Creato da michele_porcaro il 09/01/2010

La grotta dell'anima

Vivere lib(e)ri, sogni, idee, riflessioni, emozioni

 

 

La spada e le maschere - La dama di Esen (7)

Post n°63 pubblicato il 10 Giugno 2013 da michele_porcaro

© Copyright 2013 Michele Porcaro Tutti i diritti riservati

"Esen è uno Stato nel nord est a noi alleato. Ci sono stati rivolgimenti, a quanto ne so", intervenne Giacomo.
"Esatto, Giacomo", ora il gran cancelliere Porfirio Alefis si fece avanti. "I Sophoumenoi erano i signori, o, meglio, i despoti di Esen. Callinico era padre delle nobili Mirna e Sofia. Alla sua improvvisa morte lasciò il governo in mano alla nobile Mirna, ma si è scatenata una rivolta e la nobile despoina con l'amata sorella è esule e ospite del nostro gentile sovrano. Da Esen, intanto, ci giungono richieste di rimettere a capo dello Stato la despoina".
Mirna si scostò da re Vladimir. I suoi occhi e quelli di Sofia tremavano di commozione e imbarazzo. Si fece coraggio, deglutì, alzò gli occhi verso i tre giovani. Giacomo di Sante era interessato, ma non mostrava nessun sentimento d'empatia. Roberto Monforte era affascinato, quasi pendeva dalle sue labbra, o da quelle della sorella, visto gli sguardi. Raoul Tauro, accigliato e austero, sembrava del tutto impenetrabile.
"Signori, nostro padre è stato vilmente tradito dai capitani dell'esercito. Hanno tramato in attesa della sua morte e, appena sono salita sul trono paterno, il generale Thalassione ha chiamato a raccolta le sue truppe e i suoi capitani hanno assediato le mura della capitale, Esenist, bella città sul mare e sulla foce del fiume Danyu. Mia sorella ed io eravamo poco più che ragazzine e siamo rimaste spaventate da quella improvvisa rivolta. Abbiamo cercato di rincuorare il popolo, armarlo, rifornire la città di viveri e organizzare le truppe, cittadine e non. Un grave sforzo per delle ragazzine! Alla fine, su consiglio di uomini fedeli alla memoria del nostro caro padre Callinico, siamo partite in esilio con una nave, prima che fosse bloccato il porto. Era il modo migliore per evitare una inutile guerra civile e feroci spargimenti di sangue! Qui sono stata amorevolmente accolta dal nobile re Vladimir con mia sorella. Intanto quegli uomini fedeli alla memoria di mio padre chiedono aiuto e dicono che è il momento d'intervenire".
"Perché chiedono il ritorno della despoina, dopo averla lasciata in difficoltà? Esen sembra non essersi mossa quando doveva, perché ora?", intervenne Toro Nero.

 

 
 
 

La spada e le maschere - La dama di Esen (6)

Post n°62 pubblicato il 08 Giugno 2013 da michele_porcaro

© Copyright 2013 Michele Porcaro Tutti i diritti riservati

Il gran cancelliere li introdusse in un vasto giardino, recintato da mura con portici e sale che vi affacciavano. Entro certi limiti ricordava il modello in miniatura del giardino pensile che avevano attraversato poco prima.
Porfirio li condusse attraverso il giardino, fino ad una costruzione cinta da un portico con abside. L'ingresso era aperto e s'intravedevano degli uomini armati. Un soldato rivestito di un'armatura a scaglie si fece avanti. Porfirio gli sorrise. "Prego, seguitemi, gran cancelliere e voi, ospiti". Si voltò, facendo svolazzare il mantello bianco.
"Chi è quel tipo?", chiese incuriosito Roberto.
"È Carietto, comandante della guardia del corpo di sua maestà, è noto per la sua ferocia in guerra", rispose Giacomo, procedendo dietro il gran cancelliere. Roberto fece spallucce, mentre Toro Nero restava indifferente all'informazione.
Entrarono. Una sala dal pavimento di marmo, con colonne sottili terminanti in ricchi capitelli scolpiti con motivi floreali, affreschi con l'azzurro del mare, i colori dei fiori e dei prati investiti dalla luce dell'alba, li accolse. Dodici soldati in armature a scaglie, con spade a doppio taglio al fianco e mantelli bianchi formavano un cerchio intorno al re e ad una giovane dama che sedeva di fronte a lui. Il cerchio si aprì all'improvviso. Il gran cancelliere fece un cenno col capo a Giacomo. Il giovane s'inginocchiò, imitato dai compagni. Il re si levò in piedi insieme con la splendida dama. "Alzatevi, signori, siete stati molto utili al reame!" I tre si levarono in piedi. "I nemici dello Stato sono morti e di questo vi sono grato. Avrete i vostri premi e terreni da possedere". Si rivolse alla ragazza che gli era accanto. "Mia cara, ti presento i tre guerrieri e miei giustizieri di cui ti ho parlato, Giacomo di Sante, Roberto Monforte e Raoul Tauro. Signori, vi presento la nobile Mirna Sophoumena, despoina di Esen ..." Gli occhi cerulei guardarono oltre i tre guerrieri. Una risata d'allegria cristallina animò la volta dell'edificio. "E la sua splendida sorella, Sofia Sophoumena di Esen, con la mia amata figlia e la sua cara compagna".
Roberto vide venire avanti la splendida ragazza bionda dalla pelle d'ambra. I loro sguardi s'incrociarono per un breve istante ancora. Con lei c'erano altre due ragazze, che Giacomo riconobbe subito: una era Lucrezia Eliades, figlia sedicenne del re, l'altra era una fanciulla dai capelli ricci e corvini, nota come Irene Corvina, famosa già per le sue intemperanze e libertà, intellettuali e amorose.

