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Messaggi del 07/08/2012

 

Sorrentino inizia a girare a Roma

Post n°8402 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 

da venerdi Sorrentino inizia a girare a Roma "La grande Bellezza" un film dedicato a Federico Fellini e alla dolce vita romana...la prima location è top secret...(nei pressi di piazza del Popolo)....Verdone Toni Servillo Sabrina Ferilli e Angelina Jolie che interpreta se stessa ...molte delle scene saranno girate in notturna....

 
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Leone d'oro alla carriera

Post n°8401 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 

Luca Ronconi riceverà a Venezia il Leone d'oro alla carriera

 
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Novità

Post n°8400 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema

Da oggi nel blog ci sarà una nuova rubrica dal titolo: news in pillole

Tema sono notizie date come fossero notizie d'agenzia

 
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Radio unite per l'Emilia

Post n°8399 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 

Radio unite per "Italia loves Emilia": il concerto di Campovolo sarà trasmesso a reti unificate il 22 settembre

 
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Trailer a sorpresa per Lo Hobbit da Primissima

Post n°8398 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 

Attualità, Personaggi, Trailer
06/08/2012

Assolutamente inaspettato, arriva oggi online un nuovo trailer per Lo Hobbit, a pochi giorni dall'annuncio che l'adattamento del romanzo di Tolkien di Peter Jackson sarà in sala in tre film.

La prima delle tre Un viaggio inaspettato sarà distribuita il 14 Dicembre. Nel filmato di oggi alcune scene inedite.

"L’avventura segue il viaggio del protagonista Bilbo Baggins che viene catapultato in un’epica ricerca per reclamare il Regno Nanico di Erebor caduto in preda allo spaventoso drago Smaug. Sollecitato da Gandalf il Grigio, Bilbo si trova all’improvviso in compagnia di tredici nani guidati da un guerriero leggendario: Thorin Scudodiquercia. Il loro viaggio li condurrà nelle Terre Selvagge, attraverso infide lande brulicanti di Goblin e Orchi, letali Mannari, Ragni Giganti, Mutapelle e Stregoni. Anche se la loro meta risiede a Est, tra le steppe della Montagna Solitaria, dovranno prima trovare alla svelta una via di fuga dai tunnel dei goblin, in cui Bilbo incontra la creaturà che cambierà la sua vita per sempre… Gollum. Qui, da solo con Gollum, sulle rive di un lago sotterraneo, l’ignaro Bilbo Baggins non solo scopre – con sua grande sorpresa – di possedere una notevole dose di astuzia e coraggio ma entra in possesso del “tesoro” di Gollum, un anello dotato di insolite qualità molto utili… un semplice anello d’oro cui è legato il destino della Terra di Mezzo in modi che Bilbo non può ancora comprendere”.

Nel cast Martin Freeman, Ian McKellen, Benedict Cumberbatch, Richard Armitage, più Elijah Wood, Cate Blanchett ed Andy Serkis. Recentemente Steven Spielberg ha dichiarato di aver già visto delle clip dal film affermando che ‘Sarà qualcosa di spettacolare’.

http://youtu.be/XpdYKhv3EK0

 

Scritto da Manuela Blonna

 
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La scossa, il libro del blogger che smonta il mito dell’ “emilianità” sul terremoto da Ilk fattoquotidano

Post n°8397 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 
Tag: libri, news

Il carpigiano Leonardo Tondelli raccoglie i post del suo blog dove racconta la paura del 29 maggio e le assurdità della ricostruzione: "Qui c'è chi si è dato da fare e chi no, come in altre città. Semmai ci ricordiamo tutti il sisma del '96 a Carpi quando gli studenti finirono nei container. 20 anni dopo è la stessa situazione: non ci sono scuse"

“La scossa” è un esperimento editoriale e letterario, quasi una raccolta di post inediti che avrebbero potuto benissimo apparire sul sito diLeonardo Tondelli, per il web semplicementeLeonardo, seguitissimo blogger carpigiano che su internet scorazza dagli anni novanta. E invece i 15 capitoli con cui Leonardo racconta in prima persona i giorni del terremoto, alternati a brani che sconfinano nella saggistica e nel giornalismo, finiscono in un ebook edito da Chiarelettere. In tutto una sessantina di pagine che raccontano le paura delle prime scosse assieme alle assurdità post terremoto: dall’imbarazzante intervista del Tg1 a Red Ronnie a colpi di profezie Maya e astrologia, fino ad arrivare al panico complottista a base di Haarp e fracking. Per poi raccontare degli episodi di razzismo nelle tendopoli di Mirandola. “Mandiamoli tutti fuori” attaccava un volantino anti islamici. Il motivo? Il rifiuto della carne di maiale. “Li abbiamo accolti e rispettati. Ora li vediamo rifiutare il cibo perché non gradito. […] E’ il fallimento dell’integrazione. I nodi sono venuti al pettine. Basta”.

“La scossa” racconta l’Emilia messa in ginocchio dal terremoto e la decostruisce mettendone in evidenza tutte le contraddizioni e le idiosincrasie. Un’operazione che fa a pezzi anche il mito dell’emilianità. “Sopravvive addirittura in molti extraemiliani il mito dell’Emilia rossa, almeno finché non vengono qui e si accorgono che essere rossi in Emilia significa difendere con sobrietà e moderazione l’ordine costituito, far chiudere i locali alle due, sgomberare i centri sociali quando rompono, fare gli interessi di certe cooperative e non di altre, di certe corporazioni e non di altre”. La conclusione dell’autore, che nella vita fa l’insegnante di italiano in una scuola media, è che il tanto decantato modello emiliano, quello degli operai e contadini che si rimboccano le maniche e ricostruiscono, non esiste se non nella mente di alcuni giornalisti. “E’ un pregiudizio per fortuna positivo, ma pronto ad essere ribaltato quando e se le zone terremotate non ce la faranno a risollevarsi. La verità è che c’è chi si è dato da fare e chi no, come succede ovunque. Dopo tutto – continua l’autore – fino a pochi decenni fa gli abitanti del Polesine e dintorni erano chiamati terroni del nord. Guardate cosa è successo all’Aquila: prima tutti a lodare una popolazione pronta a rialzarsi, adesso molti iniziano a parlare di terremotati che non vogliono ricostruire e se ne stanno con le mani in mano”.

Tra le pagine di “La scossa” anche episodi divertenti, ma non mancano le accuse. Prima di tutto contro chi non ha fatto nulla per mettere a norma scuole e capannoni. “A Carpi il terremoto del 1996 ce lo ricordiamo bene tutti. Allora alunni e professori si trasferirono nei container. A settembre, quasi 20 anni dopo, ci troviamo nella stessa situazione. Non ci sono scuse”. A simboleggiare molti degli errori legati al sisma quello che per Leonardo è sia il simbolo del terremoto sia del supposto modello emiliano, ora in crisi: il capannone. “In Emilia ne sono stati fatti tanti, sempre più semplici, sempre più in fretta, finché anche l’idea di saldare le travi al tetto deve esser parsa un eccesso di prudenza”. Un’edificazione continua e incessante che ha riempito la pianura “crollasse il mondo – finché a un certo punto è crollato”.

