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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi del 29/04/2015
Post n°12344 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
Post n°12343 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
Cr. P.27/04/2015 Moretti, Sorrentino, Garrone: è questo l'ordine con cui i tre italiani passeranno in concorso al festival di Cannes. A giorni saranno ufficializzate le proiezioni già comunicate informalmente ai singoli produttori. I tre autori avevano diffuso una foto scattata insieme (sembra al cinema Nuovo Sacher) e l'idea del team tricolore è stata raccolta dagli esercenti del circuito Ferrero dove, prima di Mia madre di Nanni Moretti, gli spettatori guardano i trailer di Youth di Sorrentino e del Racconto dei racconti di Garrone. I trailer (il cui passaggio sugli schermi è pagato dalle distribuzioni) sono impaginati infatti nei singoli esercizi.
Mia madre di Nanni Moretti, già nei cinema italiani (ha superato i 2 milioni di euro nell'ultimo weekend), avrà la premiere al Palais il 16 maggio. Il 20 alle 19 anteprima mondiale di Youth - La giovinezza di Paolo Sorrentino che Medusa farà uscire in sala in Italia il giorno stesso, probabilmente, per cortesia nei confronti del festival, a cominciare dallo spettacolo serale. Il 22 sera tocca invece al Racconto dei racconti di Matteo Garrone: gli spettatori italiani potranno vedere il kolossal fantasy prima di Cannes visto che la data di uscita è stata definita da 01 per il 14 maggio. Di quest'ultimo film circolano due trailer che mostrano spezzoni del fantasy dark ispirato al seicentescoRacconto dei racconti di Giambattista Basile. Garrone, nell'intervista a Ciak per lo speciale Croisette, ammette: "Il mio riferimento è Il Trono di spade. Sesso, magia, fango. Non mi interessano le etichette, film per tutti, film per adulti, un film deve appassionarti, sorprenderti e farti piangere, è questo il cinema. Per me poi la vera vittoria è aver tenuto testa alla macchina complessa di produzione, ogni giorno cento persone sulle tue spalle, un attimo di distrazione e puoi rimanere schiacciato. Io, come nelle fiabe, spero di aver dominato il drago".
Post n°12342 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
Cronaca Il presidente della Repubblica a Milano al Piccolo Teatro è stato accolto dalla platea che ha intonato "Bella ciao": "No alle equiparazioni tra le parti". E ha poi parlato di futuro: "Non è vero che siamo imprigionati in un presente irriformabile". Scontro a distanza su piazzale Loreto. Il sindaco Pisapia richiama l'eccidio perpetrato dalla Brigata Muti nel '44, Storace esorta il capo dello Stato a "portare un fiore" per Mussolini: "No a pagelle su parti giuste e sbagliate" di F. Q. | 25 aprile 2015 “Per noi democrazia vuol dire anche battaglia per la legalità. Vuol dire lotta severa contro la corruzione. Vuol dire contrasto aperto contro le mafie e tutte le organizzazioni criminali. Sono una piaga aperta nel corpo del Paese”. Sergio Mattarella a Milano per il 70esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo ha parlato di Costituzione e partecipazione, ma soprattutto è tornato ad attaccare, come nel suo discorso di insediamento da presidente della Repubblica, quelli che considera i mali del Paese. “Le istituzioni”, ha continuato, “devono tenere la guardia alta e chiamare a sostegno i tanti cittadini e le associazioni che costituiscono un antidoto di civismo e di solidarietà. Abbiamo una strada non facile davanti a noi. Ma le nostre radici hanno ancora molta linfa. I nostri padri ci hanno dato moltissimo e onorarli, per noi, comporta l’onere di compiere nuovi passi. La festa della Liberazione è un incitamento a tenere la schiena dritta, ad essere fedeli a noi stessi”. Accolto dalla platea del Piccolo Teatroche ha intonato “Bella Ciao”, il capo dello Stato ha parlato del passato, ma anche del futuro. “Battersi per un mondo migliore è possibile e giusto, non è vero che siamo imprigionati in un presente irriformabile”. Video di Francesca Martelli Mattarella ha poi ribadito il suo “no” alle pericolose equiparazioni tra i campi, un’idea anticipata nei giorni scorsi e che segna una importante presa di posizione del presidente della Repubblica: “Non c’è equivalenza possibile tra la parte che allora sosteneva gli occupanti nazisti e la parte invece che ha lottato per la pace, l’indipendenza e la libertà. Pietà per i morti, rispetto dovuto a quanti hanno combattuto in coerenza con i propri convincimenti: sono sentimenti che, proprio perché nobili, non devono portare a confondere le cause, né a cristallizzare le divisioni di allora tra gli italiani”. Il presidente della Repubblica davanti a politici e giovani studenti delle scuole ha poi sostenuto l’importanza del ricordo e del rendere omaggio a chi ha combattuto per ricostruire l’Italia: “La rivolta morale del nostro popolo contro gli errori della guerra, contro le violenze disumane del nazifascismo, contro l’oppressione di un sistema autoritario non è esercizio da affidare saltuariamente alla memoria. Stiamo parlando delfondamento etico della nostra nazione”. Nel discorso Mattarella ha anche inserito all’ultimo momento un riferimento all’Expo che sarà inaugurato proprio a Milano il primo maggio (alla cui apertura però il presidente non sarà presente): “Abbiamo una strada non facile davanti a noi, impegnativa, ma anche esaltante e penso ai prossimi mesi con Expo a Milano che deve essere un indice del nostro impegno per il futuro”. Il presidente della Repubblica in mattinata ha deposto la corona d’alloro all’Altare della Patria per la cerimonia ufficiale. Al suo fianco il capo del governo Matteo Renzi, il presidente del Senato,Pietro Grasso, il vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti, il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, e il presidente della Corte Costituzionale, Alessandro Criscuolo. I riflettori del 25 Aprile si sono quindi spostati a Milano, dove Mattarella è arrivato attorno alle 12. Il presidente della Repubblica si è recato al Piccolo Teatro, dove ad accoglierlo c’era il sindacoGiuliano Pisapia e il presidente della Regione, Roberto Maroni. Il Piccolo teatro fu la sede della Brigata Muti, responsabile anche dell’eccidio di piazzale Loreto: “E’ un giorno importante e parliamo non solo di futuro, ma anche di passato”, ha detto Pisapia. Non mancano però le esortazioni di segno contrario, che hanno per oggetto peraltro la stessa piazza milanese, dove fu esposto il corpo di Benito Mussolini proprio in riposta al massacro dei 15 partigiani avvenuto il 10 agosto 1944: “Dal presidente della Repubblica mi attendo un gesto, un fiore a piazzale Loreto, per dire che la guerra è finalmente finita e che la stagione dell’odio va definitivamente archiviata”, scrive Francesco Storace, segretario de La Destra e vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio. “Ma ci deve essere un virus al Quirinale, che impedisce di cogliere il significato dell’espressione ‘riconciliazione nazionale’. Mi chiedo che senso abbia, dopo 70 anni, la pagella sulle parti giuste e sbagliate“. Polemico anche il leader del Carroccio Matteo Salvini: “Peccato che oggi tante bandiere rosse occuperanno le strade, appropriandosi di un 25 aprile che fu anche altro. Liberali e democratici, cattolici e federalisti, non solo comunisti”.
Post n°12341 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
da thelastreporter.com La Liberazione non è solo politica, ma anche culturale. Antonio Gramsci ci consegna i “Quaderni del carcere”, contenenti l’idea di una libertà che una cella non può contenere. Antonio Gramsci (1891-1937) è stato uno degli esponenti più importanti del panorama politico e culturale del Novecento. Il suo ruolo, come intellettuale e politico, nella fondazione del Partito comunista italiano (1921) e del giornale l’Unità (1924) rappresenta il contributo fondamentale allo sviluppo del discorso marxista in Italia. La rielaborazione del Marxismo, adattato alla situazione politica ed economica italiana, trova riscontro pratico nel concetto di “guerra di posizione” che, al contrario di quanto avvenuto in Russia nel 1917, sarebbe dovuto essere un processo rivoluzionario lento e non dirompente. La sconfitta del capitalismo e l’affermazione del proletariato come classe dirigente è un tema centrale. L’ostilità nei confronti del Fascismo caratterizza l’impegno parlamentare, ed extraparlamentare, di Gramsci, che ne condanna la natura reazionaria e antiproletaria. Il Fascismo è espressione della crisi della borghesia, negli anni successivi alla Prima guerra mondiale, e dei suoi interessi. Una piccola borghesia che stringe alleanze con il mondo industriale e agrario. Nel 1927, Gramsci, accusato di attività cospirativa, viene condannato a 40 anni di reclusione. Nel carcere di Turi, presso Bari, scrive i Quaderni del carcere. Trasferito per problemi di salute, muore nella clinica di Quisisana nel 1937. I “Quaderni”. I Quaderni del carcere raccolgono riflessioni, appunti e note che Gramsci scrive nel periodo di detenzione. Il titolo è una scelta editoriale: l’essenza frammentaria e discontinua indica un’opera che non era destinata alla pubblicazione. Dal 1929 al 1935 Gramsci compila 33 quaderni, in cui sono contenute meditazioni su argomenti politici, economici, culturali e linguistici. Il limite è imposto dall’isolamento: la negazione dell’accesso a fonti e libri rivela il carattere incompiuto dell’opera. Ma non c’è una resa nei confronti di questa impossibilità, l’impegno e lo sforzo intellettuale di Gramsci rivelano la necessità di dare una sistemazione a pensiero e argomentazioni. Esistono due edizioni dei Quaderni. L’edizione curata da Palmiro Togliatti e Felice Platone, pubblicata in sei volumi, tra il 1948 e il 1951, ordina i quaderni secondo uno schema tematico: Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura, Il Risorgimento, Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno, Letteratura e vita nazionale, Passato e presente. L’edizione critica, curata da Valentino Gerratana, costituisce un lavoro filologico più accurato e approfondito e tenta di rispettare la struttura incompleta e irregolare dell’opera, tenendo conto anche della sequenza cronologica. Egemonia e rivoluzione passiva. La concezione gramsciana della Storia rompe con la tradizione marxista e rifiuta le teorie dell’idealismo di Benedetto Croce. La Storia non è interpretata in termini finalistici, per cui gli eventi hanno una direzione che porta a una conclusione prestabilita e necessaria, ma è un campo aperto in cui forze contrapposte si contrastano e tentano di prevalere, sono equilibri in divenire. In questo contesto si inserisce il concetto di egemonia, intesa come direzione culturale e acquisizione del consenso attraverso la persuasione. Da qui la differenza rispetto all’idea di dominio, in cui il dato della forza è determinante. L’obiettivo egemonico di una classe sociale non è solo l’adesione di tutti i gruppi e la creazione di un modello condiviso, ma anche il cambiamento della concezione del mondo. La classe divenuta dirigente esercita il controllo attraverso gli intellettuali e indica la direzione. Struttura e sovrastruttura devono coincidere: all’unità ideologica deve corrispondere un’eguale risultato economico. L’analisi storica dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento rappresenta lo sforzo di Gramsci di comprendere il presente. La rivoluzione passiva è un cambiamento della situazione culturale, sociale ed economica operata dalle classi dominanti e imposto agli altri gruppi. Se negli Stati Uniti il fordismo, in campo economico, e l’americanismo, in campo culturale, sono stati un esempio di rivoluzione passiva, con l’idea della razionalizzazione del lavoro e del progresso capitalista, in Italia il Fascismo ha cercato di riaffermare la borghesia come classe dominante con una manovra dall’alto. La rivoluzione del proletariato ha il compito di concludere ciò che il Risorgimento ha lasciato incompiuto. Gli intellettuali e la cultura. L’intellettuale, garante dell’ideologia, è determinante nella dialettica dello scontro tra classi: l’egemonia è la vittoria culturale di una porzione sociale, diretta e organizzata dal lavoro dell’intellettuale. Il Fascismo, pur contando su ideologi e pensatori, ha fallito nella pretesa di imporre una cultura originale e compatta. La cultura fascista si riduce a una commistione di suggestioni filosofiche e politiche che fanno riferimento all’idealismo di Gentile, alle teorie di Nietzsche, alle immagini mitiche di D’Annunzio. Il Fascismo è un dominio repressivo, non produce mutamenti dal basso, ma l’annullamento violento della contesa culturale. Gramsci si occupa del problema della Cultura: critica l’idea tradizionale dell’autonomia, rispetto a collettività e questioni di sociali ed economiche, e dell’intellettuale, che si trasforma in strumento delle classi dominanti. Denuncia l’assenza, o la scomparsa, di una letteratura nazional-popolare (ripresa dal Neorealismo italiano) che faccia emergere le problematiche delle masse. Solleva la questione linguistica, esaminando la relazione tra lingua e letteratura, tra intellettuali e classi dominanti. I Quaderni del carcere si configurano come la visione panoramica di Gramsci. Il presente è il risultato di movimenti sviluppati da lontano: lo studio della Storia italiana e del Risorgimento precede le considerazioni sul presente. Del resto, la formazione del progetto politico di Gramsci dipende da un’accurata e completa elaborazione teorica. Il giudizio sul Fascismo e la conoscenza dei suoi meccanismi dipendono da una comprensione del passato. La liberazione è necessaria, ma il problema è risolto solo in parte.
Post n°12340 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
Box Office Italia In Italia Avengers: Age of Ultron si rivela uno dei migliori esordi di sempre. Nelle tasche della Disney entrano ben 8.2 milioni di euro (7.1 nel weekend, 8.2 è il totale, visto che il film è uscito mercoledì) che dovrebbero garantire al film il raggiungimento di quota 20 milioni e relativa leadership assoluta della classifica italiana di stagione nel giro di un paio di settimane (considerando anche l'imminente ponte del 1 maggio). Adaline - L'eterna giovinezza è secondo con 878mila euro, mentre Moretti scende al terzo posto con 726mila euro ed un totale di 2.1 milioni (non proprio soddisfacente). Quarto Fast & Furious 7 che arriva a sfiorare i 18 milioni: la sensazione è che per un soffio non riesca a superare American Sniper e Cinquanta sfumature di grigio che lo distanziano rispettivamente di un milione e un milione e mezzo. Nella top ten l'unica altra new entry è Samba, che apre con 300mila euro. La prossima settimana le uscite forti sono Child 44 - Il bambino n. 44, Run all Night - Una notte per sopravvivere e Ritorno al Marigold Hotel, ma Avengers: Age of Ultron non dovrebbe avere problemi a conservare la leadership.
