Creato da michele_porcaro il 09/01/2010

La grotta dell'anima

Vivere lib(e)ri, sogni, idee, riflessioni, emozioni

 

 

Lake City (7)

Post n°58 pubblicato il 03 Giugno 2013 da michele_porcaro

© Copyright 2013 Michele Porcaro Tutti i diritti riservati

Jordan McIntosh passeggiava felice per il centro di Sondrocotto. Sua moglie Renata De Longis rideva sempre quando cercava di pronunciare quel nome. "Perché hai scelto questo posto?", chiedeva dopo. "Instinct", rispondeva lui con un modo fare buffo. Aveva incontrato Renata in un villaggio della Normandia. Lei era italiana, figlia di un rinomato ragioniere e di una casalinga. Si era laureata in lingue e lavorava per una casa editrice, nella sezione traduzioni. Dopo un anno aveva fatto un viaggio di vacanza e aveva incontrato il suo uomo in un villaggio della Normandia, sugli spalti di un piccolo castello che si affacciava sulla scogliera, verso la Manica. Anche lui era lì in vacanza. Entrambi erano stupiti della favola del loro incontro. Dal loro amore erano nati Jenny, di diciannove anni, saggia, dolce e vivace, Kate, di sedici anni, acuta, brillante, birichina ed estroversa, ed Ethan, di dodici anni, intelligente, coraggioso e pestifero. Ora lui camminava mano nella mano con Renata, che nella sinistra teneva Ethan, tutto impettito ed incuriosito per la nuova esperienza. Inoltre daddy gli aveva promesso una gita sul lago e un viaggetto in barca. La cosa lo deliziava. Jenny, invece, si era allontanata dal gruppo per precederli. Kate, vestita di una camicetta bianca, jeans marcati ultima moda e stivaletti neri di pelle, trotterellava accanto al padre. La ragazza, però, aveva inforcato i suoi occhiali neri, ultima moda, e lanciava occhiate di controllo alla fauna locale. I maschietti che la vedevano, con quei capelli castano-biondi smossi, il suo incedere impettito, il sorrisetto sicuro ed impertinente sulle labbra, restavano eccitati. Eccitati dalla baccante americana. Qualche femminuccia locale già vedeva l'avversaria su cui spettegolare.

 

 
 
 

Lake City (7)

Post n°57 pubblicato il 02 Giugno 2013 da michele_porcaro

© Copyright 2013 Michele Porcaro Tutti i diritti riservati

"Che palle!"
"A chi lo dici".
"Questo è un paese di morti".
"A chi lo dici". Sprofondati sulle panchine di legno, con i cappelli con visiera schiacciati sulle solide teste dure, mai tolti, forse nemmeno quando stavano a letto. Avvolti nei giubbotti comprati da chissà quale fantasioso rivenditore di rigattieri, stringevano nelle destre, fedelmente, le loro bottiglie di birra. Lello e Girolamo fissavano il paesaggio davanti a loro. L'uno con gli occhi sempre spiritati, l'altro con gli occhi vitrei. Intorno a loro scorreva la vita domenicale di Sondrocotto.
Molti, reduci dalla messa, si attardavano a parlare del più e del meno. Altri si avviavano verso il bar Cagliostro e le terme Don Siscaro. Altri affollavano le vie del porticciolo. Alla loro destra vedevano, ma forse non capivano, l'azzurro del lago di Sondrocotto. Piccole imbarcazioni si muovevano veloci per un tratto del lago. Altri si divertivano a pescare. Avevano visto la biondina nuova, l'americana, avviarsi verso il boschetto dei ciliegi e qualche minuto dopo Martino la seguiva. Che bravi, forse se l'intendevano! Loro, invece, sedevano sulle panchine del giardino comunale, rivolti verso il Cagliostro, con alla destra il lago, alla sinistra il vecchio comune, alle loro spalle la via che portava al palazzo Santagata. Videro anche l'americano. Era un tipo atletico, vestito in un completo blu.
"Quanto costerà? Ci possiamo spaccare una vita sana, ma i soldi per quel vestito e quella moglie e quella figa di figlia non ce li vediamo nemmeno col binocolo", sbottò Girolamo.
"A chi lo dici", singhiozzò Lello.

 

 
 
 

Lake City (6)

