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Monicelli, senza cultura in Italia...
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Messaggi del 01/09/2018
Post n°14595 pubblicato il 01 Settembre 2018 da Ladridicinema
Post n°14594 pubblicato il 01 Settembre 2018 da Ladridicinema
Il tavolo per l’internazionalizzazione della industria audiovisiva italiana, fortemente voluto da MiBAC e MISE, attivato da DG Cinema e ICE, con il coordinamento di Istituto Luce Cinecittà, e che riunisce le Associazioni maggiormente rappresentative dell’industria audiovisiva italiana e le Film Commsion, ha rafforzato, dopo l’ entrata in vigore della nuova legge cinema, la propria azione di sistema per una più efficace presenza nei mercati esteri. Ottimizzando le risorse disponibili e razionalizzando le diverse tipologie di intervento interventi, si è potuto meglio definire l’operatività e le competenze di DG Cinema, Istituto Luce e ICE. I finanziamenti su fondi MISE sono stati destinati alla copertura delle spese all’estero, contando sulla capillare rete degli uffici ICE e sulla creazione di Desk Audiovisivi laddove il settore avesse una particolare rilevanza ed importanza per i nostri operatori. Sono stati quindi destinati a supportare la copertura delle spese strutturali atte alla realizzazione le postazioni e gli stand italiani presso i principali festival e mercati e alla copertura di una serie di azioni di comunicazione networking a livello locale. Con i fondi del MiBAC, attraverso la DG cinema e Istituto Luce Cinecittà, si è proceduto, sentite le Associazioni di categoria, a mettere a punto una serie di supporti destinati alle imprese italiane per favorirne la presenza nei principali festival e mercati. Continua inoltre la già sperimentata azione di sostegno ai distributori esteri di film italiani. Terminata la fase sperimentale dell’ultimo biennio, questi fondi sono stati resi strutturali consentendo un’azione continuativa e fortemente strutturata sulla base delle esigenze espresse dalle diverse associazioni di categoria. Tutte azioni che rafforzano la capacità della nostra industria audiovisiva che continua ad essere sostenuta anche dall’azione di Istituto Luce Cinecittà per tutto quanto riguarda le iniziative di promozione istituzionale e di sostegno alla presenza audiovisiva anche in quei paesi dover l’azione più propriamente commerciale non dovesse arrivare. Questi i fondi destinati alle azioni sopra descritte: -Fondo per i Distributori esteri di film italiani; -Fondo a supporto delle Imprese di Esportazione di Film italiani; -Fondo a supporto della presenza in festival nazionali e internazionali delle società di produzione cinematografica; -Fondo a supporto della presenza in festival e mercati nazionali e internazionali delle società di produzione di opere Audiovisive; -Fondo per incentivare le Coproduzioni Minoritarie; Tali misure entrano in vigore da subito, gestite da Istituto Luce Cinecittà, attraverso l’emissione di bandi dedicati ai diversi settori.
Post n°14593 pubblicato il 01 Settembre 2018 da Ladridicinema
- 31/08/2018
- Carmen Diotaiuti
VENEZIA - Esce in Italia a gennaio con I Wonder Pictures Non-fiction il nuovo film del pluripremiato regista francese Olivier Assayas in concorso alla 75ma Mostra di Venezia. Una pellicola dai dialoghi serrati sui cambiamenti continui del mondo contemporaneo, in particolare sulla digitalizzazione e smaterializzazione della scrittura e dell’arte in generale. Un percorso che parte dall’astrazione dialettica per avvicinarsi man mano, nel finale, al carnale e terreno: “Se si vuole fare un film sulla contemporaneità lo si deve fare in modo umano”, sottolinea l’autore di Qualcosa nell’aria, Sils Maria e Personal Shopper. “Quando ho iniziato a scrivere il film aveva un aspetto saggistico, ma è diventato poi un’analisi del cambiamento e dell’adattamento dal punto di vista umano. Tanto che comincia in maniera più astratta ma finisce in modo molto incarnato”. Al centro della storia Alain (Guillaume Canet), un editore parigino di successo che fatica ad adattarsi alla rivoluzione digitale, che nutre seri dubbi di fronte al nuovo manoscritto di Léonard (Vincent Macaigne), uno degli autori con i quali collabora da lunga data, trattandosi dell’ennesima opera autobiografica che prende spunto dalla sua relazione con una celebrità di secondo piano. Selena, moglie di Alain e affermata attrice teatrale, interpretata da Juliette Binoche, è del