Box Office USA In America, Fast & Furious 7 celebra al meglio il raggiungimento (e sorpasso) di 1 miliardo di dollari, con la quarta leadership consecutiva. Anche questa settimana il film è il più visto negli States, avendo ottenuto 18.2 milioni di dollari, più che sufficienti per tenere a bada Paul Blart: Mall Cop 2, secondo con 15.5 milioni e l'unica new entry di rilievo del weekend, Adaline - L'eterna giovinezza, che ottiene 13.3 milioni. Fast & Furious 7 è arrivato a 320 milioni negli States e 1.3 miliardi nel mondo (in Cina, con 323 milioni è diventato il film più visto di sempre e dovrebbe arrivare a 400 milioni in poco tempo). Il film dovrebbe chiudere la sua corsa casalinga con 340 milioni e mondiale con 1.5 miliardi. Poco da dire sul resto della classifica, che vede il balzo del bel Ex Machina, sesto con 5.4 milioni e tutti gli altri film in discesa. Ovviamente l'attesa è tutta per l'arrivo negli States di Avengers: Age of Ultron che parte con la solida base di 200 milioni raccolti in metà dei mercati mondiali (Italia compresa, come abbiamo visto), anche se mancano all'appello quelli decisivi per battere record su record (Usa, Cina, etc.). Il dato tendenziale però, è positivo e superiore agli altri film Marvel: in Corea del Sud Avengers: Age of Ultron ha fatto segnare il secondo miglior esordio di sempre, in UK il migliore in assoluto per un film di supereroi. Il record da battere il prossimo weekend è quello di The Avengers, che ottenne 207 milioni di dollari al suo esordio nel 2012 (oggi sarebbero 212, contando l'inflazione). Il film impiegò 3 giorni per superare quota 200 milioni. Nonostante gli oltre 4.200 schermi a disposizione, sembra difficile che il film ci riesca in soli 2 giorni, mentre il superamento dei 207/212 milioni è nelle sue potenzialità, visto che il brand è molto noto e il primo film è piaciuto parecchio (e anche questo ha buone recensioni). Noi azzardiamo un weekend da 220 milioni complessivi e, dato che gli incassi cinesi saranno sicuramente superiori al primo, la concreta possibilità che il film possa superare i 2 miliardi di dollari. La prossima settimana insomma, inizia ufficialmente l'estate americana e ne vedremo davvero delle belle.
Post n°12339 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
"Viva il 25 aprile" (Rai Uno) è stato visto per due ore da un media di 4 milioni di spettatori: un risultato tutt'altro che scontato. E trattare le cose "grandi" dandogli del tu è stata una "esercitazione sul campo" di quello che converrebbe fosse tra il pubblico e viale Mazzini Viva il 25 aprile su Rai Uno è riuscito a farsi vedere per due ore da una media di 4 milioni di spettatori (share 17,26%) e, quel che più conta, il pubblico del sabato sera di Rai Uno, una volta assaggiato lo spettacolo non è rimbalzato altrove ma se ne è visto in media ben più di un terzo (pressappoco come accade ad Amici diMaria De Filippi, che pure è un programma tribale e fa della fedeltà degli spettatori il suo punto di forza). Rispetto al sabato precedente (Senza parole guidato da Antonella Clerici) sono aumentati, e di parecchio, per Rai Uno gli spettatori maschi (un botto fra i più anziani, va da sé) e, non di poco, le femmine, tranne quelle in età di studio che, evidentemente, di sentire parlare di Storia al sabato sera non avevano voglia alcuna. La serata era a rischio data l’occasione di tipo celebrativo, la peggiore per gli ascolti, quale che ne sia l’oggetto, dalla Patria ai libri, dal David allo Strega. Aggiungi che il “mito” dellaResistenza in Italia da sempre fa fatica a farsi senso comune. Basti osservare che anche stavolta il Sud, che pure resta il pilastro dell’ascolto di Rai Uno al sabato sera, non ha manifestato alcun entusiasmo per l’inusuale serata “patriottica e resistenziale”. Mentre il Nord ha avuto un evidente sussulto di attenzione. Aggiungete la frattura socio-culturale, per cui i laureati hanno triplicato le presenze mentre il popolo delle licenze elementari le ha contratte di un quinto. In mezzo a tante variabili che tiravano da parti opposte, il “format Fazio” è riuscito ad ottenere un risultato tutt’altro che scontato. Il “format Fazio” consiste come è noto (lo vediamo settimanalmente in Che Tempo che fa) nel trattare le cose “grandi”dandogli del tu, e più sono grandi gli ospiti maggiore è l’effetto (per questo i premi Nobel abbondano. E a Sanremo partecipò perfino Gorbaciov). Ma i pubblici più vasti arrivano quando al contrasto fra il piccolo e il grande si aggiunge quello fra il banale e l’epico. E qui serve la forza del racconto. Racconto che, anziché affabulatorio, può anche essere incarnato nella stessa struttura del programma come accadeva con Quelli che il calcio… (anni Novanta) grazie al divenire del plot che, tra svolte e giravolte delle sorti in campo, procedeva in direzione del lieto o cattivo fine delle partite. E non per caso, orfano dell’ormai dissolto pomeriggio calcistico, Fazio è entrato in rapporto con altri forti “raccontatori”. Quelli drammatici come Roberto Saviano (il di più di Vieni via con me, oltre alle liste) che ha narrato del generale polacco Anders, e Marco Paolini che (col robustissimo apporto di Elisabetta Salvatori) ha rivissuto la strage di Stazzema. E i narratori “di garbo” come Giuseppe Fiorello (col Bartali, corriere clandestino in soccorso dei concittadini ebrei) e Pif (colgenerale Patton, quello che impone lo scambio ineguale fra la jeep d’ordinanza e l’Alfa Romeo del nobiluomo siculo). Al tirare delle somme, verrebbe da dire che sabato sera c’è statauna esercitazione sul campo di quello che converrebbe fosse il nocciolo del rapporto fra le istituzioni e il servizio pubblico televisivo. Non con le prime che impongono servitù (“Io pago io pretendo”) , ma col secondo, che badando a fare televisione, riesce perfino a restringere l’italico abisso fra Stato e Popolo.
Post n°12338 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
Può darsi che la mia sia solo un’impressione. Ma mi pare proprio che questo settantesimo anniversario della Liberazione sia stato celebrato in una maniera giusta, appropriata, partecipata e non retorica. Una cosa che non accadeva da anni, forse il miglior anniversario che io ricordi. Che cosa abbia determinato questo improvviso miglioramento, non saprei dirlo con certezza. Forse un fatto anagrafico, per cui a settant’anni si ottiene tutti di solito una naturale saggezza? O forse un fatto politico, la presenza di un capo dello stato capace di dire poche ma chiare, illuminanti parole? Difficile dirlo, sta di fatto che il clima culturale attorno al 25 aprile è cambiato. Sono sparite quasi di colpo e quasi del tutto le varie scemenze cosiddette revisionistiche che affioravano negli anni scorsa in vista della celebrazione. Nessuno ha ripreso la tiritera dei morti che sono tutti uguali, cosa ovvia se riferita alla pietà del dopo, ma che non può valere, come qualcuno avrebbe voluto, per il prima, per chi combatteva a difesa del nazismo e per chi combatteva per abbatterlo. Nessuno si è più sognato di lanciare la proposta di trasformare la festa della Liberazione dal nazifascismo in una generica festa della libertà da tutte le oppressioni, come qualche bello spirito aveva pensato di fare qualche anno fa. Alla buona riuscita della ricorrenza hanno contribuito in molti. Igiornali hanno offerto pagine di rievocazione non banali, testimonianzeoriginali, letture di una certa profondità. Non è potuta mancare in questa tendenza positiva qualche eccezione nei quotidiani “di destra” ancora alla ricerca di polemiche, di rivelazioni clamorose basate sul nulla. Ma sono apparse, questa volta, in tutto il loro anacronismo, velleitari esercizi di un revisionismo irriducibile che sembra più appartenere alla mania ossessiva che alla ricerca storica, un arroccamento all’interno di uno spazio immaginario chiuso che assomiglia sempre più al ridotto della Valtellina. Ma ancor più che dalla stampa, la lieta sorpresa è arrivata dalla televisione, proprio la famigerata televisione. Su varie reti, soprattutto tematiche, Rai movie, Iris, Sky cinema, è partita fin dal lunedì precedente una sorta di maratona cinematografica resistenziale. Lasciate in soffitta le fiction pasticciate sulle foibe o sul Sangue dei vinti che andavano di moda qualche anno fa, siamo così tornati a goderci la grande tradizione del cinema italiano civile, quello antico dei Lizzani e dei Vancini e quello più recente e non meno importante di Chiesa e Luchetti. Addirittura Iris ha mandato in onda il film di prima serata preceduto da un’introduzione e seguito da un commento: una vecchia sana abitudine della buona televisione che si era perduta nella notte dei tempi. Il tutto si è concluso con una prima serata dedicata da Rai3 alla versione restaurata dalla Cineteca di Bologna di Roma città aperta, la stessa pellicola proposta negli stessi giorni nelle sale di tante città, così da colmare, per una volta, quel distacco tra la vita culturale del paese e una televisione chiusa nel suo mondo di cartapesta. La sera del 25, poi, il gran finale, il programma di Fazio e compagnia in diretta dalla piazza del Quirinale e da vari altri luoghi simbolici. Ora è fin troppo presto per addentrarci, sull’onda delle grandi emozioni, dei brividi che ci ha dato, nell’analisi di un lavoro che non ho difficoltà a definire sublime, che ha scritto una pagina che entra direttamente nella storia della televisione. Piuttosto, visti gli esiti eccellenti sul piano dell’audience, vale la pena di porsi una domanda. La famosa, ormai cronica difficoltà dei sabati sera di Rai1, perennemente schiacciato dai tanto seguiti e altrettanto insopportabili prodotti di Maria De Filippi, non si può forse superare opponendo programmi di taglio completamente diverso, lontani dal pop e dal trash, non dico quello irripetibile del 25 aprile, ma qualcosa di simile, qualcosa con quello stesso profilo alto? Un ultimo dato, per completezza di cronaca. Mentre su Rai1 andava in onda Fazio, anche Retequattro proponeva una rilettura giornalistica del 25 aprile dignitosa e interessante, opera di Paolo Del Debbio. Insomma, sembra incredibile, ma quest’anno il 25 aprile ha fatto unmezzo miracolo, dando respiro e qualità a una televisione che da qualche tempo era in grande affanno. E pensare che solo qualche anno fa c’era qualcuno che lo voleva abolire, il 25 aprile.
Post n°12337 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
La quinta stagione di Homeland verrà girata in Germania a partire da giugno, presso gli spazi dello Studio Babelsberg a Berlino. Si tratta del primo show statunitense le cui riprese si svolgeranno completamente sul suolo tedesco. I dodici nuovi episodi saranno ambientati due anni dopo il tempo trascorso da Carrie Mathison (Claire Danes) a Islamabad e la donna dovrà affrontare il senso di colpa e la disillusione dopo aver lavorato a lungo in prima linea per combattere il terrorismo. Carrie si sarà esiliata volontariamente a Berlino, allontanandosi dalla CIA e lavorando per una società privata che si occupa di sicurezza. Howard Gordon, tra i produttori esecutivi di Homeland, sarà quindi impegnato sul set e quasi sicuramente non farà parte del team che riporterà sugli schermi X-Files.
Post n°12336 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
16 aprile 2015 Jon Snow non sa niente...ma la strada che deve percorrere è ancora lunga, a giudicare dai libri! La serie tv sarà presto costretta ad anticipare i libri...ma di quanto? Qualcuno si è preso la briga di calcolare quanto materiale è rimasto a disposizione degli autori televisivi per ciascun personaggio principaleAiuto, le pagine stanno finendo! Stiamo parlando di quelle che compongono la saga Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R. Martin su cui si basa la storia raccontata nella serie tv Il Trono di Spade. Lo show sul piccolo schermo sta infatti consumando velocemente i romanzi che raccontano l'epica di Westeros, e il materiale letterario a disposizione degli autori televisivi rischia di esaurirsi in fretta. La notizia, come già notato, ha messo in allarme gli appassionati, che si chiedono quanta benzina narrativa ci sia ancora nel serbatoio dei libri. A rispondere a queste preoccupazioni ci ha pensato il magazine online FiveThirtyEight, che si è preso la briga di mettere a confronto le due versioni della vicenda fantasy. Risultato: nel caso di alcuni personaggi, come Jon Snow e Tyrion Lannister, il materiale a disposizione è ancora abbondante. Per altri, come Arya e Sansa Stark, il magazzino di storie sta invece per essere consumato del tutto. A ciascuno il suo – Come noto, infatti, la tecnica narrativa di Martin prevede che ogni capitolo di cui si compongono i romanzi sia scritto dal punto di vista di un singolo protagonista. E per alcuni di essi finora la serie tv ha attinto ai libri più che per altri. I fan di Jon Snow possono, per esempio, dormire sonni tranquilli: il loro beniamino è quello che può contare sul più alto numero di pagine ancora inesplorate. Stando ai conteggi di FiveThirtyEight, sono ben 15 i capitoli a cui gli autori possono abbeverarsi per raccontare le avventure del Guardiano della Notte. La maggior parte di questi, 13, sono contenuti ne La danza dei draghi, il quinto volume della saga, l'ultimo ad essere stato pubblicato. Simile abbondanza di materiale vale per Tyrion Lannister: 14 capitoli tutti ancora da usare per il nano più popolare della storia della tv. Anche Cersei Lannister (12) non può lamentarsi. Più scarse invece le risorse quando si tratta di altri beniamini de Il Trono di Spade. Le avventure della popolare Arya possono appoggiarsi solo a una manciata di inchiostro (6 capitoli in tutto) che rischia davvero di esaurirsi con gli episodi della stagione che sta per cominciare. Ancora peggio va a sua sorella Sansa, a cui restano la miseria di due capitoli inesplorati. Quanto a Bran Stark, gliene è rimasto giusto uno, veramente troppo poco. Forse anche per questo, come ha fatto sapere Isaac Hempstead-Wright, l'attore che lo interpreta, il personaggio si prenderà una vacanza durante la quinta stagione della serie. Consumo rapido – La velocità con cui il corso delle vicende televisive si sta avvicinando a quello originale è stata notata da tempo dagli appassionati. C'è addirittura chi ha realizzato un grafico che tiene traccia di quali pezzi della saga letteraria sono stati utilizzati in ciascun episodio della serie. La visualizzazione mostra come la prima e la seconda stagione abbiano seguito molto fedelmente il corso dei primi due romanzi. La terza e la quarta, pur basandosi prevalentemente sul terzo volume, hanno attinto sia dai romanzi precedenti sia dai volumi successivi che dalle anticipazioni del sesto libro, ancora in attesa di pubblicazione. Insomma, anche questo è un ulteriore indizio che la velocità della tv sta avendo rapidamente la meglio sull'andamento, più lento, della versione letteraria. La prospettiva è che si arrivi al momento in cui sarà il piccolo schermo ad anticipare i libri e non viceversa. Forse anche per questo George R.R. Martin ha iniziato a rilasciare anticipazioni di interi capitoli del prossimo volume. Non gli va proprio di essere “spoilerato”...
