Caos Ordinato

Qualsiasi cosa che nasce dall'animo Umano qui trova spazio. Tutto ciò qui riportato è frutto d'immaginazione e quindi, ogni fatto o riferimento a persone è puramente casuale. Per iniziare la navigazione accedere alla home page e, per cortesia, non pubblicate argomenti, di politica, di gossip e/o nutrienti per le "capre" od ovini in genere. Un ringraziamento a tutti coloro che si soffermano a leggere con lo spirito adatto. Flavourfly

 

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Ricordi di gesso

Post n°433 pubblicato il 25 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

E' una giornata calda ed una brezza proveniente dal mare a tratti mitiga l'aria.

La succosa uva ormai matura, appesantisce i tralci stanchi giunti al fine del ciclo stagionale.

Raggiungo i miei genitori che sono già al lavoro di primo mattino ed entrando nel vigneto scorgo api pingui che ronzano attorno ai grappoli dorati e di tanto in tanto, battiti d'ali che si levano di tra i ciuffi d'erba dopo aver colto dei frutti caduti.

L'aria dolce degli aromi dell'uva colma l'olfatto e con l'andar del pensiero già assaporo il prezioso nettare.

Quest'anno la natura è stata generosa di scrosci e di sole che già preannunciavano una vendemmia abbondante.

Pochi rumori, quasi attutiti, si odono assieme allo schioccare dei rami spezzati ed il fremere delle foglie tra i filari solo ogni tanto, le voci rotte dei miei genitori che chiamano gli aiutanti che fanno da spola tra i filari ed il carro.

Uno strano silenzio però giunge ai miei orecchi, il silenzio, delle cicale il cui frinire è sempre assordante.

Assorto nel lavoro allontano da me queste strane sensazioni.

D'un tratto, un odore pungente colpì il mio olfatto che dagli inferi solo poteva risalire un odore, nauseabondo e distinto ed un boato assordante provenire dalla sovrastante montagna così che una nube di polvere s'accese nel cielo.

La terra trema tanto violenta che pare voglia frantumare il mio corpo e la nube s'alza maestosa ed il sole sparisce tra i suoi flutti.

Piovono sassi e l'aria si fa rovente, irrespirabile mentre sento i polmoni colmarsi di quella tempesta di fuoco e di polvere.

Persi i sensi ed a lungo girovagai tra memorie e visioni.

Mi riconobbi giacente sul terreno mentre persone vestite di fogge mai viste, rimiravano il mio corpo di gesso.

 

Era il nono giorno prima della calende di settembre verso l'ora settima dell'anno 79 in un luogo chiamato Pompei.

 
 
 

Eroi?

Post n°432 pubblicato il 25 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

Stavamo risalendo il fiume Rosebud in direzione Sud.

Cavalcavamo ormai da quattro giorni e dei nativi nemmeno l'ombra.

I cavalli mantenevano ancora bene l'andatura anche se ne avvertivamo la loro stanchezza.

L'obiettivo era d'incontrare i nativi dove si stavano radunando con una manovra d'accerchiamento da Nord, per opera del Colonnello John Gibbon e da Sud per opera del colonnello Custer.

Avremmo  voluto fare una sosta ma, bisognava arrivare per tempo all'appuntamento tutto, dipendeva dalla manovra sincronizzata.

Il colonnello Custer non era più alto di un metro e ottanta e doveva pesare non più di settantacinque chili.

Figlio di coloni aveva occhi azzurri di uno sguardo profondo e capelli ondulati del colore dell'oro come il colore dei suoi baffi lunghi e folti.

Un uomo deciso, orgoglioso di certo permaloso e testardo nonché, ribelle.

Si era distinto nella guerra si secessione americana guadagnandosi quella stima che lo aveva in seguito portato ad assumere il grado di colonnello alla guida del 7° cavalleggeri sotto l'egida del generale Philip Henry Sheridan.

Una volta incrociata la vecchia pista indiana avevamo l'ordine di portarci molto più a sud per poi girare verso ovest fino ad incrociare il Little Big Horn.

La battaglia doveva poi avere inizio solo quando la fanteria del colonnello Gibbon avrebbe preso posizione per bloccare ogni possibilità di fuga dei nativi.

