Comunytation2.0
Dimmi e dimenticherò, mostrami e forse ricorderò, coinvolgimi e comprenderò ; Confucio
Post n°140 pubblicato il 06 Agosto 2010 da comunytation2.0
Il Nuovo Locale Gestito dal Famoso Chef Salvatore Morello, entra nel Circuito di Locali targati Cantelmi Network, vi aspettiamo per delle serate a tema. Seguici su FB |
Post n°139 pubblicato il 05 Agosto 2010 da comunytation2.0
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Post n°138 pubblicato il 28 Luglio 2010 da comunytation2.0
Nell'ambito della sfilata di moda che si è svolta a Castel Sant'angelo (Lungo Tevere) il 22 Luglio, Calvin Klein Swimwear per la scenografia si è dotata di Muraviglial’interpretazione di Dynematica della tecnica del Building Projection. Si tratta una serie simulazioni virtuali di tessuti e fluidodinamica che hanno decorato l'enorme parete sotto la quale ha sfilato la collezione Estate 2011 di Calvin Klein Swimwear. Al termine della sfilata nell'area del Buffet gli ospiti sono stati intrattenuti da Muraviglia Gamecon alcune scenografie altamente coinvolgenti, e con l'interazione da parte del pubblico grazie ai controller della Wii infatti gli stessi potevano cimentarsi con un simpatico giochino proiettato sulla parete del Lungotevere, sotto lo sguardo incredulo e meravigliato dei passanti che guardavano dall'altra sponda del Tevere! |
Post n°137 pubblicato il 06 Febbraio 2010 da comunytation2.0
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Post n°136 pubblicato il 06 Febbraio 2010 da comunytation2.0
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Post n°135 pubblicato il 22 Settembre 2009 da comunytation2.0
CATANZARO. La Notte Piccante, che si terrà il prossimo 26 settembre nel centro storico di Catanzaro, si arricchisce di uno strumento innovativo di comunicazione, BlueWire. Un innovativo strumento che utilizza la tecnologia Bluetooth per creare campagne informative e promozionali e che, allo stesso tempo, permette di inviare contenuti multimediali (video, immagini, audio, altro) ai telefoni cellulari ( ma anche smartphone o pc) presenti nel raggio d’azione dei punti di accesso (BlueWire Gate). I punti di forza sono molteplici: invio gratuito dei contenuti; interazione non intrusiva coi telefonini dei potenziali utenti sulla base di marketing autorizzato e nel pieno rispetto della privacy secondo le norme vigenti; conformità al sistema operativo e alle specifiche tecniche del cellulare (dimensioni video, formati supportati, altro); è ecologico (brochure, manifesti, flyer ed altro materiale cartaceo possono essere sostituiti da messaggi BlueWire); autopromozionale, i contenuti vengono memorizzati sui dispositivi che possono a loro volta essere ridistribuiti (innescando processi di viral marketing). Durante l’evento, totem informativi BlueWire saranno predisposti nelle zone di accesso alla manifestazione e distribuiranno gratuitamente contenuti ed informazioni relative all’evento. Un tool avanzato di report e statistiche grafiche consente di valutare costantemente l’andamento della campagna, sarà possibile analizzare il numero di dispositivi rilevati e l’esito degli invii secondo diversi livelli di dettaglio, tutto il report sarà presentato successivamente nella classica conferenza stampa post-evento. BlueWire è prodotto da Hictech srl, per ulteriori informazioni si possono consultare i siti BlueWire e Notte Piccante Contatto Diretto Dr. Andrea Cantelmi 3402898314 cantelminetwork(@)gmail.com