Post n°12335 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
Eduardo Galeano Quando se ne va un amico che ti ha aiutato a capire il segreto di una professione, del vivere con degli ideali o ti ha regalato il piacere della sua parola, come mi è successo con Eduardo Galeano, viene difficile trovare le parole adatte per raccontarlo. Tutto suona banale. Eduardo era, fino a ieri, e da anni, il saggista più acuto e onesto nell’illustrare il fascino del continente dove era nato e cresciuto, ma anche il narratore più sarcastico delle esagerazioni che l’attuale mondo isterico ci sbatte ogni mattino in faccia, sia in America Latina che in tutto il mondo. Così ora mi commuove pensare all’attualità dei suoi ironici discorsi, proprio in questi giorni, in cui sono state spese tante parole stonate, dopo l’incontro storico fra Obama e Raúl Castro che dovrebbe chiudere finalmente un’assurda “guerra fredda” non dichiarata fra l’America Latina e gli Stati Uniti d’America, una “guerra fredda” succeduta alla sua fine ufficiale nell’autunno dell’89 e che costringe ora Obama a mettere da parte per un po’ l’ingerenza nordamericana nel continente latino. «Sono stato spesso critico con Cuba, ma lo faccio con amore e rispetto. Se in America Latina la metà della gente è povera, è il libero mercato ad aver fallito miseramente, ancora prima del socialismo»Eduardo Galeano Galeano, qualche anno fa, polemizzando con Mario Vargas Llosa per la sua accusa alla maggior parte degli scrittori latinoamericani di essere troppo condiscendenti verso la rivoluzione cubana, è stato franco fino al sarcasmo: «Vargas Llosa vede sorprendentemente l’America Latina come se fosse un viaggiatore nato in una contea inglese e non nel Perù del sottosviluppo e degli orrori. Amo molto Mario, uno dei più grandi scrittori viventi, per questo mi dispiace che stia facendo una specie di gara con il Nobel Octavio Paz, per vedere chi corre più a destra». E poi, entrando nella contesa: «Io sono stato spesso critico con Cuba, ma lo faccio con amore e rispetto, non con odio e rancore, come sembra succedere a molti che, in altri tempi, si atteggiavano a rivoluzionari, e oggi vogliono cancellare ogni traccia del proprio passato a costo di ignorare che, se in questo continente la metà della gente vive sotto la soglia della povertà, è il libero mercato, quello che ora chiamiamo il neoliberismo, ad aver fallito miseramente ancora prima del socialismo». Certo Eduardo non le mandava a dire e per questo sono orgoglioso di aver lavorato 10 anni con lui per fare uscire 7 delle sue opere, in Italia, dove era stato pubblicato, fino a quel momento, solo la trilogia di Memorie del fuoco. UNA COMMOVENTE FOLGORAZIONE Nel 1971 quando apparve il suo libro Le vene aperte dell’America Latina, fu per molti una vera e propria folgorazione, tanto che Heinrich Böll, scrittore tedesco Premio Nobel per la Letteratura 1972, disse: «Negli ultimi anni ho letto poche cose che mi abbiano commosso così tanto». Galeano, in un libro vangelo di un continente allora di moda, aveva inventato, a trentun anni, un metodo per raccontare la storia partendo apparentemente dalla piccola quotidianità. Un reportage, un saggio, una pittura murale, un’opera di artigianato mirabile, terminato di scrivere in esilio, lontano dal suo Uruguay, dopo che aveva dovuto lasciare il suo paese e poi l’Argentina per sfuggire alla ferocia di quelle dittature. Le vene aperte, proposto per primo dalla Feltrinelli e poi tradotto in 18 lingue, ha avuto oltre 100 edizioni, solo in spagnolo. È un’opera tuttora di straordinaria attualità che denuncia, analizza e spiega attraverso episodi apparentemente senza importanza e riferimenti storici, spesso trascurati, il processo di spoliazione del continente latinoamericano, prima da parte dei conquistadores, poi delle potenze coloniali e infine degli Stati Uniti. Forse è per questa incisività che nel 2009, al summit delle Americhe, a Trinidad e Tobago, l’ex Presidente venezuelano Hugo Chávez non poté fare a meno di regalare a Barack Obama questo libro vangelo di un continente dicendogli, con la solita ironia: «Presidente, se vuoi capire qualcosa di America Latina, leggiti questo libro». Abbiamo il dubbio che il Presidente nordamericano non abbia avuto il tempo di consultarlo se i rapporti con Cuba, il Venezuela e l’America Latina hanno dovuto aspettare altri 6 anni per diventare una speranza. TANTI RICORDI E SENSO DELL’AMICIZIA I ricordi di un’amicizia sono tanti. Una volta ci ritrovammo a Buenos Aires per un omaggio alla memoria di Osvaldo Soriano. C’era anche la vedova Catherine Brucher. Tutti eravamo emozionati e per la prima volta anche il severo Eduardo che aveva un senso dell’amicizia fortissimo. Come tutti i latinoamericani adorava il calcio tanto che non obiettò nulla quando io gli dissi che, la casa editrice, avrebbe fatto uscire Le vene aperte dell’America Latina in concomitanza a El fútbol a sol y sombra (tradotto in Italia con il titoloSplendori e miserie del gioco del calcio). «Sarà un successo» disse ed ebbe ragione. Una volta si accorse che c’era una partita di Coppa Italia all’Olimpico, Roma-Inter, semifinale. Mi chiese di andare con lui allo stadio. Ci avevano consigliato di uscire 5 minuti prima per evitare l’ingorgo. La Roma vinse 2 a 1 e dovetti penare molto per trascinarlo via una manciata di secondi prima della fine. Aveva anche il culto dell’impegno civile. Lui così schivo nella vita accettò una volta di partecipare con altri intellettuali al controllo delle elezioni in Venezuela, stravinte da Chávez, e si arrabbiò molto quando lesse cosa raccontavano i ridicoli cronisti del mondo occidentale, pur smentiti nel loro tentativo di svalutare le elezioni. Tanto il conteggio del gruppo d’intellettuali, quanto quello della fondazione Jimmy Carter, ex Presidente degli Stati Uniti, avevano concordato, infatti, nell’assoluta correttezza delle votazioni, ma l’opposizione a Chávez non voleva sentir ragioni. Amava la nuova America Latina progressista e nelle sue note non lo nascondeva, come non nascondeva la simpatia per il Subcomandante Marcos e l’Ezln (Esercito zapatista di liberazione nazionale) da cui andò un paio di volte. LA VOCE DEI LEADER E DEI REIETTI Ha scritto di lui Isabel Allende nel prologo all’ennesima edizione di Le vene aperte dell’America Latina (pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer): «Galeano ha percorso l’America Latina ascoltando anche la voce dei reietti oltre che quella di leader e intellettuali. Ha vissuto con indios, contadini, guerriglieri, soldati, artisti e fuorilegge; ha parlato a presidenti, tiranni, martiri, preti, eroi, banditi, madri disperate e pazienti prostitute. Ha patito le febbri tropicali, ha conosciuto la giungla ed è sopravvissuto anche a un grave infarto. È stato perseguitato sia da regimi repressivi, sia da terroristi fanatici. Ha combattuto le dittature militari e tutte le forme di brutalità e sfruttamento correndo rischi impensabili in difesa dei diritti umani. Non ho mai incontrato nessuno che abbia una conoscenza di prima mano dell’America Latina pari alla sua, che adopera per raccontare al mondo i sogni e le disillusioni, le speranze e gli insuccessi della sua gente». Ci mancherà molto.
Post n°12334 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
Pubblicato 14 giorni fa da TommyCard La prima puntata di Game of Thrones 5 andata in onda nella serata di domenica 12 aprile, è stata la più vista di sempre negli Stati Uniti con quasi 8 milioni di spettatori! Domenica 5 aprile è terminata la quinta stagione di The Walking Dead, con un record di ascolti per lo show della AMC. Questa settimana gli occhi di tutto il mondo erano puntati sulla première di Game of Thrones 5 (leggi la recensione di melty), a maggior ragione dopo il leak dei primi 4 episodi della serie. La HBO, che nella giornata di ieri ha rilasciato un comunicato ufficiale, temeva un calo d’ascolti per via del download illegale delle puntate diffuse in rete, ma i timori si sono rivelati infondati. Game of Thrones ha ottenuto il più alto risultato della sua storia per una première, raggiungendo soltanto negli USA 8 milioni di telespettatori e il 4,2% di share. La sfida consisterà nel confermare questo trend straordinario anche nelle prossime settimane, sperando che i fan resistano alla tentazione di vedere per vie traverse le prossime tre puntate. Nel secondo episodio in onda domenica 19 aprile assisteremo al ritorno di Arya Stark, ma anche alla presentazione di nuovi personaggi come il principe Doran Martell, interpretato dalla star di Star Trek Alexander Siddig.
Post n°12333 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
Pubblicato il 16 aprile 2015 da Alfonso Piscitelli Nel suo corposo volume “Capire la Russia” (Zambon, 2015) Paolo Borgognone dedica ampio spazio alla figura di Alexander Dugin, punto di riferimento di una variegata galassia di ambienti politici e culturali che oscillano tra le coordinate del tradizionalismo e l’auspicio di una rinascita della potenza russa nel terzo millennio. Ma Il suo influsso non si esercita solo a destra: anche il Partito Comunista della Federazione Russa di Ziuganov risente della rielaborazione di idee di Dugin. La verità è che il mondo russo è completamente refrattario alle vecchie categorie anglo-francesi di destra e sinistra, per questo oggi esso diventa un interessante laboratorio di contaminazioni e di nuove sintesi. Il pensiero di Dugin si muove tra tradizione e innovazione. Gli intellettuali che sono sulla sua lunghezza d’onda perseguono in Russia una modernizzazione che non per questo conduca alla accettazione dei valori consumistici occidentali. Il treno della Transiberiana può correre veloce tra Mosca e Vladivostok senza che per questo i suoi viaggiatori siano ammorbati dalle amenità isteriche e prezzolate delle varie Femen e Pussy Riot. L’astronave russa può volare nello spazio, portando in alto le Sacre Icone della Ortodossia in luogo del vuoto eutanasico della cultura occidentale. Per spiegare la singolarità di Dugin, Borgognone utilizza due espressioni ad effetto: Dugin “rilegge da sinistra Evola” e “da destra Marx”. Al socialismo aggiunge lo spessore dei valori nazionali, religiosi, tradizionali; e alla lettura dell’opera di Evola aggiunge un valore che il barone metternichiano mai avrebbe condiviso: l’idea che i ceti popolari debbano tutelati e promossi da uno Stato sociale che consenta a tutti di esprimere le proprie capacità e di soddisfare i propri bisogni. Nella visione di Dugin il rosso della bandiera socialista si affianca al bianco della tradizione russa. Netta è invece la condanna della “fallimentare politica cattolico-borghese di Hitler”. Per questo l’etichetta sommaria di ideologia “rosso-bruna” tanto in voga nei media occidentali nei loro articoli psico-inquisitori non ha alcun valore. Il cancelliere tedesco fu un fanatico occidentalista che perseguì fino in fondo una disperata politica di aggregazione della Germania all’imperialismo britannico (il famoso condominio anglo-tedesco) e annullò il Patto Molotov-Ribbentrop con una guerra a Oriente rovinosa. Viceversa Dugin ricorda come in ambito tedesco fu Junger a cogliere le potenzialità positive di sviluppo del sistema russo parlando di una “Russia agricola e pagana, serbatoio di potenze arcaiche”. Per Dugin la Russia è l’erede della grande tradizione imperiale europea che va da Roma a Bisanzio al Medio Evo ghibellino e include anche gli influssi della concezione mongola del Gran Khan. Il 1989, che segna il tramonto del marxismo ideologico, può essere il nuovo inizio di una coscienza imperiale del grande spazio euro-asiatico. Imperium e non imperialismo, dal momento che questo vasto spazio vivente ha tutte le risorse interne per poter vivere pacificamente senza mettere in moto quella interminabile catena di aggressioni che da venticinque anni a questa parte si accompagna alla perpetuazione dell’“american dream” (o “american nightmare”?). Viviamo nell’epoca dei grandi spazi dice Dugin riprendendo la lezione di Carl Schmitt; per questo i nazionalismi di estrema destra, con i loro sciovinismi, le proprie impulsività facilmente strumentalizzabili acquistano un ruolo ambiguo. Distruttivo. Le vicende ucraine (ma anche parecchie vicende della destra atlantista italiana) sembrano dare conferma a questa impressione. @barbadilloit
Post n°12332 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
- La disubbidienza di Aldo Lado 1981Venezia, fine della Seconda Guerra Mondiale. Luca ha diciassette anni è in contrasto con la famiglia borghese e fascista e partecipa attivamente alla lotta partigiana con la speranza di costruire, dopo la vittoria, un mondo migliore. Ma le aspettative di Luca sono destinate ad infrangersi perché il mondo non ne vuole sapere di cambiare le sue regole. Tutto è come prima, anzi peggio di prima e Luca, colpito da polmonite vuole morire. Ma l'intervento di un'istitutrice e, poi, di un'infermiera gli fanno cambiare idea.
- La notte di San Lorenzo di Paolo e Vittorio Taviani 1982Ultime fasi della guerra di liberazione: la tragedia di un popolo inerme vittima di un feroce massacro, con i nazisti sullo sfondo e lo scontro partigiani-fascisti in atto. Una donna racconta gli eventi con gli occhi della bimba di allora. La cittadina di San Miniato è già minata, pronta a saltare in aria, la popolazione atterrita è raccolta negli scantinati di un vecchio palazzo. I tedeschi hanno convinto il vecchio vescovo a raccogliere la gente nella cattedrale promettendo la vita. Una parte lo segue, un'altra, guidata dal contadino Galvano, fugge cercando di raggiungere gli alleati e la città. La cattedrale è la prima ad esplodere, ha luogo un tragico eccidio a cui scampano solo pochi superstiti. Il gruppo capeggiato da Galvano, dopo alterne vicende, uccisioni, orrore, violenza, riesce a salvarsi.
- Notti e nebbie di Marco Tullio Giordana 1984Nell'inverno del 1944 a Milano Bruno Spada (U. Orsini), funzionario di polizia, ha l'incarico di guidare un ufficio politico che ha due scopi: smantellare la rete clandestina della resistenza antifascista e controllare la fedeltà dei quadri della Repubblica Sociale Italiana. Assolve i suoi compiti con la feroce e disperata coerenza di chi si vuole ritagliare un inferno personale nel quadro fosco di tempi tristi. Il 25 aprile 1945, dopo aver rifiutato di negoziare la propria salvezza, viene fucilato. Tratto dall'omonimo romanzo (1975) di Carlo Castellaneta che lo sceneggiò col regista, è il migliore dei pochi film italiani che hanno raccontato dalla parte del fascismo repubblichino il tragico periodo di Salò, della Resistenza, della guerra civile. La chiave di lettura scelta da Giordana (1950) è il melodramma, sulla scia del noir hollywoodiano degli anni '40, filtrato attraverso un gusto europeo, quasi viscontiano per il senso di putrefazione morale e corruzione fisica, la ridondanza sempre controllata, la misoginia dei ruoli femminili, la cura dei particolari.
