Der Steppenwolf

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EMILE CHARTIER

 

Niente è più pericoloso di un'idea quando è l'unica che si ha.

Emile Chartier

 

 

 

Se io potrò impedire

Se io potrò impedire
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano-
Se allevierò il dolore di una vita
o guarirò una pena-

o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano.


Emily Dickinson

 

 

FELICITà

Felicità: finché dietro a lei corri
non sei maturo per essere felice,
pur se quanto è più caro tuo si dice.

Finché tu piangi un tuo bene perduto,
e hai mete, e inquieto t'agiti e pugnace,
tu non sai ancora che cos'è la pace.

Solo quando rinunci ad ogni cosa,
né più mete conosci né più brami,
né la felicità più a nome chiami,

allora al cuor non più l'onda affannosa
del tempo arriva, e l'anima tua posa.

H. Hesse

 

 

LAO TZE

Niente esiste al mondo più adattabile dell'acqua. E tuttavia quando cade sul suolo, persistendo, niente può essere più forte di lei.

 

 

RIDERE

 

L'unica cura contro la vanità è il riso, e l'unico difetto ridicolo è la vanità.

Henri Bergson

 

 

FëDOR DOSTOEVSKIJ

Se avete in animo di conoscere un uomo, allora non dovete far attenzione al modo in cui sta in silenzio, o parla, o piange; nemmeno se è animato da idee elevate. Nulla di tutto ciò! - Guardate piuttosto come ride.

 

 

 

Messaggi di Febbraio 2020

Giuseppina Torregrossa - Il sanguinaccio dell'Immacolata

Post n°248 pubblicato il 18 Febbraio 2020 da ixtlann
 

 

«Nel Seicento, per salvare la città dalla peste non bastarono tutti i santi del paradiso. Si dovette scomodare la Madonna e, potenza delle fimmine, l'epidemia si fermò.

 

Chissà se in Italia ci sono più scrittori o "investigatori", la dove con  questo termino intendo indicare ispettori, commissari, giornalisti, professionisti o meni dell'indagine poliziesca, in ogni caso il mazzo si arricchisce don un vice questore, o meglio di una vice "questora" Marò Pajno, partorita dalla penna di Giuseppina Torregrossa.

Questo è il primo libro che leggo di quest'autrice ma mi pare che la nostra protagonista nei romanzi precedenti abbia fatto carriera, partendo da commissaria.

 

«Mi puoi allargare qualche vestito per favore? Sono un po' ingrassata» disse. Aveva abbassato il tono della voce, le seccava confessare questa sua debolezza in pubblico. «No» rispose brusca la donna. «E perché?» «Picchì lei l'avi a finiri di mangiare. Che le pare che non le vedo in casa sua le cartuscelle dei cioccolatini, gli scatoloni vuoti della pizza? No, commissaria, se io ci allargo le cammise, vossia si sente autorizzata a mangiare ancora. E se vi fate più pacchiona, poi sono guai. Sintissi a mia, lassassi a vistina così com'è e s'attruvassi un masculu, commissaria!»

 

Chiaramente in questo guazzabuglio di "investigatori" ci si deve differenziare, così alla nostra nuova accolita, abbiamo fornito un olfatto "particolare".

La nostra "questora", a capo di un interessante reparto dedito alla lotta la femminicidio,  si è lasciata con il fidanzato storico  per questo è ingrassata, parecchio, cerca di lenire il dolore della solitudine ricorrendo al cibo,  rimedio vecchio che di sicuro fa aumentare la circonferenza della vita , per il resto aiuta ma non risolve. Quindi ci imbattiamo in una donna frustrata, nervosa intrattabile, che in realtà non raccoglie le nostre simpatie. Ma cerchiamo di comprenderla!

 

Accese poi tutte le lampade della casa, illudendosi che la tristezza potesse svanire insieme alle tenebre; ma la luce è nell'animo umano, e il suo in quel momento brancolava nel buio.

 

Detto questo passiamo al nostro romanzo, che ci porta in una Palermo nel periodo che va all'incirca dal giorno dell'Immacolata a dopo l'epifania, periodo in cui pare che tutta la città si dedichi al gioco.

