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Messaggi del 21/03/2014

 

Allacciate le cinture

Post n°11319 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 

 

Ferzan Ozptek sa come pochi indagare sentimenti e passioni e anche questo ultimo film, Allacciate le cinture, non sembra da meno, con il titolo che già dall'inizio sembra anticipare che durante la vita ognuno di noi dovrà avere turbolenze e problemi da risolvere. 

In una Lecce che scopre il boom economico pugliese, due ragazzi all'alba degli anni 2000, si incontrano prima odiandosi poi amandosi. Una è Elena che fa la cameriera in un bar e decide di diventare imprenditrice, per aprire un bar assieme al suo amico Fabio; l'altro è Antonio, meccanico, omofobo e razzista. I due, sono completamente diversi in tutto, eppure gli opposti si attraggono e tra i due inizia una storia. Dovranno come tutte le coppie affrontare le prove della vita, e soprattutto quelle della malattia che colpirà Elena 13 anni dopo. 

Ozepetek torna quasi alle origini con questo film, in un cinema che però negli anni è radicalmente diverso, così come l'Italia; a cui aggiunge un tocco di melò, senza però coinvolgere in maniera troppo personale lo spettatore.

I due protagonisti, bene o male funzionano. Da una parte la Smutniak è molto brava ed intensa nella sua parte, mentre dall'altra, Arca, che non ha tutti questi dialoghi, riesce in maniera quasi accettabile a svolgere la sua parte, che richiede quasi esclusivamente fisicità. 

Carla Signoris, Elena Sofia Ricci, Paola Minaccioni, Luisa Ranieri, Filippo Scicchitano, Carolina Crescentini e Francesco Scianna, personaggi di contorno servono a togliere un pò di drammaticità al film.

L'alternanza tra dramma e commedia appare però a volte un pò troppo forzata e non tutto si amalgama come dovrebbe.

Peccato che la canzone di Rino Gaetano, "A mano a mano", presente nel trailer, nel film sia usata solamente nel finale.

Bella la scelta di far convergere il tempo, quasi in maniera forzata e di scontro reale, tra il passato e il presente, o futuro, quasi a creare un cerchio. Scena che forse avrebbe dovuto chiudere il film.

Voto finale: 3+/5

Allacciate le cinture

Gli amori e il tempo. Ma non sono amori qualunque. Quello di Elena (Kasia Smutniak) per Antonio (Francesco Arca) è una passione improvvisa, travolgente e corrisposta. Ma è una passione proibita: Elena sta con Giorgio (Francesco Scianna) mentre Antonio è il nuovo ragazzo della sua migliore amica Silvia (Carolina Crescentini), e in più tra i due sembra non esserci alcuna affinità, né tantomeno stima. Ma l’attrazione tra Elena e Antonio esplode ugualmente, irrazionale, bruciante e contro ogni regola anche a scapito di scompigliare le vite di tutti, amici e parenti. Sono trascorsi 13 anni, Elena è sposata con Antonio, ha due figli e nel frattempo insieme al suo migliore amico Fabio (Filippo Scicchitano) ha realizzato il suo sogno di aprire un locale di successo. Le vite di tutti sembrano realizzate e le antiche turbolenze scomparse. Il nuovo equilibrio subisce però una scossa...

 
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Le ombre rosse da mymovies

Post n°11318 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 

 

Il famoso letterato e intellettuale Siniscalchi viene invitato a rendersi conto dell'attività di un Centro Sociale Giovanile che opera su più fronti che vanno dall'espressione artistica all'offrire temporaneamente un tetto a chi non ce l'ha. Al termine della visita che lo ha particolarmente colpito si lascia andare a una breve intervista in cui, citando André Malraux, afferma l'importanza di ricreare delle Case della Cultura. Quel Centro Sociale potrebbe esserne il primo esempio. La notizia fa il giro d'Europa e attrae l'interesse di un importante architetto 'di sinistra' nonché di politici che sono pronti a sostenere il progetto. Siamo negli anni dell'ultimo Governo Prodi. Quelli che sono più perplessi, tra depressioni ed esaltazioni, sono proprio i giovani del Centro Sociale. I quali, quando i progetti cominciano a concretizzarsi e il potere del denaro comincia a farsi sempre più opprimente, finiscono con il dividersi.
Citto Maselli non è più quello di Lettera aperta a un giornale della sera. Si potrebbe definire 'lapalissiana' questa affermazione considerati gli anni trascorsi da quel film. Ma il problema è un altro. Allora la denuncia era incisiva e vissuta dall'interno di un mondo pseudointelletuale in cui l'ideale non aveva alcuna intenzione di tradursi in pratica. Oggi, a uno sguardo ancora lucido sul distacco che si è venuto a creare tra una certa intellighenzia politica e la realtà, fa da contraltare un'idealizzazione forzata del mondo dei Centri Sociali che mostra come ormai lo stesso Maselli sia 'distante' dal microcosmo sociale che ci vuole raccontare.
Tralasciando la lunga visita guidata iniziale estremamente didascalica (le cui situazioni ci vengono poi successivamente e pedantemente riproposte) è lo sguardo complessivo che suona purtroppo retoricamente irreale. Quello che Maselli ci propone è un mondo ideale, una sorta di convento laico (non a caso assistono agli spettacoli anche suore 'di sinistra') in cui non circola neppure uno spinello e in cui le fanciulle sono tutte attraenti. 
La voglia di denuncia è rimasta intatta ma tutta la vicenda ruota attorno a 'personaggi', non a persone e questo rende l'intera narrazione stereotipa (si vedano, a titolo di esempio, i rappresentanti della Demobanca). Gli attori si adeguano a questa scelta e solo Fantastichini riesce a far fare uno scatto in più al suo architetto mostrandone con sottigliezza la protervia ammantata di falsa benevolenza di fronte alle nuove strutture sociali di aggregazione.
Se si aggiunge poi che il film (che avrebbe potuto concludersi con un'immagine, la più pregnante, davvero evocativa delle 'ombre' in cui si sono trasformati coloro che un tempo erano parte viva della sinistra) si prolunga invece in un finale tanto posticcio quanto ingenuamente proiettato verso il futuro, si può comprendere come le buone intenzioni non abbiano, purtroppo, trovato corrispondenza nell'esito complessivo. Peccato.

