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No Tav, no Triv, no Sfascia-Italia!

Post n°225 pubblicato il 18 Marzo 2012 da contramunnezza
 

“La maggior forza di una comunità è il rispetto della propria terra”

Il risveglio della gente vera a difesa della propria terra

La lunga e tenace rivolta No-Tav, anche se quotidianamente dominante nei media, non è l’unico episodio di contrasto con grandi opere e pesanti interventi indesiderati, ma in realtà rappresenta uno dei tanti sintomi di malessere di questo Paese. Presto esploderanno anche le ribellioni No-Triv, contro le insensate trivellazioni petrolifere, a cominciare dal malcontento che già cova nel Vallo di Diano, nella parte interna del Parco Nazionale del Cilento. Appena poche settimane fa, le prospezioni sono state miracolosamente bloccate presso Pantelleria, nel canale di Sicilia (ma che bella idea, andare a perforare anche i fondali vulcanici sottomarini!), ma la minaccia incombe ancora sulla Costa Teatina in Abruzzo, e su gran parte dell’Adriatico. Per capire quali sono i pericoli, anche senza spingersi fino al Golfo del Messico, basterebbe andare nella Val D’Agri, in Basilicata… Ma davvero qualcuno è convinto che in futuro il Bel Paese debba diventare una landa di pozzi di petrolio (per estrarne oltretutto scarse quantità) simile al Texas o all’Arabia Saudita?

Secondo alcuni analisti, si conterebbero oggi in Italia centinaia di opere e impianti già in funzione, oppure in fase di progetto o avviamento – dalle discariche alle tangenziali, dai poligoni di tiro alle energie rinnovabili – sempre più fortemente contestate dalle popolazioni locali. Alle quali si tenta allora di appioppare l’etichetta di essere refrattarie al progresso, sorde all’interesse collettivo, egoiste e retrograde.
Ma non occorre approfondire molto per capire che, invece, è proprio il contrario. La gente locale può a volte sbagliare, magari perché male informata o subdolamente fuorviata: ma il vero egoismo sta proprio dall’altra parte, dove alligna non di rado la malapianta della corsa alla rapina e al massimo profitto, per interessi spesso inconfessabili.


Dirimere conflitti del genere non è facile, ma per capire meglio come stanno le cose occorre porsi alcuni quesiti fondamentali:
1.- Sarebbe possibile evitare lo scontro, trovando soluzioni alternative?
(In molti casi soluzioni migliori esistono, e possono avvantaggiare tutti)
2.- A parte le visioni contrastanti, quali sono i danni effettivi al territorio?
(Il vero danno da evitare è quello irreversibile alla natura e al paesaggio)
3.- Dietro agli alti e nobili proclami, quali effettivi interessi covano?
(Promozione e visibilità, appalti, tangenti a vantaggio dei soliti noti)

 

Queste trivellazioni a gruviera per terra e per mare rappresentano davvero la scelta migliore per il futuro del Bel Paese?

 

Ma è proprio quando si affronta questo terzo punto, e si solleva il velo delle segrete manovre di potere, che lo scontro può diventare più duro.
A rifiutare l’ulteriore massacro della Val di Susa non sono soltanto gli abitanti (né, come si vorrebbe far credere, frange di anarchici e violenti che pure tentano sempre di infiltrarsi), e a protestare contro le trivellazioni a gruviera per terra e per mare non si schierano solo poche persone nemiche del progresso: ma è quell’Italia profonda e autentica, che oggi sembra risollevarsi dopo un lungo sonno. E’ il risveglio della gente vera, attaccata alla propria storia, alla propria identità e alla propria terra.
E’ possibile alzare la testa e ribellarsi, in modo fermo e civile, rifuggendo dalle violenze e dalle strumentalizzazioni. E’ già avvenuto in altri casi, e con grande successo, come Davide contro Golìa. Gli esempi più illuminanti sono quelli ben noti della rivolta pacifica contro la Sangro Chimica in Abruzzo (1974) , e dell’unanime rifiuto delle scorie nucleari in Basilicata (2003). Perciò è ancora possibile evitare che il nostro Paese, già tanto danneggiato, continui a essere massacrato nell’interesse di pochi.
“La maggior forza di una comunità è il rispetto della propria terra” recita un detto delle popolazioni andine. Da loro, e dalla gente delle nostre valli minacciate, abbiamo tutti qualcosa da imparare.

Roma, marzo 2012

 

 
 
 
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