La storia comincia con uno strano omicidio scoperto proprio la mattina dell'Immacolate, che potrebbe sembrare una rapina, ma che lascia perplessi perché non si rapina un negozio prima che apra, e poi non è stato toccato niente!

La storia è ben raccontata e si arricchisce di personaggi man mano che procede, sconfinando subito in un mondo di mafiosi, dove le regole della vita  sono diverse da quelle che noi conosciamo.

 

in quell'ambiente la meglio parola è quella che non si dice.

 

Il romanzo non è ne bello ne brutto, un poliziesco, infarcito di dialetto siciliano, che dona un momento di folklore e forse di piacere, e non ultimo qualche sorriso,  e di buoni piatti, ma sono ingredienti che troviamo ormai spesso, e che più che stuzzicare la mente stuzzicano il palato!

C'è da dire che la trama è ben congegnata, e si dipana lentamente, e anche se qui e li si intuisce qualcosa, bisogna arrivare alla fine per dipanare il tutto, cosa davvero importante in romanzi di questo genere.

 

"Un pingue vigile del fuoco raggiunse a fatica la cima della colonna votiva. Ansimava l'uomo, ché la pancia gli era di ostacolo e sudava, la camicia bagnata sulla schiena, due grosse gore sotto le ascelle. «Manciatilli quattro cannoli» urlò un buontempone dalla folla. «Glielo dico sempre pure io! Ma lui niente, di n'aricchia ci trasi e dill'autra ci nesci» chiosò una virago scarmigliata, forse la moglie, che doveva considerare l'appetito del vigile un argomento di interesse pubblico. E pensare che i panni sporchi un tempo si lavavano in famiglia. Pochi anni di televisione commerciale avevano azzerato il naturale riserbo e l'atavica omertà delle siciliane, pensava Marò con rammarico."

 

In questo romanzo, la protagonista non può usare il suo super potere, l'olfatto, quindi non saprei di preciso in cosa consista e quanto sia super, per il resto si caratterizza per essere una donna, una volta anche molto affascinante, sola, che sente molto questa solitudine che in parte la caratterizza e caratterizza il racconto, al pari della bella città che ci presenta! E al pari di tanti altri "poliziotti" virtuali, non ha un'etica, c'è chi vive in una casa fuori legge, praticamente sulla spiaggia, cè chi chiude un occhio se la spazzatura viene gettata in mezzo alla strada, ottimi esempi da seguire, visto che chi lo dà è una figura eminente!

 

"Ma non sai principessa che munnizza tu puoi solo spostare da tua strada a altra, da tua città a altra, da tuo ricco paese a altro povero; munnizza no trasformare, solo trasportare!» Marò sorrise, quel polacco aveva davvero un gran cervello. «Ecco, tieni. Ora io sposto il sacchetto da mia mano a tua» disse facendogli il verso."

 

Per glia manti del genere, magari potrebbe essere interessante, per gli altri non saprei, la qualità della scrittura non si distingue per particolari pregi, per cui resta un poliziesco.

 

«Per questo non si devono fare figli, perché li condanniamo allo stesso nostro destino: la morte. Siamo egoiste noi madri, pensiamo di conquistarci in questo modo l'eternità; siamo così vanitose che figliamo per lasciare la nostra impronta sulla terra; dissennate li mettiamo al mondo come facessimo un atto di eroismo. E tanto noi moriamo prima, non li vedremo spegnersi, perciò che ce ne fotte? Ma se solo ci fermassimo un attimo a riflettere sul nostro destino e su quello loro, così uguale al nostro, di certo nessuna madre farebbe figli sapendoli condannati a morte! Generare è un peccato di superbia, siamo come Lucifero noi madri, ci crediamo Dio.»

 

 

 
 
 

Franco Di Mare - Casimiro Roléx

Post n°247 pubblicato il 13 Febbraio 2020 da ixtlann
 

 

 

 

"Doveva essere americano il tipo, giudicò soppesandolo con lo sguardo. Parlavano per lui i bermuda chiassosi, che indossava anche se maggio non si era ancora annunciato, le Nike coi calzini di spugna, il panama bianco, i Ray-Ban e l'abbronzatura aragosta. Più che un abbigliamento, un passaporto. "

 

Forse un esercizio di stile, forse le prove generali prima di passare a qualcosa di più impegnativo come "Il paradiso dei diavoli", piccolo e veloce va via in un attimo,  un attimo sicuramente piacevole, la mano è già sicura e felice. Forse, ma questo capita anche con romanzi più lunghi, avremmo voluto che continuasse, almeno un po'. Invece ci lascia così, all'improvviso, inaspettatamente.