parere opposto. “Non posso negare che il digitale è una rivoluzione che apre un enorme campo di possibilità", sottolinea Guillaume Canet le cui opinioni personali appaiono molto il linea con quelle del personaggio che interpreta. "Vivo, però, con un certo panico l’evoluzione che ha assunto negli ultimi anni. Vedere un film su un cellulare, con un suono complesso e orribile e con immagini miniaturizzate, mi fa un po’ paura e lo trovo sminuente rispetto all’accuratezza che mettiamo nella nostra arte. Ho paura del lato fast food, del consumo rapido del digitale, che non permette di vivere pienamente le espressioni artistiche”. Il racconto, che il regista rivela essersi dipanato da solo dopo la scrittura della prima scena del dialogo tra lo scrittore e il suo editore, (“non sapevo sarebbe diventato un film, man mano il racconto ha preso corpo e si è trasformato in una commedia che raccontava qualcosa del mondo contemporaneo”), segue le riflessioni dei protagonisti sul funzionamento della nuova economia digitale e sui suoi effetti a livello sociale, personale ed emotivo. Rispetto a un mondo che continua a cambiare e lo fa sempre più velocemente la sfida è la nostra capacità di tenere d'occhio quel flusso, per capire cosa è veramente in gioco e come adattarci: “La trasformazione del mondo operata dalla rivoluzione digitale ha simili effetti in tutti i settori umani, riguarda la capacità di adattamento degli individui al modo in cui la società evolve”, rimarca Assayas. Un cambiamento, il digitale, che secondo il regista ha da tempo investito, modificandola profondamente, anche l’industria cinematografica e il modo di fare film, "a partire dal montaggio del suono che ha cambiato completamente la tessitura della colonna sonora, passando poi per la digitalizzazione dell’immagine e dei processi distributivi". Una rivoluzione sicuramente non terminata, che continuerà a modificare il nostro modo di realizzare e mostrare i prodotti audiovisivi. Ma il film, più che analizzare il funzionamento di questa nuova economia, è interessato ad osservare le domande che questa scuote, personalmente ed emotivamente, quasi alla ricerca di un nucleo emotivo profondo e intaccabile: “C’è qualcosa di eterno nelle relazioni umane. Anche quando si parla di trasformazione, ci sono cose elementari, basiche, terrene che rimangono immobili. Certo, con l’avvento del digitale e dei social media anche amore e comunicazione avvengono in modo diverso, e proprio per questo mi interessava discutere gli effetti del cambiamento digitale sulla società a partire dai sentimenti degli individui”.
Post n°14592 pubblicato il 01 Settembre 2018 da Ladridicinema
VENEZIA – L’Italian Pavilion è stato letteralmente preso d’assalto oggi pomeriggio per la Masterclass di Mastercard condotta da David Cronenberg, Susanna Nicchiarelli, Sandy Powell e Blanca Suarez che si sono uniti al grande ospite Spike Lee, annunciato già da tempo, dopo un breve saluto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli. Cronenberg è qui anche per ritirare il Leone d’oro alla Carriera, Nicchiarelli ha vinto il premio Orizzonti lo scorso anno con il suo film Nico, Powell è più volte stata nominata all’Oscar e Suarez è protagonista della serie di successo Netflix Le ragazze del centralino, oltre che di film di registi importanti come Pedro Almodovar e Alex De La Iglesia. Anche Lee ha lavorato con il colosso della distribuzione online, con la serie She’s Gotta Have It. Proprio di Netflix e delle nuove tecnologie si è parlato per gran parte dell’evento, trasmesso in streaming anche sulla pagina facebook di Best Movie, e soprattutto di come gli algoritmi applicati alle nuove piattaforme di distribuzione possano influire sulla creatività. “Nessuno sa esattamente come vadano queste cose -spiega Spike Lee – conosco le ripercussioni e le reazioni del mio lavoro solo grazie ai social ma nessuno mi dà le cifre di come vanno le cose. E so che la serie è andata bene solo perché ho ricevuto la telefonata del produttore che mi annunciava un’altra stagione. Ma certamente gli algoritmi non hanno stereotipi, nel momento in cui hai un account hai anche un codice postale e loro possono individuarti per capire i tuoi gusti e anche altro. Se guardi solo serie con persone afroamericane pensaranno probablimente che sei afroamericano e ragioneranno di conseguenza. In generale, comunque, dipendere da una regola matematica, se sei un narratore, non è una buona cosa”.
