiziari solo apparentemente logici, servizi segreti, agenzie di investigazione e media costruiscono false notizie il cui solo scopo è diffondere la paura del nemico, sfruttando la parte meno razionale dell’opinione pubblica, costituendo quelle pseudoverità che ognuno di noi dà per scontate, e che se messe alla prova si rivelano inconsistenti. Proprio come l’idea che la Corea del Nord rapini le banche, mandi in tilt gli ospedali e minacci di distruggere il nostro sistema di comunicazione perché governata da un tiranno instabile e intimamente malvagio.
NOTE
1 https://www.bloomberg.com/news/features/2018-02-07/inside-kim-jong-un-s-hacker-army 2 https://www.pcgamer.com/north-korea-deploys-squad-of-mmo-gold-farmers-to-fund-regime/ 3 https://www.repubblica.it/tecnologia/2011/08/12/news/gli_hacker_di_pyongyang_si_danno_ai_videogame_raccogliere_fondi_nei_giochi_di_massa-20361526/ 4 Loretta Napoleoni, Kim Jong-Un il nemico necessario, Milano: BUR, 2018, p. 79. 5 https://en.wikipedia.org/wiki/Room_39. 6 Carola Frediani, #Cybercrimine: attacchi globali, conseguenze locali, Milano: Hoepli, 2019. 7 http://www.marx21.it/index.php/comunicazione/comunicazione/28058-attacchi-informatici-e-guerra-planetaria 8 http://www.marx21.it/index.php/comunicazione/comunicazione/28117-come-dare-la-colpa-agli-hacker-russi- 9 https://en.wikipedia.org/wiki/Sony_Pictures_hack 10 https://en.wikipedia.org/wiki/Bangladesh_Bank_robbery 11 Loretta Napoleoni, Kim Jong-Un il nemico necessario, Milano: BUR, 2018, pp. 120 – 136. 12 https://www.tmz.com/2014/12/17/sony-hack-inside-job-north-korea-investigation/ 13 https://it.wikipedia.org/wiki/Offuscamento_del_codice 14 https://it.wikipedia.org/wiki/False_flag
Post n°15269 pubblicato il 22 Agosto 2019 da Ladridicinema
![](https://pad.mymovies.it/filmclub/2009/09/095/locandina.jpg) Frank Goode è un ex operaio in pensione e ora vedovo. I suoi quattro figli, che avrebbero dovuto raggiungerlo e per i quali sta preparando una festosa accoglienza, accampando le più diverse motivazioni si defilano. Frank, nonostante il parere contrario del medico, decide che, se loro non possono venire, andrà lui a trovarli facendo loro una sorpresa. Si troverà così a scoprire che le vite di coloro ai quali pensava di avere dato il meglio non sono rosee come gli avevano fatto credere. La regola secondo la quale i remake (soprattutto quelli made in Usa) sono inferiori agli originali abbisogna ogni tanto di un'eccezione. Questo Stanno tutti bene di Kirk Jones rappresenta l'eccezione. Pur seguendo piuttosto fedelmente la sceneggiatura del film di Tornatore, Jones riesce a offrirne una rilettura attuale. Grazie a un De Niro che sfugge periodicamente (e per nostra fortuna) alle commedie 'alimentari' che il suo agente gli propone per tirare fuori il suo lato migliore che non è stato indebolito dallo scorrere degli anni. Perché qui la tendenza degli script americani a 'spiegare' assume valore quando all'inizio ci viene presentata la vita metodica di Frank, ex operaio con un milione di cavi messi in sicurezza alle spalle. Quel milione di cavi che gli ha consentito di pensare che i suoi figli avrebbero vissuto un American Dream diverso dal suo. Il Frank di De Niro esprime con gli occhi, che stanno diventando sempre più delle fessure, una convinzione che ha costruito con fatica dentro di sé sentendo però nel profondo di stare mentendo a se stesso. La convinzione è quella di aver fatto il suo dovere di padre spingendo i figli a dare sempre di più e, soprattutto, a tenere il fiato sul collo a David il più refrattario e, al contempo, quello che si sentiva più in dovere di realizzare le aspettative paterne. Non si dimentica Mastroianni vedendolo in azione. Ci si accorge invece che quando una sceneggiatura valida viene rivisitata con rispetto e con un cast all'altezza (Rockwell e Barrymore in particolare) non si è fatta solo un'operazione commerciale ma le si è restituita la vitalità. Anche con quella molteplicità di finali che possono costituire il momento più commovente ma anche il più debole. Che qui viene abilmente marcato dall'ambiguità inserendolo nel contesto del Natale, ampiamente retoricizzato dal cinema americano.