- La storia di Luigi Comencini 1986È tratto dal romanzo omonimo pubblicato nel 1974 da Elsa Morante. Il film è stato girato per la televisione ma ne è stata distribuita una versione ridotta (135') destinata al circuito cinematografico. Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, tralascia la prima parte del lavoro letterario a cui la sceneggiatura si rifà soffermandosi sulla vita da sfollati della protagonista e del figlio minore Useppe ma trascurando gli accadimenti riguardo il figlio maggiore di Ida, Nino, dapprima fervente fascista, poi partigiano e infine contrabbandiere. La critica si è mostrata abbastanza divisa rispetto agli esiti del film, cui è stato riconosciuto comunque un meritevole impegno non sempre in grado di compensare tuttavia una non perfetta aderenza alla vicenda e soprattutto la non pienamente riuscita resa dei temi di quotidianità e universalità insieme che le vicende narrate nella pagina scritta sollevano.
- Una questione privata di Alberto Negrin 1991Milton, durante la guerra di liberazione dai nazifascisti nell'Italia del 1944, è intenzionato a scoprire se il suo migliore amico, Giorgio, è stato l'amante di Fulvia, di cui Milton è innamorato. Per questo sale nelle montagne piemontesi insieme ai partigiani alla ricerca di Giorgio. Quando scopre che il suo amico è stato catturato dai fascisti e sta per essere fucilato pensa di catturare una fascista per ottenere poi uno scambio di prigionieri. Milton riesce infatti a catturare una sergente delle camicie nere ma quando questo riesce a fuggire è costretto ad ucciderlo per non essere denunciato, rendendo vani tutti i suoi propositi.
- Uova di garofano di Silvano Agosti 1991Silvano, un cinquantenne, conduce il suo bambino a conoscere il casale in campagna dove è nato e dove ha trascorso l'infanzia durante la seconda guerra mondiale. Il casale è abbandonato ma vi sono ancora alcuni arredi e qualche fotografia ingiallita. L'uomo rivede se stesso bambino affetto da mutismo per un trauma causato dallo scoppio di un ordigno, i genitori, la bella zia Olga, i fratelli Giorgio e Piero, e le sorelle Elisa, Adriana e Renata. Tornano così alla memoria i ricordi: i giochi infantili, il teatrino delle suore, i rituali fascisti celebrati nella piazza del paese presso il busto del Duce ed orchestrati da un gerarca vicino di casa, i traumatici contatti con la morte seminata da sparatorie e bombardamenti, la visita alla giovane e disinibita zia Olga, guardarobiera in un grande albergo sede del comando tedesco. Altre figure risaltano: una è quella di Crimen, un vecchio che abita fuori dal paese e sul cui conto circolano strane dicerie secondo le quali egli avrebbe anni prima divorato la sua stessa moglie per amore, l'altra è quella di un anziano ebreo ucciso da un gruppo di squadristi ubriachi. Alla notizia della scomparsa di Crimen, il piccolo Silvano fugge sulle colline per vederlo un'ultima volta: la sua corsa si sovrappone a quella di Silvano adulto che si arresta davanti alla caverna di Crimen. Qui lo raggiunge il figlio che, raccolto un piccolo uovo di uccello glielo mostra: in Silvano torna alla mente la leggenda dell'uovo di garofano che si narrava in tempo di guerra ai bambini. Si tratta di un uovo magico, piccolissimo, che è possibile trovare solo al tramonto: se lo si mette sotto il cuscino tutti i sogni diventano veri.
- Il caso Martello di Guido Chiesa 1991Cesare Verra, un rampante agente assicurativo di Torino, viene incaricato dal suo capoufficio di liquidare definitivamente la pratica Martello, che giace inevasa da quasi quarant'anni negli archivi della Clessidra Assicurazioni. Allettato dalla promessa di una promozione, Cesare si reca in un paesino delle Langhe, dove l'ex partigiano Antonio Martello aveva vissuto prima della morte della moglie Fulvia in un incidente stradale, dopo il quale l'uomo era scomparso senza lasciare traccia. Cesare Verra cerca di ritrovare Martello, ma si scontra con il silenzio e l'ostilità dei suoi compaesani, che sembrano volergli impedire di scoprire la verità. Sarà la nipote dello scomparso Martello a portarlo nel rifugio dello zio in uno sperduto rifugio d'alta montagna. Qui Cesare viene a conoscenza delle ragioni che hanno spinto l'ex partigiano ad isolarsi dal mondo per tanti anni.
- Gangsters di Massimo Guglielmi 1993Non e' un film politico, ma drammatico, che ha al centro del suo intreccio l' umanita' piena di dubbi e le ferite di alcuni partigiani gappisti. Tutto si svolge negli ultimi mesi del 1945, a Genova: i protagonisti non accettano la fine della guerra e decidono di continuare da soli la loro ricerca di giustizia contro i fascisti e tanti criminali impuniti", dice il regista Massimo Guglielmi. "Il mio lavoro non vuole essere un documentario bensi' un racconto attento al tempo stesso al contenuto e allo spettacolo, come certi film americani di Howard Hawks. Vorrei aggiungere che "Gangsters" e' stato pensato e realizzato molto prima che alcuni articoli e dibattiti riportassero in primo piano il "triangolo della morte". Nello stesso periodo si muovono i protagonisti del mio film. Uno dei personaggi dice: "Dobbiamo prendere atto che la nostra idea di giustizia non ha vinto. Sta nascendo uno Stato nuovo, che ci porteremo dietro per molto tempo". La frase assume un valore simbolico quando, nel finale ambientato in una grande casa in rovina dove i gappisti sono stati ammazzati dai carabinieri e dove per terra si vedono pistole abbandonate e tracce di sangue, viene messa indirettamente in discussione la nostra realta' attuale". "C' e' un filo rosso . prosegue il regista . che lega il passato al presente e che porta in primo piano nell' intreccio la posizione mediatrice, nell' obiettivo di non essere emarginato dalla vita politica del Paese, del Partito comunista nei confronti dello Stato e dei gappisti, terroristi o rivoluzionari. Per questo, vedendo il film, chi vorra' potra' parlare direttamente o indirettamente della svolta pacificatrice di Togliatti, di Amendola, di Berlinguer... Tutti i personaggi del film sono e restano figure in crisi, e non hanno nessuna sicurezza da sbandierare. Per il Partito comunista questi uomini divennero pazzi provocatori, per la Storia ambigue figure da dimenticare, per la cronaca dei giornali d' epoca dei semplici "gangsters".
- L'orecchio ferito del piccolo comandante di Daniele Gaglianone 1993Il cortometraggio a soggetto, in video, è girato in super8 a colori e poi scolorati su nastro col telecinema. Una tragica fiaba resistenziale, con le cadenze e lo stile del muto, che ha come protagonista un ragazzino sordomuto, che vive un breve momento con i partigiani: la madre è andata su in montagna per portare un po´ di patate ai giovani della banda. Il ragazzo partecipa come a un gioco alla vita di quei giovani poco più grandi di lui, che lo festeggiano come fosse il loro piccolo comandante, acclamato con un bel cappello da alpino. Ma arriva il rastrellamento, mentre il ragazzo si è allontanato: tutti, compresa la madre, vengono uccisi. L´ultima inquadratura mostra una sottile linea di sangue che attraversa l´orecchio del bambino, in primissimo piano.
- Nemici d'infanzia di Luigi Magni 1995A Roma occupata dai tedeschi, rimasto orfano di madre nella primavera 1944, il dodicenne Paolo, un romano del quartiere Prati, vive col padre, disorientato e come assente, in un modesto appartamento all'ultimo piano di un palazzo, tra i cui vicini - in occasione del lutto - viene a conoscere la famiglia di un gerarca fascista che ha sposato una tedesca. Lo colpisce Luciana, pressoché sua coetanea, figlia dei due, venuta con loro a porgere le condoglianze, per uno sguardo intenso ed amichevole che gli viene rivolto. Da quel momento Paolo trascura alquanto i pochi amici con i quali gioca alla guerra ed a combinare rischiose monellerie durante il coprifuoco, passando invece ore sul terrazzo sotto i tetti , nella speranza d'intravedere la ragazza di cui si è candidamente infatuato. Nasce, così, timidamente, fra i due, una storia d'amore, furtiva e costretta ad incessanti cautele, per evitare complicazioni ad ambedue. Ad appesantire la situazione contribuisce sia il breve "permesso" che riporta in famiglia per il lutto il figlio maggiore Marco, fidanzato con Marisa, figlia di una vicina, partito volontario per la X MAS, un diciottenne fragile ed insicuro come tanti altri coetanei, travolti dagli eventi, che Paolo non riesce né ad amare né a rifiutare, sia l'arrivo di un inquilino invalido civile, silenzioso e schivo, che ha trovato alloggio nell'abbaino e che Paolo intravede dal lucernario (su cui è salito per cercare di vedere apparire Luciana) intento a pulire una pistola. Gli diventa amico, gli rende qualche piccolo servizio, ne ascolta con ammirazione i pacati ragionamenti e le sagge riflessioni e gli offre di nascondergli la pistola al sopravvenire della polizia: è Corsini, un antifascista, che una sera (mentre Paolo segue per la strada a distanza Luciana, che rientra con i genitori dal cinema) e da lui visto - unico testimone - mentre spara al padre di lei. Pur di non tradirlo accetta di perdere Luciana che invano gli ha chiesto di denunciare l'assassino: Paolo porterà con sé nella vita il tremendo segreto di quella morte.
- Porzus di Renzo Martinelli 1997Agli inizi degli anni Settanta, l'anziano Umberto Pautassi arriva in un paesino della Slovenia per incontrare un forestiero suo coetaneo che vive lì da tempo, Carlo Tofani. Quando sono di fronte, i due riprendono i loro soprannomi di un tempo, Storno per il primo, Geko per il secondo, e si rinfacciano le loro "verità": quella dell'unico scampato, e quella del capo dei Gap che eseguì il massacro. Si torna allora al passato. Nel 1945, la situazione al confine della Jugoslavia è confusa. La politica internazionale impone al PCI di sacrificare in parte gli interessi nazionali a favore della supremazia di Tito. La presenza, nelle baite sopra Porzus in provincia di Udine, di un gruppo di partigiani della brigata Osoppo, di ispirazione cattolica, crea fastidio e imbarazzo. Il 7 febbraio un centinaio di partigiani della brigata Garibaldi e dei GAP comunisti arriva a Porzus, cattura gli osovani e li accusa di collusione coi fascisti. Gli osovani vengono giustiziati freddamente a gruppi, nel giro di undici giorni. Tre scampano all'eccidio, e lo raccontano. Uno di essi è appunto Storno.
- Piccoli maestri di Daniele Luchetti 1998Autunno 1943, Gigi e Lelio, lettere, Enrico e Simonetta, ingegneria, e Bene, medicina, partono per l'altopiano di Asiago con l'obiettivo di opporsi all'invasione nazista dell'Italia. Inizia così, sulle montagne di casa, la guerra originale di chi, ancora fresco di letture crociane, cita Mazzini e identifica il nemico con la retorica. La piccola "banda dei perchè" combatte una battaglia originale, ma la guerra, quella vera, sarà per loro una secchiata d'acqua gelata. "I piccoli maestri" sono eroi che non si prendono sul serio, sono i partigiani-artigiani, antifascisti e antiretorici, che durante gli orrori della guerra perderanno qualcosa e impareranno tantissimo. Dopo la liberazione capiranno di aver vissuto l'esperienza più importante della loro vita, ma di aver perso per sempre la spensieratezza dei vent'anni.
- Il partigiano Johnny di Guido Chiesa 2000Johnny, studente di letteratura inglese, ritorna ad Alba all'indomani dell'8 settembre. In quanto disertore, è costretto a nascondersi in una villetta nelle vicinanze della città. Egli non ha dubbi sulla necessità di combattere il regime nazifascista: semmai il punto è scegliere come e con chi. Per quanto sia affascinato dai suoi professori Chiodi e Cocito, Johnny decide di non seguirli nelle nascenti bande comuniste: la sua formazione anglofila, il suo dissentire da ogni forma di "dogma", gli impediscono una tale scelta. Parte invece solitario per le colline delle Langhe e si unisce alla prima banda che incontra sul suo cammino: casualmente, anche questi partigiani, per quanto ideologicamente impreparati, sono guidati da un comunista. Ma, soprattutto, sono male armati e vivono in condizioni disastrose. In breve tempo, Johnny impara che la vita del partigiano non è quell'avventura poetica che si era immaginato nei suoi sogni di letterato.
- I nostri anni di Daniele Gaglianone 2001Durante la guerra, Alberto e Natalino, legati da forte amicizia, hanno condiviso l'esperienza partigiana sulle montagne del Piemonte. Oggi, anziani, hanno vite diverse: Natalino vive da tempo solo in un vecchio borgo quasi disabitato, Alberto è in un pensionato dove trascorre l'estate. Natalino viene contattato da un ricercatore universitario e durante un'intervista rievoca il periodo della resistenza. Alberto entra in confidenza con un'altro ospite del pensionato, Umberto, un coetaneo costretto sulla sedia a rotelle. Ecco in flashback immagini di partigiani in fuga nei boschi durante un rastrellamento. Insieme a Natalino e Alberto c'è Silurino, gravemente ferito. Trasportare lui e gli altri non è più possibile. Natalino va in cerca di aiuto, Alberto resta con gli altri e, dopo un po', si allontana per vedere se l'amico è di ritorno. Sta per recuperare la posizione, quando arrivano le brigate nere. Da dietro i cespugli, Alberto assiste al massacro di Silurino e dei compagni. Nel pensionato un giorno Alberto fa una scoperta inattesa: Umberto è l'ufficiale delle brigate nere responsabile di quell'eccidio nei boschi. Sconvolto, Alberto corre a rivelare tutto a Natalino. Non c'è che una soluzione: uccidere Umberto. Insieme preparano l'agguato, ma sono lenti e goffi, e il piano non riesce. Vengono portati via dai carabinieri, ma dentro di loro hanno verificato che lo spirito di ribellione è rimasto intatto.