Post n°14591 pubblicato il 01 Settembre 2018 da Ladridicinema
31/08/2018 VENEZIA - Un film a episodi che è anche un omaggio allo spaghetti western e al cinema italiano degli anni '60 e '70 con doverosa citazione di Sergio Leone nelle parole dei due autori, Joel e Ethan Coen, quattro premi Oscar al loro attivo. Che tornano a Venezia, in concorso, con The Ballad of Buster Scruggs, a dieci anni da Burn After Reading. Si tratta di un film a cui lavorano da un sacco di tempo - ben 25 anni - e che è una vera e propria antologia di racconti brevi uniti dall'ambientazione di frontiera e con un cast molto ricco che comprende Liam Neeson, Brendan Gleeson, Tyne Daly, Tom Waits, Zoe Kazan e Tim Blake Nelson, quest'ultimo nei panni di Buster Scruggs, il personaggio eponimo che apre, intonando una ballata, il florilegio - tenuto insieme da un libro illustrato vecchio stampo da sfogliare alla scoperta di tante situazioni buffe e assurde. Quasi una storia del genere western. Alla scoperta del quale i due autori legano anche un episodio della loro infanzia: "Io avevo 11 anni - dice Joel - e Ethan 8, volevamo andare in un cinema di Minneapolis che proiettava un western, Invito a una sparatoria, ma ci portarono dal direttore della sala perché pensavano che avessimo marinato la scuola, invece quel giorno era una festa ebraica e la scuola era chiusa". I sei racconti - scritti nel corso degli anni - sono incentrati su un cow boy canterino e svelto di pistola (ma non abbastanza), un rapinatore di banche due volte sfigato, un impresario itinerante piuttosto avido che porta nei villaggi un attore senza braccia né gambe, un anziano cercatore d'oro che non si guarda abbastanza le spalle, una ragazza ingenua che rimane sola dopo la morte del fratello in una carovana diretta verso il Nebraska e un gruppo di viaggiatori mal assortiti - tra cui due cacciatori di taglie - che disquisiscono di etica a bordo di una diligenza diretta non si sa dove. Dall'ironia lieve delle short story iniziali il clima si fa sempre più cupo e meditativo, e ogni volta ci scappa il morto. A proposito del film a episodi, genere oggi ben poco di moda, Ethan precisa: "Ci piacciono i film italiani degli anni '60 e '70 come Boccaccio 70che abbiamo visto in tv e che è firmato da autori come Monicelli e Visconti". Tra le tante citazioni ce n'è anche una riservata a Per un pugno di dollari, con la comparsa della cittadina di Tucumcari. Joel racconta che c'era l'idea iniziale di fare dei film brevi, per la tv, "ma poi ci siamo resi conto che, anche se sono diversi per atmosfera e per argomento, hanno qualcosa in comune, e abbiamo pensato di metterli insieme". La destinazione adesso è la sala, in Italia a novembre, anche se a produrre è Netflix, onnipresente in questo festival. "Il film sarà visto cosi com'è a prescindere dalla destinazione sul piccolo o grande schermo e da chi l'ha finanziato. Tutte le decisioni estetiche sono state prese prima dell'arrivo di Netflix - spiega Joel - ma più in generale voglio dire che Netflix fa film fuori dal mainstream e questo è molto importante. Più ne fa e meglio è per l'industria del cinema". Ogni episodio ha un suo tono e c'è anche, come si diceva, il fantasma dello spaghetti western, caro anche a Tarantino, nel racconto del rapinatore destinato alla forca - ma per un reato che non ha commesso - interpretato da James Franco. E sulla successione delle storie: "Avevamo un'idea molto chiara sull'ordine in cui metterle, l'istinto ci ha guidato in una sorta di progressione emotiva". I due autori escludono invece una parentela con il loro precedente Il grinta (2010): "Non lo considero un western - dice Joel - anche se in qualche modo forse lo è". Presenti a Venezia anche tre degli interpreti: Bill Heck, Tim Blake Nelson e Harry Melling. Tutti d'accordo nel lodare lo stile del film e lo sguardo dei suoi autori.