 
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Hunger Games - La ragazza di fuoco

Post n°11317 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 

Locandina Hunger Games - La ragazza di fuoco

Ritrovati i loro cari e il loro distretto, Katniss e Peeta si preparano al tour e alla gloria che li attende a ogni stazione. Partita suo malgrado e sotto la minaccia del Presidente Snow, che la scopre innamorata di Gale, Katniss si accorge molto presto di aver acceso la speranza nel cuore della gente di Panem. Accolta come un'eroina piuttosto che una star, Katniss morde il freno ma il ricatto di Snow la costringe a giocare il suo ruolo e a distrarre il popolo dai problemi reali. Temeraria e sfrontata, Katniss cresce tuttavia in fascino e ascendente. Allarmato dal suo credito, Snow decide di diffamarlo, a ogni costo, con ogni mezzo. L'incarico viene affidato a Plutarch Heavensbee, stratega volontario che ha sostituito il 'dimissionario' Seneca Crane. L'idea è quella di indire un'edizione straordinaria dei giochi in cui concorreranno i vincitori delle edizioni precedenti. Katniss e Peeta, di nuovo uniti e di nuovo in gara, emergono su un'isola tropicale, circondata da un campo di forza e piena di insidie. Stabilite rapidamente alleanze e ostilità, i due ragazzi cercano di sopravvivere. Ma questa volta Katniss e Peeta non sono soli. La ghiandaia imitatrice ha spalancato le ali.
La trilogia di Suzanne Collins, che biasima la società dello spettacolo e sottrae ogni alibi e pretesa innocenza alla nostra identità di spettatori, è giunta sullo schermo al suo secondo atto, riprendendo il respiro là dove l'aveva trattenuto. Un anno e un'edizione dopo gli hunger games tornano nell'arena per smascherare il vuoto che ci resta al di là del pieno della televisione. Al centro brilla la loro stella più luminosa, archetipo eroico, quello della guerriera, ridotto a meccanismo ludico. Ritrovati Jennifer Lawrence e Josh Hutcherson, Francis Lawrence succede a Gary Ross, ribadendo con lo spettacolo la dimensione morale. Meno risolto e coerente del primo, Hunger Games: La ragazza di fuoco è nondimeno un efficace episodio di passaggio che si fa carico delle premesse del primo, sottintendendo la rivoluzione e preparando l'epilogo. Intrepida e rutilante, Jennifer Lawrence incarna ancora una volta il sacrificio e ancora una volta lo rimanda, permettendo a chi la osserva, al di qua e al di là dello schermo, di ragionare sullo spettacolo come linguaggio in grado di mettere in circolo il potere. Katniss, attrice condannata a essere solo un oggetto scopico passivo, rivendica adesso il diritto a ritornare soggetto dentro una sequenza di grande bellezza, in cui sfonda il confine del mondo (artificioso) e rivolge il proprio sguardo sulla rappresentazione che contribuisce a realizzare. Sorteggiata per innescare la paura e il consumo, l'eroina di Suzanne Collins ispira la rivoluzione e come il guerriero di De André tira una freccia al cielo per farlo respirare. Di là poi c'è il buio che chiude sui suoi occhi spalancati e promette un posto in cui (ri)nascono le immagini. Perché quello che può spezzare la catena è la capacità (e la volontà) di riconquistare la propria immagine. Per sé e per il popolo di Panem, che ha declinato lo speculare circenses, dove i suoi figli vengono mietuti e 'tributati' senza onore al pubblico di Capitol City. Blockbuster 'di cuore', pieno di trucchi e di sorprese, feste pirotecniche e meraviglie barocche, Hunger Games: La ragazza di fuoco è una fantasmagoria costruita sulla produzione di morte 'vera'. Morte che ci attrae nella sua barbarie, che ci inchioda proprio come accade con il film di Francis Lawrence. Cinema della cattività, che aspira a realizzare una parabola fantascientifica sullo spettatore e sul bisogno di fruire sempre e solo di un'eccitazione continua. Il bello e il vero sono appannaggio di Katniss, che ha frecce al proprio arco per ridiventare soggetto di visione.

 
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Passioni e desideri

Post n°11316 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 

Locandina Passioni e desideri

A Vienna una giovane slovacca fa un provino per foto erotiche che la 'promuove' a prostituta da hotel ben pagata. Il primo a richiederne le prestazioni è un uomo d'affari che, scoperto da un possibile acquirente, viene ricattato. L'uomo ha una moglie che ama e che sta cercando di troncare una relazione con un fotografo brasiliano la cui compagna, venuta a conoscenza del tradimento, decide di tornare in Brasile...
Questo non è che l'inizio delle vicende che in un raggio di 360° (come suggerisce il titolo originale) coinvolgono e intrecciano le vite di numerosi personaggi. Il debito esplicito della sceneggiatura di Peter Morgan (Frost/Nixon - Il duelloHereafter) è nei confronti di Arthur Schnitzler che nel 1897 scrisse "Girotondo" in cui si metteva in scena una sorta di staffetta erotico-amorosa. Fernando Meirelles deve invece alla lezione di Robert Altman la sua capacità di tenere sempre a fuoco i numerosissimi personaggi a cui aggiunge verso la fine un servizievole split screen. Se la morale sessuale è sicuramente cambiata dai tempi dello scrittore austriaco i sentimenti di fondo degli esseri umani non lo sono altrettanto come ben sapeva Stanley Kubrick che proprio con Eyes Wide Shut, adattamento di un suo racconto, ha purtroppo concluso la sua carriera. Morgan sembra avere ben presente questa visione della contemporaneità anche se si permette una citazione un po' mimetizzata. 
La frase ritornante "Un saggio una volta disse: se sei davanti a un bivio imboccalo" non è precisamente di un saggio ma del giocatore di baseball Yogi Berra che, un po' come Eric Cantona, amava esprimersi per aforismi. Fatta salva questa licenza poetica il film, pur non brillando per originalità (il suo predecessore di maggior successo in tempi abbastanza recenti può essere individuato in Babel) ha il pregio di sottolineare come spesso nella vita il non detto nel campo dei sentimenti finisca con il complicare inutilmente le esistenze. Molti dei protagonisti vivono le proprie manifestazioni emotive come colpevoli. Che si tratti del businessman londinese che ama la moglie ma cerca una prostituta o del dentista musulmano che impone a se stesso di non desiderare la propria assistente in crisi matrimoniale, molti finiscono con il non dichiarare ciò che provano. Chi lo fa, come la giovane brasiliana in temporanea libera uscita dagli obblighi morali, finisce con l'aprire una visione diversa a uno sconosciuto anziano e ripiegato proprio sul senso di colpa.
Tutto ciò però non può farci dimenticare la responsabilità che abbiamo verso gli altri e proprio la vicenda della ragazza latinoamericana, ad un certo punto tutta incentrata su sé e sul proprio impulso del momento, ce ne mostra le possibili conseguenze. "La vita è l'arte dell'incontro" diceva il poeta Vinicius de Moraes.Passioni e desideri ce ne ricorda la complessità.

