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Crisi Economica: come uscirne?

Post n°13 pubblicato il 22 Dicembre 2008 da blujocker0ne
 
Foto di blujocker0ne

Consumare forse allevierebbe la crisi economica. Consumare sicuramente aggraverebbe la crisi energetica e ambientale.

Dopo la crisi finanziaria ecco la crisi economica ed i primi cenni di recessione alle porte. Secondo alcuni economisti la soluzione è consumare di più in modo da far circolare valuta nel settore del commercio, di conseguenza stimolare la domanda e quindi favorire la produzione industriale. Produzione industriale che dovrebbe poi ricercare più forza lavoro e quindi re-distribuire valuta, sotto forma di salario fra i consumatori in una sorta di circolo virtuoso. Lo stesso presidente Berlusconi ha chiesto più volte agli italiani di consumare di più nonostante la pesante aria di crisi. Secondo altri economisti invece la soluzione sta negli investimenti in infrastrutture che dovrebbero far ripartire il paese, magari più lentamente, ma in maniera più decisiva. Consumare, consumare, consumare… ma molti (e non solo gli economisti) si chiedono: consumare sì, ma che cosa? Infatti mentre per una fascia della popolazione la recessione porterà magari ad una riduzione dei consumi di lusso (la macchina magari la tengo un altro paio d’anni), per molti, moltissimi italiani invece i consumi si sono ridotti anche nei beni primari, come gli alimentari, figuriamoci il lusso, dove il made in Italy eccelle. Diamo per buono che sia giusto salvare i posti di lavoro del settore auto, del vestiario, dell’alimentare stimolando i consumi o stanziando aiuti di stato. Certamente una parte della popolazione dipende da questi consumi e lo Stato non se ne può disinteressare, però è ancor più vero che così facendo, i problemi vengono solo rimandati, e vengo al punto. Nessun governo consiglierà mai di comprare di meno, perché la logica del capitalismo di mercato implica che l’economia cresca continuamente per difendersi dai crolli. Invece secondo i dati di innumerevoli scienziati del IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) la crescita attuale non è assolutamente sostenibile, sia in termini delle risorse terra-acqua che in termini di inquinamento atmosferico. Vi risparmio i dati, ma la sostanza è che la popolazione planetaria deve consumare, in media, molto ma molto di meno dei livelli attuali. Ancor più grave la situazione se si considera la crescita del PIL mondiale ai tassi attuali, con buona parte del mondo che ha margini molto ampi per riempire il gap economico con i paesi più industrializzati. Con prospettive di crescita del genere, fra qualche anno quando saremo 9 miliardi e in media molto più ricchi e più “bisognosi” di energia, secondo l’IPCC dovremmo ridurre il nostro impatto sul pianeta ad una frazione minuscola di quella attuale. Mentre al momento siamo in difficoltà anche con le “quisquilie” di Kyoto. La tecnologia e l’efficienza poi, per quanto importanti non possono reggere ad una crescita economica esponenziale del genere. E allora mentre da una parte ogni volta che il PIL non cresce quanto ci si attende, non appena un settore va in crisi, non appena i consumi si riducono, si cerca in ogni modo di sostenere la crescita; dall’altra i dati scientifici ci dicono che così non si può andare avanti. Capisco benissimo i problemi reali che molte famiglie si trovano a dover affrontare ogni volta che una crisi si abbatte sul Paese, ma astraendoci un attimo dalla logica di tappare le falle ogni volta che entra un po’ d’acqua, forse sarebbe il caso di pensare a costruire una barca nuova. La barca nuova è un sistema economico non più basato sulla costante crescita del PIL, della popolazione e delle risorse infinite. Ma un sistema che prenda atto dei limiti del pianeta e della sostenibilità della (de)-crescita.

tratto da  www.noreporter.org

 
 
 
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