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Gesù vince su Satana

Post n°29 pubblicato il 30 Marzo 2013 da fotomagazine

 

 

 

Dice il Signore: "Eccomi posto nel sepolcro dove rimango in silenzio per tre giorni.

Tre è il numero perfetto e sta ad indicarvi che l'uomo terreno, morto a se stesso e al mondo, trova nel mio Cuore il suo sepolcro dove si trasforma e prende nuova vita, per la Potenza del Padre, la Sapienza del Figlio e l'Amore dello Spirito Santo. Egli sarà allora figura di Me stesso perché il Dio Trino abiterà in lui.

Beato l'uomo che raggiunge questa meta: tre volte beato poiché la Potenza del Padre lo renderà invincibile, la Sapienza del Figlio schivo ad ogni errore e quindi maestro di verità, e la Carità dello Spirito Santo, paziente, ardente, fedele fino alla morte, a onore e gloria di Dio, per la vittoria del bene sul male".

Juxta Crucem tecum stare
et me tibi sociare 
in planctu desidero.

  

Oggi la Vergine Maria, nel suo Silenzio di dolore travolgente, ci da il senso della misura dell'attesa.

 

 

Questo giorno è scandito unicamente dalla celebrazione della liturgia delle ore ed è particolarmente significativa al riguardo la seconda lettura dell’Ufficio delle letture, tratta da un’antica Omelia sul sabato santo (III secolo), in cui l’anonimo autore, con grande talento letterario e fervida immaginazione, descrive il dialogo tra Gesù, entrato nel regno dei morti, ed Adamo.

 

Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi.

Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione.

Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce.

Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito».

E, presolo per mano, lo scosse, dicendo:

«Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.

Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite!

A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati!

A coloro che erano morti: Risorgete!

A te comando: Svegliati, tu che dormi!

Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno.

Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti.

Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un’unica e indivisa natura.

Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. Per te, che sei uscito dal giardino del paradiso terrestre, sono stato tradito in un giardino e dato in mano ai Giudei, e in un giardino sono stato messo in croce.

Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire a quel primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi, sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta. Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all’albero.

Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, per te che ti addormentasti nel paradiso e facesti uscire. Eva dal tuo fianco. Il mio costato sanò il dolore del tuo fianco. Il mio sonno ti libererà dal sonno dell’inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te.

Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Ho posto dei cherubini che come servi ti custodissero. Ora faccio sì che i cherubini ti adorino quasi come Dio, anche se non sei Dio.

Il trono celeste è pronto, pronti e agli ordini sono i portatori, la sala è allestita, la mensa apparecchiata, l’eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli».

 
 
 

corona di spine....croce....chiodi

Post n°28 pubblicato il 29 Marzo 2013 da fotomagazine

 

 

 

Dice Gesu':

 

"Ora è fulgida la mia Umanità.

Ma fu un giorno che fu simile a quella d'un lebbroso, tanto era percossa ed umiliata.

L'Uomo-Dio, che aveva in Sé la perfezione della bellezza fisica, perché Figlio di Dio e della Donna senza macchia, apparve allora, agli occhi di chi lo guardava con amore, con curiosità o con occhio sprezzante, brutto: un "verme", come dice Davide, l'obbrobrio degli uomini, il rifiuto della plebe.

L'amore per il Padre e per le creature del Padre mio mi ha portato ad abbandonare il mio corpo a chi mi percoteva, ad offrire il mio volto a chi mi schiaffeggiava e sputacchiava, a chi credeva fare opera meritoria strappandomi le chiome, svellendomi la barba, trapassandomi la testa con le spine, rendendo complice anche la terra e i suoi frutti dei tormenti inflitti al suo Salvatore, slogandomi le membra, scoprendo le mie ossa, strappandomi le vesti e dando così alla mia purezza la più grande delle torture, configgendomi ad un legno e innalzandomi come agnello sgozzato sugli uncini di un beccaio, e abbaiando, intorno alla mia agonia, come torma di lupi famelici che l'odore del sangue fa ancora più feroci.

