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Messaggi del 10/01/2014

 

"La grande bellezza" candidato ai Bafta e ai Goya da cinecittà news

Post n°10917 pubblicato il 10 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

Cr. P.08/01/2014
La grande bellezza di Paolo Sorrentino è tra i candidati ai premi Bafta come miglior film non in lingua inglese e aiGoya spagnoli come miglior film europeo. Nel frattempo il film in Usa ha raggiunto il milione di dollari di incasso e verrà presentato il 10 gennaio al Festival di Palm Springs.
 
I Bafta, premi dell'Accademia del cinema britannico, saranno consegnati il 16 febbraio in un galà alla Royal Opera House di Londra. 12 anni schiavo, American Hustle, Captain Phillips, Philomena Gravity sono candidati come miglior film. Gravity di Alfonso Cuaron ha ottenuto 11 nomination tra cui quella per la sceneggiatura, insieme al figlio Jonas Cuaron, e per la regia, mentre Sandra Bullock è candidata come miglior attrice protagonista. Dieci candidature a testa sono andate al film di Steve McQueen12 anni schiavo e ad American Hustle di David O. Russell. Gli attori di Steve McQueen (Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender e Lupita Nyong’o) sono tutti candidati. Come pure il cast di American Hustle al completo: Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper e Jennifer Lawrence. Martin Scorsese è candidato alla regia per The Wolf of Wall Street. Tra le attrici troviamo anche Judi Dench (Philomena) e Cate Blanchett per Blue Jasmine.

 
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Dissequestrate le pagine di “Tuttoggi.info”. Una buona notizia per il diritto di cronaca da articolo21

Post n°10916 pubblicato il 10 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

tuttooggi

Dissequestrate le pagine di “Tuttoggi.info”. Dopo la decisione del Tribunale di Spoleto di sequestrare i 3 articoli che  il giornale on line aveva pubblicato lo scorso agosto riportando stralci delle intercettazioni dell’inchiesta giudiziaria sulla Banca Popolare di Spoleto, oggi pomeriggio è arrivata la notizia del dissequestro.  ”Una notizia molto positiva dal punto di visto del diritto di cronaca”, commentano Stefano Corradino e Giuseppe Giulietti, direttore e portavoce di Articolo21. “Il sequestro avrebbe rappresentato infatti un precedente estremamente pericoloso per la libertà di informazione”. Sulla stessa linea la Federazione Nazionale della Stampa Italiana.:“La notizia del dissequestro delle pagine del giornale on line “Tuttooggi.info”, decisa poco fa dal Giudice del riesame, è un fatto rilevante e, a nostro parere, di giustizia che riattribuisce alla stampa la sua funzione primaria di informare senza divieti, né censure, sui fatti di pubblico interesse.

In attesa di conoscere le motivazioni dell’atto che annulla gli effetti della decisione del Gip di Spoleto, rimane tuttavia valida l’istanza presentata dalla Fnsi al Ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, perché  siano riviste le norme che consentono anche interpretazioni diverse – cioè il sequestro, anche preventivo, di giornali o pagine di esso – per evitare che il Giudice di merito di un processo sia influenzato da notizie di stampa. Siamo ad un confine molto pericoloso che mette in discussione – com’era accaduto con il provvedimento del Gip – la possibilità dell’informazione di dare conto alle inchieste giudiziarie persino dopo che gli atti di conclusione di indagine erano pubblici. L’immediata reazione al provvedimento del sequestro da parte dell’Associazione Stampa umbra, dell’Ordine dei giornalisti dell’Umbria e dell’Associazione Articolo21 (organismi che vivamente ringraziamo) aveva segnalato un allarme che la Federazione della Stampa ha ripreso ponendo l’esigenza di una modifica urgente della norme. Il nostro Paese è troppo in ritardo nell’adeguamento delle leggi a garanzia della libertà di stampa e del diritto di cronaca come beni pubblici fondamentali per la conoscenza, la libertà e la tutela dei diritti di tutti i cittadini nel rispetto delle istituzioni e dei valori costituzionali. “Non va dimenticato – conclude la Fnsi in una nota – che anche la giurisprudenza europea chiede da tempo l’allineamento del nostro Paese alla civiltà giuridica delle democrazie avanzate e dei principi fondamentali della convenzione dei diritti dell’uomo”.

