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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi del 18/03/2014
Post n°11291 pubblicato il 18 Marzo 2014 da Ladridicinema
"Cinecittà sta morendo culturalmente e fisicamente". Non è la prima volta che il circuito cinematografico e quello che rimane di una delle industrie culturali italiane lanciano un appello disperato per salvare uno dei luoghi-simbolo del nostro cinema. Questa volta, però, l'Associazione nazionale autori cinematografici chiedono l'intervento diretto del neo ministro ai Beni culturali, Dario Francescini, perché l'agonia sta portando Cinecittà "alla distruzione". "Dopo più di due anni di licenziamenti e di riduzione degli stipendi dei lavoratori e a seguito di un totale abbandono delle costruzioni, delle apparecchiature tecniche e delle aree verdi di via Tuscolana, con la chiusura di ogni qualsiasi attività cinematografica lo storico stabilimento è votato alla distruzione. Cinecittà sta morendo culturalmente e fisicamente. E gravi sono il silenzio e l'indifferenza della politica nei confronti di un progetto speculativo che si propone di edificare su un terreno, sul quale, ricordiamolo, è stato costruito il primo stabilimento cinematografico in Europa nel XX secolo e che ha dato all'Italia e al mondo intero esempio di alta professionalità artigianale, artistica e culturale, diventando così patrimonio dell'umanità", scrivono i dirigenti dell'Anac, annunciando la loro partecipazione alla manifestazione che il 19 marzo si terrà proprio davanti al ministero nella speranza di ottenere l'attenzione del governo. Per gli autori cinematografici, "la perdita di lavoro dei dipendenti e la perdita di un simbolo (e di un marchio) dell'Italia nel mondo non sono accettabili. L'Anac si impegna con determinazione a promuovere un progetto immediato di manutenzione e una proposta di rinnovo e di rilancio che veda presto il ritorno di Cinecittà a punto di riferimento del cinema mondiale e, naturalmente, del cinema italiano". Giusto ieri Paolo Sorrentino, regista del film "La Grande Bellezza" ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Roma dal sindaco Ignazio Marino.
Post n°11290 pubblicato il 18 Marzo 2014 da Ladridicinema
Fantastic Mr. Carlo è l'iniziativa organizzata nelle sale del cinema Lumiere, dal 12 marzo al 14 aprile. Verranno proiettati tutti i lungometraggi di finzione del regista padovano e cinque documentari, oltre ad alcune pellicole di registi non italiani che l'artista amava e aveva usato come fonte d’ispirazione per scrivere e girare i propri film Antonio Albanese, Fabrizio Bentivoglio, Maya Sansa, Roberto Citran e Giuseppe Battiston, sono questi alcuni degli ospiti che parteciperanno a Fantastic Mr. Carlo, il lungo arrivederci in immagini che la Cineteca di Bologna dedica al regista Carlo Mazzacurati, presidente della fondazione culturale bolognese dal gennaio 2012, carica tenuta nonostante la malattia fino alla sua morte avvenuta poco più di un mese fa. Nelle sale del cinema Lumiere, dal 12 marzo al 14 aprile 2014, verranno proiettati tutti i lungometraggi di finzione del regista padovano e cinque documentari, oltre ad alcune pellicole di registi non italiani che Mazzacurati amava particolarmente e aveva usato come fonte d’ispirazioneper scrivere e girare i propri film. E per ricordare il collega di lavoro, l’artista, o più semplicemente l’amico, arriveranno i collaboratori che con lui hanno scritto, montato, fotografato, interpretato e prodotto una filmografia mai vista e compresa abbastanza. “Carlo era un cinefilo onnivoro”, spiega lo sceneggiatore di fiducia Marco Pettenello al fattoquotidiano.it (in Cineteca il 22 marzo per presentare “Sei Venezia!” ndr), “a Fantastic Mr. Fox di Wes Anderson ci eravamo ispirati per preparare La sedia delle felicità, Il Grande Leboswki per La lingua del Santo