Meglio allora una sana dose di umiltà, perché il tanto decantato modello emiliano potrebbe essere crollato col terremoto, nonostante Ferrari e Parmigiano. “Non abbiamo inventato la Ferrari, l’ha inventata un ingegnere che adesso è morto, e il suo successore ha speso molto per restare competitivo, ma non ci sta riuscendo. Non abbiamo inventato il Parmigiano, è una ricetta che abbiamo ereditato dai nonni, noi non abbiamo aggiunto niente, non abbiamo nemmeno pensato a luoghi di stagionatura antisismici, finché non è arrivato il botto e ci è cascato il mondo per terra. Noi probabilmente abbiamo qualche dote nascosta, però col passare del tempo si nasconde sempre di più”.

 
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La guerra sporca di Mussolini da http://icensurati.myblog.it

Post n°8396 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 
Tag: news, tv

Le gloriose imprese dell'esercito - "italiani brava gente" in Grecia

Domenikon come Marzabotto. Oltre 150 uomini fucilati per rappresaglia.
Ora un documentario alza il velo sulle stragi occultate del nostro esercito.

Roma, 12 marzo 2008 - Un documentario per raccontare i crimini, commessi durante la Seconda guerra mondiale, dai soldati italiani inviati in Grecia e, in particolare, per ricostruire la storia dell'uccisione di 150 uomini nel villaggio di Domeniko, avvenuta il 16 febbraio 1943.

È questo il tema del film-documentario 'La guerra sporca di Mussolini',prodotto da Gioia Avvantaggiato, diretto da Giovanni Donfrancesco e presentato presso la Casa del cinema di Roma. Durante la colonizzazione della Grecia, racconta il film, le truppe italiane si resero protagoniste di uccisioni di massa, violenze e stupri, saccheggi nei confronti della popolazione. Nel documentario, attraverso le ricerche e l'impegno di Stathis Psomiadis (nipote di uno degli uomini uccisi), si ricostruisce la vicenda di Domeniko, un villaggio del quale vennero uccisi tuti gli uomini come rappresaglia contro i partigiani.

Grazie al contributo delle ricerche di Lidia Santarelli, storica e docente all'università di New York, il documentario affronta per la prima volta il tema dei crimini di guerra commessi dagli italiani, sfatando in parte il mito dell' 'armata sagapo', delle truppe di soldati poco inclini alle azioni eroiche e molto più alla conoscenza e alla seduzione delle donne locali, del soldato italiano sempre buono e caritatevole anche con le vittime dell'occupazione.
Diversamente dai soldati tedeschi, per i quali si istruiscono ancora oggi processi, i militari italiani non sono mai stati sottoposti a inchieste o giudizi. Per questo, e poichè i crimini di guerra sono sempre perseguibili, il sostituto procuratore militare di Padova, Sergio Dini, (presente alla proiezione del film) ha presentato una denuncia formale alla procura militare di Roma, l'unica competente per tali reati commessi da italiani all'estero. Un altro tassello nella ricerca della verità e della giustizia portata avanti da Stathis Psomiadis che ha fatto ricorso alla giustizia greca e all'Alta corte europea per i diritti umani.

http://qn.quotidiano.net/spettacoli...mussolini.shtml
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LA GUERRA SPORCA DI MUSSOLINI
di Giovanni Donfrancesco

una coproduzione GA&A Productions e ERT, in associazione con Fox Channels Italy, RTI e Histoire e in collaborazione con la Radiotelevisione della Svizzera Italiana

Oltre 1500 militari italiani impuniti per i crimini commessi durante la Seconda Guerra Mondiale. Chi ha protetto i criminali di guerra fascisti? Perché resiste ancora il mito del “bravo italiano”? La Guerra Sporca di Mussolini riapre il caso svelando un massacro dimenticato: 150 uomini trucidati in una sola notte dal nostro esercito, il 16 febbraio del 1943, nel villaggio greco di Domenikon. Un caso isolato o parte di quella strategia di guerra ai civili messa in atto anche in Jugoslavia e nelle colonie africane?
La Guerra Sporca di Mussolini e andata in onda su History Channel venerdì 14 marzo alle ore 21.00 e censurata dalla RAI la nostra televisione di 'stato'*
stato inteso come condizione temporanea di un Sistema politico - ndr. G.F.                         
***
Interventi:
Stathis Psomiadis
Sergio Dini – Sostituto Procuratore Militare
Filippo Focardi - Storico
Gioia Avvantaggiato – Produttore del film

 
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Un cinema degli “ultimi” con cui sarà bene imparare a fare i conti da Articolo21

Post n°8395 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 
Tag: news

festivallocarno

Locarno. La scelta è coraggiosa, anche per un festival per palati fini come quello di Locarno, il piu’ antico, giunto quest’anno alla sua 65esima edizione. Una scelta in linea con una tradizione fatta di ricerca, sperimentazione e valorizzazione di nuovi talenti. Così anche quest’anno Locarno non smentisce la sua fama, e accanto alla tradizionale babele di film provenienti da ogni angolo dei cinque continenti, dedica uno spazio d’onore alla “rappresentanza”, particolarmente folta, della cinematografia africana.

Già nelle edizioni passate si erano potute vedere produzioni marocchine e algerine, egiziane e tunisine. Quest’anno però la parte del leone la fanno i film dell’Africa nera: pellicole “targate” Burkina Faso, Camerun, Ciad, Congo, Costa d’Avorio, Guinea Bissau, Mali, Senegal…Prove a volte ingenue e candide, nel loro linguaggio cinematografico, didascaliche e al tempo stesso enfatiche; prove comunque interessanti e da tenere d’occhio: testimonianza di una vitalità (e anche di una maturità) sorprendenti e che fa ben sperare. Una cinematografia giovane che converrà tenere d’occhio. Le sorprese non mancano.

Il Mali è una di queste sorprese. Ex colonia francese, incastonato tra Algeria, Niger, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Senegal e Mauritania, è un territorio dove metà è deserto, l’altra metà savana, e dove è in corso una guerra civile che vede opposti tuareg indipendentisti, elementi di al Qaeda, residui dell’esercito gheddafiano. Da una realtà ignota e ignorata come questa tutto ti puoi attendere meno che un fluviale ’Bamako’, del regista Abderrahmane Sissako: storia di Malé, cantante in un bar; il marito di Malè, Chaka non ha lavoro, il matrimonio sta andando alla malora. In questo contesto, nel cortile dell’abitazione diviso con altre famiglie, viene allestito un tribunale. E’ stato avviato un procedimento giudiziario nientemeno che contro la Banca Mondiale e l’FMI, accusati di essere responsabili del dramma che sconvolge l’Africa. Tra arringhe e testimonianze, in un clima surreale, ma non privo di una sua logica, la vita quotidiana scorre normale, se di normalità si può parlare. “Bamako” diventa la metafora di un’Africa che rivendica i suoi diritti, stretta tra la morsa di un debito astronomico che la strangola, e l’inevitabile, indispensabile, adeguamento strutturale che come pedaggio esige lo snaturamento di una società patriarcale con le sue regole e tradizioni. Malé, non a caso la donna, di questo processo si mostra consapevole, ben decisa a lottare per governarlo; Chaka, non a caso, appare è il paradigma di un mondo apatico e indifferente, incredulo e impotente, per questo assurdamente abbarbicato a una conservazione che è solo timore e resistenza inutile al nuovo ineluttabile.