 
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Noi 4

Post n°11315 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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Non buttiamoci giù

Post n°11314 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 
Tag: trailer

 
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Festa del Cinema dall’8 al 15 maggio

Post n°11313 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

ssr19/03/2014
Dall’8 al 15 maggio torna la Festa del Cinema che prevede l’ingresso nelle sale per i 26 titoli nazionali e internazionali a 3 euro per i film in 2D e 5 euro per quelli in 3D. "L’iniziativa ha l’obiettivo di favorire, attraverso la riduzione del prezzo, l’aumento dell’afflusso nelle sale cinematografiche per fare apprezzare la vera bellezza e il fascino del grande schermo" si legge in una nota.
L’anno precedente si è registrata la presenza di 2.242.000 persone, il 66% in più rispetto alla settimana precedente. Anche in questa occasione Anec, Anem e Anica insieme ad Acec e Fice hanno deciso di affidarsi a Qmi per l’organizzazione dell'evento.

 
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Miele di Valeria Golino: successo in Usa

Post n°11312 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 
Tag: news

Ang19/03/2014
Valeria Golino alla conquista dell'America: il suo esordioMiele ha stregato la stampa statunitense, ricevendo un coro unanime di elogi. Il film, con Jasmine Trinca protagonista, è uscito in sala a New York e Los Angeles, per poi proseguire con Miami e Washington, convincendo i critici di molte delle più importanti testate statunitensi. 

"Imponente debutto!", ha scritto il New York Times. "Film esteticamente perfetto, quanto emozionante!", per il LA Weekly. "Jasmine Trinca, crea, con distaccata intensita', un personaggio totalmente avvincente e indimenticabile'', ha scritto il Los Angeles Time. "Una sorpresa, un'inaspettata delizia. Un'opera, matura e sorprendentemente cinematica!", secondo The Hollywood Reporter. 

 
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"Fuoristrada", un amore speciale

Post n°11311 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 
Tag: news

Cristiana Paternò20/03/2014
A guardarle sembrano due sorelle che giocano a truccarsi e scambiarsi i vestiti, in realtà sono marito e moglie, anche se quando si sono sposati, a Nemi, il sindaco, tra l'altro una donna, proprio non voleva unirle in matrimonio, tutte e due vestite di rosa con i boccoli biondi sulle spalle. Marianna e Beatrice, al secolo Pino Della Pelle, sono una coppia fuori da ogni convenzione eppure del tutto normale che il documentario di Elisa AmorusoFuoristrada, ci fa conoscere portandoci dentro la loro vita quotidiana con discrezione. Pino fa il meccanico, è appassionato di jeep, pilota di rally, ha vinto anche qualche coppa, nell’ambiente è soprannominato Girello per la sua capacità di far fare un giro completo a un fuoristrada senza spaccare il motore. Dal ’95 ha deciso di lasciare spazio al suo lato femminile e diventare Beatrice: ha cominciato a prendere gli ormoni, si è fatta il seno. Quando si è presentata in officina vestita da donna qualche cliente se n’è andato, molti hanno capito. Poi nel 2003, ha conosciuto Marianna, arrivata dalla Romania come badante. Se ne è innamorata subito e anche lei, pur perplessa all'inizio, ha finito per ricambiare. 

“Non mi piace la parola transessuale, io sono Pino e sono Beatrice”, dice semplicemente. Felice che il film che la racconta – menzione speciale al Festival di Roma – stia per uscire in sala con Luce Cinecittà, dal 27 marzo. La regista, trentatreenne, sceneggiatrice per Marco Ponti e Claudio Noce, al suo primo documentario, l’ha conosciuta attraverso una sua amica. “Mi disse: ti devo presentare il mio meccanico perché secondo me ci farai un film. E infatti appena ho incontrato Bea ci siamo messe a parlare dei suoi amori, dei suoi matrimoni, della sua vita che sembra un romanzo. Quando le ho proposto il film, mi ha detto che dovevo chiedere il permesso a sua moglie Marianna, che fa la sarta e ha il negozio vicino all'officina, a San Giovanni. È stato un po’ più difficile convincerla, ma alla fine ci hanno lasciato entrare nella loro famiglia che abbiamo seguito a lungo prima delle riprese, durate tre settimane”. Continua l’autrice: “Avevo chiaro che volevo raccontare soprattutto la loro storia d'amore, evitando il tono grottesco o surreale. Non mi interessava parlare di un meccanico di rally che diventa transessuale, ma di questa storia d’amore così strana, di Marianna che non sapeva cosa pensare e poi ha cucito lei stessa gli abiti da sposa per entrambe”. E neppure era importante denunciare l’atteggiamento della società, che pure trapela in qualche momento: “Posso dire - aggiunge Elisa Amoruso - che chi vede il film, indipendentemente dalla classe sociale o dall’età, finisce per essere toccato dal loro sentimento”. Senza nessun atteggiamento morboso o peggio scandalistico, la mdp segue la vita familiare della coppia, una vita di armonia e ironia. C’è il figlio di Marianna, Daniele, che in Beatrice ha trovato un secondo padre, anche se è guardato con sospetto da qualche insegnante. E c’è Katiuscia, la figlia del primo matrimonio di Pino. Tra padre e figlia il rapporto è difficile, quasi inesistente, ma il film in qualche modo li ha riavvicinati: “Non si parlavano da molto tempo – racconta l’autrice - avrei voluto averle nella stessa scena, ma poi ho deciso di non mettere Katiuscia nel video, perché mi sembrava una forzatura che avrebbe reso il film artefatto”. Quindi nel film si sente solo la sua voce. Ma adesso padre e figlia hanno ricominciato a parlarsi e la ragazza è andata a trovare Marianna, che è malata. “Il film – spiega Pino – mi ha aiutato moltissimo a capirla. Pensavo che fosse anche colpa sua se non ci vedevamo più, adesso che ho ascoltato le sue parole so di aver sbagliato al 99%. Spero che vedrà il film seduta accanto a me al cinema”. 