e Il buio oltre la siepe prima de La giusta distanza. Per l’umorismo dei CoenCarlo andava giù di testa, ma apprezzava molti anche altri film che non abbiamo selezionato per la rassegna come La vita privata di Sherlock Holmes di Billy Wilder. Tutto questo si accompagnava ad un’attenzione per la realtà addirittura locale senza eguali”. La rassegna inizia mercoledì 12 marzo con Crumb, diretto nel 1994 da Terry Zwigoff e introdotto dall’editor di Adelphi Matteo Codignola, amico di Mazzacurati. Sempre il 12 la proiezione di Notte italiana, il film d’esordio che nel 1987 Alberto Farassino da Venezia definì “un film senza errori, che dà più di quello che promette, piccolo ma ben confezionato e nel senso migliore del termine”. A presentarlo saranno Marina Zangirolami Mazzacurati (moglie di Carlo), Angelo Barbagallo (produttore del film) e l’attore Marco Messeri. E così di seguito film e ospiti si avvicenderanno fino al 14 aprile: tra gli altri, il distributore Valerio De Paolis presenterà giovedì 13 marzo alle ore 20 Il prete bello, secondo film di Mazzacurati che De Paolis produsse nel 1989; Fabrizio Bentivoglio sarà al Cinema Lumière sabato 15 marzo alle ore 18 per presentare La lingua del Santo; Antonio Albanese venerdì 21 marzo alle ore 20 per Vesna va veloce; Maya Sansa mercoledì 9 aprile alle ore 20 per L’amore ritrovato; Isabella Ragonesedomenica 13 aprile alle ore 18 per l’anteprima dell’ultimo film di Mazzacurati, La sedia della felicità; a chiudere la rassegna, lunedì 14 aprile alle ore 20, Giuseppe Battiston, che presenterà La passione. “Tra le varie eredità che Carlo ci ha lasciato aveva pronti tre soggetti”, conclude Pettenello, “non so cosa ne faremo, di solito scrivevo per e con lui, sapendo già che quelle storie le avrebbe dirette lui dietro la macchina da presa”. Il programma completo su: www.cinetecadibologna.it
Post n°11289 pubblicato il 18 Marzo 2014 da Ladridicinema
Il 12 marzo 1989 Tim Berners-Lee presentava al Cern l’idea che avrebbe rivoluzionato le nostre vite: ovvero il World Wide Web. A Natale dell’anno dopo rese pubblico il codice che ne stava alla base e da allora il suo sviluppo è stato inarrestabile. In 25 anni sono successe e cambiate moltissime cose. Negli anni, il web è diventato parte integrante delle nostre vite, eppure molte delle cose che lo riguardano le ignoriamo. Il Guardian ne ha messe assieme 25, ne abbiamo selezionato 10 che sicuramente non conoscete, e che vale invece la pena. 1 Il web non è Internet Anche se molti ancora confondono le due cose, è bene chiarirlo: il web non è Internet. E’ solo una parte di esso, come lo sono Google oFacebook. Internet è la rete delle reti, collegate tra loro. Il World Wide Web è, come dice Wikipedia, “un servizio di Internet che permette di navigare ed usufruire di un insieme vastissimo di contenuti (multimediali e non) collegati tra loro attraverso legami (link), e di ulteriori servizi accessibili a tutti o ad una parte selezionata degli utenti di Internet”. 2 Berners-Lee non ha guadagnato un centesimo Nonostante avesse potuto commercializzarla, e convincere il Cern a farlo, Berners-Lee ha preferito che il web fosse una risorsa libera e totalmente gratuita. 3 Il suo capo non gli prestò molta fiducia Berners-Lee lavorava al Cern, e il suo superiore commentò come “vaga ma interessante” la sua idea. Aveva torto. 4 Il web che vediamo è solo la punta dell’Iceberg Il web è sterminato. Nessuno sa quanto grande sia. E quante pagine ci siano. E quante di esse non sono raggiungibili con link, e che sono accessibili solo con password. Molti esperti parlano di 2,3 miliardi di pagine “nascoste” sul web. 5 I link sono nati prima del web Il web è interamente basato sull’idea dell’ipertesto – documenti che rimandano ad altri documenti. E’ stato Ted Nelson nel 1963 a inventare gli iperlink. Ma i suoi ipertesti funsionavano solo all’interno dello stesso computer. L’idea di Berners-Lee fu quella di usare Internet per lineare documenti che si trovassero ovunque. 