Accusato, condannato, ucciso. Tradito, rinnegato, venduto. Abbandonato anche da Dio perché su Me erano i delitti che m'ero addossato. Reso più povero del mendico derubato da briganti, perché non mi fu lasciata neppur la veste per coprire la mia livida nudità di martire. Non risparmiato neppur oltre la morte dall'insulto di una ferita e dalle calunnie dei nemici. Sommerso sotto il fango di tutti i vostri peccati, precipitato sino in fondo al buio del dolore, senza più luce del Cielo che rispondesse al mio sguardo morente, né voce divina che rispondesse al mio invocare estremo.

Isaia la dice la ragione di tanto dolore: "Veramente Egli ha preso su di Sé i nostri mali ed ha portato i nostri dolori".

I nostri dolori! Sì, per voi li ho portati! Per sollevare i vostri, per addolcirli, per annullarli, se mi foste stati fedeli. Ma non avete voluto esserlo. E che ne ho avuto? Mi avete "guardato come un lebbroso, un percosso da Dio".

Si, era su Me la lebbra dei vostri peccati infiniti, era su Me come una veste di penitenza, come un cilicio; ma come non avete visto tralucere Dio, nella sua infinita carità, da quella veste indossata per voi sulla sua santità?

"Piagato per le nostre iniquità, trafitto per le nostre scelleratezze" dice Isaia, che coi suoi occhi profetici vedeva il Figlio dell'uomo divenuto tutta una lividura per sanare quelle degli uomini. E fossero state unicamente ferite alla mia carne!

Ma ciò che più m'avete ferito fu il sentimento e lo spirito. Dell'uno e dell'altro avete fatto zimbello e bersaglio; e mi avete colpito nell'amicizia, che avevo posto in voi, attraverso Giuda; nella fedeltà, che speravo da voi, attraverso Pietro che rinnega; nella riconoscenza per i miei benefici, attraverso coloro che mi gridavano: "Muori!", dopo che Io li avevo risorti da tante malattie; attraverso l'amore, per lo strazio inflitto a mia Madre; attraverso alla religione, dichiarandomi bestemmiatore di Dio, Io che per lo zelo della causa di Dio m'ero messo nelle mani dell'uomo incarnandomi, patendo per tutta la vita e abbandonandomi alla ferocia umana senza dire parola o lamento.

Sarebbe bastato un volgere di occhi per incenerire accusatori, giudici e carnefici.

Ma ero venuto volontariamente per compiere il sacrificio, e come agnello, perché ero l'Agnello di Dio e lo sono in eterno, mi sono lasciato condurre per essere spogliato e ucciso e per fare della mia Carne la vostra Vita.

Quando fui innalzato ero già consumato da patimenti senza nome, con tutti i nomi. Ho cominciato a morire a Betlemme nel vedere la luce della Terra, così angosciosamente diversa per Me che ero il Vivente del Cielo.

Ho continuato a morire nella povertà, nell'esilio, nella fuga, nel lavoro,

nell'incomprensione, nella fatica, nel tradimento, negli affetti strappati, nelle torture, nelle menzogne, nelle bestemmie. Questo ha dato l'uomo a Me che venivo a riunirlo con Dio!

Maria, guarda il tuo Salvatore. Non è bianco nella veste e biondo nel capo. Non ha lo sguardo di zaffiro che tu gli conosci.

Il suo vestito è rosso di sangue, è lacero e coperto di immondezze e di sputi. Il suo volto è tumefatto e stravolto, il suo sguardo velato dal sangue e dal pianto, e ti guarda attraverso la crosta di questi e della polvere che appesantiscono le palpebre. Le mie mani - lo vedi? - sono già tutte una piaga e attendono la piaga ultima.

Guarda, piccolo Giovanni, come mi guardò tuo fratello Giovanni. Dietro il mio andare restano impronte sanguigne. Il sudore dilava il sangue che geme dalle lacerazioni dei flagelli, che ancor resta dall'agonia dell'Orto.

La parola esce, nell'anelito dell'affanno di un cuore già morente per tortura d'ogni nome, dalle labbra arse e contuse.