Prodotto senza finanziamenti pubblici (ma è riconosciuto d’interesse culturale) col marchio meproducodasolo in associazione con Youngfilms e Tangram, Fuoristrada ha avuto un percorso produttivo tutto in salita: “Rifiutato da tante istituzioni, ignorato in Rai, dove credo che spaventasse per l’argomento, mentre all'estero, dove ci sono fondi speciali per i progetti di argomento GLBT, avrebbe avuto vita più facile. Ora è stato apprezzato ai festival e il Luce è la prima istituzione che crede nel progetto”, racconta il produttore Alfredo Covelli. Mentre Beppe Attene per il Luce, spiega i motivi della convinta scelta distributiva: “Fuoristrada buca la barriera della tolleranza, che rischia di sconfinare in indifferenza e, secondo me, fa il paio con il documentario di Amelio, Felice chi è diverso. E poi rappresenta quella nuova onda di documentari in cui il linguaggio artistico torna ad essere importante, andando oltre il realismo nudo e crudo o l’estremismo programmatico”. Il film farà tappa ai Festival di Milano, Salonicco, Guadalajara e Monaco di Baviera, mentre Elisa Amoroso sta lavorando a un nuovo doc, storia di alcune immigrate diventate imprenditrici, stavolta con un finanziamento della Provincia di Roma.

 
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Dopo Berlinguer Sky pensa a doc su Moro

Post n°11310 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 

Cr. P.19/03/2014
"Dopo il Quando c'era Berlinguer di Walter Veltroni abbiamo intenzione di continuare con questo genere di proposta, vogliamo far raccontare altre figure storiche, politiche o comunque di impegno civile italiane. La prima su cui stiamo ragionando è quella di Aldo Moro". Andrea Scrosati, vice presidente Sky, responsabile di news, intrattenimento e cinema, anticipa così, all'Adnkronos, quale potrebbe essere il prossimo impegno produttivo di Sky sull'onda del doc di Veltroni dedicato a Enrico Berlinguer, prodotto appunto da Sky e Palomar, che sarà nelle sale dal 27 marzo e su Sky Cinema 1HD a giugno. "Sia chiaro, questo documentario nasce da un'idea di Veltroni e la sua particolarità è che a raccontare Berlinguer è appunto Veltroni, dal punto di vista di qualcuno che quegli anni li ha vissuti, che a quella storia ha partecipato. Questo - sottolinea Scrosati - è il modello che vorremmo replicare per raccontare altri protagonisti della recente storia italiana". 

Spiega Veltroni nelle note di regia: "Quando c'era Berlinguer non vuole essere una biografia completa. E' il racconto del modo in cui l'opera di Berlinguer è stata vissuta da un ragazzo di allora che non veniva da una famiglia comunista, ma che guardava con grande interesse e suggestione al lavoro coraggioso di un uomo che guidava un Partito Comunista verso approdi inimmaginabili in termini di novità politiche e culturali e di consenso popolare". 

 
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Bif&st mon amour

Post n°11309 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

Stefano Stefanutto Rosa20/03/2014

Un festival low budget - un milione e 300mila euro Iva compresa il costo complessivo - tiene a sottolineare Felice Laudadio ideatore e direttore del Bif&st che per la 5° edizione che si apre, come tradizione, al Teatro Petruzzelli con l’anteprima italiana di Noah di Darren Aronofsky con Russell Crowe. Tra gli altri 7 titoli delle Anteprime internazionaliWar Story di Mark Jack e nel cui cast figurano Vincenzo Amato e Donatella Finocchiaro; The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson, forse presentato dalla costumista Milena Canonero; The Invisible Man diretto e interpretato da Ralph Fiennes; in chiusura Fading Gigolodi John Turturro che ne è anche il protagonista insieme a Woody Allen.
Tra i 12 titoli di Panorama Internazionale, valutati da una giuria presieduta da Francesco Bruni e inediti in Italia, c’è il paranormal thriller Controra di Rossella De Venuto e la coproduzione Polonia-Svezia-ItaliaOnirica: Field of Dogs di Lec Majewski, una visionaria rilettura contemporanea della “Divina Commedia”.

Una giuria espressa dal Sindacato critici cinematografici assegnerà i premi diItaliaFilmFest/Lungometraggi (non opere prime o seconde), 11 titoli nazionali in concorso a cui s’affianca il tributo a Carlo Mazzacurati con la proiezione del suo ultimo lavoro, La sedia della felicità. Una giuria del pubblico, guidata da Giuliano Montaldo, premierà il miglior titolo di ItaliaFilmFest/Opere prime e seconde.
Il Concorso Documentari - cui ha contribuito per la preselezione Maurizio Di Rienzo - avrà una giuria del pubblico, presieduta dal critico Achille Bonito Oliva (leggi la news). 16 sono invece i cortometraggi diARCIPELAGO/ConCorto, selezionati da Stefano Martina e valutati da una giuria con a capo il produttore Nicola Giuliano.

Vasto e ricco di proposte è l’omaggio al grande attore di cinema, teatro e tv Gian Maria Volonté a 20 anni dalla scomparsa (6 dicembre 1994), già presentato da CinecittàNews qualche settimana fa.

Con la copia di Hiroshima mon amour, restaurata dalla Cineteca di Bologna, verrà omaggiato il regista Alain Resnais, morto da poco. Massimo Troisi, a 20 anni dalla scomparsa, verrà ricordato con: le lezioni di cinema del compositore Luis Bacalov e del regista Michael Radford; il focus di Ettore Scola, con il produttore Mauro Berardi, che lo ha diretto ben tre volte e la proiezione di Morto Troisi, Viva Troisi!, mediometraggio trasmesso da Rai 3 edi cui fu protagonista accanto a Benigni, Arena e Verdone. Ricordo anche di Carlo Lizzani con il corto Partigiano Carlo di Roberto Leggio, si tratta dell'ultima intervista del regista.