Post n°14590 pubblicato il 01 Settembre 2018 da Ladridicinema
VENEZIA - Il male e il bene, Hitler e Gesù, il cinema e la fede e naturalmente il suo film più amato e temuto dagli spettatori di tutto il mondo, L'esorcista, sono gli ingredienti di Friedkin Uncut, il documentario scritto e diretto da Francesco Zippel, presentato a Venezia Classici e che arriverà al cinema il 5, 6 e 7 novembre distribuito da Feltrinelli Real Cinema in collaborazione con Wanted per essere poi trasmesso in esclusiva e in prima tv su Sky Arte (canale 106,120 e 400). Si tratta di un incontro molto ravvicinato con il regista nato a Chicago nel '35, autore di film di culto come Il braccio violento della legge, Sorcerer, Cruising, Vivere e morire a Los Angeles e per l'appunto L'esorcista, un incontro che nasce grazie alla lavorazione del documentario The Devil and the Father Amorth presentato qui al Lido l'anno scorso. "Molti volevano fare un film intervista su di lui - racconta Zippel - ma lui ha scelto proprio me, forse per la fiducia che si era costruita durante il montaggio di quel film. In quei mesi mi aveva raccontato tanti aneddoti e avevo apprezzato il suo spirito, la sua simpatia, la sua umanità, la sua ironia, aspetti che ho cercato di trasferire in Friedkin Uncut a partire dal titolo, che indica proprio la volontà di restituirlo così com'è". Zippel ha anche interpellato tanti suoi amici e collaboratori, da Francis Ford Coppola a Quentin Tarantino, da Zubin Mehta a Michael Shannon, da Wes Anderson a Damien Chazelle e Willem Dafoe e tre donne, Juno Temple, Ellen Burstyn e Gina Gershon, tutte "innamorate di lui nonostante faccia un cinema poco sentimentale e molto macho". Unica assente Linda Blair, che però ha chiesto di vedere il doc. “Il film - racconta l'autore, ora al lavoro sul regista afroamericano Oscar Michaux - è stato realizzato seguendo Billy Friedkin nei suoi viaggi, da Venezia a Lione, e cercando di incastrarsi tra gli impegni degli altri attori e registi intervistati in giro per il mondo". E si è fatto un'idea sul segreto che rende L'esorcista ancora spaventoso tanti decenni dopo? "I film dell'orrore, come dice Ellen Burstyn, cercano di suscitare lo spavento, mentre questo procede con una narrazione realistica, sembra non accadere nulla di particolare, invece il terrore viene da qualcosa che ognuno di noi ha nell'anima. Del resto Friedkin è mosso da una vera sete di conoscenza verso questi temi". Tutti fans di Friedkin, e specialmente Quentin Tarantino. "Ha addirittura comprato la casa dove aveva vissuto Billy negli anni '70 e ha trasformato il suo garage in sala di proiezione privata. Tra le tante cose, ha anche tutti i film di Friedkin in pellicola perché detesta il digitale".
Post n°14589 pubblicato il 01 Settembre 2018 da Ladridicinema
The Other Side of the Wind - L'altra faccia del vento Recensione Potremmo star qui a discutere per ore su se e perché sia utile e necessario portare a compimento opere lasciate postume dai loro autori. Di come e quanto The Other Side of the Wind sia (si avvicini a essere) il film che avrebbe compiuto Orson Welles, o se invece, a dispetto della quantità enorme di materiali e note lasciate, alla fine quel geniaccio avrebbe sconbussolato tutto, andando in un’altra direzione. Potremmo, ma sarebbe inutile, e poco importante. Quello che è importante è il film: un film che è capace di restituire il genio del suo autore, di sorprendere per la sua modernità, di travolgere con la quantità strabordante di temi, cose, pensieri, immagini che contiene. Di The Other Side of the Wind si sapeva, soprattutto, che doveva essere la storia dell’ossessione omoerotica di un regista (un regista di quelli larger than life) per il suo attore protagonista. Ma, a vederlo oggi, il film lascia la vicenda quasi sullo sfondo, e la mescola a ragionamenti più ampi e complessi sul maschile e sul femminile (perfino sul patriarcato, dirà sicuramente qualcuno) e sul ruolo e il mestiere del regista, dell’artista, del creatore. Perfettamente interpretato da John Huston - che vi mette dentro buona parte di sé, oltre a quanto c’era sul copione, e oltre a quanto lo stesso Welles vi aveva proiettato - J. J. Hannaford è un anziano regista avventuroso, bizzoso e rissoso, un Hemingway del set, che cerca di riconquistare Hollywood, fallendo; che cerca di finanziamenti che non trova; che si lascia convincere a festeggiare il suo settantesimo compleanno in una grande villa alla presenza di decine