Caos Ordinato

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« Il tavolinoIl Wild Blues »

La missione

Post n°461 pubblicato il 06 Maggio 2012 da flavourfly
 

Il comando operazioni ci aveva avvisato della preoccupante attività nemica lungo il Song Huong River più comunemente a noi noto come, il Fiume dei Profumi.

La festività del Tet era prossima e mancavano solo dodici giorni al capodanno vietnamita.

Stavamo volando in formazione di quattro elicotteri a nord di Huè, una città, che sorge sul Fiume dei Profumi.

La nostra missione consisteva nel salvataggio di otto Marines, tra cui tre feriti gravi, unici scampati ad un agguato nemico mentre erano in volo di ricognizione.

Gli scampati avevano trovato rifugio presso un villaggio di agricoltori a nord di Huè ma, si trovavano isolati e circondati da guerriglieri Vietcong.

Il Fiume dei Profumi era così chiamato perché, in autunno, i numerosi frutteti a monte di Hué, lasciano cadere i loro fiori sulle acque conferendo al fiume stesso un profumo aromatico.

Il rumore del Huey, un Bell UH-1 Iroquois con motore turbolalbero, è tanto assordante che quasi dobbiamo urlare per parlare tra di noi.

Il sergente Berrios era seduto dietro la mitragliatrice, una M60 7,62, laterale destra e se ne stava con le gambe a penzoloni fuori dall'abitacolo dell'elicottero.

Non staccava mai lo sguardo dalla foresta che scorreva sotto di noi intricata e minacciosa come fosse in attesa d'inghiottirci.

Il Huey era pilotato, con perizia, dal tenente Butler un pilota di lungo corso.

Sembrava non avesse mai fatto altro, nella sua vita, fin dalla nascita!

Veterano dal luglio del 1964, aveva già quattro anni di guerra sulla spalle ed innumerevoli missioni di soccorso.

L'elicottero è l'unico mezzo possibile per il trasporto di truppe o per delle missioni di salvataggio su di un terreno mutevole ed insidioso come in Vietnam.

Foreste, colline, fiumi e vasti acquitrini ricoprono tutto il paesaggio mentre il clima è insopportabilmente caldo ed afoso.

Insidie di ogni genere si celano nelle paludi e nelle foreste e, non solo le mine e le trappole del nemico, ma anche animali pericolosi come il serpente dei due passi chiamato così perché, la vittima colpita dal suo morso, si dice che non abbia neppure il tempo di compiere due passi.

Ma il momento peggiore è la notte.

La notte è anche peggio del caos del giorno perché lì fuori, dove è talmente buio che non si vede ad un palmo dal naso, c'è Charlie.

La notte è di Charlie che ne è padrone e signore.

Silenziosi e temibili, i Vietcong, i guerriglieri locali, possono scivolarti addosso e sgozzarti prima ancora che tu possa lanciare un urlo.

Dicono di noi che, i soldati delle seconda guerra mondiale, sono stati la generazione migliore ma, tutti coloro che stanno combattendo qui, in Vietnam, sono i migliori della nuova generazione.

E pensare che solo nella primavera del 1964, neppure la metà degli americani aveva mai sentito parlare del Vietnam.

In patria la propaganda insegnava ai ragazzi, nelle scuole, della lotta tra comunismo e democrazia nel Vietnam.

Del Vietnam, noi ragazzi, sapevamo poco ma sapevamo del comunismo.

Cresciuti negli anni '50, nella Paura Rossa, eravamo a conoscenza degli orribili fatti accaduti nei paesi comunisti dove, si diceva, che ai preti venisse mozzata la lingua perché non potessero più insegnare il Padre Nostro.

Che fosse vero questo io non lo so ma so, di come i Vietcong trattano le popolazioni locali nel Vietnam del sud.

Si confondono tra gli agricoltori nei villaggi tenendoli sotto la minaccia di torture e rappresaglie se non gli vengono prestate protezione ed aiuto.