 

10 gennaio 2014

 
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“Cominciare a privatizzare la Rai”. Di che parla Battista?

Post n°10915 pubblicato il 10 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

cavallorai

Non è la prima volta che dalle colonne del Corriere della SeraPierluigi Battista sfida la politica a privatizzare la Rai. Questa volta nel mirino c’è Matteo Renzi e la provocazione è più articolata. “Dica no alla Rai lottizzata”: è scritto nel titolo. “Sarebbe una bella cosa, una svolta radicale, il segnale di un cambiamento vero, se Renzi, mentre si celebrano i 60 anni della televisione italiana decidesse di non fare niente alla Rai, di non lottizzare la Rai come fanno tutti, di non farne pascolo dei partiti come è sempre accaduto”.

Ora si dà il caso che se a Renzi venisse in mente di lottizzare la Rai dovrebbe smentire tutta la politica che il Pd ha fatto negli anni della segreteria Bersani. Ed è curioso che Battista non se ne sia accorto. Ho fatto il presidente del Forum del Pd per la riforma del sistema radiotelevisivo per tre anni. Avevo accettato quel incarico perché lo stesso Bersani mi aveva detto: fai quello che hai scritto. In “Rai addio, memorie di un ex consigliere” avevo raccontato la mia esperienza nel cda dell’azienda di viale Mazzini e avevo sostenuto con forza la necessità di staccare la spina della partitocrazia dal servizio pubblico. Ebbene dopo pochi mesi (siamo nel 2010) Bersani presenta alla Camera come primo firmatario proprio un disegno di legge di riforma della governance della Rai. E quando tocca al governo Monti nominare il nuovo cda, Bersani chiaramente avverte il premier: se non cambiano le regole, il Pd non intende fare alcun nome per il consiglio di amministrazione. Bersani è certo quanto me della necessità di una svolta forte e coraggiosa. E nella prefazione a un libretto che raccoglie gli interventi fatti in due seminari organizzati dal Forum che presiedevo scrive: “Siamo convinti più che mai che questa azienda, con un ruolo così delicato per la qualità stessa della nostra democrazia, abbia bisogno di una politica pulita e alta, che non cerchi di mettere le mani su poltrone, reti e telegiornali ma che avverta con piena consapevolezza la gravità del momento e del bisogno di una rifondazione del servizio pubblico”.

Ma come sanno anche i bambini il governo Monti si reggeva anche grazie a Berlusconi. Guai a toccargli la legge Gasparri! Monti cede e Bersani si vede costretto – per non prendersi la responsabilità di lasciare la Rai alla deriva, senza una guida – ad accettare che i membri del Pd della Vigilanza votino Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, nomi indicati da associazioni private. La responsabilità di indicare il direttore generale e il presidente è tutta di Mario Monti. E Monti ottiene comunque un piccolo importante risultato – a questo Berlusconi non può dirgli di no: il cda di nomina partitica non ha più praticamente voce in capitolo nelle nomine dei dirigenti che guidano l’organizzazione interna. Continua, invece, a pesare nelle scelte editoriali, quelle dei direttori di rete e dei telegiornali, a cui Berlusconi è più sensibile. Rispetto all’idea di avere un vero amministratore delegato con ampi poteri, di fare della Rai una vera azienda, si tratta davvero di un piccolo modesto compromesso. E tuttavia è stato un passo avanti rispetto ai precedenti cda. E se oggi si può ancora parlare di lottizzazione, nel mirino non è onesto mettere il Pd (Colombo e Tobagi potrebbero testimoniare di non aver mai – e ripeto mai – ricevuto pressioni di sorta dalla segreteria Pd), bensì bisognerebbe prendersela con il Pdl, con la Lega. E soprattutto bisognerebbe semmai chiamare in causa il dg e il presidente.

Quando poi Battista scrive di “cominciare a privatizzare la Rai” non capisco bene di che parli. Che cosa vuol dire “cominciare”? Nel progetto rilanciato dai Forum del Pd si parla di un modello inglese, di una Rai stile Bbc e di una Rai stile Channel 4. Si parla di separare la rete dai contenuti. Si parla di ridefinire il ruolo delle sedi regionali. Si parla di un nuovo sistema dell’informazione, che tenga conto della rivoluzione digitale in corso. Si parla di chiudere la Vigilanza e sostituirla con una commissione Media che tenga conto dei problemi di tutto il sistema, nati e cresciuti con Internet. Tutti argomenti che il Pd ha già lanciato e in parte approfondito, anche in vista del rinnovo della Convenzione con lo Stato che scade nel 2016.

