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Messaggi del 08/08/2015

 

Rai: alcune cose da ricordarci nei prossimi mesi da articolo21

Post n°12483 pubblicato il 08 Agosto 2015 da Ladridicinema
 

RAI-Viale-Mazzini-Roma

Commenti ne sono stati fatti anche troppi. Mi limito a fare un breve elenco di punti da tenere a mente per potere, nei mesi successivi, dare una valutazione completa delle scelte politiche sulla Rai e dei risultati della nuova gestione che parte oggi per la sua avventura.

  • I vertici della Rai sono stati nominati con la legge Gasparri del 2004 nella versione riveduta e corretta da Mario Monti nel 2012, cioè con l’indicazione diretta da parte del governo del DG (o AD, è meno rilevante di quanto ci si vuol far credere). I partiti tacquero allora, indeboliti dal fatto di aver preferito non votare e affidarsi a un tecnico, e devono – e vogliono – tacere oggi. Si dirà: il capo del governo decideva anche prima, ma attenzione: le forme spesso sono anche sostanza, il DG veniva eletto dal CDA dopo consultazioni e mediazioni che spesso si aprivano con un nome e finivano con un altro, non sempre il peggiore. E’ diverso.
  • I membri del CDA, a prescindere dai diversi percorsi professionali dei singoli, sono stati eletti con il bilancino non solo dei partiti, ma delle sottocomponenti di partito e, nel caso del partito di maggioranza, senza l’appoggio di ben tre commissari, e scusate se è poco. Ne sono derivate alcune scelte sulle quali è perfino superfluo fare commenti, basta fare una banalissima ricerca con Google (qualcuno non ha neppure una riga su Wikipedia o su Linkedin).
  • La stessa legge Gasparri parla di persone di riconosciuto prestigio e competenza professionale e di notoria indipendenza di comportamenti, che “si siano distinte in attività economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura umanistica o della comunicazione sociale, maturandovi significative esperienze manageriali”. Due ex parlamentari del Polo delle libertà e anche qualche altro corrispondono a questi criteri?
  • Bisogna avere il coraggio di dire che la parità fra i generi è ormai un “mantra” che la politica usa nel modo che gli fa più comodo e non sulla base di una autentica convinzione e consapevolezza.
  • La vicenda dei pensionati è solo l’aspetto più grottesco della gestione di tutta la questione Rai da parte di incompetenti, scelti appositamente e solamente per eseguire gli ordini del capo, dopo una insopportabile valanga di proclami. Arroganza e dilettantismo che anche i giornali italiani, come ha ricordato Benedetta Tobagi, sembrano in maggioranza voler ignorare.
  • Il proprietario di Mediaset, il maggior concorrente della Rai, per l’ennesima volta dal 1994 è stato decisivo nella nomina del vertice aziendale e in questo caso per precisa volontà del presidente del consiglio e segretario del partito di maggioranza, che ha scelto di fare l’accordo con Forza Italia. Come ad ogni cambio di vertice, con la sola eccezione di quello del 1996, Berlusconi ha giocato da capo azienda e da leader politico sullo stesso tavolo.
  • Come accade ormai da almeno sei, sette anni, nella vicenda Rai non contano più solo i partiti politici: contano moltissimo vari tipi di potere, cordate, lobby buone e cattive, massonerie, più e meno ufficiali, cattoliche e laiche, salotti, salottini, fondazioni, porta borse e borsette, società di produzione, indotto vario, associazioni coperte e scoperte, italiane e straniere e… chi più ne ha più ne metta. Paradossalmente credo che a questo punto tutti i dipendenti della Rai debbano sentirsi rassicurati dal fatto che, web o non web, satellite o non satellite, canali tematici o no, l’azienda è un boccone troppo ghiotto per qualsiasi tipo di potere e nessuno ci rinuncerà mai.

Ma il dato più grave di questa vicenda, e più preoccupante anzitutto per i cittadini, che dovrebbero essere i veri editori del servizio pubblico, è non aver nemmeno fatto finta di dare una missione, un mandato editoriale, una tabella in 10 punti, un qualsiasi cenno a un piano per il rilancio del servizio pubblico, a un anno dalla scadenza della convenzione Stato-Rai!