Sorrentino, Castellitto, Cristina Comencini, Bacalov, Radford, Gregoretti e Camilleri riceveranno i Fellini Platinum Award e terranno lezioni di cinema al mattino al Teatro Petruzzelli.
Tra gli Eventi speciali è in programma Andrea Camilleri. Io e la Rai di Alessandra Mortelliti, un’approfondita intervista , prodotta dalla Palomar, in cui lo scrittore siciliano ripercorre la sua lunga esperienza in Rai.
Officina Puglia presenta tra le numerose proposte pervenute da autori pugliesi, Pratapapumpapapumpa di Cosimo Damiano, un doppio omaggio all’incontro tra Matteo Salvatore, padre del folk, e Lucio Dalla.

Valeria Golino, Giuseppe Battiston, Barbora Bobulova, Isabella Ferrari, Edoardo Leo, Alessandra Roja, Elio Germano sono i protagonisti di Focus su…, una serie di incontri curati da Franco Montini, presidente del Sncci.
Bellezza, natura e cinema così s’intitola la sezione autonoma  di documentari organizzata in collaborazione con il Parco dell’Alta Murgia.
Previste anche due tavole rotonde: una sulla promozione all’estero del cinema italiano organizzata dal SNGCI con la partecipazione di Nicola Borrelli, Dg Cinema-MiBACT; l’altra intitolata “La critica cinematografica è morta! Viva la critica cinematografica!” organizzata dal Sncci.

 
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Franceschini: salvaguardare le professionalità degli studios di Cinecittà

Post n°11308 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 
Tag: news

ssr19/03/2014
Il Segretario Generale del MiBACT Antonia Pasqua Recchia e il Direttore Generale del cinema Nicola Borrelli hanno ricevuto una delegazione dei sindacati dei lavoratori di Cinecittà, nella conferma del livello istituzionale dei rapporti.
I sindacati hanno denunciato le criticità nella gestione di tutto il sistema Cinecittà e nel rispetto solo parziale degli impegni assunti e sottoscritti tra le parti. Il MiBACT ribadisce l’impegno nel rilancio di Cinecittà di un piano culturale e imprenditoriale, al fine di conservare e di valorizzare il grande patrimonio di Cinecittà, che comprende anche il patrimonio professionale delle maestranze, e creare sviluppo economico del complesso. In particolare si ribadisce l’impegno nella salvaguardia dei posti di lavoro
I sindacati chiedono che il ministero intervenga, per quanto nelle proprie possibilità, presso l’azienda per bloccare le dichiarate procedure di cassa integrazione e per le opportune valutazioni rispetto al licenziamento delle tre persone di Deluxe. Martedì 25 marzo il Mibact fornirà una tempistica stringente sui prossimi passaggi di confronto.

Il ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Dario Franceschini ha dichiarato: “L’incontro di oggi è stato un primo passo, ma il mio impegno è per un rilancio di Cinecittà che non solo valorizzi la sua gloriosa storia ma che gli restituisca nel futuro una nuova centralità internazionale. E' un dovere nei confronti del cinema italiano. Si sono persi troppi anni in lentezze burocratiche. Già martedì avremo un incontro con gli imprenditori privati che da anni sono in Cinecitta Studios. E' possibile in tempi brevi costruire un equilibrio che, anche attraverso interventi legislativi, consenta di attrarre produzioni internazionali, di salvaguardare l'occupazione e le tante preziose professionalità, e di riqualificare l'area, mantenendone l'irrinunciabile vincolo di destinazione. Anche di questo ho parlato stamattina con il Sindaco Marino”.

Davanti alla sede del MiBACT, in via del Collegio romano, si è svolta nel pomeriggio una manifestazione di protesta dei lavoratori di Cinecittà Studios, che ha avuto, tra gli altri, la solidarietà dell'Anac, presente con i registi Maselli, Scola, Gregoretti, Montaldo e Vicari.

 
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Torino Gay & Lesbian Film Festival dal 30 aprile al 6 maggio

Post n°11307 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 
Tag: eventi, news

Cr. P.19/03/2014
Tre omaggi in programma alla 29esima edizione del Torino Gay & Lesbian Film Festival (TGLFF), a Torino dal 30 aprile al 6 maggio. Per i vent'anni dalla scomparsa di Derek Jarman sarà proposto Caravaggio (1986) in versione restaurata. Philip Seymour Hoffman, recentemente scomparso, sarà ricordato con la proiezione di Flawless(nella foto) diretto da Joel Schumacher, che lo vede accanto a un grandissimo Robert De Niro. Il terzo omaggio è perLou Reed, a meno di un anno dalla scomparsa. Il suo storico concerto del 2006 a New York, nel corso del quale eseguì per la prima volta live i brani del suo celebratissimo album Berlin, è al centro di Lou Reed’s Berlin (2007), diretto da Julian Schnabel.

Degna di nota è la presenza della Corea del Sud, con 7 pellicole, di cui quattro del regista Lee Song Hee-il, molto attento alle problematiche sociali del suo paese. Classe 1971, Lee Song Hee-il tra il 1995 e il 2000 ha diretto un buon numero di cortometraggi, affrontando sin da subito in maniera decisa i principali problemi sociali della Corea del Sud. Tra i lungometraggi è da ricordare No Regret (2006), una delle prime pellicole apertamente gay del cinema coreano. Fra i suoi film presenti al festival, è di particolare interesse il recentissimo Night Flight (2014), che sarà al centro di una serata dedicata al tema del bullismo. Questo melò duro e violento, presentato all’ultimo Festival di Berlino, racconta le vicende di tre studenti sudcoreani in un crescendo di sopraffazioni e tensioni, fino alla resa dei conti con il passato e con le proprie identità.  

“Dalla Russia con amore” è il titolo della sezione dedicata alla confederazione di Stati dell’ex Unione Sovietica. I titoli in programma comprendono due lungometraggi: Sayat Nova (Il colore del melograno) di Sergej Parajanov – precursore della cinematografia gay in Russia già negli anni del regime, più volte arrestato – e Campaign of Hate: Russia and Gay Propaganda di Michael Lucas, oltre a tre cortometraggi. 