- Sanguepazzo di Marco Tullio Giordana 2008L'alba del 30 aprile 1945, cinque giorni dopo la Liberazione, vennero trovati nella periferia di Milano i cadaveri di Osvaldo Valenti e Luisa Ferida, giustiziati poche ore prima dai partigiani. Coppia celebre nella vita oltre che sullo schermo, Valenti e Ferida erano stati due divi di quel cinema dei "telefoni bianchi" che il fascismo aveva incoraggiato, incarnando quasi sempre personaggi ribaldi e negativi. Anche la loro vita privata era dominata dal disordine; entrambi cocainomani e, si diceva, sessualmente promiscui. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, quando il paese si spaccò in due e i tedeschi da alleati si trasformarono in esercito d'occupazione, Valenti e Ferida risalirono al Nord e aderirono alla Repubblica di Salò, ultima incarnazione della follia mussoliniana. Si stabilirono prima a Venezia, dove girarono fortunosamente qualche film, poi a Milano dove - arruolati in una banda di torturatori - si dettero alla borsa nera. Perlomeno queste erano le voci. Consegnatisi ai partigiani pochi giorni prima della Liberazione, i due negarono ogni addebito. Valenti giustificò i suoi traffici col bisogno continuo di stupefacenti, sminuì le presunte malefatte attribuendole alla diffamazione e all'invidia. Il Comitato di Liberazione pretese una punizione esemplare. Così calò il sipario su quei due attori un tempo celeberrimi; Valenti nel ruolo del villain, Ferida in quello della donna perduta. Chissà che alle dicerie che li rovinarono non abbiano contribuito proprio i film che ne avevano costruito la leggenda, proprio i personaggi riprovevoli tante volte incarnati sullo schermo.
- Zoè di Giuseppe Varlotta 2008Zoè gioca tranquilla col suo cane, mentre la vita del paese si trascina tra la desolazione di cui la guerra è portatrice. Un prete, pochi uomini ed umili donne sono coloro che ancora abitano il borgo desolato. Una donna si sveglia e si alza improvvisamente da un giaciglio improvvisato in una cascina; affacciatasi all'uscio sorpresa urla: "Gli americani! Arrivano gli americani!". La voce giunge al paese, abbastanza forte da interrompere ogni minima attività degli uomini, abbastanza da infondere la speranza negli occhi delle donne. Il destino vuole però che il silenzio non sia violato dall'arrivo improvviso degli americani, bensì dei soldati nemici e dal loro ordine di morte. I soldati gettano nello scompiglio la fragile armonia della comunità, irrompono nelle case, distruggono e saccheggiano, terrorizzando la popolazione inerme, sottoponendo ognuno dei cittadini, le donne e i bambini, persino il prete, ai loro ordini, alla violenza e al delirio del rastrellamento. Pur di salvare la propria figliola Zoè, Tina, la convince a vagare alla ricerca del padre, un noto capo "partigiano" fuggito nei boschi, e informarlo del pericolo imminente. Zoè inizia così una corsa disperata per la campagna, sulle colline, attraverso le linee nemiche. Lungo la strada, un soldato nemico, ingannato dalle ombre, scambia Zoè per un ragazzo e la insegue. Le ombre dei due vagano veloci tra campi e boschi incessantemente. Alla fine Zoe viene raggiunta e, immobilizzata dalla paura, chiude gli occhi.
Post n°12331 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
Mentre sta per concludere il lungo Mondovisione Tour, il rocker di Correggio pubblica l'album live Giro del Mondo che racconta i concerti e lo arricchisce con quattro brani inediti Per tutti coloro che si fossero persi il Mondovisione Tour e per tutti i fan che vogliono rivivere le emozioni dei concerti diLigabue, esce il 14 aprile Giro del Mondo, nuovo album live del rocker di Correggio, che aggiunge alla scaletta anche quattro brani inediti.
Giro del Mondo è disponibile in formato standard (doppio cd +dvd), in deluxe (triplo cd + doppio dvd oppure triplo cd + blu-ray), oltre alle versioni digitali. Dei quattro brani inediti, C'è sempre una canzone è il singolo in rotazione radiofonica (e in testa alle classifiche dei brani più suonati in radio). Gli altri tre sono A modo tuo, I campi di aprile, Non ho che te.
Ligabue, un affezionato dei social, sta raccontando ognuno dei quattro inediti sui profili social, attraverso una serie di pillole video, chiamata Due parole per voi.
L'uscita di Giro del Mondo è quasi contemporanea alla conclusione del Mondovisione Tour - Palazzetti 2015 (cominciato a marzo e che si chiude a fine aprile), ultima tranche di un ciclo di concerti iniziato a marzo 2014 con il Mondovisione Tour – Piccole Città 2014, proseguito la scorsa estate con il Mondovisione Tour – Stadi 2014, in autunno con il Mondovisione Tour – Mondo 2014 (in Canada e Stati Uniti), a gennaio e febbraio con Mondovisione Tour – Mondo 2015 (in Brasile, Argentina, Australia, Giappone e Cina).
Post n°12330 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
- Corbari di Valentino Orsini 1970Silvio Corbari, un giovane romagnolo, uccide nel 1944, un amico fascista che aveva a sua volta commesso un omicidio politico, e rivendica pubblicamente il suo gesto. Da quel momento si mette a capo di una banda, conducendo una sorta di guerra privata contro fascisti e tedeschi. Il suo atteggiamento anarchico lo pone in contrasto col capo partigiano Ulianoff, ma la sua banda, di cui fa parte Ines, una donna che ha abbandonato il marito per seguire Corbari, diventa famosa liberando ostaggi, tendendo agguati, assaltando convogli. Ormai figura leggendaria, Corbari crea a Tregnano una piccola repubblica indipendente dove dà la terra ai contadini e instaura una sua libera amministrazione. Questa repubblica non dura a lungo e Corbari, attirato con un tranello lontano da Tregnano, riesce a stento a salvarsi, ferito, mentre il paese è ripreso e i suoi compagni impiccati. Assieme a Ines, Corbari uccide un agrario, un giornalista ed un costruttore, responsabili della sua sconfitta. Circondato dai militi repubblichini Corbari è ormai allo stremo: Ines si uccide e lui, catturato, verrà impiccato sulla piazza del paese assieme ai pochi superstiti della banda. E' il solo film che riflette il punto di vista "sessantottesco" sulla Resistenza. Rifiuto dell'unanimismo celebrativo e dell'ufficialità politica, antiautoritarismo e spontaneismo, "guevarismo" e individualismo anarchico si intrecciano in questo film che, pur no essendo un capolavoro, è stato sottovalutato oltre i suoi limiti. Orsini recupera polemicamente la discussa esperienza di Corbari, della sua banda e della sua "zona libera" contrapponendola a quella del movimento partigiano "ufficiale". E' la esaltazione di una esperienza minoritaria, e inevitabilmente perdente, estranea alla logica delle forze politiche rappresentate nel C.L.N., vista quest'ultima come la logica del compromesso unanimistico. Estrema, anzi estremistica, riproposizione della teoria azionista della "Resistenza tradita", il film documenta uno degli ultimi "richiami" dei movimenti, dei gruppi e degli intellettuali della "sinistra rivoluzionaria" all'eredità resistenziale.
- Quel giorno Dio non c'era di Osvaldo Civirani 1970Nell'appennino centrale i tedeschi sono in ritirata; anche Filetto di Camarda, paesetto abruzzese, è abbandonato dalle truppe italiane il cui comandante, un maresciallo, ha sempre avuto buoni rapporti con la popolazione. Alla vigilia della partenza i partigiani attaccano la guarnigione uccidendo alcuni soldati. Il comando germanico, che si trova a L'Aquila, dà l'ordine di rappresaglia. Una colonna di tedeschi raggiunge il paese, trascina la popolazione fuori dalle case e si abbandona al saccheggio. Un vecchio e un ragazzo vengono uccisi senza motivo e così succede al maresciallo che ha cercato di difendere la gente del luogo. La notte diciassette persone vengono prelevate dai tedeschi e uccise a raffiche di mitra. Il sottotenente che comanda il plotone tedesco afferma di agire per ordine del capitano Defregger. Costui, che a guerra finita si è fatto prete ed ora è vescovo, accusato di essere responsabile delle uccisioni, sosterrà di aver ubbidito ad ordini superiori.
- Rappresaglia di George Pan Cosmatos 1973E' la storia dell'attentato di via Rasella e della successiva rappresaglia che porterà all'eccidio delle Fosse Ardeatine, incentrata sulla figura di padre Antonelli, direttore dell'Istituto del restauro, che si presenterà spontaneamente ai tedeschi dopo che il papa si sarà rifiutato di fare un qualche gesto che avrebbe potuto fermare la rappresaglia.
- C'eravamo tanto amati di Ettore Scola 1974Tre amici, Gianni, Nicola e Antonio, sono tutti ex-partigiani. Dopo la guerra, nonostante l'affetto che li unisce, ognuno di loro prende una strada diversa: Gianni, che non ha mai nascosto le sue ambizioni, studia duramente per diventare avvocato e si trasferisce a Milano; Antonio, uomo semplice e spontaneo, passa da un impiego all'altro, fino a quando non ne trova uno stabile come portantino; Nicola, mediocre intellettuale, tenta di affermarsi come critico cinematografico, ma resta ancorato a lavori saltuari, vivendo con la famiglia a Nocera Inferiore. Passa il tempo e Gianni, conclusa la sua esperienza milanese, torna alla capitale dove rincontra Antonio, ora fidanzato con un'avvenente attricetta di nome Luciana. Accecato da suo amore per la ragazza e dalla fiducia nel suo amico, Antonio non si avvede della passione che matura tra i due, esplodendo in un attacco furibondo non appena gli viene rivelata. Ma Gianni, che desidera più di ogni altra cosa affermarsi, tradisce anche Luciana e l'abbandona per unirsi alla figlia di un industriale ricco e volgare. Intanto, anch'egli nuovamente a Roma, Nicola partecipa al telequiz "Lascia o raddoppia" come storico del cinema, fallendo il suo obiettivo a causa di una domanda ambigua e mal posta, che diverrà per lui una vera ossessione. Molti anni separeranno ancora i tre amici. Quando si troveranno di nuovo, Antonio avrà infine sposato Luciana: sarà l'unico a poter fare le somme della propria vita senza aver paura di guardarsi indietro.
- L'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale di Gian Vittorio Baldi 1975Siamo in Emilia nel 1944. Su una corriera traballante, ridotta a un rottame che sbuffa lentamente per una strada dell'Appennino hanno preso posto alcune donne, due uomini, oltre l'autista e uno studente di povera famiglia, Athos. La corriera viene fermata dai repubblichini, due uomini e una giovane donna, fascisti fanatici, collaborazionisti coi tedeschi, che considerano tutti gli italiani non collaborazionisti dei traditori. Tutti i viaggiatori della corriera vengono trucidati; per ultimo viene ammazzato Athos, che aveva rifiutato l'offerta dei repubblichini di arruolarsi nelle loro fila, abbandonato nudo in riva ad un torrente.
- Salvo D'Acquisto di Romolo Guerrieri 1975Dopo la caduta di Mussolini e dopo l'8 settembre, l'Italia è sempre più divisa. Nel paese di Torre in Pietra, vicino a Roma, un giorno, per incidente, scoppia una bomba che uccide due militi tedeschi e il comando pretende che per rappresaglia venti abitanti di Torre vengano fucilati. Salvo D'Acquisto, vicebrigadiere dei carabinieri del posto, difende la sua gente sostenendo che è innocente, ma viene percosso e costretto, insieme agli arrestati, a scavare la fossa che dovrà accogliere i fucilati. Per evitare che troppi innocenti paghino senza motivo, Salvo si dichiara colpevole e viene fucilato.
- Libera amore mio di Mauro Bolognini 1975Zanoni Matteo vive a Roma insieme a Libera-Anarchia Valente, dalla quale ha avuto due figli: Carlo e Anna. La donna, figlia di un anarchico esiliato a Ustica dal fascismo, non è capace di tacere e, prima di finire a sua volta al confino per 5 anni, si fa spedire con la famigliola a Livorno e poi a Modena, ove viene presa di mira dal commissario politico Franco Testa. Scoppiata la guerra, Matteo cerca di tirare avanti in qualche modo trasferendosi a Padova. Carlo fattosi giovincello, milita nella Resistenza; Libera fornisce armi ai partigiani. Diversi compagni muoiono nelle rappresaglie o nelle sommarie e brutali esecuzioni dei nazifascisti. Finita la guerra, Carlo stesso libera la mamma dalla prigione padovana ove è finita. Ricostruita la famigliola, Libera scopre che il Testa siede nuovamente nell'ufficio alloggi del municipio. Sollevate inutili proteste, ella cade per strada sotto i colpi di un cecchino fascista.
- L'Agnese va a morire di Giuliano Montaldo 1976Tratto dal romanzo di Renata Viganò che nel 1949 vinse il premio Viareggio e fu subito considerato uno dei testi più genuini della letteratura partigiana, il film narra le vicende di una contadina forte e fiera, Agnese, che uccide un tedesco per vendicare il marito morto in un campo di deportati, entra come staffetta nella resistenza, spera in un futuro più giusto e in un mondo migliore, muore poco prima della liberazione e della vittoria sul fasciamo e sul nazismo.
- Novecento atto II di Bernardo Bertolucci 1976Atto I: in una fattoria dell'Emilia crescono insieme Olmo, figlio di contadini, e Alfredo, erede del padrone, nati nello stesso giorno del 1900. Dopo i primi scioperi nei campi e la guerra 1915-1918, il fascismo agrario dà una mano ai padroni. I due giovani si sposano. Atto II: negli anni trenta le strade di Olmo e Alfredo si separano. Il primo, vedovo fa il norcino e continua la lotta; il secondo si rinchiude nel privato. Il 25 aprile 1945 si processano i padroni, e i due si ricongiungono. Fondato sulla dialettica dei contrari: è un film sulla lotta di classe in chiave antipadronale finanziato con dollari americani; cerca di fondere il cinema classico americano con il realismo socialista sovietico (più un risvolto finale da film-balletto cinese); è un melodramma politico in bilico tra Marx e Freud che attinge a Verdi, al romanzo dell'ottocento, al melò hollywoodiano degli anni cinquanta. Senza evitare i rischi della ridondanza, Bertolucci gioca le sue carte sui due versanti del racconto. (Morando Morandini).
- Dalla nube alla Resistenza di Jean-Marie Straub e Danièle Huillet 1979Lo schema del film è molto semplice: diviso in due parti; nella prima (mitologia: la nube) gli dei, in tre statici episodi, dicutono sulle colpe e la complicità con i padroni e il potere; nella seconda (anni cinquanta), Nuto e Bastardo, abitanti delle Langhe, ricordano e discutono gli aspetti positivi e negativi della Resistenza. Quando le parole del racconto rievocano episodi di violenza che nessuna immagine potrebbe adeguatamente riprodurre, lo schermo si immerge nel buio e lo spettatore può rievocare e meditare le parole del racconto. Questa è la vicenda: dagli dei (dalla nube) agli uomini (alla resistenza). Da Pavese: "Dialoghi con Leucò" (prima parte) e La luna e i falò" (seconda parte). La Resistenza è la ribellione dell'uomo, in qualsiasi tempo, contro il potere e l'intolleranza degli dei. L'ambizione degli autori non è di far vedere personaggi in azione, ma mostrare il testo che perde i suoi connotati realistici e diventa mito. (Morando Morandini).