"Tu prendi, per dire, la chiattona col filo di perle di Majorca che toscaneggia per darsi un tono e ti chiede se la parmigiana di melanzane «si potesse avere senza parmigiano». Ecco: come si fa a chiedere una cosa del genere? Ma sei scema? Se era senza parmigiano la chiamavano in un altro modo no, cerebrolesa? "

 

Ma va bene comunque questo prova , questo breve "saggio di bravura" ci avvince, ci trasporta nella Napoli del "crimine" o quasi, in un mondo fatto soprattutto del sopravvivere, che forse caratterizza tanti posti, ma che a Napoli si trasforma in arte, che si colora di tante tinte quante ne può immaginare solo un artista, e Di Mare ce ne fornisce un assaggio! Piccolo, ma molto saporito, sicuramente da assaggiare!!

 

"a Palazzo san Giacomo si era guadagnato il soprannome di Carmine 'a Casacca, per la sua capacità di cambiare colore politico alla propria livrea non appena cambiava vento. Carmine Iafulli lo sapeva cosa dicevano di lui ma se ne fotteva. Una volta gli aveva detto: «Senti bene quello che ti dico guagliò: la politica è l'arte dell'adattamento»."

 

 

 
 
 

Cario Alianello - L ’alfiere

Post n°246 pubblicato il 11 Febbraio 2020 da ixtlann
 

 

"Le fucilate cominciarono subito. I Cacciatori, che s'erano sparpagliati a catena fra i sassi e le stoppie, avevano aperto il fuoco contro quel formicolar d'uomini, lassù, dall'altro lato del vallone, e tiravan calmi, a comando, dopo la prima scarica troppo precipitosa."

 

Il romanzo segue le vicissitudini di Pino Lancia, alfiere nell'esercito Borbonico, dalla battaglia di Calatafimi 15 maggio 1860, contro le camicie rosse sbarcate in Sicilia fino alla caduta di Gaeta 13 febbraio 1861, data che segna la  fine del Regno delle Due Sicilie  ad opera dell'esercito Sabaudo.

La spedizione dei Mille sbarca in Sicilia e risale lo stivale senza molte difficoltà benché il rapporto di forze sia decisamente a favore dei borbonici, viene messa in evidenza la scarsa volontà di resistere, l'inaffidabilità dei generali borbonici, e il frequente tradimento da essi perpetuato. L'alfiere Lancia, duro e puro, anche se liberale nell'animo, rimarrà fedele al giuramento fatto al suo re Francesco II di Borbone, sino alla fine, a dispetto di ogni convenienza, coerente oltre l'immaginazione. La storia si dipana tra guerra e amore, il nostro eroe vive altre distinte storie che ci accompagnano insieme a personaggi vari e diversi che danno vita ad una commedia umana intensa e sorprendente, un giovane francescano che lasciato il convento per unirsi a Garibaldi si ritrova a servire come tenente nelle file borboniche, un  camorrista che resta leale ad oltranza, uomini coraggiosi e uomini pavidi schierati da entrambe le parti. Perché se la guerra la "fanno" i "Re", a combattere sono gli uomini, e gli uomini trascendono spesso il colore che vestono.

 

"Chi è il nemico vero del mio paese?" pensava Pino. "Garibaldi e i piemontesi che vengono di fuori e a tutti i costi ci vogliono regalare questa benedetta libertà, che chi sa che gli pare e il mondo resterà sempre quello che è, o quelli che ci hanno governati sino a ora e han voluto, pei loro fini, e han tollerato il sopruso, il raggiro, la corruzione?

 

E si procede vedendo il regno delle due Sicilie disfarsi e  nascere l'Italia. Anche in questo romanzo, Alianello ci racconta "l'unificazione". Classico dalla prospettiva poco noto  dei "vinti", dei "traditi", di quelli che non sapevano che farsene di quella "libertà" che Garibaldi voleva portare e di quelli che in essa speravano, sognando qualcosa che non era, perché non si è mai contenti e si spera sempre in qualcosa di migliore, così anche nel "Meridione" c'era chi sognava  l'Italia. Il romanzo si ferma alla resa di Gaeta, e poco indaga su quanto succederà nel '61 e sul brigantaggio, come non dà molto rilievo al contesto internazionale.