In ogni caso, la novità è costituita da questo tribunale, metafora e simbolo di una volontà di lottare con le armi della legge e del diritto.

La “lezione”, se si vuole, che viene dall’economista peruviano Hernaldo de Soto Polar (sarà un caso? Anche lui del sud del mondo). Solo il diritto può salvare l’economia e la società, non si stanca di predicare De Soto. Solo un sistema legale dove, per esempio, le transazioni vengono ufficialmente registrate, può accompagnare miliardi di persone dentro i canoni dell’economia globale: «Il diritto ha avuto un’importanza fondamentale, nel creare la prosperità dal dopoguerra a oggi, un periodo durante il quale il mondo ha creato tanta ricchezza quanto nei due millenni precedenti».

Non meno interessante “Guimba, un tyran, une époque”, di Cheick Oumar Sissoko. Qui la storia è ambientata nella città di Sitakili, nel deserto del Sahel, oppressa dal tirannico Guimba Sumbuya. Anche questa una storia di rivolta, di affermazione e di libertà. Kani fin dalla nascita viene promessa sposa a Janguiné, figlio di Guimba, che pero’ si innamora della madre, Meya. Guimba, per compiacere al desiderio del figlio ordina che Mambi, marito di Meya, sia esiliato. Da questo fatto privato nasce il germe della rivolta e della resistenza alla tirannide.

Una vera e propria epopea quella che Souleymane Cissé, primo cineasta dell’Africa nera premiato a Cannes nel 1987, “canta” nel suo “Yeelen”: un dramma sulla principale etnia del Mali, i Bambara, sul filo di una narrazione che mescola invenzione pura a leggende mitologiche. Niamankoro è il classico eroe che deve superare mirabolanti prove e affrontare una quantità di peripezie, pedaggio per rinnovare una società condannata al decadimento.

Lavori la cui cifra potrà a volte apparire ingenua all’occhio smaliziato di uno spettatore occidentale; che però commetterebbe un grave errore a guardare queste pellicole con sufficienza: perché rivelano una freschezza narrativa, una capacità non comune nell’immaginare e rappresentare situazioni complesse, una ammirevole e discreta padronanza dei mezzi, una sorprendente capacità comunicativa, facendo ricorso a metafore ardite e piacevolmente sorprendenti. Lo si dice pensando per esempio a “Muna Moto” del camerunese Jean-Pierre Dikongué-Pipe: storia agro-dolce di Ngando e Ndomé, due ragazzi innamorati l’uno dell’altra; ma Ngando non ha il denaro sufficiente per poter chiedere, come esige la tradizione, la mano di Ndomé; fa debiti, diventa prigioniero di uno zio spietato e facoltoso, che non ha avuto eredi da nessuna delle tre mogli, e si mette in testa di averne da Ndomé, che peraltro già è incinta di Ngando…un divertente vaudeville che fa pensare a Shakeaspeare, in questa sua “Romeo e Giulietta” che strappa applausi e sorrisi per i sorprendenti risvolti e soluzioni stilistiche. Ma lo stesso si potrebbe dire dell’ironico e beffardo “Bal poussière” dell’ivoriano Henri Duparc: “Semidio” Alcacy è un ricco coltivatore di ananas, ha già cinque mogli, quando sul suo orizzonte appare la giovane, bella e sfrontata Binta, cacciata dalla zia per via del suo comportamento arrogante. Alcacy s’invaghisce perdutamente di Binta, la vuole impalmare, e la ragazza ci sta, ma a precise condizioni…Inutile dire che per Alcacy sarà l’inizio di un meritato inferno…

Si potrebbe chiudere – ma il discorso ovviamente è tutt’altro che esaurito – con “Une fenetre ouverte”, di Khady Sylla. Nata a Dakar nel 1963, ha pubblicato diversi romanzi e racconti, il più noto “Le Jeu de la mer” del 1992. Ha anche realizzato un cortometraggio, “Les Bijoux”(1997);e due documentari, “Colobane Express” (2000) e “Une fenêtre ouverte”: premio per la miglior opera prima al Festival internazionale del documentario di Marsiglia (FID): splendido documentario in cui l’autrice, a un passo dalla malattia, intreccia il suo sguardo con quello di Aminta, in preda alle sue fobie e al suo male di vivere. Lo stesso sguardo misericordioso che pone con “Le Monologue de la muette”: Amy è una delle tante ragazze che in Senegal fanno le donne di servizio, lavoratrici bambine, visto che spesso hanno meno di dodici anni, senza contratto e paga, un pugno di cattivo cibo e un letto, vere e proprie schiave il cui destino dipende dagli umori del padrone di turno. Nell’intimità del suo rifugio forzato Amy da alla luce una bimba: inizio di un percorso che non sappiamo se porterà alla sua liberazione o a nuove umiliazioni. Però è un percorso, e a far da cornice il canto di denuncia e speranza delle amiche lavandaie che condividono il destino di Amy, la resistenza delle donne della bidonville della rue 11 nella medina, la rabbia di cui si fa portatrice e interprete la poetessa slam Fatim Poulo Sy…

Un cinema degli “ultimi” sognante e musicale, poeticamente militante, ricco di potenzialità e che presto troverà modo di emergere prepotentemente.