Post n°15268 pubblicato il 22 Agosto 2019 da Ladridicinema
Pop Black Posta, film diretto da Marco Pollini, è la storia di Alessia (Antonia Truppo), un'impiegata di una piccola provincia che un giorno decide di prendere in ostaggio cinque persone, per le quali l'ufficio postale si trasformerà in un incubo. I cinque - un pastore di una chiesa evangelica (Hassani Shapi), una latinoamericana (Denny Mendez), un ragazzo del Sudan (Aaron T. Maccarthy), una bionda elegante (Annalisa Favetti) e un signore grasso apparentemente tecnologico (Alessandro Bressanello) - verranno costretti a confessare i vari crimini commessi. Dovranno mettersi alla prova, confessare i loro segreti custoditi gelosamente e difendersi non solo da loro stessi, ma anche dai loro errori. Mentre cercano di sopravvivere e compiacere la follia di Alessia, pronta a ucciderli pur di far pagare loro l'oscuro passato, il bene e il male si mescolano fino a che distinguerli diventerà davvero difficile.
Post n°15267 pubblicato il 22 Agosto 2019 da Ladridicinema
Post n°15266 pubblicato il 22 Agosto 2019 da Ladridicinema
TRAMA IL SIGNOR DIAVOLO: Il Signor Diavolo, il film di Pupi Avati, è ambientato nell'autunno 1952. Nel nord est è in corso l'istruttoria di un processo sull'omicidio di un adolescente, considerato dalla fantasia popolare indemoniato. Furio Momentè (Gabriele Lo Giudice), ispettore del Ministero, parte per Venezia leggendo i verbali degli interrogatori. Carlo (Filippo Franchini), l'omicida, è un quattordicenne che ha per amico Paolino. La loro vita è serena fino all'arrivo di Emilio, un essere deforme figlio unico di una possidente terriera che avrebbe sbranato a morsi la sorellina. Paolino, per farsi bello, lo umilia pubblicamente suscitando la sua ira: Emilio, furioso, mette in mostra una dentatura da fiera. Durante la cerimonia delle Prime Comunioni, Paolino nel momento di ricevere l'ostia, viene spintonato da Emilio. La particola cade al suolo costringendo Paolino a pestarla. Di qui l'inizio di una serie di eventi sconvolgenti. PANORAMICA SU IL SIGNOR DIAVOLO: Il 2018 è stato un anno importante per Pupi Avati: ha compiuto 80 anni, ha festeggiato i cinquanta di carriera, è stato il Guest Director del Torino Film Festival e ha dato alle stampe il suo nuovo libro, il romanzo che è diventato questo film, pubblicato da Guanda col titolo "Il signor diavolo. Romanzo del gotico maggiore". Come suggerisce quel titolo, col Signor diavolo il regista bolognese torna all'horror padano e gotico di alcuni suoi celebri film. La fase iniziale della carriera di Avanti è fortemente connotata da titoli di genere e un pizzico di horror si ritrova perfino nei suoi due primissimi lungometraggi: Balsamus, l'uomo di Satana e Thomas e gli indemoniati. Il primo vero grande successo di Avati è poi il successivo e leggendario La casa dalle finestre che ridono, che ha definitivamente lanciato e codificato il filone del cosiddetto "horror padano". Dopo quel film, datato 1976, Avati torna al cinema di generer nel 1976 con Zeder, sorta di bizzarro zombie movie che conta nuovamente Maurizio Costanzo come sceneggiatore. A questi titoli faranno poi seguito L'arcano incantatore (1996) e Il nascondiglio (2007), senza contare la miniserie televisiva del 1995 Voci notturne.