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Leggevo un articolo di Roberto Carminati e Carolina Parma su Economy della settimana scorsa: "Noi, i re dei TEST": "In tempo di crisi è vietato sbagliare. Per questo le fasi che precedono il lancio di un nuovo prodotto sul mercato diventano sempre più strategiche per le aziende. Che ora coinvolgono i consumatori per provare prototipi, testare giochi e assaggiare snack..." Mi è venuto un dubbio e ho trovato al tempo stesso delle conferme: 1. IL DUBBIO: Ma siam sicuri che il consumatore è considerato veramente un RE? Perchè fino a prova contraria in più di 12 anni di esperienza nella consulenza strategica, io di gente che fa sul serio da questo punto di vista ne ho vista ben poca. Sia ben inteso di ricerche ne ho seguite parecchie, ma, nonostante i miei sforzi per ottenere davvero dei risultati da questo punto di vista, mi son trovato spesso di fronte manager più preoccupati di trovare delle conferme alle proprie certezze che interessati a mettersi in discussione e ad IMPARARE dalle persone (ecco, a proposito, se sono RE veri, smettiamola di chiamarli consumatori...) 2. LA CONFERMA: Fare e sbagliare costa un sacco di soldi in più di quelli necessari prima per pensare. In tempi di crisi, in cui le certezze sembran cadere e l'ansia da prestazione la fa da padrone, le ricerche di mercato, i focus group, le indagini sul campo e più correttamente lo studio delle persone vive una vera e propria esplosione...è l'occasione per capire che è meglio pensare e poi agire, anche per i più entusiasti 3. LA CERTEZZA: Le ricerche di mercato NON sono SOLO per i colossi del consumo, sono un passo obbligato per il lancio di tutti i prodotti e servizi, anche per quelli industriali. Serve a scoprire se la vostra idea sarà un vero e proprio business, serve a interpretare se e come va trasformata, NON serve solo a testare, cari signori, serve soprattutto ad imparare! Articoli correlati: I nuovi piani di ricerca: stop alle ricerche "nice to have" Lancio di nuovi prodotti: la lista delle cose da fare
Ing. Simone Lovati You have full permission to reprint this article provided this box is kept unchanged. |
Post n°133 pubblicato il 09 Aprile 2009 da comunytation2.0
Diverse sono le modalità con cui si possono perseguire gli obiettivi di internazionalizzazione: ricerca di fornitori e distributori, collaborazione con terzisti esteri o più profonde operazioni di M&A. La pressione competitiva che giunge sempre di più da operatori esteri, una concorrenza che si ingenera anche da settori differenti a fronte della trasversalità delle tecnologie, impongono una sempre maggiore proiezione internazionale delle imprese. Spesso però si fraintende tra concetti di delocalizzazione e di internazionalizzazione pura. La prima presuppone la ricerca di fattori di produzione a minor costo, la seconda è volta alla replicazione dell'impresa in territorio straniero per la ricerca di mercati di sbocco. L'imprenditore può avvalersi in tali prospettive di diverse figure: * Enti a sostegno dell'internazionalizzazione (ICE, Simest, SACE...) Se pensiamo a operazioni di M&A, appaiono di sicuro maggior interesse le ultime due tipologie di operatori. Fusioni e acquisizioni hanno la prerogativa di velocizzare il processo di internazionalizzare in quanto sfruttano il know-how dell'impresa target. Necessitano di capacità di analisi societaria, di abilità nella trattativa e non ultima di forza di governo dell'impresa acquisita. * rischio paese (valutazione adeguata delle criticità insite nella nazione estera) Alcuni dati che riguardano il nostro paese: le operazioni di M&A adottate da imprese italiane sono calate drasticamente in valore nel periodo 07-08 ma al contrario sono aumentate nel numero. Ciò evidentemente significa un maggior ricorso da parte delle pmi a strumenti di questo tipo. Chiudo questo approfondimento con dei consigli per gli acquisti: Sono diverse le aziende che spesso sostenute da un buon brand, stanno operando in tal senso acquisendo società anche in settori differenti dove però si prevedono tassi di crescita consistenti.
Dott. Dario Ferrigato Consulente in marketing strategico, Senior consultant di ADVBOUCLE & PARTNERS Consulenti marketing |
Post n°132 pubblicato il 01 Aprile 2009 da comunytation2.0
Il sito SIMKTG.it è al servizio di studiosi e manager che operano nell'ambito del marketing e di coloro che stanno facendo ingresso in questo mondo.