Ben venga la provocazione di Battista se non è una coazione a ripetere vecchie idee ma uno stimolo non solo a Renzi ma soprattutto al governo di mettere la questione Rai nell’agenda dei prossimi mesi.  Il Pd la sua parte l’ha fatta e sono sicuro che continuerà a farla. Forse anche chi scrive di Rai potrebbe cominciare a distinguere fra chi ha lottizzato in passato (e il Pci-Pds-Ds ha le sue responsabilità), chi continua a lottizzare (Berlusconi in primis) e chi si è chiamato fuori dalle prassi più vergognose (il Pd prima di tutti).

6 gennaio 2014

 
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Triplice bavaglio a Tuttoggi.info

Post n°10914 pubblicato il 10 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

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Un triplice bavaglio a Tuttoggi.infoIl giornale ha subito il sequestro preventivo, e quindi l’oscuramento, di tre articoli dedicati alle inchieste in corso sulla Banca Popolare di Spoleto, per altro commissariata dopo una ispezione della Banca d’Italia. Il provvedimento sarebbe stato deciso dal giudice per tutelare il diritto alla riservatezza e impedire la pubblicazione di alcune intercettazioni. La cosa sarebbe già grave in sé (provate ad immaginare il sequestro preventivo di un quotidiano per impedire una analoga pubblicazione), ma quello che lo rende ancora più inquietante è che gli atti “Oscurati” non erano più secretati perché l’istruttoria si era già conclusa, perché gli atti erano già stati trasmessi alle parti interessate e coinvolte.

Si aggiunga a questo che si tratta comunque di una vicenda di assoluta rilevanza sociale perché riguarda un istituto di credito e i risparmi di migliaia di cittadini di quella zona, e quindi sequestro ed oscuramento non sarebbero stati giustificati neppure in presenza della pubblicazione di atti secretati, ma di indiscutibile rilevanza pubblica. Nel caso in questione, invece, non solo non vi era più il vincolo della segretezza, ma, addirittura, il provvedimento, recapitato al direttore Carlo Ceraso e al giornalista Massimo Sbardella, fa riferimento ai rischi derivanti comunque da una tale pubblicazione, ed in particolare alla possibilità di influire in modo indebito sulle decisioni che potranno essere assunte dal giudice di merito.

Proprio su questo punto hanno fatto sentire la loro voce, con prontezza ed energia, l’Ordine e l’associazione della stampa umbra che hanno rilevato l’enormità di una decisione che potrebbe costituire un rischiosissimo precedente. Se altri giudici dovessero percorrere la stessa strada? Si potrebbe arrivare al sequestro preventivo di un giornale o alla chiusura di una edizione di un Tg o alla soppressione, per fare un esempio, di una puntata di Presa Diretta, o di Report o di Servizio Pubblico? Il fatto che ad essere colpito sia stata un giornale on line rende forse più lieve la vicenda? Cosa avremmo detto e fatto se lo stesso provvedimento fosse stato recapitato ad una testata più conosciuta a livello nazionale? Quello che è successo a Spoleto potrebbe produrre un pericolo contagio, in un paese che ha da sempre una irresistibile attrazione per i bavagli di qualsiasi natura e colore.

Per questo ci sembra giusto essere vicino a questa redazione, garantire una solidarietà operosa e chiedere agli stessi giudici di riesaminare la questione e di revocare un decisione sbagliata, nel merito e nel metodo. Chi volesse saperne di più potrà anche consultare il sito Tuttoggi.info.