Il signor diavolo è ambientato tra Roma e la Laguna di Venezia, negli anni che vanno dal 1947 al 1952. Sono gli anni in cui in Italia si va affermando il dominio politico della Democrazia Cristiana, e il Veneto è notoriamente una delle regioni più cattoliche d'Italia: ma quegli anni, e quelle campagne raccontate da Avati, sono anche quelli in cui le vecchie superstizioni erano dure a morire. In pratica, il terreno è quello fertile, umido, angoscioso e opprimente tipico delle opere di genere di Avati, che ha scritto la sceneggiatura del film come d'abitudine assieme al fratello Antonio - che gli fa da produttore - e al figlio Tommaso. Gli effetti speciali sono curati dallo specialista Sergio Stivaletti, mentre la fotografia evocativa del film è firmata da Cesare Bastelli, altro abituale collaboratore di Avati (tra i film che i due hanno realizzato assieme, proprio L'arcano incantatore) e anche lui padano doc, nato a Modena, vissuto a Bologna e residente nelle campagne tra Bologna e Ferrara. FRASI CELEBRI: Dal Trailer Ufficiale del Film: Voce off: Pare si tratti di un minore che ha soppresso un suo coetaneo, convinto di uccidere il diavolo!
Giudice Malchionda (Massimo Bonetti): Come si concluse poi l'autopsia? Voce off: Non si concluse
Padre Amedeo (Alessandro Haber): Nella cultura contadina il diverso, il deforme viene associato al demonio!
Post n°15265 pubblicato il 22 Agosto 2019 da Ladridicinema
Post n°15264 pubblicato il 22 Agosto 2019 da Ladridicinema
Attualmente in anteprime. USCITA: 22 agosto 2019 TRAMA CHARLIE SAYS: Charlie Says, il film diretto da Mary Harron, è uno sguardo sul vero Charles Manson, il famoso psicopatico americano, mediante l’analisi degli infami delitti perpetrati dalla Manson Family visti attraverso gli occhi di Karlene Faith, ricercatrice che lavora con tre giovani donne, entrate a far parte della setta dopo aver subito il lavaggio del cervello. Condannate alla pena di morte per il coinvolgimento nei crimini durante i quali furono assassinate nove persone, compresa l’attrice Sharon Tate, la loro pena fu in seguito convertita in ergastolo. Il film è una narrazione incentrata sul tentativo da parte di Karlene Faith di rieducare le tre donne, e sulle loro trasformazioni mentre lentamente comprendono l’efferatezza dei crimini commessi. Dal Trailer Italiano del Film: Charles Manson (Matt Smith): Stiamo provando ad abbattere le inibizioni, a vivere ogni notte nei nostri corpi, ora venite e ditele che è bella!
Susan Atkins (Marianne Rendón): Staremo nascosti e faremo musica e faremo l'amore fino a che la violenza non sarà finita!
Charles Manson: Helter Skelter è il punto di partenza, è quello che il nero farà per dare inizio alla guerra razziale!
Voce off: Uccidi il porco!
Post n°15263 pubblicato il 22 Agosto 2019 da Ladridicinema
Post n°15262 pubblicato il 22 Agosto 2019 da Ladridicinema
TRAMA SUBMERGENCE: Submergence, film diretto Wim Wenders, è la storia di James (James McAvoy), un biomatematico che, poco prima di partire per un lavoro in Somalia, conosce Danielle Flinders (Alicia Vikander), un'ingegnere impegnata in un progetto nel Mar Glaciale Artico. James si innamora perdutamente di lei, ma parte lo stesso per l'Africa. Una volta arrivato, l'uomo viene rapito dai jihadisti e non riesce più a mettersi in contatto con la sua amata Danielle. L'intenso e sensuale amore che lega i due giovani rappresenta, nonostante la distanza, l'unica strada per resistere alle dure prove che la vita sottopone alla coppia. FRASI CELEBRI: Dal Trailer Italiano del Film: James More (James McAvoy): Allora, cosa c'è nella parte più profonda del mare? Danielle Flinders (Alicia Vikander): Chiudi gli occhi! Avanti, chiudili! L'oceano ha cinque strati. Il primo contiene la vegetazione e le barriere coralline...
Danielle: Qualunque ricordo tu abbia delle immersioni è lì, nell'acqua blu!
James: Non parliamo di morte, Danny, non in questo posto. Voglio stare accanto a te!
Danielle: Non è polvere alla polvere, questo è certo. Siamo acqua e acqua torneremo! James: Me lo ricorderò!