D'ora in poi mi vedrai sovente così. Sono il Re del Dolore e verrò a parlarti del dolore mio con la mia veste regale. Seguimi, nonostante la tua agonia.

Saprò, poiché sono il Pietoso, mettere davanti alle tue labbra, attossicate dal mio dolore, anche il miele profumato di più serene contemplazioni. Ma devi ancor più preferire queste di sangue, perché per esse tu hai la Vita e con esse porterai altri alla Vita.

Bacia la mia mano sanguinosa e vigila meditando su Me Redentore".

Vedo Gesù così come Egli si descrive. Questa sera, dalle 19 in poi (sono le 1,15 dell'11, ormai) sono proprio in agonia.

(Maria Valtorta..)

 
 
 

Li amò sino alla fine (Gv 13,1-15)

Post n°27 pubblicato il 28 Marzo 2013 da fotomagazine

 

Dal Vangelo secondo Giovanni

Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.

Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto.

Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: av«Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri».

 

Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi».

Parola del Signore.

 OMELIA

 Gesù trascorre le ultime ore della sua vita terrena in compagnia dei suoi discepoli. Il Maestro manifesta un amore straordinario per gli apostoli, impartendo loro insegnamenti e raccomandazioni.

Durante l'ultima Cena, Gesù ha mostrato - con le sue parole - l'amore infinito che aveva per i suoi discepoli e gli ha dato validità eterna istituendo l'Eucaristia, facendo dono di sé: egli ha offerto il suo Corpo e il suo Sangue sotto forma di pane e di vino perché diventassero cibo spirituale per noi e santificassero il nostro corpo e la nostra anima.

Egli ha espresso il suo amore nel dolore che provava quando ha annunciato a Giuda Iscariota il suo tradimento ormai prossimo e agli apostoli la loro debolezza.

Egli ha fatto percepire il suo amore lavando i piedi agli apostoli e permettendo al suo discepolo prediletto, Giovanni, di appoggiarsi al suo petto.

Nella sua vita pubblica, Gesù ha raccomandato più di una volta ai suoi discepoli di non cercare di occupare il primo posto, ma di aspirare piuttosto all'umiltà del cuore. Ha detto e ripetuto che il suo regno, cioè la Chiesa, non deve essere ad immagine dei regni terreni o delle comunità umane in cui ci sono dei primi e degli ultimi, dei governanti e dei governati, dei potenti e degli oppressi. Al contrario, nella sua Chiesa, quelli che sono chiamati a reggere dovranno in realtà essere al servizio degli altri; perché il dovere di ogni credente è di non cercare l'apparenza, ma i valori interiori, di non preoccuparsi del giudizio degli uomini, ma di quello di Dio.

Nonostante l'insegnamento così chiaro di Gesù, gli apostoli continuarono a disputarsi i primi posti nel Regno del Messia.

Durante l'ultima Cena, Gesù non si è accontentato di parole, ma ha dato l'esempio mettendosi a lavare loro i piedi. E, dopo aver finito, ha detto: "Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri" (Gv 13,13-14).

La Cena si ripete nei secoli. Infatti Gesù ha investito gli apostoli e i loro successori del potere e del dovere di ripetere la Cena eucaristica nella santa Messa.

Cristo si sacrifica durante la Messa. Ma, per riprendere le parole di san Paolo, egli resta lo stesso "ieri, oggi e sempre" (Eb 13,8).

I credenti che partecipano al Sacrificio eucaristico cambiano, ma il loro comportamento nei confronti di Cristo è più o meno lo stesso di quello degli apostoli nel momento della Cena. Ci sono stati e ci sono tuttora dei santi e dei peccatori, dei fedeli e dei traditori, dei martiri e dei rinnegatori.

Volgiamo lo sguardo a noi stessi. Chi siamo? Qual è il nostro comportamento nei confronti di Cristo? Dio ci scampi dall'avere qualcosa in comune con Giuda, il traditore. Che Dio ci permetta di seguire san Pietro sulla via del pentimento. Il nostro desiderio più profondo deve però essere quello di avere la sorte di san Giovanni, di poter amare Gesù in modo tale che egli ci permetta di appoggiarci al suo petto e di sentire i battiti del suo cuore pieno d'amore; di giungere al punto che il nostro amore si unisca al suo in modo che possiamo dire con san Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20).