- Uomini e no di Valentino Orsini 1981Dal romanzo di Vittorini. Mentre i fascisti compiono rastrellamenti ed eccidi, guidati da Cane Nero, a Milano nel 1944, un partigiano, Emme Due, ritrova una ragazza di cui era innamorato, Berta, ed entra in crisi. Ricercato e braccato per aver provocato il ferimento di Cane Nero, Emme Due rifiuta di riparare a Torino, sicuro che Berta lo stia per raggiungere. Accortosi che lo stabile dove è nascosto è circondato, quando vede Berta avvicinarsi si precipita alla finestra carico di dinamite, uccidendo sé e il nemico.
Post n°12329 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
da la repubblica Aggiornato il 13 aprile 2015 L'album live con i brani del Mondovisione Tour esce il 14 aprile. Quelli nuovi sono il singolo "C'è sempre una canzone", "A modo tuo", "I campi in aprile" e "Non ho che te". I primi due erano già stati interpretati da Luca Carboni e Elisa. Una canzone racconta la storia di Luciano Tondelli, partigiano ventenne di Correggio Ci sono anche il tema della Resistenza e il tema dell'occupazione, ovvero la perdita di un posto di lavoro, tra i quattro brani inediti che fanno parte di "Giro del mondo", l'album live (cd+dvd) di Luciano Ligabue che esce il 14 aprile e che racchiude tutte le emozioni del "Mondovisione Tour", cominciato un anno fa e vissuto tra date in Italia e nel resto del mondo. Un tour che avrà tre tappe questa settimana al Palalottomatica di Roma e si chiuderà la prossima settimana con due tappe al Sant'Elia di Cagliari. L'album (Zoo Aperto/Warner Music) era già in pre-order su iTunes e su Amazon e da martedì 14 sarà disponibile in formato standard (doppio cd +dvd), in formato deluxe (triplo cd + doppio dvd oppure triplo cd + blu-ray) e nelle versioni digitali. I 4 brani inediti contenuti in "Giro del mondo" sono il primo singolo "C'è sempre una canzone" (al primo posto della classifica dei brani più trasmessi in radio), "A modo tuo", "I campi in aprile" e "Non ho che te". I primi due, entrambi scritti dal Liga, sono stati interpretati rispettivamente da Luca Carboni e Elisa e adesso vengono riproposti, totalmente riarrangiati, in un'inedita e imperdibile versione "alla Ligabue". Gli altri due parlano appunto della Resistenza partigiana e della crisi del mondo del lavoro. Il Liga ha raccontato sui suoi social ufficiali i brani inediti tramite "pillole video" intitolate "Due parole per voi". Poco prima dell'uscita del nuovo album live, "Giro del mondo", che documenta il suo "Mondovisione Tour", tra date in Italia ed estere, Ligabue ha fatto un regalo ai fan, raccontando in anticipo in alcune pillole-video dal titolo "Due parole per voi", sui suoi canali Web, i quattro brani inediti registrati in studio e contenuti nel disco. Dopo i primi tre brani "A modo tuo", "I campi in aprile" e il singolo "C'è sempre una canzone", Ligabue svela "Non ho che te" che tocca un tema sociale molto attuale, la perdita del posto di lavoro. "È una canzone che parla di una persona che viene licenziata e della crisi che questo comporta, che non è solo economica ma è una crisi d'identità. Parla del trovarsi a perdere il posto di lavoro dopo tanti anni, quando si considerava come una garanzia". Il brano, definito dallo stesso Ligabue "tra il rock e il punk" è stato registrato in una sorta di tempio della musica a Los Angeles, dopo una tappa del tour: "Il giorno dopo il concerto siamo andati nello studio di registrazione dei Foo Fighters che ha ancora il mixer dei Nirvana, insomma è un mixer storico". Ma questo disco dal vivo, che sarà nei negozi da domani, non arresta il tour di Ligabue: il "Mondovisione tour - Palazzetti 2015", dopo Caserta toccherà Roma con un finale "doppio" il 23 e il 24 aprile all'arena Sant'Elia di Cagliari.
"I campi in aprile" parla di Luciano Tondelli. È il nome di un ventenne partigiano, nome di battaglia "Bandiera", ucciso dai fascisti il 15 aprile 1945 nella battaglia di Fosdondo. Il suo sacrificio è ricordato in un cippo a Correggio, paese natale di Tondelli ed anche - coincidenza - di Ligabue. Il quale racconta che un giorno mentre passeggiava appunto per i campi del paese ha visto un cippo con scritto il nome di Tondelli."Ho visto questa strana coincidenza. Mi soffermo e vedo di fianco la data di nascita e di morte. È morto a meno di vent'anni e quando mancavano solo dieci giorni alla Liberazione. Mi è venuta voglia di scrivere una canzone che provasse a raccontare il suo punto di vista, quello di un ragazzo che fa una scelta chiara, che è quella di metterci tutto se stesso, anche la vita, pur di difendere la libertà di cui godiamo oggi". Un brano dalle sonorità folk che, in questi giorni, sta risuonando nelle tappe del 'Mondovisione Tour', registrando ovunque il tutto esaurito. La copertina del live (più quattro inediti) Invece "Non ho che te" è un brano che parla di una persona che viene licenziata e della crisi che ciò comporta, "non solo economica ma anche d'identità, trovarsi a perdere un posto di lavoro che dopo tanti anni era sentito come una garanzia...". Brano dalla scrittura vagamente folk - dice l'artista - ma dal suono fra il rock e il punk, e che è stato registrato in un pomeriggio in uno studio a Los Angeles.
Post n°12328 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
- Sbandato! di Antero Morroni 1955Dopo l'8 settembre 1943, un soldato, Francesco, gettata l'uniforme, trova ospitalità presso una famiglia di contadini, della quale fanno parte due ragazze, Marisa e Anna. La famiglia è animata da patriottici sentimenti di resistenza ed è in relazione coi partigiani. Il capo di questi, Vincenzo, benché fidanzato a Marisa, amoreggia con Adriana una maestrina, che collabora, in qualità d'interprete, coi tedeschi. Uno dei fratelli di Marisa schiaffeggia un giorno Adriana, che giura di vendicarsi. Quando i partigiani fanno saltare una camionetta tedesca, i fratelli di Marisa stanno per essere arrestati su denuncia di Adriana, ma Francesco, del tutto estraneo all'attentato, per salvare i suoi ospiti, dichiara di esserne stato l'autore. Francesco aveva attraversato un'acuta crisi di depressione, dalla quale l'aveva tratto con la sua affettuosa sollecitudine Anna, di lui innamorata. Ella invoca ora l'intervento dei partigiani per strappare Francesco dalle mani dei tedeschi; ma i partigiani giungono troppo tardi, quando il giovane è già caduto sotto il piombo nazista.
- Gli sbandati di Francesco Maselli 1956Nell'estate del 1943, Andrea, Carlo e Ferruccio, ragazzi di famiglie benestanti, vivono in campagna vicino a Milano. Nella villa giunge una famiglia di operai milanesi cui i bombardamenti hanno distrutto la casa. Andrea conosce così Lucia e presto si innamora della ragazza. Dopo l'8 settembre un gruppo di soldati italiani, saltati dal treno che li conduceva in Germania, si rifugia nella villa di Andrea. Questi e Carlo vorrebbero unirsi ai soldati e raggiungere i partigiani in montagna. Ferruccio, che è contrario, li denuncia al comandante tedesco. Intanto la madre di Andrea riesce a convincere il figlio a restare con lei. Lucia si rifiuta di abbandonare i suoi amici e il gruppo dei soldati. Quando arrivano i tedeschi, Lucia e un ufficiale italiano vengono uccisi. Andrea è preso dalla disperazione per non essere stato capace di seguire fino in fondo la donna che amava.
- Il generale Della Rovere di Roberto Rossellini 1959Al tempo dell'occupazione tedesca, a Genova, un truffatore vanta conoscenze presso il comando nazista per estorcere danaro a familiari di prigionieri e di deportati. A un certo punto, colto sul fatto, egli viene arrestato dalla SS, ma un ufficiale tedesco pensa di sfruttare le sue capacità nella truffa per inserirlo nel carcere milanese di San Vittore sotto il nome del generale badogliano Della Rovere (già ucciso, erroneamente dai tedeschi). Il fine è quello di raccogliere informazioni sulla resistenza presso i detenuti politici del carcere. Per un po' l'uomo sta al gioco, ma poi toccato dagli alti ideali dei prigionieri e dalla loro sofferenza, rifiuta di collaborare ulteriormente coi nazisti e, identificandosi col personaggio finora simulato, va incontro alla morte.
- Il carro armato dell'8 settembre di Gianni Puccini 1960Un carro armato italiano in perlustrazione lungo la costa tirrenica viene sorpreso dalle vicende dell'8 settembre: il caporale, contadino dai solidi principi, decide di riportarlo in caserma e vive una serie di vicende drammatiche, comiche, sentimentali. Giunto a casa, vorrebbe trasformare il carro armato, visto che non gli è stato possibile consegnarlo, in aratro; ma arrivano i tedeschi e lo requisiscono per un'ultima battaglia.
- Tutti a casa di Luigi Comencini 1960L'8 settembre 1943 un giovane sottotenente puntiglioso viene travolto dall'armistizio e, nello squagliamento generale, attraversa l'Italia distrutta e sconvolta perché non gli resta altra soluzione che tornare a casa. Viaggia con un geniere diretto al Sud; dopo varie vicende i due arrivano nel Lazio, a casa dell'ufficiale, il cui padre lo esorta ad arruolarsi nella repubblica di Salò; ma lui preferisce proseguire verso Sud, con il compagno: quando lo vede morire per mano dei tedeshi si unisce ai rivoltosi dell'insurrezione di Napoli.
- Il gobbo di Carlo Lizzani 1960Vita, imprese e morte di Alvaro Cosenza, detto il 'Gobbo del Quarticciolo', giovane diseredato che nella Roma occupata prende le armi contro i tedeschi e, a liberazione avvenuta, contro gli americani, diventando un bandito. Film d'azione in termini di romanzo popolare sullo sfondo della guerra e del primo dopoguerra.
- Era notte a Roma di Roberto Rossellini 1960Tre evasi da un campo di concentramento, un americano, un inglese e un russo, trovano asilo, nei mesi che precedono la liberazione di Roma, presso una popolana romana. Riescono a entrare in contatto con i partigiani, ma la denuncia di una spia li costringerà alla fuga. Il fidanzato della ragazza viene fucilato e c'è il fondato sospetto che qualcuno abbia tradito. Quando arrivano gli alleati l'inglese individua la spia e la uccide.
- La lunga notte del '43 di Florestano Vancini 1960Siamo nell'autunno del 1943, a Ferrara. Il fascista Aretusi fa assassinare il moderato console Bolognesi, accusa gli antifascisti e conduce poi la rappresaglia: undici fucilati sotto la casa del farmacista Barillari, tra cui il padre dell'amante di Anna, moglie di Barillari. Dopo l'eccidio, Anna lascia Ferrara e il suo amante se ne va in Svizzera. Nell'estate del 1960 quest'ultimo torna in città e incontra Aretusi, che gli fa i suoi complimenti; i due si stringono la mano.
- Un giorno da leoni di Nanny Loy 1961Dopo l'8 settembre 1943 uno studente, un ragioniere e un giovane popolano cercano di sfuggire ai tedeschi e si uniscono a un gruppo di militari datisi alla macchia. Guidati da un vecchio fuoriuscito divenuto partigiano essi hanno il compito di far saltare un ponte. Dopo alcuni problemi e perplessità portano a buon fine l'impresa, che tuttavia al ragioniere costa la vita.
- Tiro al piccione di Giuliano Montaldo 1961Spinto da confuse idee patriottiche e da una difficile situazione personale un giovane si arruola, nel settembre 1943, nell'esercito della repubblica di Salò. Trova un amico, ma ben presto si rende conto che la parte scelta è senza futuro. Ferito in un'operazione di guerriglia, incontra in un ospedale un 'ausiliaria più anziana di lui con la quale vive una breve storia d'amore prima della fuga di lei in Svizzera. Tornato al reparto, ha la dura esperienza di vedere fucilare l'amico e partecipa, senza più alcuna volontà, ad un ultimo inutile scontro con i partigiani vittoriosi. Tratto da un romanzo di Giose Rimanelli, affronta il periodo della lotta partigiana visto "dall'altra parte"; un film non molto riuscito dal punto di vista artistico, ma importante da quello storico: viene sottolineato come alle volte la scelta di parte iniziale fosse casuale ed in seguito non potesse essere perseguita in modo rassegnato.
- L'oro di Roma di Carlo Lizzani 1961Nell'ottobre del '43 il comando delle SS a Roma chiedeva alla comunità ebraica cinquanta chili d'oro in cambio della sua salvezza. Mediante gli sforzi dei notabili della comunità, e della popolazione ebraica e no, i cinquanta chili vengono trovati, anche se Davide e alcuni altri giovani ebrei vorrebbero che la comunità resistesse e insorgesse. Giulia, ragazza ebrea, per salvarsi accetta di battezzarsi cattolica e di sposare in chiesa il suo fidanzato Massimo. Ma i tedeschi non rispettano i patti, e deportano duemila persone, tra le quali il padre di Giulia; la donna decide di lasciarsi prendere dalle SS e seguire la sorte dei suoi correligionari. Davide invece è sui monti tra i partigiani, e vince il senso di rassegnazione e rifiuto della violenza che è della sua gente, uccidendo un tedesco.
- Una vita difficile di Dini Risi 1961Ambiziosa storia di un ventennio cruciale della vita italiana, "Una vita difficile" è la storia di un uomo medio e delle sue esperienze comico-tragiche negli anni tra il '44 e il '61. Silvio Magnozzi è un ex ufficiale di complemento, che prima della guerra ha studiato architettura e durante gli anni della Resistenza è finito a fare il partigiano, con il compito di fare propaganda. Apparentemente ferreo nelle sue convinzioni, Silvio si dimostra invece piuttosto tiepido, preferendo la compagnia della bella Elena al suo reparto. Finita la guerra, Silvio intraprende la professione di giornalista e, poco più che scribacchino in un giornale di sinistra, sogna una carriera militante nel mondo della carta stampata. Ritrovata Elena, deicide di farla giungere a Roma e di sposarla. Silvio tenta la scalata professionale, ma dopo il 25 luglio del '48 finisce in prigione. Dopo un ultimo tentativo di riprendere gli studi, il suo matrimonio fallisce e non gli resta che tentare di trovare un editore per un suo sconclusionato romanzo, cambiato a piacimento da tutti i possibili committenti. Ridotto a segretario di un importante uomo d'affari, senza più un ideale in cui credere, Silvio ha un ultimo moto di indipendenza, getta in una piscina il suo datore di lavoro e si allontana.