 

"Far carriera! Eccola la parola magica! Questo è il verbum di tutti noi, signori ufficiali... E anche voi, anche voi, caro Pino, a vostro tempo!... Eppure no, ché mi sembrate un giovane onesto; ma la corruzione prenderà anche voi. Per forza. La carriera! In principio erat verbum e altro non c'è. Fa bisogno d'inchinarsi? Forza, a chi ha la schiena più elastica! C'è da finger di capire? Tutti sapientoni. C'è da finger di non capire? E tutti stan lì, idioti e soddisfatti. È la parte che sanno far meglio.»"

 

Mostra in parte la debolezza del Re Francesco, incapace di organizzare  o di gestire una guerra che avrebbe dovuto vincere facilmente e la forza della Regina, che benché Austriaca di Nascita, forse è la più meridionalista! Viene a galla il senso profondamente religioso e cattolico dell'autore che spesso lascia spazio alle dissertazioni del frate francescano per esporre il suo pensiero. L'autore di origini lucane dedica spazio al paese della madre, Tito, ambientandovi parte della storia enarrandone alcune tradizioni! Ben scritto e molto avvincente è sicuramente un libro consigliato, sia per la sua qualità intrinseca che per quel poco di chiarezza che fa su un periodo oscuro della nostra storia.

Nel 1956 la RAI ne ricavò una miniserie televisiva!

 

"«Brutta cosa» disse, «figlio mio, nascere napoletani!» «E perché, papà?» «Perché siamo vecchi, figlio. Questo è un popolo vecchio: epperciò scettico, indulgente, pronto a transigere. Le grandi cose, le grandi virtù, gli ideali gli si son logorati fra le mani in tanti secoli e han perduto quel lustro, quel brillìo, quella certezza che attrae e fa smuovere la gente giovane. «Non c'è più una virtù vergine, qui da noi; e agli uomini noi non crediamo più. A nessuno. Ma li perdoniamo d'essere uomini, purché ci lascino ridere di loro. Non c'è rimasta che la fede in Dio, perché Dio è troppo alto lassù, non corruttibile. E anche questa i liberali ci vogliono togliere... maledetti fessi! Come potrà vivere questo popolo se non gli rimane una sola certezza? "

 

 

 


 

 

 
 
 

Jeff Vandermeer – Borne

Post n°245 pubblicato il 06 Febbraio 2020 da ixtlann
 

 

 

"E in tutto il mondo c'erano delle città in cui le persone vivevano in pace -. Non c'era mai stato un tempo in cui tutti, ovunque, vivessero in pace. Nessuno aveva mai conosciuto una pace duratura, se non ignorando le atrocità della storia, e cioè il fatto che la pace non aveva niente di duraturo. Il che significava che eravamo una specie irrazionale."

 

Non amo  i romanzi rosa, mentre mi appassiona la fantascienza, ma a volte le cose si mischiano e credendo di leggere fantascienza , ci si ritrova a leggere una storia d'amore.

Già, questo romanzo ambientato in un futuro post apocalittico, dove l'umano è un rimasuglio e le biotecnologie dominano e imperversano, alla fin fine è una grande storia d'amore, tra la nostra protagonista e voce narrante, Rachel, e la persona con cui convive, se così vogliamo dire,  Wick, manipolatore e di biotecnologie.

La realtà in cui si svolge la storia è quella di una città, o di ciò che ne resta, dove aveva sede una fantomatica "compagnia" dedita alla manipolazione e realizzazione di biotecnologie,  da cui forse tutto è cominciato, o, quantomeno, ha generato le mostruosità che detengo il controllo sociale.

 

"Era un'altra versione della Terra? Non so. L'unica cosa che so, o che credo, è che era una porta che conduceva altrove - che la Compagnia era venuta da un altro luogo, che l'aveva formata e deformata, eppure sarebbe stata sempre al centro della nostra storia piú profonda, contro la nostra volontà."