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Post n°131 pubblicato il 30 Marzo 2009 da comunytation2.0
Passerò da aspetti finanziari, a quelli assicurativi, sconfinando verso temi più specifici del diritto internazionale. Sarò disinvolto nelle tematiche, peccherò nella non univocità dei contenuti ma penso che vi offrirò comunque delle interessanti indicazioni nel caso vi apprestiate a varcare i confini nazionali. Che vogliate commerciare con soggetti stranieri, che pensiate più profondamente di acquisire aziende straniere comunque non potrete non confrontarvi con logiche di valutazione societaria. Oggi la definizione di un corretto e veritiero rating è presupposto decisivo per le scelte imprenditoriali ed ancor di più in ottica internazionale. Si tratta di affidarsi a professionisti che possano fondare le loro analisi su metodologie il più possibile accurate. E' necessario un rating che esponga con chiarezza le basi infomative da cui attinge le informazioni, che permetta comparazioni trans-nazionali ovvero attraverso principi di redazione contabile differenti. Il rischio si riduce attraverso informazioni attendibili ma può essere più tradizionalmente contenuto e razionalizzato attraverso gli strumenti assicurativi. Parto con la polizza Director and Officer che tende a proteggere manager e amministratori da richieste di risarcimento conseguenti al loro operare. In diversi paesi esteri, il rischio associato a tali eventi è molto elevato e quindi fornire strumenti di questo tipo può essere estremamente utile ad un imprenditore per attrarre professionalità di alto profilo che in tal modo si sentirebbero maggiormente garantite. Purtroppo assume molta utilità anche la cosiddetta Crime Insurance che garantisce l'azienda nei confronti di frodi anche contabili e appropiazione indebita. Vi sono poi strumenti più evoluti che vanno a coprire nel caso di inadempimento del venditore di fronte ad acquisizione di società straniera terza. Chiudo i miei ragionamenti con un approfondimento di un paio di tematiche legate al diritto societario internazionale. Sede secondaria o filiale estera? La prima ha il vantaggio dell'essere costituibile con maggiore facilità e quindi anche con minori costi. La seconda nella sua maggiore complessità garantisce la limitazione del capitale di responsabilità a quello della sola filiale; nel caso di sede secondaria invece è sempre la primaria a rispondere in solido per eventuali accadimenti. Va detto poi come l'assetto di una filiale garantisca l'ingresso di soci locali. Un aspetto di estremo interesse è anche quello rappresentato dalle join-venture ovvero il contratto che disciplina la cooperazione tra più imprese avente ad oggetto la realizzazione di un specifico progetto economico. Benchè realizzabile anche tra imprese italiane, esso viene normalmente utilizzato per le cooperazioni internazionali. Si pensi all'importanza nella conquista di un nuovo mercato delle conoscenze di un partner locale come testimoniano alcune operazioni di stretta attualità nel settore automotive. La join venture può essere o contrattuale o societaria: nel primo caso e per rapporti temporanei vi è solo un legame contrattuale, mentre nel secondo vi è una collaborazione più profonda rappresentata dalla nascita di una società dedicata. A prescindere comunque dagli ambiti considerati, penso che il miglior consiglio sia quello di affidarsi a professionisti competenti in quanto, data la complessità della realtà economica, non è più il tempo di internazionalizzare in maniera artigianale e approssimativa.
Dott. Dario Ferrigato, You have full permission to reprint this article provided this box is kept unchanged.