6 agosto 2012

 
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Le botteghe di Cinecittà entrano Botteghe storiche- Cna di Roma da cnaromanews.com

Post n°8394 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 
Tag: news


 

Con l’ingresso nell’associazione Botteghe Storiche, aderente alla Cna di Roma, le piccole aziende che producono, tra l’altro, scenografie e costumi per cinema e tv e che operano all’interno di Cinecittà avranno una tutela in più. A garantirlo è stato oggi il presidente dell’associazione, Giulio Anticoli. “Abbiamo portato avanti questa proposta, rivolta a tutte quelle botteghe storiche di Cinecittà che hanno maturato 50 anni di attività. Speriamo con questo passaggio di far rientrare le aziende sotto la tutela delle delibere 130/2005 e 139/97, purtroppo però fino a oggi in parte disattese. Per questo coinvolgeremo l’assessore alla cultura, Dino Gasperini, al commercio, Davide Bordoni, il presidente della commissione commercio capitolina, Ugo Cassone, il presidente del X municipio, Sandro Medici. Dovrebbe essere obiettivo di tutti, in special modo in un periodo di profonda crisi come quella che stiamo attraversando, mettere a profitto le risorse artistiche. E’ arrivato il momento di ingegnarci, per utilizzare il nostro patrimonio artistico, e di questo fanno parte le botteghe storiche di Cinecittà con i loro cimeli di firme che hanno fatto epoca, come attrattiva turistica, sul modello America. Senza tutele rischia di scomparire la pellicola in bianco e nero più preziosa della nostra storia”. Roma, 27 luglio 2012 e di Cinecittà entrano Botteghe storiche- Cna di Roma Con l’ingresso nell’associazione Botteghe Storiche, aderente alla Cna di Roma, le piccole aziende che producono, tra l’altro, scenografie e costumi per cinema e tv e che operano all’interno di Cinecittà avranno una tutela in più. A garantirlo è stato oggi il presidente dell’associazione, Giulio Anticoli. “Abbiamo portato avanti questa proposta, rivolta a tutte quelle botteghe storiche di Cinecittà che hanno maturato 50 anni di attività. Speriamo con questo passaggio di far rientrare le aziende sotto la tutela delle delibere 130/2005 e 139/97, purtroppo però fino a oggi in parte disattese. Per questo coinvolgeremo l’assessore alla cultura, Dino Gasperini, al commercio, Davide Bordoni, il presidente della commissione commercio capitolina, Ugo Cassone, il presidente del X municipio, Sandro Medici. Dovrebbe essere obiettivo di tutti, in special modo in un periodo di profonda crisi come quella che stiamo attraversando, mettere a profitto le risorse artistiche. E’ arrivato il momento di ingegnarci, per utilizzare il nostro patrimonio artistico, e di questo fanno parte le botteghe storiche di Cinecittà con i loro cimeli di firme che hanno fatto epoca, come attrattiva turistica, sul modello America. Senza tutele rischia di scomparire la pellicola in bianco e nero più preziosa della nostra storia”.

Roma, 27 luglio 2012

 
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Pussy Riot, l'accusa chiede 3 anni Anche Madonna si mobilita per loro da La repubblica

Post n°8393 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 
Tag: news

Nella requisitoria di oggi il pubblico ministero ha chiesto la detenzione in un campo di lavoro. L'icona pop: "Sono contro la censura, per questo spero che i giudici siano clementi e le liberino presto"MOSCA - Tre anni per "teppismo motivato da odio religioso". È questa la richiesta dell'accusa per le Pussy Riot, tre giovani musiciste punk accusate per la loro provocatoria 'preghiera anti Putin' nella cattedrale di Cristo Salvatore lo scorso febbraio.


Nella requisitoria di oggi, il pubblico ministero ha chiesto tre anni di campo di lavoro per Tolokonnikova Nadezhda, 22 anni, Samoutsevitch Ekaterina, 29, e Maria Alekhina, 24. Il reato di teppismo è disciplinato dall'articolo 213 del codice penale russo e secondo le accuse formulate all'inizio del processo, iniziato lo scorso 30 luglio dopo cinque mesi di custodia cutelare, le ragazze rischiano fino a sette anni. Le cantanti punk sono accusate anche di disturbo dell'ordine pubblico e offesa al sentimento religioso, con l'aggravante della premeditazione. "Si tratta di un crimine grave - ha affermato il procuratore - e la loro correzione può avvenire solo in condizioni di isolamento dalla società".

Intanto Madonna è scesa in campo in difesa delle cantanti. "Sono contro la censura, per questo spero che i giudici siano clementi e le liberino prest", ha detto la pop-star, che stasera si esibirà proprio nella capitale russa. In pochi mesi, il caso delle Pussy Riot ha varcato i confini nazionali e le ragazze hanno raccolto la solidarietà della musica internazionale, dai Red Hot Chili Peppers a Sting ed Eddie Vedder, ex voce dei Pearl Jam. Recentemente anche il presidente Vladimir Putin ha parlato della necessità di non essere troppo severi.

(07 agosto 2012)

 
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Rock in the Parlamento/20 No, Cinecittà no! da rollingstonemagazine.it

Post n°8392 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 
Tag: news

La buona notizia: Narges Mohammadi è stata scarcerata. La cattiva: Cinecittà rischia di estinguersi per Alzheimer culturale...

Di Emilia De Biasi

Prima di tutto: Narges Mohammadi è stata scarcerata! Grazie a questo coraggioso giornale e grazie a tutte e tutti coloro che ci hanno sostenuto in una battaglia per i diritti umani andata a buon fine. Anche se la liberazione è avvenuta dietro pagamento di 500mila euro, raccolti da un'associazione umanitaria, non è per questo meno significativa. Narges è malata, come sapete, e si spera possa uscire presto dall'Iran per curarsi e ricongiungersi con la sua famiglia, attualmente esule a Londra. Spero tanto di poterla incontrare: vi terrò aggiornati.

In questa settimana ho incontrato i lavoratori di Cinecittà Studios, vale a dire degli studi delle fiction, del Grande FratelloAmici, etc.
Una volta erano gli studi cinematografici in cui lavorava Fellini. Sono strutture che in qualunque altro paese del mondo verrebbero considerati bene culturale, parte del paesaggio da tutelare. E invece...
Lo Studio 5, proprio quello di Fellini, di recente è andato a fuoco, pare, dico pare, per gli impianti vecchi e privi da tempo di manutenzione.
Ah dimenticavo un particolare: il sig Abete ha acquistato l'intera area e il nuovo progetto prevede piscine e alberghi, del tutto casualmente.
La proprietà sostiene che si tratti di strutture che serviranno alle produzioni internazionali, di cui al momento non vi è traccia.
Lavoratori e lavoratrici sono in stato di agitazione e vorrebbero sapere quale sarà il futuro loro e degli studi altamente specializzati. Noi tutti vorremmo che Cinecittà Studios potesse continuare ad essere un polo di attrazione per la cinematografia nazionale, a rischio di delocalizzazione. Mi piacerebbe saper se il Ministro dei Beni Culturali risponderà alla richiesta mia e di altri colleghi di convocare immediatamente un tavolo di confronto fra la proprietà, detenuta per il 20% dallo Stato, gli enti locali, Regione Provincia e Comune, e i lavoratori, che hanno tutto il diritto di conoscere il piano industriale, quello urbanistico e le prospettive occupazionali. 
Non vorrei che finisse all'italiana, con i lavoratori attuali che vengono trasformati in commessi di centri commerciali, mettendo sotto i piedi la professionalità di una vita. Non sarebbe la prima volta. Quanto agli studi il timore è che a quel punto si trasformino in luoghi privi di identità culturale, scatole vuote che chiunque può riempire episodicamente. Il problema della delocalizzazione della produzione è tremendamente serio. La risposta non può essere il protezionismo, ma il rilancio della produzione. Vale anche per il cinema, che è attività industriale che dà prestigio all'Italia nel mondo. Ne abbiamo un disperato bisogno.