Ma gli ordini consegnati a Custer, per come formulati, si prestavano ad una libera interpretazione.

Infatti, giunti che fummo sul sentiero indiano, non proseguimmo verso sud ma, cominciammo subito a seguire il sentiero.

Era l'alba del 25 giugno 1876 le guide indiane avevano avvistato un grande accampamento di nativi a circa una ventina di chilometri.

Custer ordinò di divederci in quattro colonne composte di una di cinque squadroni alla guida del colonnello, due di tre squadroni di cui uno alla mia guida ed uno alla guida del capitano Benteen ed uno squadrone, di centovent'otto uomini, alla guida del capitano McDougall per scortare le salmerie.

Cominciammo a risalire un affluente del Little Big Horn in direzione dell'accampamento indiano ed io, avevo già intuito le intenzioni del colonnello.

Non avevamo neppure certezza né dell'estensione dell'accampamento né, del numero di indigeni che lo occupavano.

Questi pensieri mi si affollavano e mi preoccupavano.

Perché non attendere l'arrivo del colonnello Gibbon?

Sapevo che se avessi posto una simile domanda al colonnello mi sarei macchiato di codardìa ai suoi occhi, conoscevo il suo pessimo carattere.

Ma qualche cosa dovevo pur tentarla per salvare il maggior numero di vite di quei giovani soldati.

Avevo la sensazione che non stesse andando tutto per il verso giusto.

Custer aveva dato prova di capacità di comando e di strategia del resto, il successo al Washita, fu grazie al suo comportamento freddo e calcolato.

Per questo avrei dovuto ciecamente fidarmi di lui ma, quel giorno, non sapevo neppure esattamente perché ma non mi stavo fidando.

Era il primo pomeriggio ed il sole era alto nel cielo.

Ci fermammo a circa cinque chilometri dall'accampamento indiano.

Custer mi chiamò a sé, prese la borraccia, ne bevve e poi asciugandosi i baffi con un ampio gesto mi disse:

 - Reno, lei attaccherà al trotto frontalmente l’accampamento. Al momento opportuno, le fornirò la copertura necessaria. Intanto il capitano Benteen da nord, bloccherà ogni possibile via di fuga. Vedrà, li staneremo e ne usciremo vittoriosi!

In quel momento avrei voluto dirgli cosa pensavo ma tacqui, forse per rispetto, forse per paura di essere tacciato come codardo ma di certo non perché avessi ritrovato la fiducia.

Organizzai i miei uomini mentre osservavo la diversità di etnie che contraddistinguevano il 7° cavalleggeri polacchi, italiani, messicani, irlandesi, tedeschi ed inglesi.

Una amalgama di etnie provenienti da ogni parte del mondo.

Il 7° cavalleggeri era nato dieci anni prima ed esattamente il 3 novembre del 1866.

Era un corpo forgiato dalla severità del colonnello Custer che l’aveva cresciuto di persona.

Marce e punizioni erano all’ordine del giorno ma alla fine, tutti uomini rudi, coraggiosi, pronti al sacrificio ed obbedienti formavano il glorioso corpo.

Forse oggi avrei dovuto riporre più fiducia negli uomini che nel colonnello se non altro, per stima e rispetto.

Ma la mia sensazione che le cose non stavano andando per il verso giusto era più forte anzi, stava accrescendosi.

Alle 14,15 del 15 giugno del 1876 iniziammo l’attacco.

Alla guida dei miei centoquindici uomini mi lanciai al trotto verso l’accampamento. Centoquindici cavalli lanciati al trotto sono una forza della natura!

Pensai che gli indigeni, vedendoci arrivare accompagnati dalle grida, dal rombo e dalla polvere si sarebbero impauriti, scoraggiati.

Forse, era questa una scelta tattica del colonnello?

Mi rincuorai vedendomi alla guida di un attacco portato con una considerevole forza di animali e potenza di fuoco.

Sguainai la spada alla testa dei miei uomini ed incitandoli ci avvicinammo sempre più all’accampamento.

Il rumore era assordante, i cavalli ventre a terra lanciati, temibili, il vento caldo che colpiva i nostri volti con i cuori impavidi.

D’un tratto ricomparvero le mie paure, le mie sensazioni che non mi avevano abbandonato per tutto il giorno.