- Legge di guerra di Bruno Paolinelli 1961In Italia, nel 1943, per vendicare l'attentato a un loro convoglio militare i tedeschi ordinano la fucilazione di trenta ostaggi presi a caso in un villaggio, se il colpevole non si consegnerà. Autore del sabotaggio è il maestro del paese, che tuttavia è indotto dal capo dei partigiani a non consegnarsi. I parenti degli ostaggi decidono di trovare per conto loro il responsabile dell'attentato e lo identificano nell'orologiaio del paese che viene consegnato ai tedeschi. A questo punto il maestro decide di costituirsi e affronta la fucilazione.
- Ultimatum alla vita di Renato Polselli 1962I tedeschi fanno prigioniere cinque ragazze italiane e le tengono rinchiuse in una villa di acmpagna da essi occupata, perché vogliono sapere da esse dove sono i partigiani della zona. Prendono anche come ostaggio, una bimba, che è la sorella di una delle cinque donne. La bimba viene uccisa perché correndo nella notte, viene scambiata per un nemico; ma da questa uccisione nasce un moto di ribellione nelle prigioniere, che riescono ad impossessarsi di alcuni mitra. Nella sparatoria che ne segue, una riesce a fuggire e ad avvisare i partigiani capitanati dal padre della bimba uccisa, mentre la sorella della bambina riesce a salire sul punto più alto della villa portando con sé, come ostaggio, il figlio del capitano. I tedeschi danno un ultimatum alla ragazza, la quale finisce per ricambiare l'amore che le porta il giovane figlio del capitano; prima che scada l'ultimatum, giungono i partigiani e, a causa della nutritissima sparatoria che ne segue, tutti muoiono tranne il superstite narratore delle vicende.
- La guerra continua di Leopoldo Savona 1962Dopo l'8 settembre 1943, cinque soldati italiani fuggono da un carcere militare e salgono su un treno diretto verso il sud. Alcune donne fermano il treno e si uniscono ai cinque evasi. Tra queste c'è Italia, una ragazza di facili costumi, che simpatizza subito con Alberto, un ex tenente. Durante una sosta del treno tre soldati tedeschi sono uccisi. La reazione germanica non tarda a farsi sentire. Il treno viene bloccato, ma i cinque uomini e Italia riescono a mettersi in salvo. Mentre si riposano, spossati da una lunga corsa, scoprono un paracadutista americano rimasto solo, dopo che i suoi compagni sono morti su un campo minato. L'americano deve far saltare un ponte: Alberto e uno dei cinque lo affiancano, ma il tentativo non riesce. I tedeschi, per rappresaglia, impiccano alcuni ostaggi nel vicino paese e stanno per passarne altri per le armi. L'americano, coadiuvato dagli italiani, attacca la postazione tedesca e libera gli ostaggi. L'azione è riuscita ma Alberto ed altri suoi compagni cadono eroicamente durante il combattimento.
- Dieci italiani per un tedesco di Filippo Walter RattiRoma. Marzo 1944. A seguito di un attentato compiuto in Via Rasella ai danni di un reparto tedesco, dodici soldati dell'esercito di occupazione trovarono la morte. Il comando tedesco ordinò una feroce rappresaglia: il colonnello Kappler, con il concorso del questore di Roma Caruso, compilò la lista dei condannati a morte prescelti tra i detenuti per motivi politici e per reati comuni e tra i catturati nel corso dei rastrellamenti per le vie della città. Tra le vittime furono anche annoverati un sacerdote, un giovane nobile, un fascista, un professore ed un detenuto fermato nell'atto della scarcerazione. Il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine fu compiuto l'infame eccidio.
- Gli eroi del doppio gioco di Camillo Mastrocinque 1962Il podestà di un paese tosco-emiliano ha tre figli, di cui il primo è il segretario del fascio, il secondo dirige il Dopolavoro e il terzo, Benito, sta per tornare dal fronte russo in convalescenza. Qust'ultimo, per le amare esperienze della guerra, avverte l'opportunismo e la falsità di molti atteggiamenti fascisti della sua famiglia e reagisce. All'università di Bologna conosce la figlia di un gerarca, Luciana, alla quale torna simpatico un giovane così ribelle. Ma gli eventi precipitano: Luciana sfolla nel paese di Benito. Questi si unisce ad un gruppo di partigiani e la ragazza lo segue. I fratelli e il padre cercano di cancellare i segni della loro passata attività politica: fanno il cosiddetto doppio gioco. Vengono messi al lavoro delle strade dai tedeschi. E quando gli alleati giungono in paese, sulle camionette, vestiti all'americana ci sono anche loro. Benito e Luciana si sposano e hanno un figlio. Lo chiameranno Adamo: bisogna incominciare tutto da capo.
- Le quattro giornate di Napoli di Nanny Loy 1962Le quattro giornate di Napoli non furono una rivoluzione. Non ebbero capi, non ebbero preparazioni di nessun genere. La rivolta nacque e divampò nel giro di poche ore. Tutta la popolazione di Napoli partecipò al fatto, ma tutti lo fecero senza consultare gli altri. Spinti da una specie di necessità, i napoletani imbracciarono il fucile, si armarono di pietre, di oggetti di casa, di bottiglie di benzina, e combatterono nel loro tratto di strada, anonimi e silenziosi. Finita la battaglia ognuno tornò a casa sua e la rivolta restò nel ricordo con i soli noni dei morti, quelli, almeno, che si conoscevano. Una figura ancora ricordata è quella di Gennarino Capuozzo, un bambino di dieci anni che fu ucciso su una barricata mentre combatteva contro gli invasori del suo paese.
- Il terrorista di Gianfranco De Bosio 1963A Venezia, alla fine del 1943, un ingegnere esponente del partito d'azione ha costituito un gruppo di partigiani di cui fanno parte un professore, un impiegato, un ragazzo del popolo e, come aiuto esterno, un sacerdote. Negli atti di sabotaggio contro i tedeschi l'ingegnere è più estremista degli stessi membri del Comitato di liberazione nazionale; il gruppo però a un certo punto si sfalda: il professore viene preso da scrupoli morali; il ragazzo deve nascondersi; lì impiegato viene arrestato e torturato. I dirigenti del CLN devono fuggire: alcuni sono presi, altri si rifugiano in una clinica; l'ingegnere, che si appresta a lasciare Venezia, uccide il capo dei torturatori e poi cerca di portare in salvo i dirigenti nascosti: ma arrivano i fascisti, avvertiti da un delatore, e l'ingegnere è ucciso, mentre altri sono arrestati. E' un'opera esemplare e tra le più importanti apparse sul tema resistenziale. Il taglio del racconto è di tipo teatrale e risente del clima fervido di elaborazione e delle sperimentazioni attuate in quegli anni dal Teatro Stabile di Torino, cui il regista De Bosio e il cosceneggiatore Luigi Squarzina facevano capo e dove lavoravano anche molti degli attori. La sceneggiatura è essenziale tutta affidata ai dialoghi, senza nulla concedere alle emozioni e con un grande sforzo di analisi storica del periodo, con l'inserimento di storie parallele o di momenti sentimentali e memorialistici ad effetto. Il film descrive la Resistenza in modo non celebrativo e non romanzesco e ne dà una interpretazione non schematica ed non astrattamente 'ideologica'. Viene sottolineata ed esaltata l'unità delle forze democratiche ed antifasciste, ma non si nascondono le differenze, le divergenze, le tensioni, i contrasti. Si ricostruisce la complessa, ricca e difficile dialettica dell'antifascismo. Si dibatte il rapporto tra azione militare e azione politica, tra atto esemplare e lotta di massa. Si affronta direttamente, infine, la questione spinosa della violenza e del terrorismo e la si affronta non in termini di giudizio morale, ma politico.
- La mano sul fucile di Luigi Turolla 1963Un reparto disperso della Repubblica sociale e un gruppo di partigiani si fronteggiano su una montagna. Gli uni sanno che gli altri attendono il lancio di un rifornimento di viveri e si scontrano per occupare la posizione, dato che tutti sono ridotti allo stremo. Nei combattimenti cadono tutti eccetto due che, quando finalmente arrivano i viveri, non hanno il coraggio di uccidersi.
- I mostri di Dino Risi 1963 (16° episodio: Scenda l'oblio)Venti episodi di diversa durata per raccontare la "mostruosità" del popolo italiano. Il sedicesimo episodio dura due minuti e ha per tema la resistenza al cinema. Una coppia di coniugi arricchiti e dall'aspetto volgare assiste alla proiezione di un film resistenziale: su una strada sterrata fiancheggiante il muro di cinta di una villa, un gruppo di soldati nazisti sta per fucilare un gruppo di civili; la raffica di mitraglia risparmia solo un bambino che viene abbandonato singhiozzante sul cumulo dei cadaveri. Al culmine della tragedia, l'uomo si gira verso la sua compagna e sussurra. "Ecco vedi: il muretto della nostra villa lo vorrei proprio come quello. Semplice: solo con le tegoline sopra".
- La strada più lunga di Nelo Risi 1965Michele ha combattuto in Etiopia, Spagna, Albania, Grecia. Dopo l´8 settembre ritorna a casa: è sempre stato fascista, ha creduto nelle cause per cui ha lottato, ma ora è stanco. La guerra tuttavia non è finita, anzi si è inasprita. I suoi camerati lo vogliono ancora con loro, ma questa Repubblica Sociale, un tempo vagheggiata, che ora giunge imposta dalle armi delle SS non lo convince. Michele rifiuta di tornare con i fascisti, ma la situazione non permette di restare neutrali. È giunto il momento delle scelte. Michele prende contatto con i partigiani, riesce a superarne la diffidenza. Alla fine ne abbraccia gli ideali e si unisce a loro sulle montagne.
- Le stagioni del nostro amore di Florestano Vancini 1966Vittorio Borghi, un giornalista quarantenne, è giunto ad un momento di crisi, o meglio di ripensamento, di riflessione su una vita di cui è ormai trascorsa la parte migliore. L'occasione della crisi è un'avventura sentimentale: Vittorio è legato ad una ragazza, Elena, molto più giovane di lui, ma questa è una relazione ormai giunta alla fine. Ed è proprio l'addio con la ragazza assieme alla rottura definitiva con la moglie, Milena, a spingerlo nei luoghi della giovinezza in cerca di ricordi e di amicizie quasi dimenticate. Vittorio ritorna a Mantova, incontra gli amici del padre - un postino di campagna, vecchio socialista all'antica - i compagni di scuola, della resistenza, delle lotte politiche, del dopoguerra. Se i ricordi degli avvenimenti sono vivi e presenti, le persone sono invece mutate, lontanissime. Anche Vittorio è profondamente cambiato: è deluso, non crede più agli ideali per cui ha lottato durante e dopo la resistenza, e, ferito nei sentimenti, non riesce a trovare un punto di contatto con chi gli era stato vicino in gioventù. Il pellegrinaggio ai luoghi del tempo trascorso terminerà in una balera lungo il Po, dove un gruppo di ragazzi e ragazze è riuscito a far funzionare un juke-box. E' un altra gioventù che non ricorda in alcun modo quella di Vittorio, allegra, senza problemi, ma forse con un più esatto senso della vita.
- Una questione privata di Giorgio Trentin 1966Nel territorio di Alba, verso la fine della guerra, i partigiani infastidiscono le sparute pattuglie della milizia fascista con frequenti colpi di mano. Uno di loro, Milton, cerca, durante una marcia di trasferimento, la ragazza di cui è innamorato, ma viene a sapere che è partita dopo che un altro giovane partigiano, al quale essa si era legata, è stato catturato dai fascisti. Per conoscere la verità Milton ingaggia allora una specie di guerra privata per ottenere la liberazione del prigioniero: non ci riesce e viene scoperto, braccato e ucciso da un gruppo di fascisti.
- I sette fratelli Cervi di Gianni Puccini 1968Allontanatosi dal cattolicesimo dopo l'incontro in carcere con un comunista, Aldo Cervi, contadino del reggiano, induce all'antifascismo i suoi sei fratelli. Determinante è anche l'incontro con la prima attrice di un teatrino viaggiante, attiva nel movimento antifascista clandestino. Mentre i genitori ospitano in casa degli ex-prigionieri alleati, braccati dai tedeschi, Aldo raggiunge in montagna i partigiani. Tornato momentaneamente a casa, egli è catturato con i suoi fratelli dai fascisti: alla fine del dicembre 1943, a Reggio Emilia, i sette fratelli vengono fucilati.
Post n°12327 pubblicato il 29 Aprile 2015 da Ladridicinema
- Roma città aperta di Roberto Rossellini 1945Nella Roma terrorizzata dalla Gestapo un prete accetta di aiutare un capo partigiano comunista, facendolo rifugiare in casa di un operaio la cui donna viene uccisa quando, nel corso di un rastrellamento, corre dietro il camion tedesco sul quale è stato trascinato il suo uomo. Per colpa dell'amante del partigiano, una ballerina schiava della droga, anche gli altri due cadranno vittime dei tedeschi: il partigiano morrà dopo atroci torture e il sacerdote verrà fucilato.
- Due lettere anonime di Mario Camerini 1945L'operaia di una tipografia requisita dai tedeschi occupanti diventa l'amante del tipografo da essi posto a capo dell'azienda. La donna però viene a contatto con membri della resistenza, tra cui un suo vecchio fidanzato: ne seguono arresti e fucilazioni e la ragazza scopre che è il suo amante a fare la spia ai tedeschi. Lo uccide e viene imprigionata, ma arrivano gli alleati e con loro il fidanzato, che la libera. Le due lettere anonime del titolo - la prima inviata ad Andrea Cecchi, tipografo romano, reduce dalla Russia, per fargli sapere che la sua fidanzata, Clara Calamai, lo tradisce con un suo compagno di lavoro, Otello Toso; mentre la seconda informa la stessa Calamai che il suo nuovo amante, collaborazionista con i tedeschi, ha denunciato e fatto arrestare alcuni operai - inscrivono in pieno feuilleton dumasiano una bella storia d'amore e resistenza, di tradimento e vendetta nella Roma occupata.
- Il canto della vita (Giovanna) di Carmine Gallone 1945Da una commedia di Gherardo Gherardi: per sfuggire ai tedeschi, Giacomo, unico figlio di un ricco possidente, s'imbosca, seduce Giovanna che l'ha aiutato, l'abbandona incinta. A guerra finita, sposa una ricca di salute delicata che muore. Il vecchio possidente viene a conoscenza dell'esistenza del nipotino illegittimo. Una versione antitedesca della "sedotta e abbandonata", con tanto di ragazza povera che nasconde un partigiano, se ne innamora, ci fa un figlio, ma poi lui la lascia per sposare l'aristocratica di turno.
