Creato da WalterSantoSubito il 08/05/2008
 

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Piccole speranze fra le macerie.

Post n°14 pubblicato il 08 Aprile 2009 da WalterSantoSubito

I bambini nelle tende tra clown e bolle
di sapone
 

«Ma non dimenticano» Alcuni hanno perso i genitori, altri i nonni o i cugini Ridono e giocano. Poi chiedono di tornare a casa.

L'AQUILA — L'altro ieri i vigili del fuoco hanno tirato fuori da una casa semidistrutta due bimbi ancora vivi. «Uno era sotto il corpo del padre, che è morto per proteggerlo — raccontano —. La sorella l'abbiamo trovata in un'altra stanza rimasta miracolosamente in piedi. Purtroppo sotto le macerie c'era anche il cadavere della madre». Quei due fratellini sono i primi orfani accertati in questa tragedia. Ma qui esistono ancora le famiglie allargate che popolavano l'Italia di qualche anno fa. «Non sappiamo di bambini soli — dice Stefania Pezzopane, presidente della Provincia dell'Aquila —. Chi ha perso la mamma o il papà, o tutti e due i genitori, è stato accolto e accudito.

È scattata una grande solidarietà, sia familiare sia extrafamiliare. Anche per questo, finora, la questione dei minori non è stata trattata separatamente dalle altre. A parte il fatto che vorremmo dei container da usare come scuole: abbiamo fatto richiesta, stiamo aspettando». Nel campo degli sfollati c'è Jacopo che gira con il numero di cellulare dei genitori scritto sulla felpa arancione, e Michael che si è dipinto le guance e il naso e urla «sono un clown»; ci sono Paride e Davide, fratellini senza più nonni materni, e Tito in passeggino, spinto da una cuginetta. Sembrano i meno terremotati di tutti. Forse perché loro sulla terra si muovono leggeri: saltellano, sbandano di lato lungo traiettorie alternative, si rincorrono in ubriacanti zig zag. È successo anche ieri, quando la terra ha ripreso a tremare per una scossa fortissima che faceva ondeggiare i palazzi. Gli adulti gridavano rivolti al sisma: «Sta', per favore. Ora sta'. Piuttosto ammazzami però basta: stai fermo». I bambini invece hanno continuato a duellare con spade fatte di palloncini gonfiabili, a saltare per prendere le bolle di sapone, giocavano e ridevano. Un papà è arrivato e gli tremava la voce: «In tenda — ha tentato di urlare ai tre figli —. Venite subito». Risultato: dallo spiazzo del campo profughi è partito verso la sua tenda un corteo di bambini e di clown. Sono i pagliacci mandati dal ministero delle Pari opportunità. Ieri ne sono arrivati sei, tanto bravi che riuscivano a divertire anche i grandi.

Oggi ne verranno altri e per Pasqua saranno all'opera anche i Nasi rossi d'Abruzzo, l'associazione locale di clown dottori. «Hanno le case distrutte e uno di loro non si trova più — spiega Mario Tallarico, psicologo e vice presidente della Federazione nazionale clown dottori —. Si sono presi due giorni per piangere». Altrimenti non riescono a far sorridere gli altri, che poi è la loro terapia. I bambini nei campi ancora non si sa quanti siano. Per adesso la priorità è dare alloggio agli sfollati, per contarli e registrarli tutti ci vorrà ancora un po' di tempo. «Ma è fondamentale farlo presto, in particolare con i bambini — dice Filippo Ungaro, che per Save the Children lavora nell'area colpita dal terremoto —. Solo così si possono sviluppare programmi di assistenza mirati». Ce n'è bisogno; perché questi bimbi, che adesso giocano davanti alle telecamere di mezzo mondo, non hanno dimenticato quello che è successo l'altra notte e se ne parlano ricordano la paura provata quando «papà e mamma mi hanno preso in braccio», o raccontano la nostalgia di casa, la voglia di tornarci. Quella di adesso è un impianto sportivo pieno di tende blu e allora usano la sabbia in fondo alla pedana del salto in lungo per fare formine con i bicchieri di plastica. A loro tutto sommato è andata bene. Ma ci sono anche 24 bambini abruzzesi ricoverati in ospedale. E quando il bilancio di questa tragedia sarà definitivo si saprà se qualche bimbo è rimasto solo. «È presto per parlare di orfani — dice il ministro Mara Carfagna, che è venuta a salutare pagliacci e bambini —. Ci siamo attivati per avere notizie certe poi ci occuperemo anche di questo».

Mario Porqueddu
08 aprile 2009 - Corriere della Sera

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