9 gennaio 2014

 
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Rai 2014, un esordio da tempi d’oro

Post n°10913 pubblicato il 10 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

cavallorai

Mentre si ricordano i 60 anni della Rai con vari “blob”, che l’hanno fatta sembrare ferma allo scorso secolo, Rai3 ha inaugurato il nuovo anno con “I ragazzi di Pippo Fava”, in memoria del grande giornalista ucciso dalla mafia;“Presadiretta” dedicata a Aldrovandi, Cucchi, Ferrulli, Sandri e Uva , vittime di abusi; “Con il fiato sospeso” della brava Costanza Quatriglio, una tragedia all’università di Catania nascosta dall’omertà, in onore della Rai dimenticata, fatta di inchieste, di approfondimenti, di testimonianza, e non solo di varietà e fiction conditi con un po’ di tg, come si è visto nei festeggiamenti ufficiali.

Chi è obbiettivo non può aver “dimenticato” che  il servizio pubblico è stato usato e abusato dai partiti, partendo dalle conseguenze dell’editto bulgaro: censure, lotte contrattuali per impedire la messa in onda di programmi graditi dal pubblico ma non da Berlusconi; l’addio di Santoro e di tanti altri, che hanno permesso alla concorrenza, La7, di passare dal 2 al 5% di share in prima serata, con tanto di regalo: “Vieni via con me”, il programma di Rai3 che aveva superato il 30% di share, con Fazio e Saviano autorizzati a lavorare per La7; la multa per aver nominato un dg, Meocci (innominabile per legge), votato dai cinque del cda del centrodestra su ordine del solito Berlusconi; le intercettazioni telefoniche del dg, Saccà, e del capo del marketing Rai Bergamini, per sudditanza della tv di Stato a Mediaset; l’interruzione del rapporto tra Rai e Sky, contravvenendo al contratto di servizio pubblico che impone alla Rai di essere presente su tutte le piattaforme trasmissive, poi  per intervento del Tar e del Consiglio di Stato, la Rai ha dovuto dare a Sky gratuitamente quello che Murdoch voleva acquistare. Tre nomi portati ad esempio dei 60 anni: Sergio Zavoli, prima grande giornalista, poi è stato il presidente della Rai che ha dimostrato che anche in un’azienda invasa dai partiti si può rimanere indipendenti, come nel 1985 quando mise in onda “Linea diretta” di Enzo Biagi contro Craxi che fece tutto il possibile per impedirlo; il maestro Renzo Arbore che sarebbe uno straordinario direttore artistico capace di riportare la Rai nel cuore dei cittadini; infine Gianni Minà, che da anni lavora e vince premi in giro per il mondo, la Rai, raramente lo ricorda, come è avvenuto a fine anno con il suo “Blitz”, dedicato a Monica Vitti. Quando si parla di talk si cita sempre e solo il “Letterman show”, ma sono in tanti che hanno rubato da “Blitz”, e che dovrebbero ringraziare Minà: il primo che ha incrociato l’informazione con l’intrattenimento.

* da “Il Fatto Quotidiano”

8 gennaio 2014

 
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L’8 gennaio 1993 veniva assassinato il giornalista Beppe Alfano

Post n°10912 pubblicato il 10 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