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Post n°130 pubblicato il 27 Marzo 2009 da comunytation2.0
Una riflessione che abbraccia le grandi forme distributive organizzate e il piccolo dettaglio locale; una razionalizzazione delle novità di cui i primi sono portatori e degli stimoli per gli imprenditori che si adoperano in questa formula distributiva. Questo è l'approccio con cui voglio trattare il tema dell'assetto del punto vendita. Il dettaglio oggi è oggetto di molti studi di marketing e da esso quindi trae tecniche e strumenti per svilupparsi al meglio. Senza la presuntuosa pretesa di riassumere la materia, voglio comunque cercare una sommaria generalizzazione dell'argomento. Proverò infatti a presentare alcune delle tecniche più innovative, cercando di trovare in esse un minimo comune denominatore. Due sono i presupposti da cui partono i miei ragionamenti. Il primo: il commercio al dettaglio soprattutto se di piccole dimensioni e non strutturato in forme organizzate, vive un profondo periodo di difficoltà. Al di là dei singoli dati congiunturali, è una evidenza che il piccolo negozio patisca uno stato di sofferenza che rende sempre più lontani i tempi in cui un'attività di questo tipo era considerata una sicura fonte di guadagno. In secondo luogo il comportamento d'acquisto dei consumatori appare in evoluzione seguendo una traiettoria che vede una sempre maggiore importanza conferita al momento, all'atto del comperare. Sto cercando di raccontarvi la dimensione ludica dello shopping ovvero la ricerca di esperienze d'acquisto entusiasmanti e coinvolgenti. Quando si vende si deve aver chiaro che oggi lo shopping è uno dei divertimenti, non a pagamento, più graditi dalle persone; i consumatori trovano piacevole vagare per gli spazi commerciali. Si compra non solo il prodotto, ma l'emozione che scaturisce dal suo acquisto. In un quadro quindi di difficoltà e di cambiamento, si innestano tecniche innovative e spesso estreme. Riavvicinandoci al convenzionale e riprendendo una delle osservazioni poste a presupposto dei ragionamenti, inserisco le logiche tipiche del marketing emozionale. Il consumatore passa dall'essere considerato un mero operatore razionale, che paragona le differenti offerte secondo funzionalità e prezzi offerti, per divenire un più "romantico" consumatore emotivo che nella sua scelta d'acquisto cerca un piacere che va al di là della merce acquistata. In questa ottica la capacità del PV di interagire con tutti i sensi del suo fruitore appare fattore determinante; dal solo arredo si passa alla oculata scelta delle luci, dei colori, delle musiche, dei profumi e oggi sempre più spesso dei sapori. Proseguo il mio ragionamento riportandovi un'altra delle terribili definizioni delle disciplina: visual merchandising. Si tratta della teatralizzazione del prodotto ovvero del processo della spettacolarizzazione della merce in cui il punto vendita diventa il palcoscenico ove viene messo in scena per il cliente ciò che si vende. Chiudo la presentazione con un irrinunciabile riferimento ai concept store; anche in questo caso la materia non offre definizioni univoche. Mi limito a mutuarne un abbozzo dall'idea di concept di prodotto cioè una forma di sperimentazione. Il concept store è appunto un luogo di sperimentazione in cui si possono fondere stili, prodotti, ambientazioni e servizi che in altrove potrebbero risultare incompatibili. Credo che in queste ultime osservazioni risieda il punto di contatto, il denominator comune che andavo ricercando: la capacità di innovare, di creare un punto vendita che veramente sia di appeal per il consumatore. La capacità di offrire una novità soddisfando il modo di concepire lo shopping da parte del consumatore. Il negozio temporaneo, la multi-sensorialità, il negozio teatro sono tutti tentativi di fornire novità al cliente. Ricordatevi che se create un negozio straordinario non dovrete spendere in comunicazione in quanto i clienti stessi ne parleranno e l'idea girerà autonomamente tra i diversi media. Un punto vendita avrà successo se saprà andare oltre le normali regole e convenzioni con cui normalmente veniva progettato, risultando portatore di novità per il cliente. Dott. Dario Ferrigato |
Post n°129 pubblicato il 27 Marzo 2009 da comunytation2.0
Esiste sempre un posizionamento!
Questo periodo è stato lungamente nella mia mente come candidato al titolo. Mi sono battuto in svariate interminabili riunioni, nel tentativo di imporre un atteggiamento positivo nei confronti della ricerca di un corretto posizionamento. Esiste quasi sempre, bisogna avere la volontà, la capacità strategica e non ultima una certa creatività per identificarlo. Di fronte anche ai mercati più difficili esiste sempre una nicchia con la quale dialogare ove non sussiste una opprimente concorrenza. Mi permetto di fare un esempio, al di là delle buone intenzioni espresse. Prendiamo il mercato dei motori di ricerca e immaginate un gruppo di giovani imprenditori che intendono entrarvi. Poveri illusi, direbbero i più arroccandosi dietro l'apparente inoppugnabile affermazione: " ma cosa volete confrontarvi con Google?!". Si lo voglio, risposero le giovani speranze imprenditoriali sposando l'intuizione di un posizionamento particolare. Se c'è quindi un posizionamento anche di fronte ad un prodigio come Google, perchè non ci dovrebbe essere anche in qualsiasi altro mercato con cui ci si confronta?