I nativi, anziché fuggire, indietreggiare, contrattaccarono in forze.

Colsi l’attimo, arrestai la corsa sfrenata e feci scendere gli uomini da cavallo a formare una linea difensiva.

Ma in quella manovra un uomo su quattro non poteva sostenere l’ingaggio perché doveva badare ai cavalli.

Questo ridusse considerevolmente la mia potenza di fuoco.

Prudentemente portai i miei uomini a ridosso di un boschetto per proteggerne un fianco ma, gli uomini, erano insufficienti per formare una linea difensiva che sbarrasse la strada ai nativi

Infatti, una parte di essi ci aggirò attaccandoci alle spalle.

Fu allora che ricordai le parole del colonnello “...al momento opportuno le fornirò la copertura necessaria.” Quando sarebbe stato il momento? Vedevo già l’orrore del massacro in mezzo gli spari, le urla, l’odore della polvere da sparo e del sangue.

Vedevo i miei uomini cadere uno ad uno.

Non preso dal panico ma per pietà verso quei valorosi, ordinai una ritirata attraverso il fiume per attestarmi su di un’altura sulla riva opposta.

Arrivai con la metà dei miei uomini l’altra metà, giaceva morta o ferita nei pressi del boschetto.

Mentre ci stavamo difendendo dall’assalto degli indiani vidi Custer con i suoi uomini scendere da un crinale a Nord-est del villaggio, lo vidi ingaggiare la battaglia, lo vidi combattere a fianco dell’ultimo uomo, lo vidi morire per essere ancora poi straziato dalla ferocia dei nativi.

Quando giunse il capitano McDougall con i suoi uomini la battaglia era terminata.

A terra giacevano i feriti ed i morti tra cui, il colonnello George Armstrong Custer.

 

Eroi? Leggendarie gesta ma, a che prezzo? Ricordiamo gli eroi solo perché scelti tra altri eroi che non sono stati scelti. A milioni sono stati sterminati gli indiani d’America per il possesso delle loro terre a milioni, perché difendevano le loro Famiglie, la loro cultura, il loro diritto di esistere. Era la loro casa ma si sono ritrovati ad essere indigeni in terra straniera, ospiti “ospitati” da coloro che originariamente erano ospiti.

 
 
 

Proverbi

Post n°431 pubblicato il 25 Marzo 2012 da flavourfly
 
Tag: humor
Foto di flavourfly

- Tanto va il maiale al lardo che ci lascia lo zampone (soprattutto in Modena)

- Campa cavallo che l'erba sa di pesce

- Can che abbaia non dorme ( e vorrei vedere diversamente)

- Chi va con lo zoppo non arriva mai

- Meglio una gallina tutti i giorni che un uovo sodo e senza sale

- Gallina vecchia è più esigente

- Tra i due litiganti è meglio che il terzo non si metta in mezzo

- Val bene la grammatica ma, il fai da te, stanca il polso

- Non menare il can per l'aria

 
 
 

Libri e lassativi

Post n°430 pubblicato il 25 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

Il libro ha diverse virtù tra le quali, per alcune persone, la virtù del lassativo.

Alcuni libri si prestano a tale ruolo e sembrano scritti apposta.

Il vantaggio del libro è che lo riponi in bagno lo usi e lo riusi.

I lassativi, oltre che arrecare malesseri, li usi una volta e li devi ricomprare.

Restano però numerosi individui che fanno troppo uso domestico dei libri e di fatto, le uniche parti più istruite del loro corpo, sono le natiche.

 
 
 

A costo della vita

Post n°429 pubblicato il 25 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

Quando Don Esteban giunse nel Nuovo Mondo, gli indigeni, in buona parte, erano già stati domati alle abitudini degli Europei.

Don Esteban, calcò per la prima volta il Nuovo Mondo il 14 novembre del 1543.

Figlio di una ricca famiglia di commercianti era nato in València nel 1501 ed era un formidabile tiratore di scherma ed un uomo di grande tenacia ed avidità.

I suoi 42 anni passati in patria lo avevano forgiato nello spirito e nel corpo.

Don Esteban aveva deciso di lasciare la sua città natale perché, dopo la scoperta del Nuovo Mondo, València aveva perso il suo splendore essendo terminata la sua era dell'oro che, per ironia della sorte, aveva finanziato la spedizione di Colombo.