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-ARTICOLO21 – (CIRCOLO DI TRAPANI)  Oramai nessuno può dire di non avere compreso. Dovremo avere tutti capito. I delitti, le stragi, gli omicidi dei giornalisti, sono stati conseguenza terribile di una stessa strategia mafiosa, “il controllo del territorio” da parte delle mafie. Non sono state reazioni a singoli comportamenti, non sono state solo vendette, punizioni, la necessità di eliminare persone scomode, impossibili a persuadere a star zitti, a compromettersi, ma una meticolosa marcatura delle nostre città, paesi, segnati dal rosso sangue di tanti morti ammazzati. E non è un caso che oggi ci ritroviamo a chiedere verità e giustizia per  efferati crimini rimasti non spiegati, sono stati condannati i colpevoli, mandanti, esecutori, ma le ragioni di numerosi crimini continuiamo a non conoscerli. Svelare i moventi significa sollevare il coperchio ad un “vaso di pandora”. Ce lo ricorda oggi Sonia Alfano a proposito dell’omicidio del padre, il giornalista Beppe Alfano, assassinato l’8 gennaio di 21 anni addietro nella messinese Barcellona Pozzo di Gotto. Collaborava con il quotidiano La Sicilia: “Ricordiamo mio padre – dice Sonia Alfano –  ma soprattutto, ancora una volta, chiederemo verità e giustizia. Sebbene qualche passo avanti nelle indagini sia stato compiuto, noi  stiamo ancora aspettando tutta la verità e lotteremo con tutte le nostre forze per averla. Non è un diritto soltanto nostro, ma di tutti coloro i quali credono nella giustizia. E’ un diritto di tutti i cittadini onesti”. Sono le stesse parole che dall’altra parte della Sicilia, a Trapani, ma anche altrove, che dicono altre donne, come Margherita Asta, figlia e sorella delle vittime della strage di Pizzolungo del 2 aprile 1985, o ancora i familiari dei carabinieri Apuzzo e Falcetta barbaramente assassinati all’interno della stazione di Alcamo marina il 27 gennaio del 1976, ed ancora Marene, Silvia ed Elena Ciaccio Montalto, figlie del magistrato Gian Giacomo ucciso a Trapani il 25 gennaio del 1983, oppure Chicca Roveri, Maddalena e Monica Rostagno, la compagna e le figlie di Mauro assassinato il 26 settembre del 1988, oppure Liliana Riccobene la vedova di Giuseppe Montalto, l’agente di polizia penitenziaria assassinato il 23 dicembre 1995, una morte la sua come “regalo di Natale” ai boss detenuti da parte dei mafiosi liberi. Verità e giustizia. Una richiesta che si ripete continuamente. Ci sono stati delitti serviti a marchiare con il fuoco il territorio e delitti che hanno colpito i giornalisti, i cronisti che hanno cercato di far luce, hanno cercato di raccontare. Alfano a Messina e prima di lui Rostagno a Trapani, sono state vittime della mafia. Prima di loro Cosimo Cristina, Giuseppe Spampinato, Mario Francese, Pippo Fava, Mauro De Mauro, Peppino Impastato, per ricordarne alcuni. Dopo i delitti sono arrivate le intimidazioni, cronisti come Lirio Abbate costretto ad andare via dalla Sicilia, inseguito a Roma ancora dalle mafie che lo vogliono zittire. Altri restano, resistono. Per loro le intimidazioni, le querele temerarie.

Oggi le mafie sono potenti. Ricche di denaro e protette da collusioni, lo sforzo dello Stato a tutto campo dopo le stragi del 1992 si è via via spento, affievolito. La “trattativa” vuol riprendere il sopravvento. La “trattativa” c’è stata sempre, a cominciare da Portella della Ginestra, per continuare con il delitto del bandito Giuliano in quel cortile di Castelvetrano di via Mannone, il 5 luglio del 1950, e poi ancora attraverso tantissimi altri episodi. Paradossalmente mentre Cosa nostra appare priva di vertici, di uomini, tantissimi sono quelli in carcere, in realtà è più forte di prima. Comanda oggi la nuova Cosa nostra, quella di Matteo Messina Denaro, latitante da 20 anni, la mafia dei colletti bianchi, dell’area grigia, non ci sono più punciuti, non ci sono più coppole e lupare, ma fedelissimi, e non solo parenti del boss, che vanno in giro in grisaglia e con le 24 ore piene di soldi per…corrompere, comprare voti, creare imprese. C’è un’altra mafia che già c’era, stava dietro le quinte, mentre c’erano i killer di Cosa nostra a fare il lavoro sporco, sicari in giro a uccidere e piazzare tritolo sotto le autostrade, come a Capaci, o sulle strade cittadine, come a Pizzolungo. I killer che faceva da service ad altri poteri.

Oggi le mafie sono potenti ma non trovano più strada facile per prevalere. Da Trapani a Messina e viceversa. I cittadini non vogliono più restare deboli e silenziosi, vogliono reagire. Reagiscono. A Trapani venerdì prossimo, 10 gennaio, promossa da numerose associazioni (ci siamo anche noi di articolo 21, assieme a Libera) si svolgerà una “agorà”, testimonianze di solidarietà e impegno, tanti chiederanno verità, giustizia, impegno serio, tutela dei magistrati, difesa della bellezza del territorio, chiederanno che i mafiosi, i collusi, i corrotti, i falsi, i bugiardi, gli ipocriti, vadano via, non stiano dentro le istituzioni. Cittadini che chiederanno una informazione vera, non ispirata, giornalisti senza il bavaglio e le autocensure. Cittadini che pretenderanno una informazione onesta, sia che venga dal servizio pubblico sia che venga dai network, piccoli e grandi, privati.