 

 
 
 

La spada e le maschere - La dama di Esen (5)

Post n°61 pubblicato il 06 Giugno 2013 da michele_porcaro

© Copyright 2013 Michele Porcaro Tutti i diritti riservati

Roberto strizzò l'occhio a un gruppo di giovani dame che parlottavano tra di loro, destando le loro risatine. Toro Nero, così tutti chiamavano Raoul Tauro, per la sua forza e la sua possanza fisica, camminava al suo fianco, insensibile alla bellezza del luogo e alle civetterie delle giovani dame. Giacomo invece parlava con il gran cancelliere e spiegava quello che avevano fatto contro i Palien. Sprecavano una splendida occasione! Si fermò.
I loro occhi si incrociavano, quelli di lui neri e quelli di lei, belli come un daino in fuga! Era ferma su un ampio balcone, da dove scrutava il giardino e i giri dell'acqua della fonte. Al suo passaggio aveva levato il capo e ora lo fissava con intensità. Restavano immobili, seguendo la carezza di ogni respiro, mentre il sole rischiarava i loro volti tra gli svolazzi di una nidiata di piccoli passeri. "Roberto!" La voce dura di Toro Nero li destò bruscamente. "Ah, sì!", balbettò Monforte. Portò la mano chiusa sulle labbra, baciò le punte delle dita e poi l'aprì verso la ragazza. Quindi si affrettò dietro i due compagni e il vecchio gran cancelliere. Le risatine di ragazze giungevano alle tue spalle. "Sofia, lascia stare, ti vogliono", sentì. Memorizzò quel nome.

 

 
 
 

Lake City (9)