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Post n°128 pubblicato il 27 Marzo 2009 da comunytation2.0
Brand Italia vincente, primo al mondo per awareness e quarto nella classifica mondiale dei nation brand 2008 All´inizio del 2008 abbiamo trovato il brand Italia al settimo posto della classifica mondiale, a partire dai dati del Nation Brand Index 2007. E ora, alla fine del 2008, ritroviamo il brand Italia al quarto posto della top ten mondiale dei nation brand, secondo il Country Brand Index 2008 realizzato dall´agenzia FutureBrand. Una buona analisi dei risultati della ricerca internazionale ce la fornisce Dimitri Grassi. Il dato piú interessante che viene fuori dall´ indagine condotta da Futurebrand é sicuramente il primato del brand Italia per quanto riguarda la awareness. L´Italia risulta infatti la nazione piú conosciuta al mondo. Da sottolineare sono anche i primati del brand Italia come Best Country Brand for Art and Culture e come Best Country Brand for Fine Dining. E sono proprio questi aspetti che ci devono far riflettere sullo stato di salute del nostro Brand nazionale. La nostra forza come brand risiede infatti proprio nella nostra millenaria tradizione culturale fatta di gusto estetico e qualitá dello stile di vita che si rispecchiano nella nostra cucina e nel made in Italy. Questi elementi, gusto estetico e qualitá dello stile di vita, fanno parte del nostro essere italiani e sono riusciti ad attraversare i secoli, a sedimentarsi e a essere costantemente attualizzati culturalmente in un modo o nell´altro. Approfondiremo nei prossimi post alcuni aspetti che ritengo fondamentali per comprendere il successo del brand Italia nel mondo e ci soffermeremo anche su alcuni potenziali peccati mortali che chi si occupa di gestire il brand Italia non deve commettere. Intanto rallegriamoci della buona salute del nation brand del nostro Paese. Luca Taddei Fonte Italian Branding |
Post n°127 pubblicato il 26 Marzo 2009 da comunytation2.0
“Una società di atei inventerebbe subito una religione” Honoré de Balzac In tempi di incertezza, il mondo della comunicazione frequenta con una certa continuità questioni di alto rilievo. In particolare, nelle ultime settimane, sia offline che online si discute meno dell’ ultima campagna di questa o quell’ azienda e più dell’ uomo nel suo rapporto con se stesso, con gli altri, con la vita. E riguardano tematiche di fede alcune delle novità in materia di comunicazione a mio avviso più interessanti. Mi riferisco senza dubbio all’ iniziativa dell’ Uaar - unione atei agnostici e razionalisti italiani, che copiando quanto già visto a Londra e Madrid veste i bus di Genova con slogan su buone e cattive notizie riguardanti la presunta non esistenza di Dio. Provocazione? Libertà di espressione? Banalizzazione del tema? Io opto per la terza. Intanto, in Spagna, l’ associazione E-Cristians risponde: “Dio sì che esiste, godi della vita di Cristo.” Stati Uniti. L’ organizzazione CatholicVote per contestare la scelta di Obama di aprire al finanziamento pubblico dell’ aborto diffonde su YouTube un video in cui “un feto” viene lasciato vivere nonostante le mille avversità, di tipo economico, familiare, sociale.. ..”il bambino sarà abbandonato dal padre”… ..”la madre avrà enormi difficoltà a crescerlo da sola”.. …eppure questo bambino diventerà il primo Presidente afroamericano nella storia degli Stati Uniti. Insomma, tanto di cui parlare. Voi che ne pensate? SimoDg SimoDg ( Fonte ilcomunicatore in quocumque habitu est proficit) di Luca TADDEI
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Post n°126 pubblicato il 25 Marzo 2009 da comunytation2.0
La strategia di comunicazione del Parlamento europeo per le elezioni 2009 è stata oggi svelata ai media. I Vicepresidenti Alejo Vidal-Quadras e Mechtild Rothe hanno sottolineato il messaggio principale: l'Unione europea è confrontata a scelte politiche importanti che si ripercuoteranno sulla vita quotidiana dei cittadini europei - recandosi alle urne, i cittadini possono essere coinvolti in tali scelte. I due Vicepresidenti hanno evidenziato alcuni degli strumenti che saranno utilizzati nella campagna di comunicazione, pensati per sottolineare alcune delle scelte future che saranno influenzate dalla composizione politica del prossimo Parlamento europeo:
