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R.I.P.

Post n°64 pubblicato il 29 Maggio 2013 da Eos13

Era il 9 marzo 1973, quando a Milano Franca Rame venne rapita da cinque uomini, fatta salire a forza su un camioncino, stuprata per ore. Le spaccarono gli occhiali, la tagliarono con una lametta, la bruciarono con le sigarette. Un piano nato negli ambienti di estrema destra, per colpire «la compagna di Dario Fo», che collaborava con Soccorso Rosso nelle carceri, che si era esposta sul caso Pinelli. Per quello stupro - secondo alcuni esponenti neofascisti, che parlarono al giudice istruttore Guido Salvini, ispirato da alcuni ufficiali dei carabinieri - non c'è mai stata nessuna condanna: a 25 anni dal fatto, solo la prescrizione. La beffa.
«Muoviti, puttana. Fammi godere». Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie. È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose.
Da «Lo stupro»
Ma Franca Rame non ha mai smesso di difendere le donne violentate, di denunciare lo schifo di chi ti ruba qualcosa che non si può vedere: la dignità. Nel 1975 ricorre a un'«analisi teatrale»: non sul lettino dello psichiatra, ma su un palco, per raccontare in un monologo (Lo stupro) che cosa le è successo. È l'unico modo per esorcizzare quello che le è successo, finirà nello spettacolo Tutta casa, letto e chiesa, e le parole sono dure, precise, chirurgiche: chi le ascolta non può non vergognarsi. In sala, alcune ragazze svennero. Eccone un passo (qui il testo completo):

«Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male... nel senso che mi sento svenire... non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo... per l'umiliazione... per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello... per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero... mi fanno male anche i capelli... me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia... è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca. Cammino... cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora... Sento le loro domande. Vedo le loro facce... i loro mezzi sorrisi... Penso e ci ripenso... Poi mi decido... Torno a casa... torno a casa... Li denuncerò domani». 

Negli anni, dal suo orrore, Franca è passata all'orrore di tutte le donne, raccontando le loro violenze, i soprusi che spesso subiscono persino al momento della denuncia («Lei ha goduto? Ha raggiunto l'orgasmo? Se sì, quante volte?», scriveva nella presentazione del suo monologo, riportando le parole di avvocati, poliziotti, medici e delle loro perizie), per non farle sentire sole. Puntualmente, dal suo sito, teneva il triste conto degli stupri balzati agli onori della cronaca, per non dimenticare che, come ha scritto per il Fatto Quotidiano, «molto probabilmente in qualche parte d'Italia proprio ieri una, dieci, cento donne sono state violentate». 

 
 
 
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