- O' sole mio di Giacomo Gentilomo 1946Nel settembre del 1943 un cantante italo-americano arruolato nello "Special American Service" viene lanciato con il paracadute nella campagna napoletana. Ha il compito di arrivare a Napoli, mettersi in contatto con elementi della resistenza e riuscire a cantare alla radio per poter trasmettere informazioni militari attraverso segni convenzionali. Vi riesce, ma viene scoperto da una impiegata della radio, informatrice dei tedeschi. Sembra che la ragazza, che ha già fatto arrestare molte persone, abbia la meglio, ma il popolo napoletano insorge contro i tedeschi. La spia si riscatterà, con sacrificio della vita, e il cantante sposerà una popolana che lo ha aiutato. Il protagonista è il tenore Tito Gobbi, vero e proprio mattatore del film musicale italiano, conteso da due donne, Adriana Benetti e la "dark lady" Vera Carmi, che lo consegnerà ai tedeschi ma alla fine riscatterà con la propria vita il tradimento. Gentilomo condisce con una vicenda resistenziale una delle strutture più classiche dello spettacolo napoletano, la canzone sceneggiata, che il cinema eredita già ai tempi del muto.
- Un giorno nella vita di Alessandro Blasetti 1946Per sfuggire ai tedeschi alcuni partigiani si rifugiano in un convento di clausura. Le suore dapprima sono riluttanti ad accoglierli, ma poi si convincono, anche perché tra di loro c'è un ferito grave, che riconosce in una delle religiose un suo vecchio amore. Passato il pericolo i partigiani se ne vanno; ma arrivano i tedeschi che, per rappresaglia, uccidono tutte le suore.
- Il sole sorge ancora di Aldo Vergano 1946Verso la fine della guerra a un disertore si rifugia in una cascina della pianura lombarda, adiacente a una villa padronale. Fingendosi bracciante, egli entra dapprima in contatto con la figlia di un operaio legato alla resistenza, della quale si innamora, poi diventa l'amante della signora della villa. Arrivano i tedeschi e un prete e un comunista vengono fucilati insieme. Ma organizzati dai membri della resistenza i contadini insorgono e con loro il protagonista, che ritorna alla ragazza, mentre la signora muore accidentalmente durante lo scontro.
- Avanti a lui tremava tutta Roma di Carmine Gallone 1946Una coppia di celebri cantanti romani lavora senza saperlo per la resistenza: lui nasconde un paracadutista inglese in un sotterraneo; lei, gelosa di quel mistero, accetta la corte di un ufficiale tedesco che riesce infine a scoprire la verità. I cantanti l'indomani devono recitare nella 'Tosca' per i soldati del Reich, che hanno l'ordine di arrestarli alla fine dello spettacolo; ma i macchinisti di scena riescono a farli fuggire poco prima che Roma sia liberata. La pellicola continua direttamente il filone del film d'opera, in cui Gallone si era dimostrato maestro nell'anteguerra; ambienta la "Tosca" nella Roma occupata dai tedeschi, con il comandante della Gestapo di Roma invaghito di Anna Magnani, celebre soprano che interpreta Tosca all'opera e tenta di sfruttare le sue armi di seduzione per salvare il tenore, Tito Gobbi, ricercato per aver nascosto un soldato inglese. Gallone sfrutta il raddoppiamento della trama pucciniana alternando con grande efficacia il piano della messa in scena teatrale a quello della realtà narrativa.
- Pian delle stelle di Giorgio Ferroni 1946Vicende della brigata partigiana 'Lupo' rifugiata a Pian delle Stelle: guerriglia, incursioni e storia d'amore tra il comandante e una presunta spia, che cadranno entrambi vittime della guerra. Una produzione del Corpo Volontari della Libertà.
- Uno tra la folla di Ennio Cerlesi 1946In una città del nord durante l'occupazione nazista, un modesto impiegato viene arrestato e malmenato come comunista per aver raccolto per strada un giornale clandestino. Rilasciato grazie a un amico influente, che lo fornisce di un attestato di fedeltà ai nazisti, egli può, grazie a questo, sia pure inconsapevolmente, aiutare i partigiani. Quando arrivano gli alleati però l'impiegato viene accusato di collaborazionismo: sarà ancora una volta l'amico intraprendente a toglierlo dai guai.
- Paisà di Roberto Rossellini 1946Dalla Sicilia al delta del Po sei episodi sull'Italia degli ultimi tempi della guerra. 1) Le truppe alleate sbarcano in Sicilia: una ragazza aiuta gli americani e viene uccisa. 2) Breve amicizia a Napoli tra un soldato americano nero e un piccolo sciuscià orfano. 3) A Roma un soldato americano non riconosce in una prostituta la fanciulla pura incontrata il giorno della liberazione. 4) A Firenze, tagliata in due parti, una inglese passa da un fronte all'altro per trovare un partigiano. 5) Nella pace di un convento romagnolo un pastore protestante e un rabbino dell'esercito alleato fraternizzano con i monaci. 6) Nell'ultimo inverno di guerra, sul delta del Po, paracadutisti alleati e partigiani si scontrano con i tedeschi, che massacrano una famiglia di contadini per il loro aiuto agli alleati.
- Vivere in pace di Luigi Zampa 1947Il mondo è tormentato dalla guerra mondiale. Due prigionieri americani, uno bianco e uno di colore, vengono nascosti da alcuni contadini umbri. Cala la notte. Il soldato nero è ubriaco. Stanco di uccidere e di vedere morire altri giovani come lui. Non vuole più pensare. E vorrebbe smettere di guardarsi alle spalle. Ma, vicino a lui, un altro soldato ha alzato il gomito. Per dimenticare quell'orrore. E' un militare tedesco. Un nemico, dunque. Prim'ancora che essere umano. Un coetaneo che ha voglia di pace. I due s'incontrano. E uno strano scherzo del destino, fa credere a entrambi che la guerra è finita. Che quell'assurda carneficina è stata finalmente bloccata dai potenti. Si abbracciano commossi. Ma non è la realtà. Esplodono nell'aria improvvisi colpi di cannone. Cadranno altre vittime. Questo è il segnale. I due militari debbono svegliarsi da quell'ingenua ebbrezza che illude. La morte torna a colpire. E porta via con sé zio Togna, mite uomo di campagna. Il proprietario della fattoria che aveva ospitato i due americani. E con lui altri ancora se ne andranno sotto i suoi colpi. Quella dei due soldati è solo una tragica illusione. Per vivere si deve uccidere ancora. E ancora. La pace è solo un sogno che, solamente i sopravvissuti, un giorno vedranno.
- Felicità perduta di Filippo Walter Ratti 1947Giorgio e Franco sono due amici che frequentano insieme il Conservatorio sognando di diventare dei famosi musicisti. Entrambi sono innamorati della stessa ragazza, Anna, ma lei preferisce Giorgio e lo sposa, scatenando la gelosia di Franco. Dopo aver firmato un importante contratto, Giorgio e Anna, che stanno per partire per una tournée, chiedono a Franco di andare con loro in veste di accompagnatore. Durante le varie tappe, Franco non smette mai di corteggiare Anna, finché un giorno Giorgio, stanco di questa situazione, lo affronta. Franco allora fugge lontano, facendo credere a tutti di essere morto. La polizia, dopo vari giorni di ricerche, trova un cadavere che ha, vicino a sé, i vestiti di Franco. Giorgio, accusato di omicidio, viene imprigionato e deportato in Germania. Riuscito a scendere dal treno e a fuggire, Giorgio raggiunge una falange partigiana e vi si unisce. Solo alla fine della guerra i due ex amici si ritroveranno faccia a faccia: Giorgio troverà Franco che suona il piano in un locale di infima categoria e lo ucciderà. Veramente colpevole, questa volta, cercherà conforto tra le braccia di Anna. Il film attualizza spregiudicatamente il tema dei due amici che amano la stessa donna infarcendolo di tedeschi e partigiani.
- Il corriere di ferro di Francesco Zavatta 1947Buc, detto "il corriere di ferro", comanda un gruppo di partigiani sull'appennino bolognese, dove un giorno cade un aereo americano colpito dai tedeschi. I partigiani salvano il pilota, gravemente ferito, e lo portano in una casa a Bologna dove si innamora di una fanciulla che però sospetta essere sua sorella. Torna dunque sulle montagne coi partigiani fino all'arrivo degli alleati: scoprirà allora che la ragazza non ha con lui legame di sangue e potrà quindi sposarla.
- Gli uomini sono nemici di Ettore Giannini e Henri Calef 1949Protagonista è Irene, una giovane che vive a Roma dove convive con un ricco ingegnere da cui è mantenuta. Quest'uomo costruisce fortificazioni militari per conto dei nazisti. In un attentato compiuto da un gruppo di partigiani, l'abitazione dei due viene distrutta, l'ingegnere muore ed Irene rimane sepolta sotto le macerie per alcune ore. Assieme a lei c'è anche Mario, il capo dei partigiani, che appena è salvato e liberato dalle macerie fugge senza lasciare traccia. I tedeschi sospettano Irene dell'accaduto e la giovane è costretta a nascondersi. Dopo varie peripezie giunge a Lisbona e finisce in un campo per profughi. In modo improbabile e misterioso Irene è liberata da Mario: invece di ringraziarlo tenta di ucciderlo per averla messa in mezzo a tanti guai. Mario la disarma e l'abbandona scomparendo nuovamente. Irene vuole vendicarsi e va al comando tedesco dove, con l'aiuto di un agente segreto, contribuirà a far perdere numerosi elementi della organizzazione clandestina. Dopo essere stata responsabile dell'uccisione di un italiano, Irene fugge ma viene presa da Mario e dai suoi partigiani. Questi vorrebbero fucilarla ma Mario la crede innocente e le offre il suo aiuto per imbarcarsi in una nave diretta in Brasile. Arrestata da altri partigiani, Irene è processata e costretta a confessare le sue colpe. E' Mario che deve giustiziarla per mostrare la sua fedeltà alla causa comune.
- Il cristo proibito di Curzio Malaparte 1951Un soldato che ha fatto la guerra in Russia ed ha sofferto la prigionia, ritorna al paesello natio. Egli sa che suo fratello, rimasto al paese, è stato fucilato dai tedeschi in seguito alla delazione d'un compaesano: egli torna col fermo proposito di vendicarlo, uccidendo il delatore. Ma ne ignora il nome e quando cerca di scprirlo, interrogando i paesani si accorge che, stanchi di lotte, di tragedie e di sangue, tutti sono risolutamente decisi a tacere. Il reduce s'aggira come uno spettro per il paese cercando d'indovinare quel nome, che tutti gli nascondono. Una sera, un vecchio carpentiere, suo amico, dopo aver tentato d'indurlo a desistere dal suo proposito di vendetta, gli confessa d'essere stato lui a tradire il fratello. Il reduce lo ferisce mortalmente con una lima: ma il carpentiere l'ha ingannato a fin di bene. Il traditore non è stato lui. Quando la povera madre si vede comparire dinanzi il figlio lordo di sangue, non può più reprimersi: hai ucciso Pinin! Gli grida. Ma ormai è troppo tadùrdi: benché Pinin si offra ai suoi colpi, il reduce non ha più la forza di colpire: l'innocente ha già pagato per il colpevole.
- Achtung! Banditi! di Carlo Lizzani 1951Nelle montagne dietro Genova, nell'inverno del 1944, una squadra partigiana scende in città, occupata dai tedeschi, per una missione: salvare le macchine di una fabbrica che i nazisti vogliono trasportare in Germania. La pattuglia riesce a mettersi in collegamento con la fabbrica proprio quando i tedeschi, esasperati da uno sciopero, iniziano una violenta azione di repressione. Molti operai riescono a scappare ma un centinaio sono bloccati dalle SS che ordinano lo smontaggio delle macchine. Durante la notte, in un'azione combinata tra i partigiani e gli operai fuggiti, la fabbrica viene rioccupata e inizia il sabotaggio delle macchine. All'alba arrivano le truppe tedesche e si ha un furioso combattimento alla fine del quale gli operai e i partigiani si ritirano verso le montagne. Nella battaglia muoiono l'ingegnere e il capo operaio e due partigiani della pattuglia. Malgrado le perdite la pattuglia torna sui monti con più uomini e armi. Due partigiani feriti resteranno in città a organizzare un nuovo nucleo di resistenza.
- Penne nere di Oreste Biancoli 1952Stella è un piccolo paesino al confine con della Carnia, che si trova accanto ad una diga. Due giovani del luogo, Pieri e Gemma, si amano teneramente pur in mezzo a contrasti. Inizia la seconda guerra mondiale e gli uomini sono richiamati alle armi: il paese resta vuoto. Anche per Pieri e per suo fratello Olindo, che deve abbandonare la moglie ed un figlio molto piccolo, giunge l'ora di lasciare il paese. Quando un bombardamento ucciderà il padre di Gemma, i genitori accolglieranno in casa loro la ragazza, rimasta orfana. Arriva l'armistizio e Pieri ed Olindo, insieme ad altri soldati, trovandosi in Albania si rifiutano di arrendersi e decidono di tentare il ritorno in patria attraverso la Jugoslavia. Alcuni uomini del gruppo, tra cui Olindo, muoiono durante il viaggio, ma alla fine, dopo mesi di stenti, la meta è raggiunta. Pieri, dopo aver abbracciato i genitori e l'amata Gemma, si nasconde con i compagni sui monti. Quando i tedeschi in ritirata decidono di far saltare la diga per proteggersi le spalle. Pieri e i suoi compagni riescono, con in'azione audace e rischiosa, ad impedire che il paese venga distrutto. Gemma rimane gravemente ferita da un cosacco nel corso della operazione, ma riuscirà miracolosamente a sopravvivere: un avvenire di pace sorride ai futuri sposi.
- Nessuno ha tradito di Roberto Bianchi Montero 1953Laura, giovane maestrina, viene invitata in un piccolo paese, a prendere il posto del vecchio maestro Colombo, che va in pensione. Alla fine della sua ultima lezione, Colombo presenta alla scolaresca la nuova insegnante, poi, rimasto solo con Laura, le racconta una tragica storia, della quale un banco in un angolo dell'aula, evoca per lui il ricordo. A suo tempo, quel banco era occupato da Bruno e Sandro, due dei suoi scolari e tra i più cari. Diversi per temperamento e per carattere, i due ragazzi erano legati da un'intima, profonda amicizia, alla quale erano rimasti fedeli. Bruno, assolta la scuola media, s'era iscritto all'università, mentre Sandro s'era fatto agricoltore come suo padre. Alla guerra Bruno aveva partecipato come ufficiale, Sandro come soldato: durante l'ultimo periodo Bruno s'arruola nelle forze della R.S.I., mentre Sandro s'unisce a un gruppo di partigiani. Bruno muore durante un azione di sabotaggio. Sandro è catturato e fucilato dai tedeschi. In paese s'è sparsa la voce che la cattura e la fucilazione di Sandro siano dovute a delazione da parte di Bruno: la madre e la sorella di Bruno sono perseguite. Solo il parroco e il maestro Colombo non hanno voluto prestar fede alla diceria: risulterà infatti che si tratta di una calunnia. Bruno non ha tradito l'amicizia.
- Cento anni d'amore di Lionello De Felice 1954 (episodio 5°: Gli ultimi dieci minuti)E' il tragico, commovente colloquio tra un partigiano, condannato a morte nel 1944, e sua moglie.
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