 
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Califano... L'ultimo concerto

Post n°11306 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 
Tag: news

Cr. P.20/03/2014
"Quello che intendo raccontare con questo film è quella che chiamo la 'terza vita' del maestro Califano. Se consideriamo la prima vita come quella in cui conobbe il successo, la seconda come quella in cui lo vide lentamente sgretolarsi, la terza vita è quella in cui provò con tutto se stesso a tornare in gioco, sfidando tutto e tutti". A parlare è il regista romano Stefano Calvagna che a quasi un anno dalla morte del Califfo ha deciso di rendergli omaggio con un film che intenderebbe presentare al Festival di Roma e portare nelle sale a novembre. Califano... L'ultimo concerto è il titolo del lungometraggio che racconta in 120 minuti la vita del musicista, mettendo in evidenza il 'dramma interiore' vissuto soprattutto nel periodo del declino, coinciso con l'insorgere della malattia che lentamente lo ha spento. 

"Califano è un esempio per tutti - dice il regista - ha dimostrato una grande forza, quella di andare avanti nonostante la 'gogna mediatica' al quale è stato sottoposto esorcizzando la malattia con ironia e continuando a cantare fino all'ultimo". Gianfranco Butinar, che conobbe personalmente il cantante romano, ha il ruolo del protagonista. Nel cast figurano anche Enzo Salvi, Nadia Rinaldi, Franco Oppini, Andrea De Rosa, Danilo Brugia, lo stesso Calvagna, Michael Madsen, Rossella Infanti, Roberta Scardola, Stefania Marchionna e Ascanio Pacelli. 

 
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Alpi-Hrovatin: governo, “Sì a desecretazione atti”. Articolo21, grazie ai 70mila firmatari” da articolo21

Post n°11305 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 

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La sottosegretaria Sesa Amici, a nome del governo, ha annunciato che anche l’esecutivo muoverà i suoi passi sulla strada verso la desecretazione degli atti relativi all’assassinio di Ilaria Alpi eMiran Hrovatin. Si tratta di un passo decisivo nella direzione dello sgretolamento di quei “muri di gomma” che,sino ad oggi, hanno impedito l’accertamento della verità giudiziaria”. Lo scrivono in una nota Stefano Corradino e Giuseppe Giulietti, direttore e portavoce di Articolo21 e autori della petizione che sul sito Change.org è stata firmata da 70mila persone.

“Seguiremo passo, passo, l’iter e le risposte che saranno fornite da chi aveva apposto il segreto. Questo risultato è anche il frutto delle 70 mila persone che hanno chiesto di mettere fine al regime dei segreti e della clandestinità. Un grazie infine a chi, come Luciana Alpi, i suoi legali, gli animatori del premio e della fondazione Alpi non hanno mai smesso di reclamare verità e giustizia.

20 marzo 2014

 
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Il talento che fa paura al potere

Post n°11304 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 

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20 marzo 1994, 20 marzo 2014. Vent’anni, oggi. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin venivano assassinati proprio 20 anni fa a Mogadiscio, davanti all’hotel Hamana dopo aver trascorso alcuni giorni nel nord est della Somalia, a Bosaso e sulla strada nel deserto, la strada costruita dagli italiani fra l’86 e l’89 dalla cooperazione italiana. Per Ilaria era il settimo viaggio in Somalia in poco più di un anno.

Oggi però vorrei riportare dei numeri, non solo delle date. Verrei scrivere i mille e quattrocento miliardi della cooperazione italiana spesi per la Somalia con tutti gli zeri che ci sono, 1.400.000.000.000. Mi ritornano come una eco questi zeri, la voce di Isabella Ragonese, bravissima, che li risuona come il filo conduttore dei rapporti fra Italia e Somalia. Undici zeri, dopo quell’uno e quel quattro. Ieri, alla sala Regina della Camera dei Deputati, nel recital teatrale “Africa Requiem” di Stefano Massini questa lunga fila di zeri ha riecheggiato come fossero essi stessi la strada per giungere alla verità. Un’altra Garowe Bosaso, la strada d’Ilaria.

1400 miliardi di lire: dov’è finita quest’impressionate mole di denaro? Strada Garowe Bosaso”. Sono questi gli appunti ritrovati su di un taccuino di Ilaria, nella sua scrivania in Rai a Roma. Si a Roma perché i taccuini che Ilaria aveva in Somalia, quelli sui quali aveva scritto il lavoro che stava facendo, sono spariti.

Un altro numero, 65.521. Sono le firme che in questo momento che sto scrivendo compaiono sul sito Change.org, sotto l’appello lanciato da Articolo21, da Stefano Corradino e Giuseppe Giulietti per chiedere la desecretazione di quei documenti depositati alla Camera dei Deputati riferiti alla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e ai traffici di rifiuti tossico nocivi.

Durante la commemorazione di ieri, la presidente della Camera Laura Boldrini, dopo aver ringraziato Articolo21 e Change.org per l’iniziativa, ha annunciato l’avvio delle procedure di sua competenza per chiedere la desecretazione dei documenti. Il tema vero è che i documenti sui quali è apposto in vincolo del segreto da autorità altre, ad esempio i Servizi Segreti, il potere di sciogliere questo vincolo è dei Servizi stessi che hanno come ultimo responsabile il Capo del Governo. Dunque l’appello oggi viene rivolto al premier Matteo Renzi e Laura Boldrini si farà promotrice di questa richiesta presso la Presidenza del Consiglio.

L’impegno è assunto davanti a Luciana Alpi: faremo tutto quanto in nostro potere per giungere alla verità. Noi, tutti insieme, associazione Ilaria Alpi, Articolo21, Change.org e tutti coloro che hanno sostenuto questa campagna, anche noi faremo la nostra parte, come abbiamo sempre fatto, affinché si giunga alla giustizia.

Roberto Saviano oggi su Repubblica ci riporta nella Terra dei Fuochi, con un importante monito a non lasciarsi ingannare da ciò che viene divulgato con lo scopo di ridurre i problemi, minimizzare i fatti o peggio ancora insabbiare e occultare.

Il Premio Ilaria Alpi  nel 2011 volle tributare a Saviano il Premio alla Libertà di Stampa. In quell’occasione Roberto Saviano ricordò Ilaria con queste parole: “Ilaria Alpi ha pagato con la vita perché era brava. A far paura è stato il suo talento ed è quello che lascia in eredita e che ci permette di dire oggi: io devo cercare di seguire questa traccia non solo l’impegno, la costanza e il coraggio, ma la bravura nel fare le cose. È un ricordarci che il talento mette paura al potere, dobbiamo essere bravi e l’unica speranza per l’Italia e puntare sulla nostra bravura. L’Italia è piena di talenti.”. <intervista a Saviano: https://vimeo.com/27191045>

Un impegno dunque per ciascuno di noi a fare bene ciò che siamo chiamati a fare perché un’Italia migliore sia possibile.