Post n°15261 pubblicato il 22 Agosto 2019 da Ladridicinema
Post n°15260 pubblicato il 22 Agosto 2019 da Ladridicinema
TRAMA IL RE LEONE: Il Re Leone, il nuovo film Disney in live action diretto da Jon Favreau, ci porta in un viaggio nella savana africana dove è nato un futuro re. Simba (voce italiana di Marco Mengoni) prova una grande ammirazione per suo padre, Re Mufasa(voce italiana di Luca Ward), e prende sul serio il proprio destino reale. Ma non tutti nel regno celebrano l'arrivo del nuovo cucciolo. Scar (voce italiana di Massimo Popolizio), il fratello di Mufasa e precedente erede al trono, ha dei piani molto diversi e la drammatica battaglia per la Rupe dei Re, segnata dal tradimento e da tragiche conseguenze, si conclude con l'esilio di Simba. Con l'aiuto di una curiosa coppia di nuovi amici, Simba dovrà imparare a crescere e capire come riprendersi ciò che gli spetta di diritto.
Con questa nuova versione de Il Re Leone, i personaggi del classico d'animazione classici ritornano sul grande schermo come non li abbiamo mai visti. Tra loro ritroveremo: Nala (voce italiana di Elisa) amica di Simba quando sono entrambi cuccioli, destinata a diventare una potente leonessa che si preoccupa del futuro delle Terre del Branco. Timon (voce italiana di Edoardo Leo), uno spiritoso suricato che soccorre Simba dopo che quest'ultimo fugge dalla Rupe dei Re in cerca di una vita diversa. Sarabi, la moglie forte e sofisticata di Mufasa, nonché affettuosa e severa madre di Simba e rispettata regina della Rupe dei Re. Zazu, bucero dal becco rosso, braccio, anzi ala destra di Re Mufasa. Rappresenta gli occhi e le orecchie del regno e si occupa di comunicare tutte le notizie della giornata, sia quelle buone sia quelle meno buone. Rafiki, un saggio primate sciamano, consigliere reale di Mufasa. È presente alla nascita di Simba e anche nel momento in cui il futuro re si trova a un bivio. Le Iene, del cui branco fanno parte Shenzi, Azizi e Kamari: alleati, soldati e malvagi scagnozzi di Scar. PANORAMICA SU IL RE LEONE: Accettando la regia di questo remake, Jon Favreau è diventato il primo autore a firmare due remake "dal vivo" di classici Disney, avendo già realizzato Il libro della giungla nel 2016, film con cui il nuovo Re Leone condivide parte della tecnologia usata per far recitare in modo convincente animali parlanti. Di questo impegno Favreau ha detto: "Hai la sensazione di restaurare un edificio classico, storico. Come fai ad aggiornarlo mantenendone la personalità? Come ti avvantaggi delle nuove conquiste tecnologiche, senza perdere l'anima e lo spirito del Re Leone originale? Per me questo film è l'apice degli adattamenti dal vero che la Disney ha fatto dei suoi classici animati." Ovviamente, ancora una volta, il "dal vero" è da intendersi come "fotorealistico", perché di fatto i protagonisti sono realizzati in CGI. A occuparsi dell'adattamento della sceneggiatura c'è Jeff Nathanson, già autore per Spielberg del copione di Prova a prendermi, su soggetto rielaborato da Brenda Chapman, creatrice di Brave alla Pixar. Nonostante il cast di voci originali sia stato modificato, James Earl Jones, che doppiò nel '94 Mufasa, torna a ricoprire lo stesso ruolo. Anche se Jeremy Irons aveva ribadito il suo interesse verso Scar, si è preferito invece spostare il villain sulle corde vocali di Chiwetel Ejiofor. E' tornato a lavorare sulla sua stessa colonna sonora Hans Zimmer, che vinse un Oscar proprio con quelle partiture. Elton John è della partita, eseguendo la "Can't You Feel the Love Tonight?" nei titoli di coda, mentre tutti gli altri suoi brani sono stati riarrangiati da Zimmer o Mark Mancina. Durante la lavorazione, si era sparsa la voce (confermata) che la Disney volesse tagliare dal lungometraggio la canzone "Sarò re" / "Be Prepared" cantanta da Scar. I piani alti erano infatti preoccupati dagli ammiccamenti al nazismo nell'originale (in realtà molto significativi e non certo a favore di quell'ideologia, ma tant'è). La sollevazione dei fan ha portato la major a cedere e a reinserire il brano nel film. FRASI CELEBRI: Dal Trailer Italiano del Film: Scar: La vita a volte è ingiusta, non è vero piccolo amico?! Mentre alcuni sono nati per banchettare, altri trascorrono la vita nell'oscurità...a elemosinare avanzi!