Si stanno facendo poche ma importanti cose. Basta alla lotta alla mafia come circolo mediatico, basta alle riforme che hanno più il sapore di un regolamento di conti che qualcosa di serio e veramente utile, pensiamo a quelle della giustizia, dell’informazione, alle riforme delle istituzioni. Evviva il populismo ma quello autentico, non quello che si è trasformato in chiasso, qualunquismo, ricerchiamo quel populismo che si chiama così perché prevede che la politica si muova ascoltando il più debole e lo aiuti, che punti a migliorare le condizioni di vita di tutti, a cominciare dalle classe meno abbienti, e non di pochi.

Che c’entra tutto questo con la lotta alle mafie? C’entra, eccome. C’entra perché la lotta alle mafie la si fa anche affermando i principi della democrazia, della libertà, dell’eguaglianza, davanti alla legge, davanti alle istituzioni libere che devono decidere e deliberare, applicando la regola costituzionale dei diritti e dei doveri, garantendo l’applicazione dell’articolo 21.
Oggi da Barcellona Pozzo di Gotto a Trapani è questo quello che viene chiesto. Ed è questo quello che Noi di articolo 21 chiediamo.

Il punto nella lotta alle mafie? C’è chi pensa ancora che tra mafia e antimafia possa esistere una posizione terza. Ci sono politici e uomini delle istituzioni che non dovrebbero stringere le mani di altri politici e di altri uomini delle istituzioni, che non mantengono la distanza di sicurezza dalle mafie. Ma ci sono tanti cittadini che hanno cominciato a tifare, non stanno più silenziosi sugli spalti, aggrediscono i mafiosi. Lo possono fare con le parole, ed è già buona cosa. Stanno dalle parte di chi viene intimidito per il suo lavoro serio. Non restano in silenzio dinanzi a quei pezzi dello Stato che restano come guardinghi invece di agire. Cittadini che hanno deciso di cancellare quello che una volta era un diffuso senso del rispetto (secondo le regole di mafia) ad ogni costo nei confronti del potente.

Non ci sono altre ricette per venire a capo dei misteri e dei gialli del nostro Paese. Solo questi comportamenti che più generali diventeranno maggiori garanzie potranno essere date perché certi vasi di pandora non restino ancora con i coperchi ben saldati. E che altri vasi di pandora possano essere nel frattempo riempiti.

8 gennaio 2014

 
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Morti di Stato, “Presadiretta” con la Costituzione

Post n°10911 pubblicato il 10 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

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Chi legge il Fatto ed i suoi blog ha già sentito parlare di molti dei “Morti di Stato” raccontati, con grande sapienza professionale, da Riccardo Iacona e da Giulia Bosetti nella puntata di lunedì di Presadiretta. Basterebbe ricordare, per fare un solo esempio, il film inchiesta “È stato morto un ragazzo“, realizzato da Filippo Vendemmiati, dedicato a Federico Aldrovandi, e distribuito proprio dal Fatto. Presadiretta ha avuto il merito, straordinario, di portare in prima serata e di dare un volto e una voce ai protagonisti di una impressionante sequela di tragedie e di casi di malapolizia: da Aldrovandi a Cucchi, da Sandri a Ferrulli, da Uva a Brunetti sino a Rasman.

I malpensanti hanno accusato la trasmissione di non aver dato spazio ai tanti casi di eroismo che hanno visto protagonisti poliziotti e carabinieri, di aver usato alcune “mele marce” per screditare tutto e tutti. Nulla di più sbagliato! Chi crede nella Costituzione e nell’ordinamento democratico ha il dovere di espellere le mele marce, di non proteggere eventuali illeciti, di non opporre un muro di omertà a chi indaga per ristabilire la verità, la giustizia, la legalità. Nei casi descritti, così come alla Diaz, questo non è avvenuto ed i casi sono stati riaperti solo dalla disperata volontà dei familiari, di alcuni avvocati, di qualche giudice coraggioso, di un pugno di giornalisti testardi e ficcanaso, che per fortuna esistono ancora.