Da ieri in libreria “La strada di Ilaria”, il romanzo di Francesco Cavalli

20 marzo 2014

 
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LUCIANA ALPI: “Adesso ho più speranze”

Post n°11303 pubblicato il 21 Marzo 2014 da Ladridicinema
 

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Vent’anni di sofferenze, di battaglia per ottenere  Verità e Giustizia, per  superare i depistaggi che hanno tentato di coprire l’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Da quel pomeriggio del 20 marzo 1994, Luciana e Giorgio Alpi hanno chiesto solo di sapere cosa è successo. Perché la sofferenza non si può lenire  se non con la conoscenza: quella perdita di una figlia di soli 32 anni e così solare quanto determinata, ha lasciato un vuoto incolmabile. Ma almeno vedere che la verità si può raggiungere,si può far combaciare quello che si sa,che ormai è emerso dalle indagini e dalle inchieste, con una verità giudiziaria, accertata, stabilita da un tribunale. Questo sì: questo si deve fare,per onorare la memoria di due giornalisti uccisi solo perché avevano lavorato bene e capito  quel che stava succedendo nel vasto mondo dei traffici di rifiuti tossici e di armi coperti dai soldi della Cooperazione italiana. Era il 1994, in piena esplosione di tangentopoli,quella inchiesta poteva toccare e far esplodere connivenze e tangenti, ma anche servizi  deviati e inconfessabili complicità. Hanno cercato di coprire tutto uccidendo due  giornalisti. «Cinque magistrati, vent’anni di indagini, un solo colpevole, sicuramente innocente» dice Luciana Alpi.  Ma la storia ed il lavoro giornalistico di altri cronisti hanno ribaltato e aperto quei fusti maleodoranti e quegli armadi della vergogna.

“Ma non ancora  abbastanza per far riaprire le indagini,per dare giustizia e far uscire dal carcere una persona,condannata per mettere a tacere  tutto” dice Luciana Alpi (nella foto ieri alla cerimonia di commemorazione di Ilaria Alpi alla Camera con la presidente Laura Boldrini, ndr), rimasta sola dopo la morte di Giorgio Alpi ma che anche in nome del marito,porta avanti questa battaglia di giustizia e verità: “qualche tempo fa, dopo processi e commissioni d’inchiesta approdate a nulla ,avevo deciso di chiudere questa ricerca di verità. Mi ero detto basta,non ci credo più. Ma oggi ho più speranze:si oggi si…”

Perché si è appena conclusa la cerimonia alla Camera dei Deputati per i 20 anni da quella atrocità a Mogadiscio: un Requiem africano che appare come un possibile nuovo inizio. La presidente Boldrini ha annunciato la richiesta al Governo affinché si esamini la possibilità di togliere il segreto di Stato sulle indagini che riguardano i traffici di rifiuti. “Ho chiesto al governo”, ha spiegato il presidente Boldrini, “se permangono le esigenze di segretezza sugli atti relativi all’omicidio di Alpi e Hrovatin. Analoga richiesta è stata avanzata per gli armadi della vergogna”.  Un annuncio atteso, cui ha fatto seguito anche la trasmissione al Presidente del Consiglio della richiesta  analoga supportata da più di 60mila firme raccolte da Change.org   su una petizione di Articolo21. Luciana Alpi sente che si sta muovendo qualcosa, che forse si riapre la stagione dell’inchiesta. E’ una speranza che avanza dopo tante amarezze, anche se l’esperienza di questi venti anni è fatta di speranze e delusioni e poi ancora speranze. Una altalena di sentimenti talvolta spossante.Luciana, cosa ti ha fatto  indignare in questi anni?

«Questa mancanza di verità … Poi il modo di lavorare della Procura di Roma che non ha fatto niente, a parte i depistaggi… L’ho vissuto anche come una mancanza di rispetto per due persone morte in modo così atroce che mi ha fatto molto  arrabbiare ». 

Come nel suo stile, Luciana Alpi, passa dalla denuncia al ricordo. Di Ilaria quando andò in Egitto a studiare l’arabo e fece una intervista ai fratelli mussulmani che il governo di Mubarak voleva evitare; sino all’ultima volta che sentì la sua voce al telefono :«Ha telefonato due ore prima dell’agguato. Sono molto stanca – ha detto – adesso faccio la doccia, mangio qualcosa, poi devo preparare il servizio… Io e mio marito eravamo sollevati, perché dopo essere stata a Bosaso, finalmente era tornata a Mogadiscio, dove conosceva tutti. Due ore più tardi abbiamo ricevuto un’altra telefonata. Era la Rai…».  

Dai ricordi alla ricerca del perché: quell’ultima intervista al sultano di Bosaso,vista e rivista:«Centinaia di volte. In Italia sono arrivati 35 minuti di girato, 13 minuti di domande. Ma è stato lo stesso sultano Bogor a dichiarare che quell’intervista, in realtà, era durata  due-tre ore.Io credo che in quella intervista ci sia la chiave della morte di Ilaria e Miran.. Lo ha detto il sultano stesso: Ilaria cercava conferme. Sapeva quindi del traffico di armi e rifiuti. Voleva  vedere la nave della Shifco, donata dalla cooperazione italiana. Di questo si stava occupando quel giorni…Nei taccuini su cui Ilaria aveva preso degli appunti, per esempio, c’erano scritte molte cose: i 1400 miliardi di lire della Cooperazione italiana; la strada Garore-Bosaso, fatta sempre dalla nostra Cooperazione; il nome di Mugne, l’armatore di una flottiglia italo-somala; quello di Marocchino, l’imprenditore che gestiva l’approvvigionamento delle nostre truppe. Ilaria indagava sul traffico di rifiuti e cercava risposte sullo scandalo che coinvolgeva il nostro ministero degli Esteri, quello della Difesa, i nostri Servizi, le società coinvolte nello scambio armi-rifiuti. Noi fomentavamo una guerra che eravamo andati a placare. Lo scandalo era enorme. Soprattutto in quell’epoca…E poi  ricordo che mi disse di voler chiedere di restare ancora qualche giorno in Somalia…Doveva partire perché ormai i  soldati italiani stavano andando via,ma lei voleva andare a Kysmaio,che è un altro porto della Somalia. Voleva altre conferme, forse c’era di più in quella intervista che non è mai arrivata a noi.Tagliati i nastri; e poi sono scomparsi anche i taccuini degli appunti…Dopo alcuni anni ho notato in uno speciale televisivo fatto di Gianni Minà che all’aeroporto di Ciampino quella notte del ritorno a casa delle bare di Ilaria e Miran,i  bagagli di mia figlia erano stati aperti. Ma da Luxor erano partiti con i sigilli…».  