Post n°56 pubblicato il 01 Giugno 2013 da michele_porcaro

© Copyright 2013 Michele Porcaro Tutti i diritti riservati

L'urlo esplode dappertutto. Schizzo anch'io. È lui! Rosario riusciva sempre a riempire il posto della sua presenza. Io salto sul davanzale della finestra per vederlo. Che fortuna! C'è anche quella gattina tigrata che lo segue sempre, Lorella. "Anche tu ti ci metti!" Mi afferrò per la collottola e mi buttò giù. Lei aveva voltato le spalle alla finestra, cioè a Rosario. L'allegra risata di lui scrosciò dalle sue labbra. Saltai di nuovo sul davanzale. Lorella, stava guardando sopra. Angela spiò un po' troppo vistosamente Rosario che si allontanava. Lui occhieggiò sfrontatamente. Lei fece l'infastidita, ma lo fissò. Non so cosa abbiano fatto, o non fatto, ma devo dire che le donne sono proprio strane. Rosario Scala è un pimpante quasi quarantenne, più avviato che quasi, bello, curato, fornito di parlantina e fascino e nomea di seduttore. È un consulente finanziario, assai in gamba, bravo ragazzo, ma con la conoscenza e l'astuzia di un figlio di buona donna. Aveva messo gli occhi addosso ad Angela, che aveva ventotto anni. È l'età in cui le mamme premono sulle figlie perché decidano di sposarsi con un bravo ragazzo con un buono stipendio in tasca. Alcuni anni fa c'era stato del tenero tra Angela e Rosario. Lei era un po' restia per la fama di seduttore di lui. Lui ci mise il suo e una sera, zac! Fu uno dei baci più lunghi, focosi, appassionati e lussuriosi di Angela. E di Rosario. Prepotenza e lussuria sono un buon passaggio per l'amore. Lei lo fissò bieca, gli disse di non farlo più, poi gli ordinò di ritornare con la comitiva di amici a godersi la festa del patrono, san Giulliaco. Il fatto è che quel bacio scivolò nei loro corpi. I loro corpi lo memorizzarono molto bene. Si creò un'attrazione, un feeling. Lui aveva deciso che la voleva, lei era ferocemente tentata, ma poteva fidarsi di lui? Lo voleva, ma poteva fare questa pazzia? Intanto faceva tutto e il contrario di tutto, con il risultato di stuzzicarlo senza giustificazioni. Specialmente per lei. Lui rispondeva, ma era sempre cavalleresco. Però, sapete, mai avvicinare troppo la pecorella al lupo vestito da fratacchione. Sinceramente mi chiedo perché non fanno la cosa più semplice: chiudersi in una stanza tutt'e due e sfogarsi per bene. Poi decidete come volete interpretare questo mio "sfogarsi". I maliziosi qui siete voi, mica io. Ora basta, mi sono annoiato e voglio il mio bel latte. VIVA IL LATTE!!!

 

 
 
 

Lake City (5)

Post n°55 pubblicato il 30 Maggio 2013 da michele_porcaro

© Copyright 2013 Michele Porcaro Tutti i diritti riservati

Perché dico queste cose? Lo confesso, mi piace il latte! Specialmente in questi ultimi tempi. Sapete, quando uno ha un bel corpo affusolato, scattante, con una lunga coda orecchie puntute baffi e occhi con visione notturna. Oggi sono un bel gatto nero. SMETTETELA con quei gestacci! Lo sapete che il mio DNA ha una parte che avete anche voi? Quello che mi fa nero! Li fate ancora i gesti scaramantici, gattini? LATTE! Latte, latte, latte! Che meraviglia. Mi sono intrufolato nella casa di Angela. Una vera angela. Lei mi vuole tanto bene. Mi fa le coccole. Mi prende una bella ciotola di plastica, con un bel gatto stampato sopra. Prende una bottiglia di latte e lo versa. Io vedo il bianco liquido scivolare nella ciotola. Scorre giù, scorre giù ... I lunghi cerchi si accumulano fino a riempirmi la ciotola. Alleluia, figlioli! Sì, alleluia! Sia lode a una buona ciotola di latte! Angela mi fa una bella carezza e si allontana. La vedo incedere con una grazia. È bella, carnosa come quelle attrici dei film anni '50-'60, bionda, con gli occhi verdi come una gatta, le curve tutte al posto giusto, le labbra grandi, tornite, rosse, da bacio. Sì, Angela aveva una bellezza, una grazia tutta sua. Sua madre non c'era e suo fratello stava giù. Io le faccio le fusa e via, viva il latte! Lei si avvicina alla finestra. Eravamo nella cucina, una grande sala quadrata con il tavolo centrale. Io stavo davanti la porta, a destra. La fisso. La vedo strana. Lei guarda dalla finestra. "Ciao, mia bella colombina!"

 

 
 
 

Amrajj-La strage (5)

Post n°54 pubblicato il 30 Maggio 2013 da michele_porcaro

© Copyright 2013 Michele Porcaro Tutti i diritti riservati

"Il castello è lontano da tutti, dal mondo intero". Bendares contemplava la folla che si accalcava in una festa piena di disperazione e di desiderio di fuga. Il giovane aristocratico aguzzò lo sguardo. "La nobile Oriele e un cavaliere ..." Non si stupiva del gusto dell'avventura dei giovani aristocratici, ma che questo riguardasse anche una fanciulla come Oriele lo prendeva alla sprovvista.
Alcameno si accostò alla finestra. "La nostra nobile Oriele si ritira dall'abbraccio della sua amante", sussurrò.
Bendares lo guardò. Come faceva a sapere tutto di tutti.
"Sì, mio caro, la bella Oriele, tanto gentile e onesta, ha una tresca con una ruffiana, una certa madama ... madama ... Colenda! È venuta qui un po' di tempo fa, offrendo al figlio del signore Puliburgo una sua fanciulla. Non si concede ad altri. Ha una tresca con la ruffiana stessa. Avrà molto da apprendere, o insegnerà?"
"Alcameno, ricordami di informarmi su me stesso uno di questi giorni".
"Sarà mia cura farlo, mio signore".

I due che occupavano una sala troppo grande e spoglia si fissarono astutamente. Bendares era uno dei giovani signori di Nirdvandva e del suo castello. Alcameno era il capo delle sue guardie e il capo delle sue spie. Doveva ammettere che era molto efficiente.

 

 
 
 

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