CONTROSCENAIl teatro visto da Enrico Fiore |
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Con «Il contratto», datato 1967, Eduardo ritenne di aver scritto «finalmente "la" commedia». E infatti, parliamo di un testo che appare come un autentico catalogo di tutti i temi da lui sviluppati nell'arco della sua carriera d'autore (dall'egoismo all'ipocrisia, dai rancori famigliari all'avidità), di tutte le forme di cui quei temi s'erano vestiti (dal naturalismo al simbolismo) e, infine, di tutte le pulsioni e di tutti gli umori che su Eduardo avevano influito mentre li trattava (dal moralismo al sarcasmo, dall'amarezza al cinismo).
Basta considerare, al riguardo, il personaggio protagonista, quel Geronta Sebezio (il nome rimanda alla vecchiaia e il cognome al fiume Sebeto) che prima promette la resurrezione a quanti, per l'appunto, firmano un contratto con cui s'impegnano ad amare il prossimo e poi, una volta che sono morti, fa in modo da impadronirsi di una parte della loro eredità, meglio se in buoni del tesoro non tassabili.
Ebbene, l'eccellente idea di Pino Carbone - regista dell'allestimento de «Il contratto» che l'Ente Teatro Cronaca ha presentato in «prima» nazionale a Benevento Città Spettacolo - è quella di riferirsi, giusto, al «prima» della commedia, a quanto si agitava nel cervello e nell'inconscio di Eduardo mentre andava scrivendola. Vedi, tanto per fare un esempio, il parossismo con cui gli attori, da seminudi ch'erano all'inizio, si danno a indossare i costumi dei rispettivi personaggi: è, manco a dirlo, la sottolineatura della «premeditazione» didascalica che presiede al testo.
Allo stesso modo, non si potrebbe immaginare una più evidente e funzionale allusione al simbolismo citato dei costumi bianchi indossati dai parenti di Gaetano Trocina, poiché nelle tradizioni popolari campane il bianco è per l'appunto il colore che simboleggia la morte. E il resto, s'intende, viene garantito dalla bravura degl'interpreti in campo.
Claudio Di Palma, con ammirevole perspicacia, fa di Geronta Sebezio una sorta di conferenziere debitamente freddo e calcolatore. E al suo «santo» fa da contraltare la viperina Silvia Trocina di Francesca De Nicolais.
Enrico Fiore
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