e decine di studenti, registi o aspiranti tali, colleghi e curiosi, lasciando che tutti riprendano tutto, e su tutto lui, in un rivelarsi finale, spavaldo e dolente, che diverrà davvero il suo ultimo film, e non quello ipnotico e psichedelico che proietta a pezzi per questo suo pubblico, e per noi spettatori. The Other Side of the Wind è allora un film su un regista che non riesce a finire un film, e che viene guardato, ascoltato, filmato, e diventa lui stesso materia cinematografica pura e immanente, mentre noi guardiamo lui, loro, quel film incompiuto, improvvisato, senza trama. Ecco allora, in questo turbinare di immagini, dialoghi, situazioni, bicchieri di whisky tracannati di continuo, nani, critiche arrembanti, anziani sceneggiatori, attrice nude e silenziose, tutto montato per oltre due ore come le parti più frenetiche di F for Fake, a emergere è proprio il superomismo di Hannaford, costantemente ribadito e alternativamente demolito dallo stesso regista, la totale identificazione - che era sicuramente di Welles, prima che di altri - del regista con la divinità. Hannaford, in The Other Side of the Wind, plasma gli eventi e la realtà, li controlla, li gestisce, li dirige, fino ad arrivare al finale scelto da lui. Eppure è anche colui che fallisce, che non ottiene quello che vuole, che si ritrova beffato da un giovane attore che credeva di aver creato dal nulla, e che invece si è creato da solo.E il suo fallimento è il fallimento di un certo modo di essere uomini, maschi: perché, lo dice lui stesso, Dio è donna. E però l’elemento più forte, e in qualche modo commovente, di questo gran calderone che è The Other Side of the Wind (un film che avrebbe bisogno ben più di una singola visione, peraltro festivaliera, per essere compreso, digerito e raccontato adeguatamente) è il rapporto tra Hannaford e Brooks Otterlake, che di questo uomo fatto Dio più dagli altri che da sé stesso è l’apostolo: il biografo, il confidente, l’amico, il collega regista. Ma anche l’avversario, il fan più disprezzato, il lato più oscuro e opaco. È questo il rapporto più coinvolgente e complesso del film di Welles. Quello centrale, e che coinvolge ancora di più perché a interpretare Otterlake c’è Peter Bogdanovich, e quel rapporto lì era quello che lui aveva con Welles: niente di più,niente di meno. Un rapporto vicendevolmente parassitario, di co-dipendenza, opportunista eppure drammaticamente sincero, e profondo, e onesto; lo dice chiaramente Houston-Hannaford-Welles in questa struggente opera di un formidabile genio: “i film e gli amici: sono questi, i veri misteri.”
Post n°14588 pubblicato il 01 Settembre 2018 da Ladridicinema
Don't Worry Don't Worry, He Won't Get Far on Foot - DATA USCITA: 29/08/2018
- GENERE: Biografico, Drammatico
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2018
- REGIA: Gus Van Sant
- CAST: Joaquin Phoenix, Rooney Mara, Jonah Hill
- DATA USCITA: 29/08/2018
- GENERE: Drammatico
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2017
- REGIA: John Carroll Lynch
- CAST: Harry Dean Stanton, David Lynch, Ron Livingston
- DATA USCITA: 29/08/2018
- GENERE: Drammatico, Sentimentale, Biografico
- NAZIONALITA': USA, Gran Bretagna, Lussemburgo
- ANNO: 2017
- REGIA: Haifaa Al Mansour
- CAST: Elle Fanning, Maisie Williams, Tom Sturridge
Mission: Impossible - Fallout Mission: Impossible 6 - DATA USCITA: 29/08/2018
- GENERE: Azione, Avventura, Thriller
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2018
- REGIA: Christopher McQuarrie
- CAST: Tom Cruise, Rebecca Ferguson, Alec Baldwin
- DATA USCITA: 29/08/2018
- GENERE: Azione, Guerra, Drammatico
- NAZIONALITA': Giappone, Hong Kong, Taiwan
- ANNO: 2017
- REGIA: Sabu
- CAST: Chang Chen, Shô Aoyagi, Yi Ti Yao
- DATA USCITA: 29/08/2018
- GENERE: Azione, Avventura, Drammatico, Sentimentale, Thriller
- NAZIONALITA': USA
- ANNO: 2018
- REGIA: Baltasar Kormákur
- CAST: Shailene Woodley, Sam Claflin, Jeffrey Thomas
Il maestro di violino Tudo Que Aprendemos Juntos - DATA USCITA: 30/08/2018
- GENERE: Drammatico, Musicale
- NAZIONALITA': Brasile
- ANNO: 2015
- REGIA: Sérgio Machado
- CAST: Lázaro Ramos, Kaique de Jesus Santos, Sandra Corveloni
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Inviato da: Mr.Loto
il 28/03/2022 alle 11:57
Inviato da: Mr.Loto
il 15/10/2020 alle 16:34
Inviato da: RavvedutiIn2
il 13/11/2019 alle 16:33
Inviato da: surfinia60
il 11/07/2019 alle 16:27
Inviato da: Enrico Giammarco
il 02/04/2019 alle 14:45