Così la città si trovò tagliata fuori dalle rotte commerciali che ormai avevano la loro meta nelle città sull'Atlantico.

Don Esteban era uno dei pochi commercianti con ancora considerevole ricchezza accumulata negli anni passati dal suo casato, che abitavano la València.

Negli ultimi decenni però il patrimonio della famiglia era diminuito proporzionalmente alla carenza di scambi commerciali sempre più irrisori.

Aveva allora deciso di recuperare le fortune perse fuori dai confini della patria recandosi là dove, le vacche grasse fiorivano dal nulla.

Lo sfruttamento delle nuove colonie avrebbe permesso alla famiglia una nuova era di splendore.

Don Esteban era un grande amico di Hernando Pizarro fratello, quest'ultimo, di Francisco Pizarro morto in Lima il 26 giugno 1541 a seguito di una rivolta indigena.

Hernando godeva fama di raffinato e distinto uomo di corte e di grande oratore di sublime eloquenza.

Don Esteban aveva così ottenuto favori alla corte di Carlo V d'Asburgo e l'assegnazione di vasti territori nel Nuovo Mondo.

Partì alla volta del Nuovo Mondo con un gruppo di soldati mercenari che servivano per mantenere il controllo dei territori assegnati.

Gli avevano raccontato delle astuzie e della ferocia delle popolazioni indigene e questo lo portò a valutare la costituzione di un piccolo esercito per far fronte ai problemi.

La foresta tropicale sembrava una verde esplosione impazzita, contorta, impenetrabile. Per quasi un mese combatterono contro quel nemico verde, imprevedibile, dinamico allorché la via aperta, si richiudeva tanto velocemente da non poter più pensare di ritornare sui passi fatti.

Ma, il vero nemico, aspettava ancora più silenzioso, sornione ed imprevedibile della foresta stessa.

Se ne accorse solo quando colarono l'oro fuso tanto bramato nelle sue ingorde fauci.

 
 
 

Mi accorgo...

Post n°428 pubblicato il 25 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

...che le note sul rigo suonano già senza strumenti

...che le persone ascoltano con orecchio lontano

...che la vita conserva le tracce di chiunque la viva

...che l'amore possiede le Anime dei condannati alla sofferenza

...che il poter pensar di questo uccide la noia

...che vivo nel cuore di chi ha cuore per me

...che amo la vita e le sue miserie.

 

 
 
 

Spot

Post n°427 pubblicato il 25 Marzo 2012 da flavourfly
 
Tag: humor
Foto di flavourfly

Lo trovate nei migliori negozi... quali? elencateli!

Paghi due porti via tre... poi due li butti perché scaduti! Cosumismo!

Un vero affare... e pure molto grosso e ti sta minacciando da  dietro!

Con il 50% di grassi in meno... rispetto a cosa? e poi, l'obesità è in aumento.

Irripetibile!... per forza, dopo la prima cantonata mica tutti sono scemi almeno, lo spero!

Pagabile a rate senza interessi... e le banche di cosa campano?

Diffidate dalle imitazioni... poi lo giri e trovi scritto Made in China.

Ah! questi creativi.

 
 
 

Non c'è tutto per tutti.

Post n°426 pubblicato il 25 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

Se tutti gli abitanti della terra usassero la carta igienica tutti i giorni non resterebbero più alberi.

 
 
 

Tradimento

Post n°425 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

 Primo giorno.

 

E' un caldo mattino d’estate e noi, siamo già schierati ad attendere il nemico.

La scelta del luogo dello scontro non è dato dal caso a sinistra e a destra, la natura, ha provveduto a proteggere i nostri fianchi sotto forma di pareti di roccia e di mare.

Al nemico quindi resta la sola possibilità di un attacco frontale attraverso uno stretto passaggio.

Varie ondate di nemici hanno più volte fallito contro l'impenetrabile muro umano di scudi e picche e gli assalitori, più volte, sono arretrati con gravi perdite.

I miei uomini sono solo un pugno di valorosi a confronto delle preponderanti forze nemiche.