 
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Cinecitta': annullata visita Commissione Cultura Camera agli Studios da asca.it

Post n°8391 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 
Tag: news

06 Agosto 2012 - 17:44

(ASCA) - Roma, 6 ago - La Missione della delegazione della Commissione Cultura presso gli studi di Cinecitta' e' stata annullata dalla riunione dei Presidenti dei Gruppi parlamentari in Commissione, per permettere ai deputati di essere presenti ai lavori dell'Aula e di votare la fiducia al provvedimento sulla Spending Review. Lo comunica una nota della presidenza della Commissione Cultura.

 
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'The Hobbit' sara' una trilogia in 3D, Jackson l'annuncia su twitter da Agi.it

Post n°8390 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 

The Hobbit sara una trilogia in 3D, Jackson lannuncia su twitter

17:54 31 LUG 2012

 

(31 luglio) - 'The Hobbit', il doppio prequel de 'Il Signore degli anelli', ambientato circa 60 anni prima nella Terra di Mezzo, avra' un terzo capitolo sempre firmato da Peter Jackson. Ad annunciarlo su Facebook e' stato lo stesso regista neozelandese. "E' solo alla fine delle riprese - scrive il regista - che finalmente si ha la possibilita' di sedersi e dare un'occhiata al film realizzato. Recentemente Fran (Walsh), Philippa (Boyens) e io abbiamo fatto solo questo, abbiamo visto i primi due film, siamo rimasti molto soddisfatti del modo in cui la storia stava venendo fuori, in particolare, per la forza dei personaggi e il cast. Ci siamo quindi posti la domanda: cogliamo questa occasione per dire di piu' del racconto? E la risposta dal nostro punto di vista come registi e come fan e' stato un incondizionato si'". I film usciranno rispettivamente il 14 dicembre 2012, il 13 dicembre 2013 e il terzo capitolo e' atteso per l'estate del 2014. Saranno anche in 3d. Ad annunciarlo oggi New Line cinema, Metro-Goldwyn Mayer Studios e Warner Bros Pictures.

 
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The Way Back da mymovies

Post n°8389 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 

primo piano
Una fuga dal gulag attraverso una natura ostile
Giancarlo Zappoli     * * * - -
Locandina The Way Back

1940. Nella Polonia occupata dalle truppe sovietiche, il soldato Janusz viene denunciato come spia dalla moglie sottoposta a tortura. Spedito in un gulag in Siberia. Qui, insieme ll'attore Khabarov, all'americano Mr.Smith, e al criminale comune Valka inizia a pensare a un piano di fuga che riuscirà ad attuare insieme ad altri detenuti. Ciò che li attende fuori dal campo di prigionia è l'inverno siberiano. La loro prima meta è costituita dal lago Baikal e dai confini con la Mongolia. Il loro viaggio è però destinato ad essere molto più lungo e, conseguentemente, molto più tormentato.
Sono trascorsi nove anni da quando un film di Peter Weir è comparso sui nostri schermi ed ora possiamo finalmente vedere l'ultima sua fatica che risale al 2010. Non si tratta di una delle sue opere più originali ma si rivela comunque interessante. A partire dalle sue origini, il romanzo “The Long Walk” di Slavomir Rawicz, il cui autore affermò di essersi ispirato a fatti realmente accadutigli, salvo poi essere smentito da documentazioni emerse negli anni recenti. Weir quindi ha ribaltato la dimensione del suo The Truman Show. Là il suo protagonista viveva come realtà ciò che era finzione. Qui ci si ispira a una finzione che ha voluto proporsi come realtà per fare un film che rispetta i canoni …della finzione. Con una differenza di fondo però. I gulag staliniani sono stati una aberrante fatto reale e hanno ispirato tentativi di fuga da un inferno fuori dal quale ce n'era un altro ad attendere gli evasi. 
Deve essere questo che ha attratto Weir: raccontare le vicende di un gruppo di uomini che trovano nella Natura, come afferma uno dei comandanti del gulag, il loro vero carnefice. Il suo cinema è spesso andato alla ricerca di storie in cui i protagonisti lottavano contro i pregiudizi e, in fondo, anche contro se stessi per raggiungere la meta che si erano prefissi. Che fossero professori (L'attimo fuggente) o al comando di una nave (Master & Commander) poco importava. Qui si misura con un gruppo di individui che restano tali anche quando sono costretti dagli eventi a diventare un gruppo. Ognuno si porta dietro il bagaglio delle proprie diffidenze nei confronti della diversità (di nazionalità, d'età, di vissuto personale) altrui. Ma tutti hanno una meta che inizialmente risulta essere comune. Se Colin Farrell è, come al solito, a suo agio nei laceri panni del cupo criminale Valka, è un sempre superlativo Ed Harris ad offrire una prova che lascia ancora una volta il segno nei panni del volutamente anonimo Mr. Smith. Su tutto il cast finisce però con il dominare l'ambiente naturale che la fotografia di Russell Boyd esalta in particolare quando gli mette a disposizione l'intero schermo riducendo gli esseri umani a poco più che nullità. Nullità che, a tratti, rischiano di perdere la propria umanità per poi ritrovarla, nonostante tutto, magari disputando, ridotti alla fame, su una ricetta in cui mettere più o meno sale.

 
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Cena tra amici

Post n°8388 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 


primo piano
Da un testo teatrale, una commedia amara tutta in una stanza con tempi comici perfetti
Giancarlo Zappoli     * * * - -
Locandina Cena tra amici

Vincent, agente immobiliare quarantenne si reca a cena dalla sorella Elizabeth e dal cognato Pierre (entrambi docenti). È stato invitato anche Claude che è un orchestrale. In attesa della ritardataria moglie Anne, Vincent si trova al centro dell'attenzione. I due infatti stanno per avere un bambino. Tutto procede per il meglio sino a quando si tocca un argomento che dà il via a una serie di situazioni problematiche: il nome scelto per il nascituro.
Di cene più o meno tra amici, magari con delitti previsti nel menu, il cinema mondiale ne ha già imbandite tante. Meglio avrebbe fatto la distribuzione italiana a tradurre letteralmente il titolo originale o, comunque, a rievocarne la specificità. È 'il nome' non tanto la cena il perno attorno a cui ruota tutto il film. A partire dai curiosi titoli di testa in cui i cognomi di chi ha collaborato alla riuscita dell'operazione sono rigorosamente esclusi. Per proseguire poi con il percorso di un ragazzo che consegna le pizze in moto, marcato dalle intestazioni delle strade con tanto di minibiografia dei titolari. 
Infatti, inserendosi nella tradizione del teatro boulevardier di qualità Cena tra amici costruisce tutto attorno a un nucleo centrale e, come accadeva a Francis Veber per il riuscito La cena dei cretini Delaporte e De la Patelliére hanno il controllo assoluto dei tempi comici. La loro è un'opera prima per quanto riguarda il cinema ma il testo è stato scritto a quattro mani e il cast (con un'eccezione) è quello della messa in scena (hit al box office) di Bernard Murat. L'eccezione è costituita da Charles Berling che sostituisce Jean Michel Dupuis aggiungendo, per il pubblico francese, un alone di Gauche acculturata che l'attore ha costruito nel corso della sua carriera. Non si pensi di trovarsi dinanzi a una rivisitazione di Carnage. Là l'incontro avveniva tra sconosciuti mentre qui c'è un passato di relazioni e di non detto che finisce per prendere il centro della scena. La teatralità originale a tratti si fa sentire, soprattutto quando i toni iniziano ad esasperarsi, ma complessivamente il film tiene e riesce a far sorridere (un po' amaramente) anche se, il doppiaggio (per quanto perfetto) priva queste commedie d'Oltralpe di quella musicalità (che si trasforma talvolta in pomposità) e di quel ritmo che sono insiti nella lingua. Il finale per alcuni costituirà una vera sorpresa (da più punti di vista).