Misteri svelati sempre parzialmente dai processi che si sono svolti; svelati più dai giornalisti che dai magistrati, senza mai arrivare ad una verità giudiziaria finale, con addirittura conclusioni sbalorditive della commissione d’inchiesta parlamentare  guidata dall’avvocato ex deputato, Carlo Taormina che ha parlato di un tentato rapimento…«Ilaria e Miran sono stati uccisi con  colpi sparati da distanza ravvicinata. Non credo che si faccia così quando si vogliono prendere degli ostaggi… Strano sequestro, quello che prevede l’esecuzione dei rapiti…».  

E poi Taormina che  dichiara: ma quale sul traffico d’armi,tutti sapevano che la Somalia era un grande mercato d’armi a cui l’Italia partecipava attivamente:«Sono rimasta senza parole” ontinua Luciana Alpi; “Persone delle nostre istituzioni che si permettono di dire cose del genere, nella totale indifferenza…». Se per quello sappiamo anche che è arrivato a dire che Ilaria e Miran erano andati lì in vacanza… «Una cosa talmente volgare,  non gliela ho mai  perdonata. Poteva dire: mi dispiace, non abbiamo trovato niente, l’inchiesta era difficile. Avrei capito…».

Parole in libertà per coprire altri depistaggi? Forse, ma certamente negli atti della Commissione d’inchiesta ci sono altri documenti importanti. Tutti ancora secretati. Alcuni invece spariti, come il certificato di morte di Ilaria e Miran.Nel 1995, la procura di Reggio Calabria indagndoa su un traffico internazionale di rifiuti tossici, fa una perquisizione a Milano a casa dell’ingegnere Giorgio Comerio. Dentro una cartellina gialla con sopra scritto «Somalia», viene trovato quel certificato di morte . E poi?  

«Nulla. Quel certificato non si è più trovato. Sparito. E adesso dicono che non era vero niente. Il mio avvocato, Domenico D’Amati ed io siamo stati chiamati dal pm Francesco Neri, il titolare dell’inchiesta. Ha voluto incontrarci qui a Roma. Le sue parole non erano fraintendibili, ci ha spiegato che in quella cartellina c’era il certificato di morte e che c’era anche altra documentazione. Tutto sparito nel nulla».  

Una parola ferma Luciana Alpi la vuole ripetere sull’unico condannato per la morte di Ilaria e Miran, Hashi Omar Hassan, rinchiuso a Padova da quasi 10 anni.«L’unico condannato per l’omicidio di mia figlia, mi ha telefonato pochi giorni fa da Padova, al primo permesso fuori dal carcere. Lui anche al processo mi chiamava mamma “Ciao mamma, come stai? Volevo ringraziarti” E perché? gli ho chiesto. E lui mi ha risposto: Il magistrato mi ha fatto uscire perché tu racconti in giro che sono innocente.E lo ridico ancora, qui. Vorrei la verità sulla morte di Ilaria e Miran anche per Hashi, definito nella sentenza di primo grado esattamente per quello che è: un capro espiatorio».  

Ma perché non si vuole la verità?  «Ci sono state troppe collusioni. Probabilmente sono implicati personaggi importanti anche delle istituzioni…che devo pensare ,che  forse aspettano che muoiano… Ma temo che morirò prima io, il che mi da parecchio fastidio… Comunque il 6 marzo scorso abbiamo incontrato il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone. Mi ha detto che andranno avanti. È stato molto gentile e non tutti lo sono stati. Ma ora speriamo che tolgano il segreto da quella montagna di carte  ancora da esaminare e leggere per via di quel Segreto di Stato..Anche se non so cosa ci faranno leggere e vedere… Sono 8000 documenti…”

Di Ilaria,comunque ci resta molto,anche se,come dice Andrea Vianello (oggi direttore di RAI3, entrato in azienda con un concorso voluto dal sindacato Usigrai  proprio insieme ad Ilaria Alpi) questo ed altro, il ricordo e la memoria,quel viaggio e quella inchiesta comunque no, non ne valevano la pena.  Perché di Ilaria e Miran ci manca la vita e per noi che l’abbiamo vista arrivare  al TG3, ci manca il suo visoed il suo sorriso, così come amnca alla mamma:” «Il suo sorriso…. era molto spiritosa…Ma non voglio farne un monumento simbolico. Era una giovane donna, che aveva  studiato molto. Era diligente, faceva le cose in modo serio. Prima di un servizio si documentava a fondo, studiava. Era determinata».  

Ed è diventata un simbolo positivo,di un giornalismo coraggioso ma semplice, che ha seguito le rotte di questo nostro mestiere,fatto di passione e competenza. Oggi non solo è viva nella memoria collettiva, soprattutto dei giovani, ma è un simbolo di speranza,di futuro,anche se non c’è più fisicamente. E’ la capacità di vivere sempre delle persone e dei percorsi di vita giusti, semplicemente giusti. “ Le hanno dedicato canzoni, strade, articoli, film, libri. Molti giornalisti ancora lottano per lei. Presto le verrà intitolato un parco… E un ragazzo di 28 anni chiamerà “Ilaria” un nuovo tipo di rosa, che verrà piantato all’orto botanico di Roma, a maggio. Mi commuove molto» conclude Luciana Alpi. Che con determinazione continua la sua vita di memoria, di vuoto per quella figlia che le è stata strappata, ma anche di ricerca di verità..  «È morto mio marito. È morta anche  la gattina che Ilaria aveva raccolto in mezzo alla strada…. Ma io non mi arrendo. Voglio vedere se le nostre Istituzioni hanno il coraggio di affrontare la verità. Voglio capire perché Ilaria e Miran sono stati uccisi. Ottenere la conferma di qualcosa che tutti i  protagonisti conoscono. Ma che l’Italia ha paura di ammettere.Continuerò a combattere per la verità. Cos’altro potrei fare?». 

20 marzo 2014

 
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