Detto questo, personalmente faccio un sincero augurio ai tre ottimi colleghi, con cui ho avuto occasione di lavorare, Monica Maggioni, Carlo Freccero e Franco Siddi, certa che, alla fine, saranno le persone a poter cambiare le cose, perché le idee camminano sempre sulle gambe delle donne e degli uomini.

7 agosto 2015

 
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Giornalisti: si allunga l’elenco dei colleghi minacciati dalle organizzazioni criminali

Post n°12482 pubblicato il 08 Agosto 2015 da Ladridicinema
 

giornalistiminacciati1

La relazione finale della Commissione Antimafia, realizzata dal comitato presieduto da Claudio Fava e presentata in questi giorni, ci restituisce nella sua piena drammaticità il quadro degli intrecci tra la criminalità organizzata, i poteri politici ed economici che operano in Italia e il ruolo esercitato dal quarto potere nel nostro Paese.

È già stato detto e scritto molto in queste ore sull’accresciuto livello di minacce ai giornalisti da parte delle diverse organizzazioni criminali negli ultimi anni: non solo si è dovuto assistere a ripetuti episodi di violenza fisica e verbale, ma anche e soprattutto in maniera più massiccia al ricorso alle querele temerarie e alle pressioni sulle proprietà perché ammorbidiscano la linea editoriale e distolgano i propri cronisti da vicende potenzialmente scabrose e sconvenienti.

Pressioni alle quali i diversi editori impuri del panorama italiano sono oggi, in tempo di crisi, più che mai sensibili purtroppo. Non va, infatti, dimenticato che il vasto panorama dell’editoria italiana, soprattutto nelle diverse province, risente in maniera molto pesante dei tanti conflitti d’interesse che riguardano i proprietari di piccole e grandi testate. Conflitti d’interesse che, in alcuni casi, sono peccati veniali, ma in altri sono talmente conclamati ma mai abbastanza denunciati, che finiscono per incarnare profili di contiguità criminale e collusiva.

In uno scenario del genere, è assolutamente encomiabile il lavoro che ogni giorno free lance di ogni età e condizioni svolgono per illuminare le periferie del Paese e mettere in evidenza le tante relazioni pericolose tra mafie, poteri ed economia.

L’elenco dei colleghi minacciati si allunga e molti di questi sono ormai conosciuti anche dalla pubblica opinione. Per alcuni di loro la vita si dipana ormai secondo le traiettorie disegnate dai problemi di tutela e sicurezza. La maggior parte però vive la quotidiana angoscia di dover raccontare fatti in assoluta solitudine, senza alcuna scorta che non sia la propria coscienza.

Eroi minori? No, semplicemente giornalisti che si rifanno ad una profonda fede nel proprio lavoro, secondo quanto ha insegnato a tutti noi il compianto Pippo Fava: Io ho un concetto etico del giornalismo. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare. E le sofferenze e le sopraffazioni, la corruzione, la violenza che non è stato capace di combattere”.

Parole le sue da ricordare e che segnalano la felice coincidenza che a volere e realizzare questa relazione sia stato proprio il figlio di Fava, Claudio, che dai banchi parlamentari continua l’impegno professionale e civile del padre, ucciso dalla violenza mafiosa a Catania, dove proprio gli intrecci inconfessabili con l’imprenditoria e la politica avevano un loro profondo radicamento.

La miglior tutela che si possa offrire ad un impegno giornalistico di questa natura è la mobilitazione costante e collettiva degli organismi professionali, l’impegno di realtà come Ossigeno e Libera Informazione e il lavoro dello sportello antiquerele intitolato a Roberto Morrione, tra i primi con l’avvocato Oreste Flamminii Minuto a cogliere l’escalation del problema, e poi portato avanti fino ai suoi ultimi giorni con passione e impegno da Santo Della Volpe che ha collaborato con il comitato di Fava.