 
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The Amazing Spider-Man

Post n°8387 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 

primo piano
Un reboot difficile ma non mancato, che ridisegna le caratteristiche di Peter Parker
Marianna Cappi     * * 1/2 - -
Locandina The Amazing Spider-Man

All'età di sette anni, Peter Parker viene affidato alle cure di zia May e zio Ben dai genitori che non rivedrà mai più. Un decennio dopo, è un liceale solitario con una cotta per la compagna di classe Gwen Stacy, figlia del capitano della polizia. La scoperta, in soffitta, di una valigetta di suo padre contenente dei documenti secretati porta Peter a fare la conoscenza del dottor Curt Connors, vecchio amico di famiglia e collega del padre presso la Oscorp. È nel suo laboratorio, dove si studia la possibilità di innesti tra cellule umane e animali, che Peter viene morso da un ragno e si ritrova dotato di nuovi e straordinari poteri. 
A Marc Webb l'arduo compito del reboot di un prodotto cinematografico del quale eravamo già pienamente soddisfatti, grazie alla recente trilogia di Raimi: inutile mettersi a farne un calco, difficile evitare le sovrapposizioni, dato il comune testo di partenza. Che fare? Forse la risposta va cercata nel poster di Einstein che campeggia in casa di Peter Parker e reca la famosa frase secondo la quale “l'immaginazione è più importante della conoscenza”. Poco importa, sembra dire Webb, se la storia è nota, si può ancora reinventare ogni cosa. Verso la fine il film tornerà su questo concetto, durante una lezione scolastica, quando si premurerà di ricordare che c'è chi sostiene che al mondo esistano solo dieci storie ma forse ce n'è addirittura una soltanto, che coincide con la domanda identitaria: chi sono io. Webb e sceneggiatori immaginano dunque un Peter diverso, non più un emarginato ma un ribelle, quasi uno snob in erba, che non viene morso per caso ma va di sua iniziativa là dove l'impossibile può accadere, quasi sperandolo, e non teme la propria trasformazione ma ne è immediatamente soddisfatto e consapevole. Non sono sfumature: proprio perché ridefiniscono l'identità del protagonista di fatto ridisegnano completamente il quadro. 
Al romanticismo, all'aspetto ludico e all'immaginario cartaceo dei film di Raimi (nel senso della carta dei fumetti ma anche di quella fotografica e di giornale) si sostituisce una visione attualizzata, meno tormentata ma più realistica, il cui immaginario di riferimento è esclusivamente cinematografico e nemmeno rétro. Sfortunatamente, le idee visive scarseggiano, se si eccettua il passaggio forse volontariamente ridicolo dalle squame del branzino alla pelle di Lizard, il gigante distruttore, o la scena dell'infilata di gru, che vorrebbe dare un senso al 3D, ma occorre accantonare ogni confronto col pregresso o non si uscirà dalla spirale ingannevole della falsariga (e qualcosa c'è, di obbligato, come il “non è una scelta, è una responsabilità” a rimpiazzo di “grandi poteri, grandi responsabilità”).
Amazing è una parola grossa, che non calza bene al film in questione, ma Spider-Man ha avuto tante vite e il suo giro dentro il costume rosso e blu, in fondo, se lo è meritato anche Andrew Garfield.

 
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Quell'idiota di nostro fratello

Post n°8386 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 

primo piano
Una commedia divertente che ci offre un ritratto non banale della quotidianità negli States
Giancarlo Zappoli     * * * - -
Locandina Quell'idiota di nostro fratello

Ned Rochlin vende prodotti di agricoltura biologica al mercato. Un giorno asseconda un poliziotto che si dichiara in crisi chiedendogli del fumo e viene arrestato. Uscito dal carcere scopre che la sua ragazza si è messa con un altro e gli impedisce di portare con sé il cane del quale in passato non si era mai occupata. A Ned non resta che chiedere aiuto alla sua famiglia formata da una madre e da tre sorelle. La sua connaturata propensione alla sincerità non gli sarà d'aiuto nel farsi accettare.
Il Sundance Film Festival è spesso efficace nell'individuare film indipendenti capaci di far riflettere sulle problematiche della società contemporanea senza dover necessariamente sottostare alle regole (non scritte ma cogenti) del cinema impegnato. È quanto riesce a Jesse Peretz che, grazie allo sguardo e alla gestualità di un Paul Rudd più in parte che mai, ci offre un ritratto della quotidianità negli States che ha similitudini e differenze significative con un altro film indipendente diretto da regista hollywoodiano in libera uscita: Sam Mendes. Perché le analogie con American Life non mancano. Come la giovane coppia era in cerca di un ‘luogo' in cui far crescere la primogenita in arrivo così Ned è alla ricerca di un approdo in cui la sua limpida onestà non venga vissuta come un ostacolo ma come un valore. 
Sia gli uni che l'altro saranno costretti a scoprire che oggi più che mai la sincerità non paga. Non si tratta di multinazionali o di potentati economico-politici ma molto più semplicemente (ma non per questo più facilmente) delle relazioni che intercorrono tra le persone. Se una sorella ha problemi con un marito tanto legato a regole da imporre al figlio quanto pronto a infrangerne altre, una seconda vorrebbe farsi strada tenendo sotto traccia quanto la riguarda ma disponendosi a mettere in piazza il privato altrui. Una terza poi non vorrebbe che la propria relazione omosessuale venisse messa in crisi da un evento non proprio secondario. Ned, in un mondo che si basa sulla finzione, non riesce a mentire. Non per insensibilità nei confronti altrui quanto piuttosto per l'innato bisogno di non nascondere la realtà di quanto accade. È un idiota per molti e rischia di sentirsi tale a sua volta ma, come i suoi consimili hanno fatto in secoli di teatro e letteratura, finisce con il mettere gli altri dinanzi a uno specchio che rimanda loro un'immagine che li fa andare in crisi. 
Per i non appassionati alla musica country un'informazione: Willie Nelson e Dolly Parton sono due icone del genere e hanno anche cantato insieme più volte. A un certo punto del film può essere utile saperlo.