6 WWW è un acronimo linguisticamente unico Lo scrittore di fantascienza, Douglas Adams (Guida galattica per autostoppisti), ne è convinto: l’insieme delle tre WWW è unico, ci si mette più tempo a pronunciarlo che a capire cosa rappresenti. 7 Il web è dominato dalle Corporation Nonostante ognuno possa lanciare il proprio sito web, i primi 100 websites sono di proprietà di alcune grandi corporation, che hanno un unico obiettivo: provare a “diventare il web”. Questo è quello che stanno provando a fare Google, ad esempio, o Facebook. Provare a dare una serie di servizi di navigazione che non facciano uscire gli utenti dalle proprie pagine. 8 Dal web 1.0 al web 4.0 Il web ha vissuto le sue “ere”. Il Web 1.0 era composto da una serie di pagine con cui si poteva fare solo una cosa: leggerle. E così è rimasto fino ai tardi anni Novanta. Il Web 2.0 è il web alimentato dagli stessi internauti attraverso contenuti generati dagli utenti (dai blog ai social). Ora siamo agli inizi del web 3.0: ovvero di una serie di applicazioni che “capiscono” i contenuti di una pagina, i milioni di dati che ogni giorno vengono pubblicati. 9 web ha battuto tv e radio In termini di sviluppo e successo, un termine di misura è il raggiungimento di 50 milioni di utilizzatori. La radio ci ha messo 38 anni; la televisione 13. Il web 4. 10 Una questione di secondi Sulla maggior parte delle pagine stiamo meno di un minuto. I primi 10 secondi sono i più critici: è in quella frazione che decidiamo se restare o cliccare su altro. Se superiamo i 20 secondi le probabilità diminuisco. Dai 30 in poi finiremo quello che abbiamo iniziato a leggere. 10 Una questione di secondi Sulla maggior parte delle pagine stiamo meno di un minuto. I primi 10 secondi sono i più critici: è in quella frazione che decidiamo se restare o cliccare su altro. Se superiamo i 20 secondi le probabilità diminuisco. Dai 30 in poi finiremo quello che abbiamo iniziato a leggere.
Post n°11288 pubblicato il 18 Marzo 2014 da Ladridicinema
Nella (apparentemente) tranquilla provincia americana due bambine di sei e sette anni, Anna ed Eliza, escono a giocare insieme e svaniscono senza lasciare traccia. I genitori, fra di loro amici, reagiscono nei modi più disparati (e disperati): Keller, il padre della piccola Anna, comincia una caccia all'uomo senza esclusione di colpi, mentre sua moglie Grace si imbottisce di psicofarmaci per attutire il dolore e lo sgomento; Franklin, il padre di Eliza, cerca di non farsi travolgere dalla sete di giustizia di Keller, la moglie Nancy invece pare disposta ad appoggiarne i modi estremi. Il detective Loki avvia le sue indagini fra intoppi burocratici e depistaggi, e comincia a chiedersi di chi sospettare, dato che anche il comportamento di Keller si fa sempre più equivoco. E la cittadina di provincia rivela di avere più scheletri in cantina (letteralmente) di quanto si potesse immaginare. Primo film di produzione statunitense girato da Denis Villeneuve, il regista franco-canadese che ha firmato La donna che canta(candidato all'Oscar come miglior film straniero nel 2011), Prisoners va letto, e apprezzato, più nella sua valenza allegorica che nella sua funzione di entertainment. Il film gioca infatti sui codici del genere - la caccia all'uomo, l'indagine in corsa contro il tempo - da una prospettiva "altra", scardinando la costruzione classica dei personaggi - il padre amorevole, il poliziotto scrupoloso - per disseminarla di contraddizioni e dare spazio alla fallibilità di ognuno. La riflessione più ampia riguarda gli Stati Uniti, raccontati come un paese che ha perso la fede e la capacità di proteggere i propri "figli", pronto a ricorrere, e a giustificare, metodi disumani che classificano