Poche settimane fa, in una operazione Search and Destroy, avevamo raso al suolo un villaggio credendo fosse pieno di Vietcong.

Da quel villaggio erano partiti diversi colpi di mortaio contro le nostre pattuglie.

Abbiamo scoperto solo dopo che si trattavano di pochi nemici e che, un attimo prima del nostro attacco, erano già fuggiti tra le foreste oltre il confine con il Laos.

Lo fanno apposta, apposta per fare in modo che i locali perdano la fiducia verso di noi, verso coloro che dovrebbero aiutarli e salvarli e non ucciderli!

Con l'operazione Rolling Thunder, autorizzata dal presidente Johnson, l'alto comando pensava di concludere la guerra in pochi mesi ma, non è stato così.

La tenacia dei Vietcong, il loro coraggio ed il loro odio verso di noi non sono stati spezzati, piegati dai bombardamenti su larga scala e dalla straordinaria potenza del nostro fuoco anzi, non sembrano neppure intimiditi.

Più ne ammazziamo e più ne saltano fuori di freschi sono, dappertutto.

Per cuffia il tenente Butler mi chiama.

- Capitano Bower!

- Tenente, avanti!

- Mancano meno di tre minuti all'atterraggio, vedo il villaggio davanti a noi.

- Bene! ragazzi appena a terra voglio un dispiegamento difensivo i Vietcong potrebbero attaccarci. Berrios! tu e Jones dateci copertura con gli M60. Lopez e Miller restate attorno all'elicottero. Il secondo elicottero atterrerà dietro di noi e... diamine!

Una tremenda esplosione ed il secondo elicottero si vaporizzò in una nube di fuoco.

Quasi immediatamente fummo bersaglio di diverse raffiche di Kalashnikov.

Per cuffia il tenente Butler urlava:

- Ci attaccano! Ci attaccano! perdiamo quota devono aver colpito il motore abbiamo una perdita di potenza... afferratvei a qualcosa! stiamo precipitando!

L'elicottero cominciò ad avvitarsi mentre vedevo il terreno avvicinarsi.

Lo schianto fu meno tremendo di quanto ci aspettassimo ma, lo stesso, il sergente Berrios rimase ferito gravemente.

Anche il tenete Butler era stato ferito ma, era ancora in grado di muoversi da solo.

- Fuori presto! fuori! raccogliete i feriti.

Ora cominciavano a piovere anche granate di mortaio.

- Avanti! state bassi e correte verso quell'avvallamento! Lopez! dov'è Cox?

- Signore, credo sia rimasto dentro!

- Vai! torno io a cercarlo!

Ritornai verso le lamiere dell'elicottero per recuperare il caporale Cox.

Appena entrato nuove raffiche di mitra crivellarono l'abitacolo.

Cox era lì incastrato tra le lamiere in un lago di sangue.

Durante l'impatto, una barra di metallo, gli aveva squartato l'addome ed ora le sue interiora erano sparse sul pavimento.

Senza altra esitazione afferrai la radio a zaino ed uscii correndo verso i miei uomini che, intanto, avevano trovato rifugio in un avvallamento del terreno.

- Cox è morto! Miller attaccati alla radio, chiama la base e dai il codice Broken Arrow.

Il codice Broken Arrow stava a significare che una pattuglia era in pericolo di essere annientata dal nemico.

Da lì a poco avremmo avuto la copertura aerea.

Intanto gli altri due elicotteri, che formavano la nostra squadriglia, i MEDEVAC (MEDical EVACuation ovvero, Evacuazione Sanitaria), si erano allontanati dalla zona non potendo atterrare.

- Lopez! Lopez!

- Capitano!

- Berrios in che condizioni è?

- Credo che un proiettile gli abbia reciso un'arteria all'altezza della coscia destra. Gli ho applicato una cintura che fa da laccio emostatico.

- Bene! ricordagli di allentarla ogni cinque minuti. Hai visto dove si trovano i superstiti?

- Signore, si trovano laggiù verso quella baracca di lamiera.