Da ultimo ci piace segnalare la contemporanea pubblicazione di questi dati sui giornalisti minacciati con la “chiusura” in rapida sequenza della pratica RAI da parte del governo Renzi e della maggioranza. Non che ci sia una relazione diretta tra le due questioni, ma colpisce come la pratica RAI possa essere liquidata con battute sulla professionalità dei prescelti e l’assenza nel nuovo Cda di esponenti dei “girotondi” (forse lo erano Benedetta Tobagi o Gherardo Colombo? Boh..), dimenticando del tutto il senso di un Servizio Pubblico capace di svolgere fino in fondo il suo ruolo.

Dei giornalisti minacciati dalle mafie i tg si ricordano solo perché viene presentata la relazione dell’Antimafia o perché uno di loro finisce sotto scorta. Non sarebbe meglio se potessero occuparsene per rilanciarne denunce e inchieste, prima che il problema diventi di ordine pubblico?

Non sarebbe meglio considerare le minacce ai giornalisti come a tanti strappi imposti al diritto dovere di informare il cittadino, come una lesione vera al dettato costituzionale in tema di informazione?

Abbiamo però l’impressione che si preferisca, anche in questo caso, fare dei giornalisti minacciati delle piccole icone dell’antimafia parolaia, lasciando sullo sfondo il cuore del loro lavoro, dimenticando la lezione di Fava, Morrione e Della Volpe.  Perché alla fine quello che piace è un informazione “embedded”, che stia sul pezzo, ma senza dare troppo fastidio..

6 agosto 2015

 
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La mostra di Venezia omaggia il genio di Orson Welles da il giornale dello spettacolo

Post n°12481 pubblicato il 08 Agosto 2015 da Ladridicinema
 

Il Lido di Venezia omaggia il genio poliedrico di Orson Welles. Il Mercante 'perduto' e Otello sono le due opere restaurate in pre-apertura.

La Mostra del cinema di Venezia, dal 2 al 12 settembre, rende omaggio al genio poliedrico di Orson Welles, in occasione del centenario della sua nascita. Il mercante di Venezia (1969, film considerato perduto) e Otello (1951)sono due dei suoi capolavori "veneziani" di ispirazione shakespeariana ad essere stati eccezionalmente recuperati e restaurati. Sarà quella la Preapertura della Mostra. In programma per Venezia 72 anche una mostra, Shakespeare & Sigari, e un concerto dell'Orchestra Classica di Alessandria.

 
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Game of Thrones: The Winds of Winter, nuove dichiarazioni di Martin da melty

Post n°12480 pubblicato il 08 Agosto 2015 da Ladridicinema
 

G.R.R Martin è sicuramente lo scrittore moderno più sadico, ma a che gioco sta giocando per quanto riguarda il nuovo libro The Winds of Winter?

image: http://media.melty.it/article-2740436-ratio265_640/george-r-r-martin-game-of-thrones-game-of.jpg

George Martin ha parlato nuovamente di The Winds of Winter

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G.R.R Martin sembra goda nel far crogiolare nell’attesa i propri fan. L’ultimo libro de “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” è uscito nel 2011 e da allora non si hanno più notizie di altri suoi scritti. Il prossimo capitolo “The Winds of Winter” sarebbe dovuto uscire nel 2015, ma è stato rinviato al 2016. L’autore ha annullato le presenze al Comic Con e si sta concentrando in modo assiduo nella stesura del libro, che alcuni rumors davano già per completato. La verità è che però il tomo non vedrà la luce prima del 2016, come ha confermato lo stesso Martin in un’intervista a EW: “Vorrei che fosse già finito. Forse sono troppo ottimista su quanto velocemente posso terminarlo, ma ho cancellato due apparizioni a dei convegni. Sto facendo quanto più è nelle mie capacità per terminarlo”.

image: http://media.melty.it/pmedia-2740440-ajust_640/jon-snow-e-davvero-morto.jpg

trono di spade jon snow obama morto
Jon Snow è davvero morto?