Con la loro inchiesta i giornalisti di Presadiretta (e Rai3) hanno scritto una grande pagina del giornalismo di servizio pubblico, nel senso letterale della parola, e sarebbe doveroso che l’intero gruppo dirigente della Rai lo riconoscesse in modo formale. Paradossalmente il “ritorno alle inchieste”, la capacità di illuminare le periferie del mondo, potrebbe e dovrebbe essere la strada per la Rai del futuro. Nel frattempo ci permetteremmo di suggerire, senza malizia alcuna, alla ministra Cancellieri, e al suo collega Alfano, di fare una telefonata a Riccardo Iacona, di ringraziarlo, e magari di farsi dare una copia della trasmissione, in modo tale da trarne tutte le dovute conseguenze.

Nel frattempo il governo Letta potrebbe chiedere alle Camere la immediata approvazione delle proposte di legge che prevedono l’introduzione del reato di tortura dal momento che, dopo aver ratificato le convenzioni internazionali, il nostro Paese non è mai riuscito a dotarsi della relativa norma. Sarà interessante ed istruttivo vedere e sentire gli interventi dei sabotatori, di difensori di ufficio delle “mele marce” e dei “Morti di Stato”; forse sono gli stessi che, nei giorni della Diaz, stavano nella cabina di comando o fingevano di non sentire, di non sapere, di non vedere. Allora come oggi!

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/07/morti-di-stato-presadiretta-con-la-costituzione/833856/ 

7 gennaio 2014

 
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Qualcuno chieda scusa alle tre donne di casa Pinelli per l’ignobile falsificazione mandata in onda dalla Rai da brogi.info

Post n°10910 pubblicato il 10 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

Qualcuno chieda scusa alle tre donne di casa Pinelli per l’ignobile falsificazione mandata in onda dalla Rai sulla morte di Giuseppe Pinelli

mercoledì, gennaio 8th, 2014

 

 

 

Con i soldi che gli italiani “devono” pagare ogni anno – di nuovo proprio in questo mese – la Rai servizio pubblico si permette di mandare in onda falsificazioni così spudorate come quella realizzata ieri sera sulla morte di Giuseppe Pinelli, firmata dal regista Graziano Diana con fior di sceneggiatori e di consulenti storici (ben tre, complimenti). Tralascio il resto della fiction su Luigi Calabresi e torno su questa impudente versione offerta a milioni di italiani sul “suicidio” di Giuseppe Pinelli.

Com’è noto l’unico riscontro giudiziario è quello firmato allora dal giudice istruttore Gerardo D’Ambrosio che nel 1975 concluse con quel contestatissimo “malore attivo”. Com’è noto la verità giudiziaria non è andata purtroppo oltre quella formula bislacca con cui si è voluto chiudere il caso, ma che comunque non è il suicidio che i poliziotti del filmato invece gridano dalla finestra con quel “si è suicidato, si è suicidato”, quasi un coro liberatorio…

C’era fuori della porta della stanza in cui veniva interrogato Giuseppe Pinelli un altro anarchico, trattenuto anche lui illegalmente con un fermo che si sarebbe protratto fino al giorno dopo. E quel Valitutti ha sempre sostenuto di non aver visto uscire il commissario Calabresi dalla stanza, in cui erano – conclude D’Ambrosio – quattro poliziotti e un carabiniere. Delle menzogne di allora ci è stata risparmiata la frase messa in bocca a Pinelli “E’ morta l’anarchia”, mai confermata ufficialmente e comunque fatta circolare. Per fortuna non è stata raccolta neanche l’altra menzogna che allora venne fatta ugualmente circolare, quella di una scarpa di Pinelli che sarebbe rimasta in mano a un agente che perciò l’avrebbe trattenuto, solo che Pinelli sul selciato fu trovato con tutte e due le scarpe.

E poi tralasciamo la caduta “verticale” e altre questioni.

Resta l’adozione di quella versione del suicidio di Giuseppe Pinelli che trasforma la Rai, questa Rai con i suoi dirigenti ben pagati, in una gigantesca fabbrica della falsificazione.

Gigantesca perché con totale impudenza ha riscritto una pagina dolorosa del nostro passato a modo suo, scegliendo di trasformare qualcosa che ancor oggi non sappiamo come sia accaduto in qualcosa di certo e di certamente assolutorio per la Questura di Milano, guidata – ricordiamolo – da un uno come Marcello Guida che da giovane funzionario era stato direttore delle guardie di Ventotene e Santo Stefano durante gli anni del fascismo che lì nelle isole confinava e rinchiudeva oppositori antifascisti. Un uomo a cui in quei giorni del 1969 Sandro Pertini rifiutò di stringere la mano.