il nemico come una non-persona, privandolo della sua essenziale umanità. Un luogo in cui la paranoia ha sostituito il buon senso e il caos domina sull'ordine, al di là delle apparenze e delle false sicurezze dell'American way of life. Ognuno dei personaggi di Prisoners è, appunto, prigioniero di qualcuno o qualcosa, in primis di se stesso, incarcerato dalla paura, dal peso del passato, dall'inconsistenza della propria fibra morale. Il sottotesto religioso (fortissimo, a volte fastidiosamente invadente, ad esempio nell'uso reiterato di "musica da chiesa") serve ad illustrare il percorso penitenziale e la sete di redenzione di quasi tutti i protagonisti, che non sanno più distinguere fra giusto, lecito e necessario, persi nello smarrimento generale. Prisoners è l'amara parabola di una nazione che si domanda ancora se la tortura sia un mezzo accettabile per estorcere informazioni "indispensabili alla sicurezza nazionale", e che insegue una verità sempre più sfuggente e sempre meno assoluta. Non è un caso che il simbolo al centro della trama sia un labirinto senza apparente via d'uscita. E la componente perturbante del film, sempre pronta a sconfinare in zona horror, rimane dentro ben dopo la visione. La durata eccessiva del film va tuttavia a scapito dell'incisività della trama, e il budget consistente (o forse il maggior controllo creativo da parte della major produttrice) sembrano limitare l'autonomia autoriale di Villeneuve, più potente e compatto ne La donna che canta. Ma l'iconoclastia dello "straniero" all'interno di un format narrativo quintessenzialmente yankee è interessante e fortemente provocatoria. Il cast stellare mette il proprio talento, e la propria valenza iconografica, a favore di quest'opera di demolizione del mito (cinematografico) americano. Unica nota stonata il casting di Melissa Leo nei panni di un'anziana signora che, visivamente, attinge ad un archetipo cinematografico così ben consolidato da rischiare l'effetto spolier.
Post n°11287 pubblicato il 18 Marzo 2014 da Ladridicinema
Durante una visita all'ospedale per confortare l'amica Oonagh Shalney-Toffolo, nel 1995, la Principessa di Galles, Lady Diana, s'imbatte nel cardiochirurgo pakistano Hasnat Khan, con il quale avvia una relazione sentimentale segreta di due anni, fino a quando l'uomo non pone fine alla frequentazione per il veto della famiglia di origine e l'invadenza della stampa. Definito da alcuni amici della principessa come "l'amore della sua vita", Khan rappresenta un capitolo poco noto e insolitamente felice della favola tragica di Lady D., nonché il materiale drammaturgicamente ideale per raccontare gli ultimi anni della sua esistenza, quando la speranza di un futuro d'amore e libertà si scontra per sempre contro il tredicesimo pilastro del tunnel parigino di Pont de l'Alma. Il regista tedesco Oliver Hirschbiegel, già misuratosi con niente meno che la biografia di Adolf Hitler in La Caduta, e lo sceneggiatore di The Libertine, di cui ricordiamo il frasario accattivante ma anche spesso decontestualizzato e lasciato a navigare nel vuoto strutturale, devono essere sembrati chissà come il giusto team per questa impresa cinematografica che arriva in coda a una nutrita schiera di film per la tv sul personaggio di Diana Spencer e rimane saldamente incollato a un'estetica e a una narrazione tipicamente televisive, nonostante i differenti presupposti. Al di là della forzatura per cui il film prova a imputare l'impegno di Lady D. in campo umanitario, così come il suo risveglio di donna indipendente, alla vicinanza e allo stimolo di Hasnat, quando non mancavano i precedenti, è là dove la scrittura e la regia hanno carta bianca, nei momenti non altrimenti documentati di questo love affair difeso con forza dall'ingerenza di fotografi e tabloid, che il film dà prova del suo totale fallimento. Incapace