Condensare questa due giorni a ritmo di samba in poche righe non mi sarà facile. Salto i preliminari (comprensivi di treno perso, un altro acciuffato per un pelo e trasporto alla fiera via taxi perchè l'appuntamento con Enrico è per forza di cose venuto meno). Le 8 euro di ingresso sono un insulto al buon senso, e così il mio tesserino di giornalista, per l'ennesima volta, mi corre in aiuto; ma noto subito qualcosa che non torna. Quella che veniva spacciata per una fiera vinilica è in realtà un coacervo di collezionismo di varia natura che spazia dai fumetti ai giochi in scatola, dai babaccetti degli ovetti Kinder ai soldatini, per finire con aereomodelli e dischi. C'è poi un padiglione dedicato alla high-tech, che manco ho visto per rispetto verso il mio amore per il vecchiume. Riccardo ed Enrico mi aspettano con latenti conati di vomito per ciò che hanno già avuto modo di appurare prima del mio arrivo, pregustandosi la mia faccia da bimbo sculacciato. In realtà qualcosina c'è. Vale più per me che per loro. Visto che nel bagagliaio della loro auto tengono i doppioni da vendere, che messi insieme valgono il triplo di ciò che c'è in questa fiera. Ma io sono scarsetto rispetto a loro, e 4-5 dischi li trovo pure. In più, mentre passeggiavo fra le bancarelle extra-musicali mi sono imbattuto in una medaglia commemorativa del 25ismo anniversario della scomparsa del Grande Torino (1974), più foto vecchie a tinte granata. E insomma, pace per i dischi rari (che non c'erano), ma gaudio per questi reperti che arricchiranno un'altra delle mie (seimiladuecentotrentasette) collezioni.
Verso l'ora di pranzo ci raggiungono Emanuele e famiglia. Lui, sedicenne neofita del vinile, compra cosette qua e là e mi chiama per una perizia su un disco che avevo ben visto (Piper mono inglese, una bella chicca che io tra l'altro non ho). Le 600 euro di etichetta appiccicate sul vinile, mi avevano fatto desistere dal ronzarci intorno a meno di 15 metri. Mi permetto solo di dire a Ema che il disco è originale dell'epoca, quando scopro che il venditore, forse in carenza di liquidità, si era deciso a fare opera di beneficenza vendendolo alla metà. Io sbianco come un peto di putto idropico quando vedo la sua mamma pagare quel disco e metterglielo nel sacchetto. E me ne esco dalla fiera con qualche giramento di anima nemmeno tanto celato. Sia chiaro: sono felice che il mio piccolo amico Emanuele possa aver colto un'occasione simile, al pari di come lo sono quando Riccardo o Enrico mettono a segno i loro colpacci. Ma insomma, se solo l'avessi saputo che quel tre-denti nemmeno tanto bianchi di un venditore aveva fretta di sbarazzarsi di quel Piper, mi sarei volentieri prestato all'acquisto ben prima che Emanuele arrivasse alla fiera. E' andata così, mi consolo al pensiero che almeno a godere è uno dei Lunatics (il miglior rappresentate della linea verde fra l'altro, caro ragazzo davvero). E torno con lui, i suoi genitori e Michela a Parma, non prima di aver abbracciato con affetto Riccardo (il quale tenterà una mossa a sorpresa cercando di regalarmi, avete capito bene, un The Division Bell azzurro americano) ed Enrico. Non si può non voler bene a due svalvolati del genere, ed io sono fiero di loro.
Parma, dicevo. Una ridente cittadina dal gusto nobile e vagamente edonista. Il centro storico profuma di passato con pennellate qua e là di modernariato. La visita alle chiese, duomo compreso, è tipica di ogni mio itinerario di viaggio, e ne rimango compiaciuto. Sia dal lato architettonico, sia dal lato figurativo. Così come apprezzo il parco ducale (e quel laghetto con le anatre e l'isolotto in mezzo) e le mura di cinta (gigantesche) attraverso le quali, solcato il ponte sul fiume Parma, si accede al centro storico. Rimango colpito dai bei giardini, da un certo modo di porsi della gente e dall'ondata di giovani che attraversano la strada. Ci avviamo verso la torre (e presumo il palazzo) del duca, poi infiliamo una via ricca di negozi illuminati, mischiandoci in una fiumana umana. Dopo lunghe falcate e sbirciate in molti interstizi cittadini, troviamo rifugio al duomo dove rimango incantato alla vista degli affreschi. Uno su tutti, il Coreggio, capace di dipingere con un tale senso di prospettiva da creare nemmeno tanto piccoli scherzi ottici. Quelle figure lassù sembravano uscire dal muro e svelarsi come statue di marmo, con braccia e gambe ben al di fuori del perimetro della volta. Non solo apprezzo, ma in cuor mio, come spesso accade vivo di emozione e meraviglia.