- Cerca di fargli capire di non muoversi a breve avremo piena copertura aerea.

- Miller! Miller!

- Capitano!

- Hai contattato il comando?

- Si! Gli aerei stanno arrivando, sei F-100 con bombe al Napalm, ETA (Estimated Time of Arrival) meno quattro.

- Bene Miller! Sembra che la maggior parte delle scimmie gialle si siano attestate su quella piccola altura a sud-ovest. Comunica la loro posizione al comando operazioni.

Il crepitio delle armi e le esplosioni da mortaio era incessanti e, quel che più era peggio, stavano aggiustando il tiro.

Da un momento all'altro rischiavamo di essere colpiti da una granata.

Ci stavamo difendendo come tigri e, il sergente Berrios per quanto ferito, stava falciando la foresta con il suo M60.

Il frastuono di un F-100 che passò sopra le nostre teste ci fece capire che da lì a qualche secondo si sarebbe scatenato l'inferno.

Sulla foresta attorno al villaggio piovvero le bombe al Napalm e una nube rotolante di fuoco l'avvolse.

L'odore della cordite misto a quello del Napalm mi bruciava le narici mentre le raffiche e le esplosioni delle granate di mortaio si quietarono.

Dalle fiamme, che avvolgevano ciò che restava della foresta, si alzavano urla disumane.

Si vedevano i corpi dei nemici avvolti dalle fiamme contorcersi per poi stramazzare a terra immobili.

Quando il nemico cessò l'attacco noi avevamo perso tre uomini ma, il nemico, ne aveva lasciati sul terreno più di quaranta e, per la maggior parte, arsi vivi.

Probabilmente le perdite del nemico erano di più ma i corpi vaporizzati, perché il Napalm raggiunge anche i duemila gradi di temperatura, non si potevano di certo contare.

Anche oggi avevo avuto salva la vita già, perché ciò che più conta per noi tutti è salvarsi per poter poi tornare a casa.

I comandanti avrebbero detto che anche oggi avevamo vinto, sconfitto il nemico ma, tutti quanti sapevamo che questa sarebbe stata una guerra senza fine.

 

Diario del Capitano Steve Bowie, Vietnam del sud, 18 gennaio 1968.

Il coinvolgimento degli americani nella guerra del Vietnam vide la sua escalation a partire dalla primavera del 1964.Nel 1968 c'erano quasi cinquecentomila Marines sul suolo Vietnamita. Molti giovani, circa un terzo, si arruolarono volontariamente perché credevano in ciò che stavano facendo. La propaganda e la politica anticomunista aveva portato l'america a perseguire una guerra dove, la vittoria, non si misurava più in base ai territori liberati ma, in base al numero dei nemici uccisi. Più di centosessantamila Marines americani trovarono la morte e, molti di essi, quando partirono, non sapevano neppure cosa li attendeva credevano, che la guerra sarebbe finita in pochi mesi. Quando tornarono in patria furono trattati come feccia, emarginati perché l'opinione pubblica gli si era rivoltata contro. Loro credevano, loro hanno eseguito gli ordini della politica e dei sogni visionari di boriosi generali impazziti. Loro, si amavano tra di loro perché non abbandonavano mai i loro compagni feriti od uccisi sul campo di battaglia. Loro, avevano capito che dovevano combattere contro un nemico invisibile e che era dappertutto pronto a colpirli e a fuggire. Il Vietnam fu la più grande sconfitta morale, psicologica per gli americani ma, di quei ragazzi si ricordano solo le foto e i reportage di guerra di cui si coglie solo lo strazio e l'orrore che solo le guerre sanno provvedere. Quei ragazzi non avevano colpa, obbedivano solo al cieco giuoco della politica. Loro, hanno servito la loro patria con orgoglio, coraggio e valore abbandonati al loro destino. Loro, sono i figli dei Marines di Guadalcanal, di Iwo Jima, di Okinawa i figli, degli stessi americani che hanno liberato l'Europa dal dominio nazista.

 

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Data di creazione: 08/06/2010
 
 

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