o impossibilitato a inventare un privato di cui non si sa nulla, pensa male di appiattirsi su una sequela di momenti standard dell'innamoramento, validi per tutti e per nessuno, con la conseguenza primaria che il personaggio incarnato da Naomi Watts, non solo non assomiglia al modello a cui mira, ma non arriva a costituire nemmeno un modello altro. L'assoluto e veritiero affondare della vicenda biografica di Diana in una stagione specifica della storia della televisione, che ha trasformato per esempio il suo matrimonio e il suo funerale in eventi mediatici senza precedenti, non diventa parte del discorso cinematografico di Hirschbiegel né giustifica, però, a questo punto, il kitsch nel quale è immerso il film, con buona pace dell'attitutine di Diana per lo stile e l'eleganza. |
Post n°11286 pubblicato il 18 Marzo 2014 da Ladridicinema
L'ex bassista dei Pooh sul palco per festeggiare la secessione dall'Ucraina. Roby Facchinetti: "Lo rispetto, ma la sua presenza è molto discutibile" “Grazie Russia, grazie Crimea“. Riccardo Fogli sul palco in Crimea intona Compagnia e festeggia l’esito del referendum, che ha stabilito la secessione dall’Ucraina. L’ex dei Pooh, che è stato il primo bassista del gruppo dal 1966 al 1973, canta alla festa di piazza a Sebastopoli, davanti a decine di bandiere russe. “Grazie per avermi invitato – ha detto, come riporta il Corriere – io sono qui a rappresentare la pace, auguro la pace a tutti!”. Agita cartelli contro la Nato e grida “via i fascisti da Kiev“. Canta per mezz’ora alcuni dei suoi successi, tra cui Malinconia, Per Lucia ePiccola Ketty, tutti conosciuti dal pubblico. Fogli, infatti, è un artista molto conosciuto in Russia. Al giornalista del Corriere che gli chiede le ragioni della sua presenza risponde che “c’è un bellissimo sapore di festa. Di serenità. Tanta gente che salta. Io non vedo cannoni e carri armati, solo una grande folla felice”. Sull’assenza degli oppositori taglia corto: “Non mi fate entrare in discorsi che non conosco”. E aggiunge: “Mi sembra di stare a piazza San Giovanni il Primo maggio, o in un concerto di piazza del Duomo“. Ma la presenza di Fogli sul palco in Crimea è “molto discutibile” per Roby Facchinetti, storico leader dei Pooh, che aggiunge: “Rispetto il pensiero di Riccardo che per me è come un fratello”. Il cantante, a Milano per presentare il suo album solista ‘Ma che vita la mia‘, pur ritenendo “discutibile” l’esibizione dell’amico invita però a riflettere bene prima di individuare i ‘buoni’ e i ‘cattivi’: “La storia non la fa chi la vive in prima persona ma chi la scrive, e ciò che si legge – ammonisce Roby – non è quasi mai la verità, non sempre i cattivi sono i cattivi”.
Post n°11285 pubblicato il 18 Marzo 2014 da Ladridicinema
Il cantante italiano, ex Pooh, invitato a festeggiare il risultato del referendum: il 95,5 per cento ha detto sì alla secessione dall’Ucraina per unirsi alla Russia di Francesco Battistini, nostro inviato Riccardo Fogli (LaPresse) SINFEROPOLI – «Spasibo! Grazie, Russia! Grazie, Crimea!». Non è una storia di tutti i giorni, un’annessione. E nella grande festa sul palco di Sebastopoli, a pochi metri dalle navi della Flotta del Mar Nero, discretamente guardato dai ventiduemila soldati russi che due settimane fa hanno invaso la penisola, sale a cantare anche una voce italiana: Riccardo Fogli. «Questa è una grande festa di popolo!», dice l’ex Pooh alle sette di sera, quando entra nella piazza Nahimov, una distesa di bandiere bianco-rosso-blu e di ritratti di Putin. La serata è storica, il trionfo del Cremlino assoluto: Fogli è preceduto dall’inno dell’Armata Rossa. L’assistono quattro musicisti, è stato messo in cartellone assieme ad altri invitati per l’occasione: dai Boney M a qualche popstar moscovita. Viene acclamato da migliaia di russi, da cori che festeggiano la vittoria del