Con Emanuele e genitori, passiamo delle ore davvero rimarchevoli, vuoi per i comuni interessi per l'arte e la musica, vuoi per la simpatia e l'amicizia che ci hanno dimostrato. Il papà di Ema è Gilmour in formato padano, se non lo conoscessi e lo beccassi per strada gli chiederei l'autografo. Mai visto una somiglianza simile. Tra una birra e una pizza trascorrono le ore fino al loro commiato. Io e la mia bambina ci ritiriamo in albergo (niente male fra l'altro, come sempre lei sa scovare le offerte giuste nei posti giusti) e dormiamo di gusto sino alla tarda mattinata di domenica.
Comincia il giorno secondo, e dopo aver saggiato le delizie culinarie di una città rinomata anche per la sua buona tavola, nel mio cuore comincia a pulsare il solito richiamo domenicale. Nella tasca laterale della mia valigia c'è il corredo, nella mia testa comincia a fischiare un pò di sano orgoglio piemontardo, io e Michela ci avviamo a piedi verso il Tardini di Parma. Prima in incognito in mezzo ai tifosi parmigiani, poi finalmente granata sino alle dita dei piedi quando raggiungiamo il nostro settore e possiamo dare il via alla vestizione. Saremo in tremila, davvero un bel mare di bandiere e sciarpe granata. La partita si preannuncia ostica, perchè i padroni di casa sono affamati come non mai in questi 17 anni di permanenza in A. Fatta di grandi vittorie e fior fior di giocatori che hanno vestito la maglia gialloblù.
Ma insomma, non è nemmeno il caso di fare beneficenza (cosa che come al solito accadrà) visto che anche noi, in quanto a punti, non è che siamo così messi bene. Accade, con buona frequenza, che la tifoseria del Toro, calda, passionale, romantica e inimitabile, dia sfoggio di un tremendismo ben al di sopra del cuore un pò aritmico e abulico dei nostri giocatori. E così mentre sugli spalti si canta e si sostiene il colore di Torino con costante e selvaggia continuità, in campo siamo di fronte ad una combriccola di gitanti scoglionati fatta di undici morti di sonno, di cui almeno tre in coma profondo (Barone, De Ascentis e ahime, a sto giro, pure Jajo Balestri), e i restanti in evidente debito di ossigeno, palle e idee. E così vige la legge del più affamato e non solo perdiamo, ma pure meritatamente. Di là lo senti che bramano, che sbuffano, che mordono l'erba. I nostri sembrano vacche al pascolo e la cosa mi irrita profondamente. Pazienza, ci metteremo in lista per i proventi dell'8 per mille, visto che in quanto a carità nessuno ci batte.
Torniamo in albergo leggermente delusi, ma una cena pazzesca (e se dico pazzesca, credetemi, è pazzesca per davvero) e la dolcezza della mia bambina, mi fanno sentire felice di aver affrontato questi due giorni così intensi, e come sempre indimenticabili. Stamattina abbiamo preso il treno e ci siamo precipitati al lavoro, senza nemmeno toccare casa. Con la barba sfatta e l'occhio un pò vitreo son tornato al solito tran tran quotidiano. Il mio ultimo pensiero va a Zaccheroni e al suo gruppo di mezze tacche. Caro Zac, se nel mio lavoro fossi moscio come quei quattro sbarellati che metti in campo, non so proprio come potrei mettere insieme il pranzo con la cena. Altrochè fiere del disco, viaggi a Parma e bevute di Lambrusco. Massù, coi soldi che pigliate. A Torino poi, fate ste moscerie. Che appena la piazza si accorge che uscite con le maglie profumate di Coccolino e che nessuno puzza di capra perchè non ha sudato nemmeno una goccia, finite appesi sulla Mole per gli zebedei. Ci bevo sù un bicchierino di Barbera, calice amaro degli sconfitti. Che poi a essere granata non ci perdi mica, che voi giocatori manco sapete cos'è l'amore per la mia città. Il cilicio fra le chiappe se lo mettano loro, io me ne vado a letto più granata che mai. Con la mia bambina, le rimembranze di Parma, i dischi, la mia musica, gli amici incontrati, i loro bagagliai stracolmi di rarità, le bandiere, il duomo, le nostre mangiate e i miei sogni nel cuore. Piccole istantanee di voglia di vivere.
E di sicuro dormirò benissimo.
Inviato da: diletta.castelli
il 08/10/2016 alle 13:10
Inviato da: paint_box
il 20/05/2008 alle 20:01
Inviato da: Paris.at.night
il 17/03/2008 alle 08:58
Inviato da: Nome.Impronunciabile
il 29/02/2008 alle 09:26
Inviato da: darkside_79
il 07/02/2008 alle 22:25