 
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Cinquant'anni senza Marilyn da movieplayer

Post n°8385 pubblicato il 07 Agosto 2012 da Ladridicinema
 
Tag: news

 

a cura di pubblicato il 01 giugno 2012
Una biopic in arrivo nei cinema e una in lavorazione, e poi serie televisive, libri, mostre. installazioni, celebrazioni. Un mito, quello di Marilyn Monroe, che a cinquant'anni dalla scomparsa della diva, non mostra i segni del tempo.
Cinquant'anni senza MarilynMezzo secolo e non sentirlo, come se il tempo per lei non fosse mai passato. La notte del 5 agosto 1962, nella sua villa a Brentwood, Los Angeles, si spegneva Marilyn Monroe: trentasei anni vissuti intensamente, con un'infanzia difficile che lascerà il segno sulla sua vita sentimentale, tre matrimoni falliti, i numerosi (e chiacchieratissimi) flirt, l'amore del pubblico e una manciata di film entrati nella storia del cinema - tra cuiQuando la moglie è in vacanzaA qualcuno piace caldoGli uomini preferiscono le bionde - i contrasti e i litigi sul set, ma soprattutto una favola che ancora oggi continua a far sognare. Perchè non è detto che le fiabe debbano avere necessariamente un lieto fine - basti pensare a quella della Principessa Diana, o quella decisamente meno movimentata, di Grace Kelly, per citarne alcune - e in ogni caso, una favola interrotta sul più bello sarà ricordata più facilmente rispetto ad una storia i cui inizi sfavillanti si spengono lentamente nell'ordinarietà. Come tutte le fiabe, quella di Marilyn appartiene ormai all'immaginario collettivo, e quando ognuno ha la sua "versione" della storia, quella che più si adatta alla sua immaginazione, è difficile che possa ritrovarla altrove. Questo è uno dei motivi per i quali non è mai stato facile raccontare la storia di Marilyn sullo schermo: ad interpretare una diva che era stata unica - se non per le qualità interpretative, penalizzate da ruoli nei quali spesso non si ritrovava, sicuramente per il fascino e il glamour - si corre facilmente il rischio di passare per una copia sbiadita che non potrà mai restituire la magia dell'originale. 

Una splendida immagine di Marilyn MonroeSono così tante, le Marilyn che in tutti questi anni hanno affollato gli schermi, che non si contano: eppure quasi nessuno si ricorda di loro. Negli anni immediatamente successivi alla scomparsa di Marilyn, furono tante le attrici che il business del cinema tentò di trasformare in "bambole bionde" senza grandi risultati: Carroll Baker, la procace Jayne Mansfield, che pure andò incontro ad un atroce destino, ma non è certamente diventata un'icona, la platinatissima Mamie Van Doren - che ancora oggi a 81 anni, gioca a fare la pin-up - mentre la nostra Virna Lisi ha avuto più opportunità puntando sul suo fascino e sul suo talento personale, piuttosto che tentando di ricalcare goffamente le qualità di un'altra. 
E alle Marilyn "di fiction", quelle alle quali si è tentato di dar vita sul grande schermo, non è andata meglio: nella migliore delle ipotesi, la storia dell'attrice è stata replicata come un articolo di gossip, senza lasciare approfondire davvero la sua figura e la sua complessa personalità, e il modo in cui ha lasciato il segno nell'immaginario, oltre che nella cultura pop, nella moda e nell'industria dello spettacolo.

Marlene Dietrich e Marilyn Monroe (1955)Per rendere l'idea di quanto sia ancora vitale il mito di Marilyn, basta pensare che quest'anno, oltre al cinquantesimo anniversario della sua scomparsa, ricorrono anniversari ugualmente importanti anche per altre due grandi dive del cinema come Marlene Dietrich e la splendida Romy Schneider, scomparse rispettivamente venti e trent'anni fa e alle quali tuttavia non è stata riservata la stessa attenzione (e lo stesso quantitativo di celebrazioni) che invece è stata dedicata alla Monroe, trabiopic cinematografiche, opere teatrali e serie televisive,manifestazioni, mostre, aste di memorabilia, decine di libri - alcuni dei quali molto interessanti - e opere d'arte, per non parlare degli innumerevoli gadget che affollano il nostro quotidiano, tra t-shirt, borse e quant'altro.

Michelle Williams sul magazine Vogue per promuovere 'My Week With Marilyn'Nelle sale italiane ad esempio, proprio oggi 1 giugno 2012, giorno in cui Marilyn avrebbe compiuto 86 anni, esce il film interpretato da Michelle Williams nel ruolo della diva, che racconta i retroscena delle riprese de Il principe e la ballerina, ma la Williams, che offre un'interpretazione assolutamente valida - se si mettono da parte gli immancabili e sterili paragoni sull'aspetto fisico e la somiglianza - non è l'unica attrice a confrontarsi con un mito così ingombrante. Alcuni anni fa si è parlato di Charlize Theron in un film sulla Monroe di cui non si è fatto più nulla, e più recentemente è stata annunciata una pellicola di Roland Emmerich che ricostruirà uno degli eventi cruciali della vita di Marilyn, la famosa apparizione dell'attrice al compleanno di Kennedy. Al momento tuttavia, si fa più concreta la possibilità di vedere Naomi Watts in un adattamento cinematografico di Blonde, il romanzo di Joyce Carol Oates, dal quale era stata già tratta una miniserie televisiva, undici anni fa, con Poppy Montgomery nel ruolo della protagonista. Al Festival di Cannes - per la cui 65esima edizione, tra l'altro, sono stati realizzati deimanifesti con Marilyn che soffia su una torta di compleanno, iniziativa subito replicata dalBiografilmFestival - il regista Andrew Dominik ha confermato l'intenzione di voler girare il film sulla Monroe al più presto: "il mio cuore appartiene a Marilyn" - ha detto, augurandosi di iniziare le riprese il prossimo anno di quella che nelle sue intenzioni sarà "come la favola di un'orfana che si perde nei boschi". Un film piuttosto cupo quindi, che non ha pretese di ricostruire in modo fedele l'ascesa al successo e il tragico destino dell'attrice, ma sarà la storia di una donna fragile sullo scenario della Hollywood più sordida e meno luccicante. A conferma delle parole di Dominik - che a Cannes ha presentato con successo il suo ultimo lavoro, Killing them Softly - l'edizione russa di Vogue ha pubblicato un photoshoot di Naomi Watts in cui l'attrice australiana veste i panni della Monroe. Non tutti gli scatti firmati da Ali Mahdavi convincono pienamente - alcune pose sono poco spontanee, e la Watts risulta poco riconoscibile a sfavore di una rievocazione di Marilyn poco riuscita - altri scatti invece (soprattutto quelli in bianco e nero) rievocano in modo strabiliante la celebre session fotografica firmata da Milton Greene nel '56 oggi nota come The Black Sitting. Ovviamente da una manciata di foto promozionali non si può certo intuire come sarà un film - e d'altronde la prima immagine della Williams in versione Marilyn non aveva convinto quasi nessuno - quindi dovremo aspettare l'uscita di Blonde per vedere come sarà rievocata la storia di questa fanciulla che si perde tra i vizi e gli eccessi di Hollywood come la protagonista di una favola. 