referendum e il 95,5 per cento di sì all’indipendenza. «Viva Riccardo, viva la Crimea russa!». «C’è un bellissimo sapore di festa, di serenità» L’italiano è molto popolare nell’Est europeo, otto festival di Sanremo non si scordano: «Sono un po’ come Toto Cutugno, mi considerano l’ambasciatore della nostra canzone romantica». Ha mezz’ora di canzoni: «Malinconia», «Per Lucia», «Compagnia», e poi i sempreverdi «Piccola Ketty» e «Storie di tutti i giorni»… La piazza l’accompagna a memoria, in italiano. Acclama «la Crimea è Russia!», agita cartelli «No alla Nato!» e «Via i fascisti da Kiev!». Fogli s’emoziona: «Grazie per avermi invitato – grida -, io sono qui a rappresentare la pace, auguro la pace a tutti!». Nessun timore d’essere strumentalizzato, in una giornata elettorale che mezzo mondo giudica in realtà una farsa? «C’è un bellissimo sapore di festa. Di serenità. Tanta gente che salta. Io non vedo cannoni e carri armati, solo una grande folla felice…». Perché gli oppositori si sono nascosti, forse… E i soldati russi si sono ritirati dalle strade… «Non mi fate entrare in discorsi che non conosco. Sono un ospite, sono qui in punta di piedi. Mi hanno chiamato a festeggiare, unico italiano fra tanti artisti internazionali. Il sapore politico di questa cosa, io non lo sento. Vedo solo bandiere russe e ucraine insieme. Mi sembra di stare a piazza San Giovanni il Primo maggio, o in un concerto di piazza del Duomo…». «Sono uno peace and love, canto l’amore degli anni Settanta» L’ex Pooh è dal 4 marzo in tournée per la Russia: «Sono da sempre un grande amico di questo Paese. Venerdì, mi hanno contattato da Mosca chiedendomi di venire a cantare per l’indipendenza della Crimea. Ho risposto subito di sì. Sabato ho fatto un concerto a Saratov, domenica mattina alle quattro e mezza mi hanno messo a disposizione un charter privato. Ed eccomi qui. Appena atterrato in Crimea, ho cantato. Ora riparto subito per Mosca, 1.500 chilometri. Mi aspettano altre serate, tutto il mese…». Dice Fogli che prima di salire sul palco gli hanno messo in mano un foglietto, c’era qualcosa in russo da ripetere: «Io non sono portato per le lingue. Mi presentava un Claudio Cecchetto locale, non so neanche bene che cosa ho detto: amici miei, qualcosa del genere... Perché io sono uno peace and love, canto l’amore degli anni Settanta. Non entro nei dettagli… E so solo che per me è stato un grande onore, venire qui».
Post n°11284 pubblicato il 18 Marzo 2014 da Ladridicinema
Box Office Italia In vetta alla classifica del box office italiano rimane indisturbato 300 - L'alba di un impero, che non sembra aver avuto grandi concorrenti tra le nuove uscite. Al secondo posto rimane infatti il nuovo film di Ozpetek Allacciate le cinture, mentre per trovare una novità bisogna arrivare nel gradino più basso del podio con Mr. Peabody e Sherman che fa un esordio non troppo esaltante con poco più di 800.000 euro. Unico film degno di nota 12 anni schiavoche rimane ancora per questa settimana in classifica, al nono posto, oltrepassando la soglia dei 4 milioni. Probabilmente bisogna aspettare ormai l'arrivo di Captain America - The Winter Soldier per tornare a vedere grandi risultati.
Box Office Usa In America 300 cede invece il passo a Mr. Peabody e Sherman che supera così i 60 milioni di dollari. Interessante new entry a centro classifica: Single Mom's Club di Tyler Perry, storia di quattro madri single che formano un gruppo di supporto per superare i problemi delle loro difficili vite. Entrano in classifica nelle posizioni più basse anche The Grand Budapest Hotel e Veronica Mars, con risultati piuttosto deludenti. La prossima settimana arrivano i Muppets e Nymphomaniac.
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L'Huffington Post | Pubblicato: 15/03/2014 13:51 CET
L'appello degli autori cinematografici a Dario Franceschini