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Post n°125 pubblicato il 25 Marzo 2009 da comunytation2.0
I widget sono piccole applicazioni, fatte con diverse tecnologie, che si possono installare su siti, blog, social network e anche sul proprio desktop. Per quanto ancora poco noti alle aziende sono in realtà un ottimo strumento di comunicazione a poco prezzo e, se ben fatti, molto efficaci. Negli USA sono sempre più diffusi, e si prevede, entro il 2008, una spesa di 40 milioni per creare, promuovere e distribuire i widget delle aziende (Stime di eMarketer, fonte IAB Blog).
Perché conviene comunicare con un widget? Prima di tutto un widget è uno strumento simpatico, alternativo al sito istituzionale, meno formale e più originale. Inoltre il widget si può installare su spazi dove l'azienda normalmente non riesce ad avere una forte comunicazione: i siti personali, i blog, i social network o anche i desktop dei pc. Infine un widget piacevole esteticamente e funzionalmente ha ottime possibiltà di essere diffuso in modo virale dagli utenti che lo segnalano ai propri amici. Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com |
Post n°124 pubblicato il 24 Marzo 2009 da comunytation2.0
Via Fluido leggo di questo interessante post sul viral marketing in merito a diversi settori merceologici. Millward Brown ha appena rilasciato uno studio che analizza quali sono i brand “più discussi” tra i consumatori. La ricerca è stata condotta su un campione di 190.000 consumatori in 21 nazioni diverse, ha per oggetto 2.000 brand globali appartenenti ai seguenti settori di mercato:
Come conferma l’84% degli intervistati, la birra si presta ad essere la tipologia di brand piu’ consigliato agli amici, seguono di poco i prodotti di bellezza per la cura della pelle e del corpo. Tuttavia dal sondaggio emerge anche che i consumatori non solo discutono dei lati positivi dei brand ma anche di quelli negativi. Ad esempio, Heineken in Inghilterra, occupa una posizione vulnerabile, solo il 25% dei suoi clienti ne parla bene (contro il 40% dei bevitori di tutti i tipi di birra), e più del doppio dei suoi clienti rispetto alle altre marche di birra non la raccomanderebbe. Le assicurazioni hanno un tasso di “talkability” del 62%, le carte di credito del 55%. Il settore bancario (tradizionale) e quello assicurativo sono quelli che si prestano maggiormente ad essere bersagliati dai commenti negativi della gente, spesso per la scarsa qualità dei loro servizi e prodotti. In Giappone, Toyota è raccomandata per qualità e sicurezza dal 65% dei consumatori, Mitsubishi solo dal 2%. Le prime dieci top brand per nazione sono:
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Post n°123 pubblicato il 24 Marzo 2009 da comunytation2.0
La pubblicità televisiva personalizzata, interattiva o meno che sia, è stata per lungo tempo una delle Arabe Fenici del mondo dell’advertising. Il fascino di questa soluzione è la possibilità di trasformare uno dei Media più mass che esistono in uno strumento di Marketing Diretto, di poter affiancare ad una diffusione a tappeto dello spot uguale per tutti una diffusione più ad hoc di messaggi pubblicitari, segmentando il target in modo mirato. Rendere lo spot un elemento che non sia più percepito come fastidioso o irrilevante – in quanto lontano dai propri interessi – e trasformarlo in un contenuto in grado di interessare (se non proprio di attirare) l’audience. L’appeal della soluzione è evidente: da una lato permettere agli inserzionisti di raggiungere in modo più mirato e efficiente i propri target, pur sfruttando un media ad alto impatto emotivo. Dall’altro, per i mezzi, permettere di aggiungere valore ai propri spazi e, facendo leva sulle possibilità di