George Martin ha poi fatto una rivelazione su uno dei personaggi principali, anche se non ne ha rivelato l’identità:“Sto ancora pensando se andare o no quella direzione. E 'una grande svolta. È facile fare le cose scioccanti o impreviste, ma devono essere funzionali alla crescita della storia. In caso contrario è fine a se stesso. Ma questo è qualcosa che sembra molto organico e naturale, e ho potuto vedere come sarebbe accaduto. E dovrebbe veder coinvolti tre, quattro personaggi... tutto ha un senso. Non è niente che abbia mai pensato prima. Sarà un qualcosa che non potranno fare nello show tv, anche perché hanno preso altre strade che adesso lo precludono”. Sembra dunque che i libri siano sempre più differenti dalla serie tv, ma perché?

 

L’unica ragione è quella commerciale: perché devo comprare i libri se usciranno dopo la serie tv? Solamente i fan più accaniti della saga comprerebbero i testi e sarebbe un danno non indifferente per Martin, che sta guadagnando più di quanto avrebbe mai sperato dalla sua saga. Quando ha venduto i diritti a David Benioff e Dan Weiss ha detto che lo ha fatto perché sono stati gli unici a capire i suoi libri, ora sono proprio questi ultimi ad essere stati violentati e sacrificati a favore dello spettacolo televisivo e del denaro. Martin però vuole almeno mantenere la creatura letteraria che porta avanti da oltre 20 anni intatta e per questo motivo fila avanti per la sua strada. Il personaggio di cui ha parlato nell’intervista sembrerebbe essere Sansa Stark, che nello show ha il percorso completamente diverso dal suo alter ego. Chissà cosa avrà in serbo per i suoi fan lo scrittore più amato e temuto.

 


Scopri di più su http://www.melty.it/game-of-thrones-the-winds-of-winter-nuove-dichiarazioni-di-martin-a168598.html#FrFWLFOsozPSbQMF.99

 
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La caduta degli dei

Post n°12479 pubblicato il 08 Agosto 2015 da Ladridicinema
 

"Eine Mann! eine richtige Mann!!!" è il grido di Helmut Berger en travesti che imita Marlene Dietrich nell'Angelo Azzurroil simbolo di quest'opera che gronda decadenza, melodramma, bellezza e violenza da ogni scatto.

Visconti aveva pensato ad inscenare una sorta di Macbeth che si svolgesse nell'alta borghesia milanese che poi, grazie alle sue letture di suoi amati scrittori teutonici, ambienterà nella borghesia tedesca del nazismo.Nel fare questo il maestro non vuole costriure un film storico ma un film dove fare convergere i suoi ricordi, i romanzi e la musica che ama e l'atteggiamento degli altolocati lombardi nei confronti del fascismo.

Una delle fonti di questo capolavoro è Wagner e la sua Götterdämmerung: il titolo difatti richiama alla mente l'opera del compositore così come le fiamme in apertura e durante il film quando vi è il rogo di "purificazione" dei libri degli autori dell'arte degenerata come Thomas Mann e il melodramma, difatti il film è un immenso melodramma familiare, dove i personaggi partono siedendosi a tavola nei loro abiti eleganti da brava famiglia borghese finendo poi per scannarsi l'un l'altro per il potere dell'acciaieria di famiglia. Dall'altro lato Visconti si rifà al romanzo di Thomas Mann, i Buddenbrook, che narra appunto l'inesorabile decadenza di una ricchissima famiglia borghese: il film difatti narra come i valori della borghesia, del patriarcato e della famiglia vengono travolti dall'ondata nazista e quindi dallo spirito nibelungico dell'irrazionalità, della cupidigia, della violenza e delle passioni.

La storia parte da una raffinata riunione di famiglia con i personaggi pronti a ricoprire i loro ruoli e qui si vede tutto il talento del maestro con con dei movimenti di macchina sublimi, con degli zoom e delle panoramiche ci presenta tutti i personaggi mostrandoci già la loro attitudine verso il neonato impero del terzo Reich: dal patriarca oppurtunista convinto dei nuovi guadagni grazie all'appoggio del fascismo, dall'ambiguo Martin, l'erede corrotto e inetto della famiglia interpretato da Helmut Berger nel suo miglior ruolo, alla madre Sofia, donna bella e perfida e avida di potere, come una nuova Crimilde (stupenda la scena nell'elegante boudoir mentre progetta la presa di potere con l'amante) interpretata perfettamente Ingrid Thulin e il suo amante calcolatore Friedrich, interpretato dal grande Dirk Bogarde e su tutti questi domina Aschenbach, l'ufficiale nazista che con un ghigno diabolico manovra tutti personaggi per asservirli al potere del nazismo; i pochi personaggi "positivi" restano sullo sfondo, sbiaditi (come quello interpretato da Charlotte Rampling) come se non vi fosse possibilità di riscatto. La placida calma della riunione è spezzata dalle liti feroci per la presidenza delle acciaierie, che continueranno per tutto il film intrecciandosi alla presa del potere da parte dei nazisti. Alla fine il potere porterà anche allo scatenarsi delle passioni oscure e violente che governavano il rapporto simbiotico tra la madre Sofia e Martin in una resa dei conti con un finale grottesco e funebre.