 

 
 
 

Meditando sulla Passione di Cristo

Post n°26 pubblicato il 27 Marzo 2013 da fotomagazine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Preghiera

"Amabilissimo Signor Nostro Gesù Cristo,

che a prezzo del Vostro Preziosissimo Sangue avete redento il mondo,

volgete misericordioso lo sguardo sulla povera umanità,

che in sì gran numero giace ancora immersa nelle tenebre dell'errore e nell'ombra della morte,

e fate su di essa risplendere tutta intera la luce della verità.

Moltiplicate, o Signore, gli Apostoli del Vostro Evangelo.

Infervorate, fecondate, benedite con la Vostra grazia il loro zelo e le loro fatiche,

affinchè tutti gli infedeli per loro mezzo Vi conoscano e si convertano a Voi, loro Creatore e Redentore.

Richiamate gli erranti al Vostro ovile, i ribelli al seno della Vostra unica Chiesa.

Affrettate amabilissimo Salvatore l'auspicato avvento del Vostro Regno sulla terra.

Attraete al Vostro Cuore dolcissimo tutti gli uomini,

affinchè tutti possano partecipare degli incomparabili benefici della Vostra Redenzione nell'eterna Felicità del Paradiso".

Così sia

 

 
 
 

Chiesetta di Piedigrotta

Post n°25 pubblicato il 25 Marzo 2013 da fotomagazine

 

 

Interamente scavata nelle rocce tufacee in una località detta "La Madonnella" a circa 1 km. a nord di Pizzo (Calabria). 

 

 

 

 

 

 

Interno della Chiesetta

Entrare in una grotta scavata nella roccia e vedere uno spettacolo di stalagmiti diventate colonne, scolpite e trasformate in  statue....

arcate e pilastri naturali, dove si intravedono conchiglie e valve di molluschi, che separano le diverse cappelle e grotte, che, a loro volta, ospitano un presepe, un San Giorgio e un drago, angeli, una Madonna di Pompei, la scena della moltiplicazione dei pani e dei pesci, altre scene  bibliche, altri santi, una Bernardette in preghiera, un cervo, altri animali...... Tutto questo è uno spettacolo "imperdibile"!! 

 

 

In fondo, un piccolo altare e l' immagine della Madonna.


 

 

 

 

Si narra che....

 

verso il 1665 un veliero napoletano in navigazione in balia del mare tempestoso fu schiantato contro le rocce. In quei momenti drammatici, il capitano espresse voto alla Madonna affinché salvasse la vita dell' equipaggio. Il vascello si inabissò, ma gli uomini riuscirono a raggiungere la riva, lì dove oggi sorge la chiesa.

Sul bagnasciuga, i marinai ritrovarono il quadro della Madonna che si trovava a bordo della nave. Decisi a mantenere la promessa fatta, scavarono nella roccia una  piccola cappella e vi collocarono la sacra immagine. Ci furono altre tempeste e il quadro, portato via dalla furia delle onde che penetravano fin nella grotta, fu sempre rinvenuto nel posto dove il veliero si era schiantato contro gli scogli. Ben presto, quel luogo divenne un punto di incontro per i marinai che con le loro barche incrociavano quel tratto di mare e anche per i "pizzitani", che affezionati alla "Madonnella" ampliarono la grotta.

Tra la fine dell' Ottocento e gli inizi del Novecento, due artisti del luogo, Angelo Barone prima e suo figlio Alfonso, poi, scavarono altre grotte e scolpirono le diverse decine di statue raffigurando scene delle Sacre Scritture. I due affrescarono anche i soffitti della piccola navata e della semicupola sopra l' altare, dando vita a un culto popolare profondamente sentito, che oggi si rinnova tra l' incanto dei visitatori abbagliati da questo spettacolo singolare reso più affascinante dalla luce cangiante del mare e del cielo di questa costa.

 

 
 
 
 
 

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