personalizzazione cercare di vendere dei contatti a prezzi più vicini ai listini del Direct Marketing che a quelli dell’advertising. La TV via IP, come accennato nel post precedente, potrebbe essere lo strumento che renderà possibile una maggiore personalizzazione dell’advertising – sia perché consegna “one to one” il messagio, sia perché, specialmente in modelli a pagamento, permette di identificare l’utente abbonato e di raccogliere informazioni su di lui. Il problema della profilazione Il primo passo della trasformazione in realtà del grande sogno della pubblicità personalizzata sta nella profilazione dell’utente, raccogliere informazioni sulla singola persona (o nucleo familiare) che guarda la TV, in modo da poterne tracciare un profilo, identificare gusti ed interessi e così via. Di seguito, definire quali siano i prodotti / servizi che questo singolo “utente” può essere altamente interessato ad acquisire – ovvero quali siano gli inserzionisti per cui questo utente sia LA preda appetibile. E però evidente quanto il limite del mancato riconoscimento della specifica persona che ha in mano il telecomando (il padre, la madre o il figlio tredicenne) limiti la capacità di costruire profili accurati e di erogare commercial su misura. Le prime sperimentazioni Anche se siamo ancora lontani dal modello della comunicazione one to one sulla televisione, sono già partire le prime sperimentazioni – ad esempio a supporto del lancio della linea aerea low cost TED (di United Airlines). In questo caso, sfruttando le possibilità della televisione via cavo, gli annunci comparsi erano personalizzati in base alla città in cui venivano ricevuti. In una fase iniziale da un punto di vista puramente di creatività – ma con una ovvia e facile estensione alla veicolazione di tariffe e promozioni specifiche per ogni singolo centro citttadino servito dalla linea aerea. Oppure per promuovere in tempo reale voli con scarso afflusso o sospendere immediatamente offerte promozionali in corso nel caso di esaurimento dei posti disponibili. Sempre nel mondo del turismo, un certo numero di inserzionisti sta valutando la possibilità di realizzare molteplici versioni dei propri filmati pubblicitari, ad esempio enfatizzando, in uno spot per un resort turistico, in una versione la dinamicità e l’energia degli sport acquatici, in un'altra versione le attività come il golf o i casinò, in un altra ancora la cucina e il relax – veicolando poi questi commercial in modo mirato alle audience più adeguate. La necessità di evolversi E’ presto per dire se la fiammata di entusiasmo sia destinata, come sempre in passato, ad esaurirsi in un nulla di fatto. E d’altra parte il mondo della pubblicità TV ha conosciuto poche vere evoluzioni nel corso dei decenni. Se da un lato le emittenti non si può dire che siano state pervase da un senso di urgenza rispetto all’innovazione, dall’altro l’utenza televisiva sembra rappresentare il simbolo stesso della passività, ponendo in dubbio la sostenibilità di modelli interattivi. Non si possono però ignorare i segnali d’allarme che giungono da oltre oceano, rispetto alla percezione degli investitori pubblicitari sulla capacità di comunicare con efficienze economicamente interessanti da parte della pubblicità televisiva “classica”. Con conseguenti riduzioni (in percentuale) dello share di investimenti pubblicitari allocati alla televisione. Fenomeni quali l’uso dei videoregistratori, dei registratori digitali o dei servizi di “video on demand” (o quasi) offerti dagli operatori via cavo hanno portato milioni di telespettatori americani a guardare gli show “in differita” – e nel 90 per cento dei casi saltando gli spot. Uno stimolo economicamente forte Quello che è chiaro è che la TV, almeno nei prossimi anni, non potrà di certo venire sostituita come media chiave per le pianificazioni pubblicitarie; ma che il suo peso (e i suoi listini) rischiano di modificarsi e quindi di portare conseguentemente riduzioni nei fatturati generati dalle emittenti in termini di raccolta pubblicitaria. Un pericolo che sta quindi stimolando molti operatori a investigare su modi nuovi di fare comunicazione in TV… Roberto Venturini |