Visconti mostra la falsità delle cerimonie, ogni cerimonia, ogni parvenza nasconde violenza e soprusi: le riunioni di famiglia (a cui ogni volta manca qualcuno che è stato ucciso) sono occasioni di scontri,così come il matrimonio funebre finale, stupendo degno di un quadro espressionista, a cui il maestro si ispira dal suicidio di Hitler e della sua amante. Così anche tutte le trasgressioni sessuali, che grondano nel film , son sempre portatori di violenza e crimini: con la degradazione del nazismo tutto diventa possibile e la morale è morta.

Da menzionare, oltre all'uso sublime delle musiche di Wagner, anche l'uso espressionista delle luci, che richiama le atmosfere degli anni '30 e alcuni vecchi film della Ufa con alcuni volti illuminati di giallo, di verde e del rosso e il nero che dominano in tutto il film raggiungendo il culmine nella "Notte dei lunghi coltelli", dove Visconti ci vuole descrivere lo scontro nella famiglia nazista tra SA e SS: anche qui da un atmosfera infernale e fumosa di festino rumoroso che degrada in una fredda orgia tra militari si contrappongono le sagome nere e compatte delle SS, giunti a fare un massacro dei loro "parenti" nazisti, il tutto poi termina in un'aurora silenziosa e pulita.

 
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La decima vittima

Post n°12478 pubblicato il 08 Agosto 2015 da Ladridicinema
 

In un futuro non precisato gli uomini hanno dato vita ad un gioco a premi alivello mondiale per sfogare la propria violenza. Chi riuscirà ad uccidere dieci avversari senza soccombere riceverà onori e consistenti premi in denaro. Una giovane americana giunge a Roma per disfarsi del suo decimo avversario, ma troverà sulla sua strada un sorprendente  Marcello Mastroianni...

Non ho mai osato pensare che un regista italiano potesse riuscire a produrre un classico della fantascienza e in genere ho sempre creduto che solo gli americani fossero i maestri del genere, ma mi sono ricreduto.

Certo mi ricordavo di Truffaut e del suo Fahrenheit 451, opera toccante, ma forse non così riuscita e un po' datata, al di là dei pregi della cinematografia dell'autore.

Elio Petri mi ha stupito. La sua opera è quello che si può definire un classico, ossia un 'opera che pur nella sua particolarità, ha un valore universale e il cui valore non viene meno con il passare del tempo.

Il tema affrontato con pungente sarcasmo e ironia è quello della violenza nella società umana. La società di cui si narra è una società che non rifiuta la violenza in toto, ma che ha deciso di incanalarla con mezzi legali, dando vita ad un assurdo gioco a livello mondiale chiamato La grande caccia (o per chi preferisce l'inglesismo The big Hunt). Per necessità finanziarie o solo per dare sfogo alla parte beluina che alberga nell'uomo liberamente gli individui decidono di partecipare a questo gioco, organizzato da un ministero apposito, gioco che prevede l'eliminazione fisica dei propri rivali. Il concorrente è alternativamente cacciatore e preda e alla fine delle dieci cacce chi sopravviverà verrà idolatrato come un dio e avrà una sorta di intangibilità nonché favori e premi.

L'agire violento viene legalizzato e la morte ridotta a gioco, nonché a occasione per i grandi sponsor di incrementare le proprie vendite, dato che l'evento è ripreso dalle televisioni di tutto il mondo e si organizzano trasmissioni ad hoc.