Mufasa: Tutto ciò che vedi coesiste grazie a un delicato equilibrio. Mentre gli altri cercano ciò che possono prendere, un vero re cerca ciò che può dare
Scar: Devi scappare, Simba! E non tornare mai più!
Mufasa: Devi prendere il tuo posto nel cerchio della vita!
Post n°15259 pubblicato il 21 Agosto 2019 da Ladridicinema
New York, 1991. Lee Israel ha un grande talento e un pessimo carattere. L'alcolismo e la misantropia, le alienano qualsiasi possibilità di carriera. Licenziata per un bicchiere e un insulto di troppo, deve trovare un altro modo, e deve trovarlo presto, per sbarcare il lunario e curare il suo adorato gatto. Due lettere di Fanny Brice, rinvenute per caso in un libro della biblioteca e vendute a 75 dollari, le forniscono l'idea che cercava. Biografa talentuosa, mette a frutto la sua conoscenza della materia e il suo talento di scrittrice. Seduta alla macchina da scrivere compone finte lettere di grandi autori scomparsi. Affiancata da Jack Hock, spirito libero col vizio del sesso, Lee riesce nell'impresa. Almeno fino a quando l'FBI non si mette sulle sue tracce. Copia originale non è una commedia ma si sorride sovente, è ambientato al debutto degli anni Novanta a New York ma le canzoni sono dei classici di un passato remoto (Jeri Southern, Peggy Lee, Dinah Washington), è dominato dall'insegna luminosa del "The New Yorker" ma la sua protagonista è una scrittrice nell'ombra. Tutto è spostato nel film di Marielle Heller e tutto contribuisce a ricostruire l'illusione alla base del sorprendente processo di falsificazione di Lee Israel. Ma a guardarlo più da vicino e andando oltre la frode seriale, Copia originale racconta la vita di una donna che non trova il suo posto in un mondo che cambia, in una città dove chiudono le librerie e aprono gli Starbucks, dove aumentano gli spazi di coworking e si riducono quelli in cui respirare (e leggere) in pace, dove la decimazione della comunità gay avanza con quella della cultura artistica.
Autrice di diverse biografie popolari apparse nella Best Sellers List del "New York Times", Lee Israel è in caduta libera come la sua carriera. Ed è a questo punto della china che decide di fingersi qualcun'altra rimanendo incredibilmente se stessa. Perché le personalità celebri che 'interpreta' così bene nelle sue lettere condividono con lei il carattere sferzante e l'ingegno sfacciato. Scrittrice di inchiostro e bile, whisky e sangue, Lee Israel è una misantropa fuori norma e una compagnia non sempre piacevole. Una persona che non interessa alla gente e a cui d'altra parte non interessa la gente, a meno di non essere un gatto o Dorothy Parker.
La brillante creatività verbale, essenziale per la sua arte, diventa uno scudo che impone la riservatezza anche a prezzo della solitudine. Una solitudine testarda, che rifiuta qualsiasi possibilità di intimità e uno spirito affine e gentile come Anna, fan dei suoi libri e libraia a cui vende le sue lettere.
Post n°15258 pubblicato il 21 Agosto 2019 da Ladridicinema
Marie Colvin è stata reporter di guerra per il Sunday Times dal 1985 fino alla sua morte, a Homs, nel 2012. Bella e talentuosa, ha vinto numerosi premi, convinto Arafat a raccontarle la sua vita e Gheddafi a farsi intervistare ben due volte. In Sri Lanka aveva perso un occhio e guadagnato un coraggio da pirata. Era stata a Timor Est, in Cecenia, in Iraq, Afghanistan, Libia. Con il fotografo freelance Paul Conroy aveva stretto un sodalizio professionale che durò fino alla fine. Ispirato all'articolo di Marie Brenner per Vanity Fair, A Private War è un prodotto classico su una donna che di tipico non aveva nulla e alla quale Rosamund Pike dà corpo con una performance quasi violenta, forse persino esagerata, ma che trasuda passione e ossessione: esattamente le forze che hanno spinto Marie Colvin a fare tutto quello che ha fatto. Il regista americano Matthew Heineman aveva davanti due sfide: passare dal documentario al film di finzione, e lo ha fatto restando in un territorio in cui le immagini della realtà respirano continuamente sottotraccia e la documentazione è nella materia stessa del racconto, e, in secondo luogo, raccontare non uno ma diversi scenari di guerra, nei quali il suo paese, col suo esercito e la sua copertura mediatica, è stato drammaticamente coinvolto, per non dire corresponsabile.