Post n°122 pubblicato il 23 Marzo 2009 da comunytation2.0
Storia È la metà degli anni Novanta. Due promettenti studenti di Stanford ricevono in prestito dal pro-rettore dell'Università un server che possa aiutarli a concretizzare un'idea a cui stavano lavorando da tempo. Dal punto di vista ingegneristico e matematico, la macchina sviluppa la capacità di calcolo necessaria a identificare un algoritmo che un ingegno italiano aveva precedentemente teorizzato. Dal punto di vista della storia, può fornire un supporto per una ricerca più precisa nel vasto mondo di internet. Con il sostegno dell'Università di Stanford, i due giovani matematici brevettano l'algoritmo e creano una nuova società. Qualche anno dopo arriva il successo. I due studenti si chiamano Sergey Brin e Larry Page. La società è Google Inc. Per realizzare un business di successo, serve una buona idea e l'appoggio necessario per metterla in pratica. E se questa volta provassimo a fare una cosa del genere in Italia? Working Capital è il progetto ideato da Telecom Italia per sostenere l'innovazione italiana e le iniziative imprenditoriali in ambito web 2.0 e nuova Internet, fornendo competenze, tecnologie e servizi a supporto della loro realizzazione, ed aiutando la crescita di una nuova, giovane generazione di imprenditori italiani. Scopri Se hai un'idea imprenditoriale per il mondo web 2.0 e la nuova Internet, Telecom Italia ti offre con Working Capital l'opportunità di diventare protagonista dell'innovazione. Raccontaci il tuo progetto d'impresa: all'interno del sito troverai tutte le indicazioni per sviluppare l'idea, definire il business plan e inviarci la tua proposta imprenditoriale. Sulla base di valutazioni professionali, e con il supporto di un advisor esterno, selezioniamo le proposte più interessanti. Al termine del processo di valutazione, Telecom Italia diventerà il tuo Partner tecnologico e societario, mettendo a disposizione competenze, tecnologie e servizi. La selezione si ripeterà più volte nel tempo: non perdere l'opportunità di realizzare la tua idea di business. Partecipa Adesso I Working Capital è un progetto dinamico, che parte dalla tua idea per farla arrivare lontano. Se hai deciso che questa è l'iniziativa che fa per te, qui puoi documentarti su come partecipare: all'interno della scheda "Processo di adesione" ti forniamo una guida dettagliata su come procedere, dalla registrazione sul sito alla conclusione del processo di selezione delle proposte. In questa sezione trovi anche una scheda di sintesi sull'Advisor, dPixel: sulla loro esperienza, la nostra professionalità e la tua creatività si fonda il successo dell'iniziativa. Non dimenticarti di tenerti sempre aggiornato, perchè Working Capital è un mondo in continua evoluzione: analizza i progetti che hanno avuto successo e consulta regolarmente il calendario dei nostri eventi. Proponi la tua idea Invia la pagina Working Capital ti mette a disposizione gli strumenti utili a presentare la tua idea nella maniera più completa ed efficace. Puoi caricare video, foto, immagini e progetti. Per completare la tua intuizione con un business plan accurato ti aiutiamo con lo start-up pack, che indica tutti i dettagli da fornirci per una visione più concreta della tua proposta d'impresa.
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Post n°121 pubblicato il 22 Marzo 2009 da comunytation2.0
L'ambient communication è in generale un approccio originale alla comunicazione e in particolare alla segmentazione del target di riferimento, che viene individuato attraverso i luoghi fisici in cui si aggrega spontaneamente. Ai classici e rigidi "stili di vita", l'ambient coommunication & marketing contrappone dei "momenti di vita", situazioni in cui il target si raduna spontaneamente, in "luoghi" e "momenti" determinati. |
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