Somma ironia la sede centrale della grande caccia, dove si estraggono a sorte le coppie cacciatore-preda è Ginevra (attualmente una delle sedi principali dell'ONU).

Protagonisti della pellicola un pungente e sornione Marcello Mastroianni e una bellissima e astuta Ursula Andress.

Al di là della dimensione universale, delle critiche alla società moderna mondiale, non mancano le critiche alle tradizioni italiane (il film è ambientato per gran parte a Roma), celate sotto forma di ironia nelle battute di Mastroianni.

Il film è influenzato nella parte scenografica dalla pop art e in genere dalla cultura degli anni '60, di cui dà uno spaccato e una critica (si veda in particolare l'ironia usata da Mastroianni contro la spiritualità in voga in quegli anni, qui impersonificata dalla setta dei tramontisti)

La fotografia ha la tendenza a riprendere l'impianto della fumettistica e a trasporlo in immagini in movimento.

Accurata la ricerca delle ambientazioni e dei costumi.

Tutto sommato un film che presenta spunti divertenti e mai banali: da non perdere e da consigliare agli amici.

 
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Io sono tu

Post n°12477 pubblicato il 08 Agosto 2015 da Ladridicinema
 

Due bravi attori che con fatica gestiscono due tipi di commedia in un solo film
Giancarlo Zappoli     * * 1/2 - -
 
Locandina Io sono tu

Sandy Bigelow Patterson è un dirigente in procinto di fare un importante passo in avanti sul piano professionale mentre nel suo quieto mènage familiare (moglie e due figli) c'è un nascituro in arrivo. Tutto questo sembra infrangersi quanto Sandy scopre che qualcuno gli ha rubato l'identità. Fino a quando però non sarà in grado di provarne l'attività e di presentarlo alla giustizia il suo ruolo di vice direttore di una nuova e brillante società finanziaria sarà in bilico. Scoperto di chi si tratta (una donna della Florida mentre lui vive in Colorado) ha una settimana di tempo a disposizione per raggiungerla e farle confessare ufficialmente la verità. 
Squadra che vince non si cambia così l'alleanza tra Seth Gordon e Jason Bateman dopo Come ammazzare il capo e vivere felici (200 milioni di dollari incassati nel mondo) si ripropone. Con l'aggiunta (così determinante da far trasformare il personaggio da uomo in donna in fase di sceneggiatura) di Melissa McCarthy che, vista la sua performance in Le amiche della sposa, è stata fortemente voluta da Bateman nel film. Con un esito che si può definire altalenante. Perché lo spunto di partenza affonda le radici nella realtà quotidiana. Quanti hanno subito un furto d'identità sanno quali e quante siano le complicazioni che ne seguono. In una Confederazione come sono gli Stati Uniti la cosa è ulteriormente complicata dalle differenti legislazioni tra Stato e Stato. La sceneggiatura sa esplicitarle con grande efficacia nella parte iniziale offrendo la giustificazione al Sandy manager in Colorado di andare a reperire la Sandy della Florida (il nome di lui si presta ad equivoci sul sesso di appartenenza). Ha così inizio il classico on the road che sfrutta tutti gli elementi del genere buddy-buddy. La memoria corre, considerando anche il fisico dei due protagonisti, a Un biglietto in due con Steve Martin e John Candy. Qui però, il trailer ne è fedele testimonianza, si preme un po' troppo spesso il pedale sull'esagerazione nelle gag a cui si aggiungono killer scatenati in caccia della truffatrice che poco aggiungono, se non sul piano della durata complessiva del film, a quanto la vicenda sembrava promettere all'inizio. Sono personaggi che finiscono con l'essere funzionali solo a rocamboleschi inseguimenti e incidenti in auto e a produrre qualche risata di pancia che si collega con qualche difficoltà anche al finale in cui si cerca di ricondurre tutto sul piano della relazione umana che può, in qualche occasione, far superare anche i più legittimi pregiudizi. In definitiva abbiamo due bravi attori che debbono gestire due tipi di commedia in un solo film. Ci riescono, ma che fatica!

 
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