Heineman decide di vedere la guerra come la vedeva Marie Colvin, vale a dire nei suoi effetti sui civili; effetti strazianti, su persone innocenti. E poiché di biopic si tratta, il film indaga anche gli effetti psicologici della guerra sulla stessa Colvin, vittima di una sindrome post traumatica che la obbligava a rivedere sempre lo stesso film dell'orrore, nutrendolo ad ogni conflitto di nuove e indelebili immagini, ma anche a dipendere da quel genere di adrenalina e da una consuetudine alla fuga, anche dalla felicità.
Post n°15257 pubblicato il 21 Agosto 2019 da Ladridicinema
Alex Honnold è un ragazzo introverso che fatica a socializzare. Una cosa, però, la sa fare bene, anzi, come nessun altro: scalare. Così, montagna dopo montagna, a mani rigorosamente nude, senza protezioni, si conquista la fama mondiale del free climber più intrepido, tanto da riuscire a scalare la vetta di El Capitan, sua ultima leggendaria impresa che ha richiesto ben tre anni di preparazione, atletica quanto mentale. La prima scena è da capogiro. C'è un trentenne che scala un'impervia parete rocciosa in t-shirt, senza corde. Vertigini si alternano alla voglia di scoprire chi sia costui e perché si impegni in un'impresa tanto stra-ordinaria. Si passa subito al racconto della persona, alla vita trascorsa in un camioncino tra pentole e docce tutt'altro che confortevoli, allenamenti fisici e appunti quotidiani su un diario. A metà tra flusso di coscienza e intervista, Alex Hannold si racconta al suo amico Jimmy Chin, regista e climber professionista, che lo segue in tutti i sensi. Ci illustra le copertina dei giornali dedicate all'atleta, ma anche la filosofia del ragazzo che, malgrado la fama mondiale, è rimasto se stesso: un appassionato di arrampicata a mano libera, tra sudore, polvere di roccia, volatili e sole.
Ha un QI più alto della media e il centro di controllo della paura (amigdala) inibito dagli anni di allenamento senza tener conto delle paure, eppure resta un ragazzo modesto, semplice, alla mano.
Immancabile il flashback sulla sua infanzia, con tanto di repertorio fotografico: Alex era un bambino "timido e malinconico", che preferiva arrampicarsi piuttosto che parlare con chicchessia. La fortuna è stata, per lui, poter trasformare il proprio hobby in una carriera dove l'unico, non indifferente, limite è che un solo passo fuori posto può essere fatale.
Post n°15256 pubblicato il 21 Agosto 2019 da Ladridicinema
TRAMA L'OSPITE: L'ospite, il film diretto da Duccio Chiarini, racconta la fine della storia d'amore tra il trentottenne Guido (Daniele Parisi) e la trentatreenne Chiara (Silvia D'amico) che, trovandosi inaspettatamente a scegliere se avere un figlio, prendono decisioni opposte che li porteranno a separarsi. Il film segue le fasi del loro allontanamento attraverso lo sguardo di Guido, che di fronte ai primi tentennamenti della fidanzata, nella speranza di farle cambiare idea, decide di lasciare la casa dove convivono da anni e di chiedere ospitalità sui divani delle persone a lui più care. Inizia così uno strano viaggio che lo porta presto a trovarsi testimone delle vicende altrui da un punto di vista nuovo, quello dell’ospite. In un momento di smarrimento, assalito da mille domande esistenziali, si trova a notare aspetti dell’intimità dei rapporti e delle vite delle persone a lui più vicine completamente nuovi. Proprio questo nuovo sguardo gli permetterà di accettare l'idea che a volte anche i grandi dolori possono dare la forza per un nuovo inizio. Poteva essere un film banalmente generazionale sulla precarietà della vita e dei sentimenti; un melodramma urlato e recriminante; una farsa acre e grottesca sul rapporto tra i sessi. E invece quello di Duccio Chiarini, che finalmente arriva al cinema, è un film che trova nella misura e nell'equilibrio la sua forza e la sua personalità, e che è carico di sentimenti e virtù quali la tenerezza e la pietà (nel senso nobile del termine): che poi sono quelli di cui oggi abbiamo più bisogno. Andatelo a vedere. (Federico Gironi - Comingsoon.it)
Post n°15255 pubblicato il 21 Agosto 2019 da Ladridicinema
Post n°15254 pubblicato il 12 Agosto 2019 da Ladridicinema