Post n°60 pubblicato il 05 Giugno 2013 da michele_porcaro

© Copyright 2013 Michele Porcaro Tutti i diritti riservati

I "maggiorenti" erano radunati presso la chiesa medievale di Santo Giulliaco. Erano un po' discosti, che proprio tre metri vicino al portale principale c'era il parroco, don Raniero. Quegli uomini avevano stima e fastidio di quel giovane capellone con il viso sporco di barba, un po' alla Gesù Cristo. Quel ragazzo era onesto, sincero,aveva le palle di dire quello che pensava e fare quello che diceva, di essere cristiano. Lo ammiravano per le sue qualità, ma non lo sopportavano perché rampognava chi se lo meritava, così come riempiva tutti del suo amore cristiano e della sua passione. Ora lui stava parlando con dei ragazzini. Qualcuno dei "maggiorenti" gli lanciò uno sguardo. Aspettava che facesse, dicesse o predicasse qualcosa per poter spedire la lettera diffamatoria al buon vescovo. Qualche altro già l'aveva fatto. Se Giorgio Velasco avesse saputo che era uno dei cosiddetti "maggiorenti" si sarebbe messo a ridere e avrebbe ricordato che siamo in democrazia. Era un uomo che si avviava verso la cinquantina, ma ancora in buona forma, spirito libero, ambizioso, capace, deciso e acuto. Aveva ottenuto la nomina di direttore dell'ufficio direttamene dal ministro dell'Economia. Lo affiancavano due uomini molto affini a lui caratterialmente: Roberto Pagnasco, suo vice, e Rosario Scala, consulente esterno. Roberto era un uomo pingue, dall'aspetto sonnolento, con i capelli brizzolati tirati indietro, gli occhi scuri e piccoli, ma attivissimo e deciso. Rosario era anche il dandy del gruppo. Giorgio era felicemente sposato con Fulvia, assistente sociale, e Roberto con Ilaria, insegnante di scuola media. Le due donne dovevano essersi imbucate con altre amiche nel giardino del Cagliostro per un aperitivo e qualche chiacchiera femminile. Questi erano stati i cooptati nell'ordine dei "maggiorenti". Se lo avessero saputo. Almeno Rosario lo sapeva e ci rideva e sghignazzava sopra. Il gruppo di ferro dei "maggiorenti" era composto dai sondrocottesi doc. Erano Alessandro Di Carmine, il pregiatissimo sindaco dal corpo e dallo sguardo placidamente bovino; Fidelio Arrobbato, marito della laureata vicaria della vice assistente della vicedirettrice della locale scuola media (lui aveva il diploma serale), e direttore della locale stazione ferroviaria. L'anziano avvocato Kurt Quintiliano, sempre avvolto nel suo decennale cappotto, sia il 15 agosto che il 25 dicembre, era figlio dell'avvocato don Giuseppe Quintiliano, di antica famiglia gentilizia sondrocottese. C'era una pergamena firmata da Berengario I, re d'Italia, che nominava Octon Quintilianus margravio di alcuni territori, tra cui Sondrocotto. Custode della regale pergamena della schiatta Quintiliano era il direttore del piccolo museo-biblioteca del luogo, Janez Carloni. Il direttore del museo-biblioteca "Saverio Angelo" si lisciava soddisfatto ed impettito i folti baffetti. Chi era Saverio Angelo, che aveva offerto il suo nome alla biblioteca e museo? Era stato un bibliofilo locale che nel 1703, dopo aver letto i Fioretti di San Francesco, forse già non troppo in regola con la testa, ebbe l'idea di fare il santo eremita in stile francescano senza informare nessuno, nemmeno l'ordine dell'omonimo santo che tanto l'aveva ispirato. Si dice che morì per una scorpacciata di intingoli offertigli dalla pia vedovella Ersilia Bona, che tanto segretamente e piamente spasimava per lui. Gli indigeni devoti lo onoravano come un santo e ne furono certi quando fece qualche guarigione. La più famosa capitò tre mesi dopo la chiamata in alto per scorpacciata. Il solerte ferraio ricevette una martellata su un pollicione dal poco sveglio figliolo. "Ah, santo Angelo! Saverio santo!", urlò (o imprecò?). Certo, poco dopo, il buon santo lo miracolò con la scomparsa di tutto il dolore. Questo sant'uomo lasciò anche un diario di una cinquantina di pagine, custodito nella sua biblioteca in stile post 1981. Ultimi in quel gruppo, a causa di impegni domenicali che coinvolgevano altri "maggiorenti", il geometra Zeno De Rossi e Umberto Rozzi, fedele consigliere del sindaco. L'unica cosa che differiva l'uno dall'altro erano l'età e il fatto che Zeno vestiva in tuta da ginnastica e Umberto in un liso completo color cammello. In più non si sopportavano, si schieravano per principio sempre in campi avversi, avevano una non insignificante conoscenza di forchette, intingoli, carni alla brace, salsette, salsicce, vini acidi. Insomma quei "maggiorenti" seguivano l'andazzo e la regola dei "maggiorenti".

 

 
 
 

Lake City (8)

Post n°59 pubblicato il 04 Giugno 2013 da michele_porcaro

© Copyright 2013 Michele Porcaro Tutti i diritti riservati

Sondrocotto Terme Nove ha sempre tenuto fede ai suoi riti secolari. Su Sondrocotto e la sua felice popolazione può passare l'innovazione rivoluzionaria e illuministica delle armate napoleoniche (che per inciso avevano lasciato anche il bell'edificio in stile neoclassico del comune), Garibaldi e l'unità italiana, il progresso tecnologico dell'ottocento e del novecento, gli americani in carro armato con bubble gum, caramelle e am-lire, gli americani nel cinema e nella musica e nella letteratura, il '68, Kennedy e Stalin , i rossi e i neri, tutte le repubbliche italiane che volete, il 2000, ma i suoi riti restavano sempre, da quando Adamo era Adamo e Sondrocotto era Sondrocotto. Uno di questi aviti e sacrosanti riti era l'incontro - diciamo casuale tanto per dire- tra i "maggiorenti" di Sondrocotto Terme Nove. Il tutto avveniva nella grande piazza centrale, che vantava origini medioevali. Il nome ne conservava le origini: Piazza della Fiera.

 

 
 
 

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