Graziano Diana è al suo terzo film tv, il primo gli era stato bloccato dall’allora ministro di grazia e giustizia. Fu poi mandato successivamente in onda. Ha fatto a lungo lo sceneggiatore, anche di vicende reali, dunque non è nuovo alla consultazione di documenti pur ovviamente restando libero in quanto autore di fiction di godere di una relativa libertà. Ma si può falsificare in questo modo una vicenda che ha rivestito un ruolo così centrale negli ultimi quaranta anni?

Io non ci sto. E mi auguro che anche altri lo dicano anche rivolgendo opportune interrogazioni in merito a questi disinvolti scempi, anche e soprattutto perché attuati con soldi pubblici, quelli della Rai. E qualcuno dovrebbe pure chiedere scusa alle tre donne di casa Pinelli.

 
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Diffamò Carlo Giuliani, Sallusti verso il processo da gllobalist

Post n°10909 pubblicato il 10 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

"Hanno fatto bene" aveva detto il giornalista durante una puntata di Matrix sul G8 del 2001. Il gip ha chiesto l'imputazione coatta.

martedì 7 gennaio 2014 17:59

 

Niente archiviazione per Alessandro Sallusti, il direttore del Giornale indagato con l'accusa di aver diffamato la famiglia di Carlo Giuliani, ucciso durante gli scontri del G8 del 2001 a Genova. Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari di Genova, Adriana Petri, respingendo la richiesta dei legali del giornalista e ordinando l'imputazione coatta, con la quale il pm è costretto a chiedere il rinvio a giudizio dell'indagato. 

"Hanno fatto bene! Hanno fatto bene!" questa la frase incriminata, riferita all'uccisione del giovane, pronunciata durante una puntata di Matrix dell'ottobre 2001, qualche mese dopo i fatti che misero a ferro e fuoco il capoluogo ligure. La frase venne duramente contestata da Paolo Ferrero, all'epoca segretario di Rifondazione, e scatenò una feroce discussione tra i due. E le parole del giornalista finirono nella querela presentata dai familiari di Carlo Giuliani, insieme al comitato intitolato a suo nome. Per il gip, i "dettagli falsi" riferiti e il "tono astioso" tenuto durante la trasmissione, esulano dal diritto di cronaca.

 
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Beppe Fiorello replica a Roberto Saviano "La fiction italiana è piena di eccellenze" da espresso

Post n°10908 pubblicato il 10 Gennaio 2014 da Ladridicinema
 

L'attore televisivo replica alla rubrica sull'Espresso dello scrittore, che attaccava il buonismo della produzione televisiva nazionale. "Ho raccontato storie di denuncia sconosciute ai più e ho lottato contro la censura. Non si deve generalizzare"di Beppe Fiorello






Beppe Fiorello replica a Roberto Saviano  La fiction italiana è piena di eccellenze
Dopo l'articolo di Roberto Saviano: " Quanto buonismo nelle nostre fiction ", l'attore Beppe Fiorello ha replicato inviandoci questo messaggio su Twitter. Pubblichiamo qui la sua opinione

Capisco la critica e le osservazioni sulla fiction italiana, ma come ho detto altre volte non accetto generalizzazioni. Personalmente ho raccontato storie importanti e talvolta scomode. Il manifesto allegato nel tweet precedente riguarda un tv Movie di circa sette anni fa. Raccontò la storia (insabbiata per vent'anni) di Graziella Campagna. Tutti sapevano nessuno parlava e proprio per questo la fiction venne censurata dall'allora Ministro della giustizia che disse: "Questa fiction turba la serenità dei magistrati". Assurdo.

Il tweet di Beppe Fiorello


Quella censura però non venne denunciata da nessuno. Soltanto io, il regista, la stessa Rai e De Cataldo (che non c'entrava nulla con il progetto) lottammo affinché quella scomoda verità andasse in onda.

Furono oltre sette milioni i telespettatori che poterono constatare quanto accadde alle spalle di una famiglia che non c'entrava nulla con il sistema Mafia e perse atrocemente una figlia di diciassette anni.
 
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