Grazie a un'ottima domenica da quasi mezzo milione di euro, Fast & Furious - Hobbs & Shaw ottiene il primato della classifica italiana, con un weekend da 1,9 milioni di euro ed un totale di 2,3 milioni dal primo giorno di programmazione. Dietro c'è il vuoto, visto che a Bring The Soul: The Movie bastano poco più di 200mila euro per ottenere il secondo posto, mentre il podio è completato da Spider-man: far from home (guarda la video recensione) che ne ottiene 200mila esatti. Il cinecomic ha incassato fino ad oggi 11.149.932 euro e gliene mancano meno di 40mila per superare Dumbo (guarda la video recensione). Il box office fa segnare un leggero calo, inferiore ai due punti percentuali, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mentre su base annuale il miglioramento nei confronti del 2018 è di quasi dieci punti. Gran weekend negli USA, dove la classifica viene quasi del tutto rivoluzionata dalle tante new entry della settimana. A spuntarla però sono ancora Hobbs & Shaw, che vincono il weekend con 25,4 milioni di dollari per un totale di 108 complessivi. Buon esordio per Scary stories to tell in the dark, che ottiene 20,8 milioni, mentre completa il podio Il Re Leone (guarda la video recensione) che tocca quota 473 milioni. Dora e la città perduta debutta con 17 milioni, mentre meno eccitanti sono gli incassi di Attraverso i miei occhi, che apre con 8,1 milioni, Le regine del crimine che incassa 5,5 milioni e Brian Banks che con 2,1 milioni non riesce nemmeno a entrare il top ten.
Da segnalare l'ottima partenza di The Peanut Butter Falcon, che ottiene la migliore media per sala della top 20 con 12mila dollari e un totale superiore ai 200mila. Anche questa settimana arriveranno in sala molti nuovi film, si comincia domani con Angry Birds 2 e si prosegue venerdì con 47 Meters Down: Uncaged, Blinded By the Light, Good Boys e Che fine ha fatto Bernadette?.
A livello internazionale prende il largo Il Re Leone che é arrivato a ben 1.334.603.826 dollari, rinforzando il secondo posto assoluto nella classifica mondiale del 2019. Passi in avanti anche per Spider-man: far from Home, che tocca quota 1.096.972.490 dollari, non ancora sufficienti per superare Captain Marvel (guarda la video recensione). Toy Story 4 (guarda la video recensione) é oramai a un passo dal divenire il quinto film miliardario del 2019 essendo arrivato a 989.978.368 milioni di dollari.
Post n°15253 pubblicato il 07 Agosto 2019 da Ladridicinema
Post n°15252 pubblicato il 06 Agosto 2019 da Ladridicinema
Sarà vero che le persone amano sentirsi raccontare sempre le stesse storie? Al cinema, almeno a giudicare dai dati del box office internazionale di questa settimana, parrebbe di sì. Il Re Leone (guarda la video recensione), con poco meno di 1,2 miliardi di dollari d'incasso a livello mondiale vola al secondo posto della classifica assoluta del 2019, superando in un colpo solo Spider-Man: Far From Home (guarda la video recensione), che tocca quota 1,075,328,925 e Captain Marvel (guarda la video recensione), fermo a 1,128,274,794. I primi tre posti della classifica sono quindi appannaggio di Disney, che può contare inoltre sul quinto e sesto posto, occupati rispettivamente da Aladdin (guarda la video recensione), che ha toccato quota 1,025,569,592 dollari e Toy Story 4 (guarda la video recensione), arrivato a 959,250,743 dollari. Ora, presumendo che Frozen 2 e Star Wars IX: L'ascesa di Skywalker supereranno entrambi il miliardo "e qualcosa", ma si prevedono cifre molto vicine al miliardo e mezzo, a fine anno Disney avrà 7 film nelle prime otto posizioni e tutti miliardari (perché anche Toy Story (guarda la video recensione) alla fine dovrebbe farcela, in fondo mancano solo 40 milioni). Questa settimana a vincere il weekend è stato Hobbs & Shaw che ha chiuso il weekend con 60 milioni di dollari, comunque un'ottima cifra anche se lontana dalle forse troppo ottimistiche previsioni degli analisti che puntavano agli 80 e più. Il film è andato molto bene anche a livello mondo, con 180 milioni, senza contare la Cina, che riceverà il film solo fra tre settimane (e lì dovrebbe andare molto bene). Ottimi numeri per C'era una volta a... Hollywood (guarda la video recensione), che arriva a sfiorare gli 80 milioni e per The Farewell, che aumenta le sale e l'incasso fino a un totale di 7 milioni. Sorridono anche Crawl (guarda la video recensione), che ha incassato 36 milioni (è costato 16) e Annabelle 3 (che passa i 70 milioni). La prossima settimana arrivano tantissimi nuovi film, a segnare l'ultimo mese dell'estate americana, anche se i titoli davvero forti sono finiti: Scary Stories to Tell in the Dark, Le regine del crimine, Dora e la città perduta, Attraverso i miei occhi e Brian Banks sgomiteranno per un posto in top ten. A livello internazionale Men in Black International (guarda la video recensione) raggiunge a fatica i 250 milioni, Yesterday (guarda la video recensione) ne fa 120, Rocketman (guarda la video recensione) tocca quota 185. Avengers: Endgame (guarda la video recensione) racimola qualche altro dollaro e arriva a 2,794,509,335 dollari complessivi.