 

Anche la stessa compagnia è ormai allo sfascio e l'ambiente totalmente inquinato straripa di rifiuti  e abomini, tra questi Mord, un orso mutante di dimensioni surreali, forse 15 metri, e in grado di volare, i suoi simulacri, bande di razziatori, indipendenti o agli ordini di una "maga" avversaria di  Mord!

Wick ha realizzato un rifugio, che dovrebbe proteggerlo dai pericoli che vivono in città, e vi ha portato anche Rachel, che fa la cacciarifiuti tra le macerie della città e riporta a "casa" tutto ciò che può essere utile alla loro sopravvivenza in quanto cibo o materiale biologico rimanipolabile;   da qui parte la nostra storia.

Rachel in cerca di rifiuti tra il pelo dell'orso si imbatte in qualcosa di vivo e misterioso, che decide di chiamare Borne, non è una pianta, non è un animale e non è un umano, ma cresce giorno per  giorno, divorando (o assimilando, come lui dice) tutto ciò che gli capita a tiro.

Borne è una mostruosità che la capacità di cambiare forma, di presentarsi in modi diversi tanto da ingannare chi lo osserva, e Wick lo teme e vorrebbe "smontare" ma Rachel ci si è affezionata e lo tratta come un figlio.

 

"All'epoca Borne non era un gran spettacolo: viola scuro, grande piú o meno quanto un pugno,"

 

 Il romanzo ci racconta della violenza quotidiana per sopravvivere, dei pericoli, che si annidano in ogni dove, delle lotte e dei sudori per mangiare, dei rapporti tra i sopravvissuti sempre in lotta e della "gelosia" verso e di Borne, dei ricordi di una vita passata e migliore, della paura costante che accompagna una vita senza un futuro; ma sopra e oltre tutto questo c'è l'amore tra Wick e Rachel in un mondo in cui amare è un vero lusso!

Quindi un bel romanzo che potrebbe accontentare due tipi di pubblico o scontentare entrambi!

 

"Forse era illusorio anche questo, ma alla fine ogni cosa lo è."

 

La qualità della prosa è ottima, e ne fa una storia avvincente che ti lega alle pagine, e ti lascia con lo sguardo incollato incosciente del tempo che passa. La capacità evocativa e descrittiva di Vandermeer fa si che da subito ci si senta dentro, nell'ambiente descritto, con i personaggi chiari, davanti a noi nel loro quotidiano. In questo mondo che non ci piace, perché puzza, è freddo, fa paura, tutto intorno a noi fa paura, ma che percepiamo  come una cosa non impossibile ( o quasi) purtroppo!

Dovremmo riflettere su ciò che facciamo e su dove potrebbe condurci!

A sorpresa ad un certo punto il narratore si rivolge al lettore, cosa del tutto inaspettata!

 

"E tu cosa avresti fatto, lettore, che sei riuscito a seguirmi come mi ha seguita la Maga, invisibile e sempre all'erta e completamente irrilevante?"

 

 

 
 
 

Luigi Natoli - Latini e catalani 2 - Il Tesoro dei Ventimiglia

Post n°244 pubblicato il 04 Febbraio 2020 da ixtlann
 

 

"Del resto Bertuchello era il marito e il marito è re nella sua casa: una buona moglie ubbidisce, perché non ha, non deve avere che la volontà del marito. Questa era l'educazione che ricevevano le fanciulle e non se ne dolevano. "

Secondo volume di questa dilogia, ambientata nel medioevo siciliano.

Le vicende qui riportate riprendono i fatti narrati in Mastro Bertuchello, sono trascorsi otto anni dall'epilogo del primo romanzo, ma la realtà non è molto cambiata.

Il re Pietro II è morto ed è salito al trono il figlio Federico IV,  ancora infante,  le dissidie ed i conflitti fra le casate nobiliari continuano ad insanguinare l'isola, e in questo quadro approfittando dei favori della regina,  rientra in Sicilia Matteo Palizzi, che era stato esiliato, e che ha allargato le sue mire vorrebbe riuscire a prendere per se la corona. Rincontriamo la maggior parte dei  personaggi della prima parte della saga, magari leggermente invecchiati e sistemati,  e ne troviamo di nuovi, magari giovani e focosi.

 

"Se si fossero battuti, essa certamente avrebbe accolto l'omaggio del vincitore e l'avrebbe amato."