Megan Hilty protagonista del musical Marilyn in Smash dall'episodio Senza inibizioniIl piccolo schermo intanto, non resta certo a guardare, e con Smash - nuova serie targata NBC, che ha debuttato negli States agli inizi di febbraio - si tenta un approccio differente al mito di Marilyn, meno "centrale", ma di sicuro appeal. La storia della serie, prodotta da Steven Spielberg e ideata da Theresa Rebeck, si evolve attorno alla realizzazione di un musical di Broadway incentrato proprio sulla diva di Niagara, e quindi si concentra sui rapporti tra gli autori e le star dell'opera, tra rivalità e vicissitudini personali. Mentre nel musical la vita di Marilyn si dipana tra canzoni e bellissime coreografie, dietro le quinte, è il caso di dirlo, è proprio un'altra storia. Sono due, in questo caso, le Marilyn che si contendono il ruolo principale in Smash: prima la navigata Ivy Lynn (interpretata da Megan Hilty) e successivamente Karen Cartwright, talentuosa ma ingenua debuttante alla quale presta il voltoKatharine McPhee.
Più convenzionale l'omaggio all'attrice tributato dal serial Gossip Girl per il suo episodio numero cento (il 13esimo della quinta stagione, che si intitola G.G.) e che vede il personaggio di Serena - interpretato da Blake Lively - sognare di essere come Marilyn nella celebre sequenza de Gli uomini preferiscono le bionde in cui Lorelei fasciata in un abito rosa canta Diamonds are a Girl's Best Friends, la stessa scena che quasi trent'anni fa, aveva ispirato uno dei primi video diMadonna, quello di Material Girl. Peccato che la Lively si muova in uno spazio eccessivamente ristretto, e nel quale la performance sembra sacrificata, ma evidentemente i sogni di Serena hanno gli stessi limiti di un palcoscenico teatrale, e poca libertà di movimento. E come se non bastasse, alla fine si ritrova a contendere la scena (e l'amore) con Blair (Leighton Meester), per l'occasione vestita come Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany.

Rosalba Di Girolamo in scena con 'Nuda', spettacolo dedicato a Marilyn Monroe (2012)A proposito di teatro, nell'arco di questo 2012, Marilyn è stata rievocata anche sui palcoscenici nostrani, ad esempio con Nuda, spettacolo scritto e interpretato da Rosalba di Girolamo per la regia di Fabio Cauteruccio, oppure Marilyn: gli ultimi tre giorni, con una biondissima Agnese Nano diretta da Elisabetta Villaggio, o ancora in Bye Baby Suite, diretto e interpretato da Alessia Innocenti sulle basi di un testo firmato da Chiara Guarducci
Nuda è una piece più minimalista, in cui si mette da parte la dimensione più "hollywoodiana" della diva, per concentrarsi più sulla sua personalità e le emozioni, mentre l'opera diretta dalla Villaggio, come indica il titolo, è un focus sugli ultimi tre giorni di vita dell'attrice, che fu trovata priva di vita dalla sua governante, Eunice Murray. 
Ma l'omaggio al mito non si ferma certo qui: sono tante le personalità dello spettacolo che hanno provato a rievocarlo,da Milla Jovovich sulle pagine del magazine Madame Figaro, a Lindsay Lohan; quest'ultima in particolare convinta da sempre di avere molto in comune con Marilyn, al punto da arrivare a posare per Bert Stern in una sbiadita replica di quello che fu l'ultimo servizio fotografico di Marilyn, conosciuto come The Last Sitting. Meno convinta di tante sue colleghe èScarlett Johansson, che da molti è indicata come l'erede di Marilyn - sia per la dolcezza delle sue forme, che per il fascino - e pur avendo posato per scatti pubblicitari che rievocano le pose della diva, ha voluto frenare certi paragoni: "Adoro Marilyn e penso che fosse incredibilmente bella oltre che molto sottovalutata come attrice. Come lei, anche io ho le curve, sono bionda e mi sento a mio agio con questo tipo di femminilità. Ma credo che i paragoni tra di noi si fermino qui..."

Marilyn legge un libroSe il mondo dello spettacolo è la dimensione ideale in cui celebrare e ridar vita alla fiaba di Marilyn, quello dell'editoria e soprattutto dell'arte, non sono da meno. Tra i tantissimi volumi che hanno riempito gli scaffali negli ultimi mesi, ad esempio, spiccano due titoli molto interessanti come Fragments. Poesie, appunti, lettere eMM - Personal. Il primo è una raccolta degli scritti di Marilyn - tra poesie, pensieri e appunti di lavoro - che erano contenuti in due scatole affidate a Lee Strasberg, il secondo invece - ancora più interessante - è curato daLois Banner, con foto di Mark Anderson, e riguarda il contenuto di due grossi schedari appartenuti alla diva, che svelano aspetti inediti della sua personalità: Marilyn fu sicuramente una donna fragile e problematica, fin troppo generosa nel spendere soldi per fare regali costosi a chiunque (e tanto sbadata da perdere quelli ricevuti) ma fu anche un'ottima donna d'affari, che in quel periodo cercava ruoli cinematografici più interessanti, diversi da quelli che spesso era costretta ad interpretare per ragioni contrattuali. Tanto materiale che visto nel suo insieme, non esclude certamente una personalità difficile, continuamente in lite con gli studios, ma svela anche una ragazza sensibile, che conservava le lettere più divertenti e affettuose degli ammiratori - tra cui un italiano - e si premurava di rispondere. Materiale che per alcuni aspetti chiarisce alcuni punti sulla scomparsa di Marilyn, senza però sciogliere il mistero, e anzi, in alcuni casi, rendendolo ancora più fitto.

Il mondo dell'arte, dicevamo, ha sempre flirtato con l'immagine di Marilyn - sin da quando Andy Warhol moltiplicò la sua immagine per una celebre serie di serigrafie - e anche quest'anno non si è tirato indietro: sono tante le mostre dedicate alla diva, che sono state inaugurate a Londra eVenezia, così come le installazioni, alcune delle quali particolarmente appariscenti, come la statua di otto metri che attualmente si trova a Palm Springs, realizzata da Seward Johnson, oppure il mosaico realizzato da Claire Milner utilizzando ben 65mila cristalli Swarowsky di colori diversi e che è stato acquistato dalla popstar Rihanna. E pazienza se gli swarowsky non durano per sempre come i diamanti, il mito di Marilyn resterà sempre eterno.

 

 
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