In Italia il primo weekend della nuova stagione si chiude come l'ultimo della vecchia. La spunta Men in Black International con 427mila euro, davanti a Spider-Man: Far from home con 368mila euro e Hotel Artemis con 243mila euro. Spider-Man: Far from home è a soli 4mila euro di distanza da Aquaman (guarda la video recensione), che verrà superato oggi, mentre il box office fa segnare rispetto alla stessa settimana dell'anno scorso un +8%, che diventa +9,6% su base annua a partire dal 1 gennaio. Far uscire film più forti durante l'estate, ha pagato.
Box Office Italia del 4/08/2019 1. Men in Black - International: Euro 118.063 2. Spider-Man: Far From Home: Euro 100.509 3. Hotel Artemis: Euro 69.431 4. Toy Story 4: Euro 37.000 5. Serenity - L'Isola dell'Inganno: Euro 33.473 6. Isabelle - L'ultima evocazione: Euro 29.969 7. Dolcissime: Euro 23.564 8. Edison - L'uomo che illuminò il mondo: Euro 20.563 9. Birba - Micio Combinaguai: Euro 17.335 10. Midsommar - Il villaggio dei dannati: Euro 17.169
Post n°15251 pubblicato il 03 Agosto 2019 da Ladridicinema
TRAMA DOLCISSIME: Dolcissime, il film diretto da Francesco Ghiaccio, segue la storia di Mariagrazia, Chiara e Letizia , tre amiche inseparabili costrette a fare i conti ogni giorno con gli odiati chili di troppo. Quando hai sedici anni il mondo è un casino. Quando hai sedici anni e sei una ragazzina sovrappeso, la battaglia ti sembra persa in partenza. A meno che non ti lanci in un'impresa impossibile. Mariagrazia, Chiara e Letizia vorrebbero solo essere invisibili. Mariagrazia soffre il confronto con la madre (Valeria Solarino), ex campionessa sportiva. Chiara ha una chat con un coetaneo, ma tanta paura di svelarsi in foto. Letizia un talento per la musica ma troppa vergogna per esibirlo. Passare inosservate sembra essere la sfida più ardua che possano affrontare. Dopo l’ennesima presa in giro, un’inattesa occasione di riscatto arriva dalla popolare e bellissima Alice, capitano della squadra scolastica di nuoto sincronizzato, costretta da un ricatto ad allenarle in gran segreto. Le tre ragazzine si lanciano in un’impresa impossibile spinte in acqua dalla gran voglia di rivincita. Finiranno per immergere la loro vita in quella della rivale, avvicinandosi le une alle altre giorno dopo giorno, esercizio dopo esercizio, sorriso dopo sorriso. Una storia tutta d’un fiato fino all’ultimo tuffo, sull’incredibile forza dell’amicizia oltre gli inciampi, gli imprevisti e qualsiasi diversità. FRASI CELEBRI: Dal Trailer Ufficiale del Film: Mariagrazia (Giulia Barbuto): Questo, quello, questo, anche quello! Voce off: È il tuo compleanno? Mariagrazia: No, è la colazione!
Voce off: E tu a cosa ti iscrivi? A "La Corrida"?!
Madre di Mariagrazia (Valeria Solarino): Ti stai mettendo in ridicolo!
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45