 

Anche in questo caso molte vicende ruotano intorno ad una figura femminile, figlia illegittima del vecchio conto di Ventimiglia e che si pensa possa essere a conoscenza dell'ubicazione del leggendario tesoro dei Ventimiglia. E le storie dei nostri personaggi si diluisce anche questa volta nelle più grandi vicende della storia della Sicilia del XIV, di un'epoca alterna e violenta, e sicuramente  protagonista del romanzo. I fatti generali si intrecciano con le vite dei nostri personaggi, determinandone le sorti e le vicende, e rendendo il romanzo avvincente, interessante e veloce.

 

"- Quando avrete vissuto quanto me e come me, non direte più così!... - E allora aspetta che io acquisti la tua saggezza... Per ora lasciami commettere queste follie... - Per farvi ammazzare? - Non mi ammazzeranno. "

 

C'è da dire che qui forse si fa notare anche l'audacia e la spregiudicatezza della gioventù, tanto che a volte sembra di leggere un moderno romanzo Youg/adult dove le decisioni vitali non vengono prese in base a ragionamenti, a logiche a riflessioni, ma sull'onda dell'emozione e dello slancio che ne consegue. I giovani protagonisti delle vicende narrate sopravvivono e vincono le loro sfide,  ma solo grazie alla penna dell'autore. E come dire grazie all'intervento divino, a cui Natoli crede più che nelle medicine.

 

"E probabilmente l'aver questa usato più le orazioni, gli scongiuri, gli amuleti e le immagini benedette che decotti e beveraggi aiutò la cura. "

 

Se avete letto il primo non potete non leggere questo se pensate di leggerlo e non avete letto Mastro Bertuchello, conviene che leggiate prima quello, benché i due libri siano anche autosufficienti.

 

 

 
 
 
 
 

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SENECA

Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.

 

 

 

BERTRAND RUSSEL

Temere l'amore è temere la vita, e chi teme la vita è già morto per tre quarti

 

OSCAR WILDE

Regala la tua assenza a chi non dà valore alla tua presenza

 

SE TU AVESSI DORMITO?,

Se tu avessi dormito?,

E se, nel sonno, tu avessi sognato?

E se, nel sogno,

tu fossi entrato nel paradiso

e lì avessi colto uno strano, bellissimo fiore?

E se, al risveglio,

ti ritrovassi quel fiore in mano?


Samuel Taylor Coleridge

 

 

IL MOMENTO

Se ne va, se ne va, se ne va!

Se n'è andato!

E col momento,

se n'è andata l'eternità!

            Juan Ramòn Jiménez

 

 

N.NUR-AD-DIN

 

Nasciamo senza portare nulla,

moriamo senza poter portare nulla,

ed in mezzo,

nell'eterno che si ricongiunge

nel breve battito delle ciglia,

litighiamo per possedere qualcosa.

                              

 

 

IL RAGGIO VERDE

In particolari circostanze,

quando il sole scompare dietro l'orizzonte,

nel preciso momento in cui l'ultima luce diretta ci colpisce,

può da esso generarsi un raggio verde

che passando attraverso i nostri occhi,

ha la capacità di illuminare la nostra essenza,

permettendoci di dare uno sguardo

dentro di noi e

vedere chi siamo!

 

 

STRANO VAGARE NELLA NEBBIA

È strano vagare nella nebbia!
Solo è ogni cespuglio e pietra,
Nessun albero vede l'altro,
Ognuno è solo.

Pieno di amici era per me il mondo,
Quando la mia vita era ancora luminosa;
Adesso, che la nebbia cala,
Nessuno si vede più.

In verità, nessuno è saggio
Se non conosce il buio,
Che piano ed inesorabilmente
Da tutti lo separa.

Strano, vagare nella nebbia!
Vivere è essere soli.
Nessuno uomo conosce l'altro,
Ognuno è solo.

 

H. Hesse

 

 

AMBROSE BIERCE

Riso:  Convulsione interna che altera i lineamenti del viso ed è accompagnata da suoni inarticolati.

È infettivo e, seppure intermittente, incurabile.

 

 

 

OVIDIO

La Fama, che gode con le sue calunnie

a confondere vero e falso, e che dal nulla si dilata

per forza di menzogna

 

 
 

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