Il morale è alto e ciò mi dà conforto e capacità di raziocinio ed in tal proposito, un soldato di nome Dienece, ha espresso una battuta dopo aver saputo che le forze nemiche sono così tante da poter oscurare il sole con le loro frecce:

- Bene, vorrà dire che combatteremo al fresco dell'ombra!

L’odore dei morti e del sangue satura l’aria e ad ogni nuovo attacco, i nemici, sono costretti a calpestare la coltre di corpi accatastata sul terreno, quei corpi, che un tempo da vivi combatterono al loro fianco.

Penso che anche questo sia un pesante fardello psicologico per i nemici stessi.

Tutto sembra a nostro favore dall’idea stessa, che gli dei, stanno combattendo al nostro fianco e che ciò ci rende invincibili quasi, immortali.

I persiani, come formiche, s'infilano in quell'imbuto costituito da pareti di solida roccia tra mare e montagna formando una colonna brulicante di vita lunga quasi un chilometro in numero di diecimila per volta.

Vale a dire, più di settecento tonnellate di carne umana che si getta contro un muro di punte di lancia.

Più volte ho pensato che prima o poi avrebbero deciso di ritirarsi e che avremmo ben presto assaporato l’odore della vittoria il cui tripudio, di banchetti e donne, avrebbe compensato le fatiche del nostro eroismo.

 

Secondo giorno.

 

Alla fine del secondo giorno di battaglia la sorte beffarda ci ha tradito.

Abbiamo combattuto eroicamente mentre il nemico ci attaccava di fronte e di spalle.

Il tradimento di un uomo, aveva portato il nemico attraverso le montagne vanificando la nostra difesa, il nostro valore ed il nostro coraggio.

Ora, il mio corpo straziato, decapitato e crocefisso è diventato un macabro trofeo in mano del nemico persiano e di quei trecento valorosi non rimangono che corpi confusi tra altri corpi che giacciono là dove la battaglia ebbe luogo ed il cui nome è Termopili.

La storia, ci ricorderà per sempre.

 

Penisola ellenica nell'estate del 480 a.C.

 
 
 

Sainte-Mère-Église

Post n°424 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

 

Aveva piovuto incessantemente per più giorni e le condizioni meteo erano quelle di mezzo inverno nonostante fossimo in giugno.

Tuttavia non si poteva aspettare oltre perché, le correnti e le maree ottimali, non si sarebbero avute prima della fine di luglio.

La decisione era stata presa con un minimo di margine per le incertezze.

Ora, eravamo in volo verso la Francia.

Noi della 82^ divisione aviotrasportata, soprannominata “All American”, avevamo il compito di paracadutarci dietro le linee nemiche, spezzare le vie di comunicazione principali e proteggere il fianco destro durante l’invasione.

Per tutto il giorno avevo avuto la sensazione che sarebbe stato per oggi il grande balzo e così è.

Il nostro aereo, un bimotore Douglas C-53 Dakota/Skytrooper, volava ormai sopra il mare del Canale della Manica e tra poco, saremmo stati investiti dalla contraerea nemica.

Non c’è peggior sensazione di essere in volo mentre il nemico ti scaglia contro proiettili che esplodono in apparenti soffici nuvolette di fumo.

Le schegge provocate dalla frammentazione sono micidiali, squarciano, devastano e lacerano i corpi di chi si trova nella loro traiettoria.

A te non resta che pregare di non essere una loro vittima un bersaglio, sul loro imprevedibile cammino.

Sei alla loro mercé e nulla puoi fare se non aspettare che il martirio cessi.

Osservavo i volti dei miei compagni, volti giovani, tesi, con gli occhi in allarme soprattutto si vedevano i non battezzati dal fuoco.

Noi veterani mantenevamo una calma apparente ma, la paura, la paura che possa essere l’ultimo lancio è sempre vivida e ti tormenta.

Intanto tra questi pensieri era incominciato il temuto fuoco della contraerea.

L’aereo sobbalzava ad ogni esplosione ed attendevi la prossima sperando di poterne attenderne un’altra.

Intanto ci avvicinavamo sempre più al nostro obiettivo e tra poco, il colonnello, ci avrebbe dato l’ordine di prepararci per il lancio.

Il colonnello era un uomo tutto d’un pezzo aveva già combattuto diverse campagne sia in Africa che in Europa.

Pretendeva il massimo dai suoi uomini e quasi arrivava a sfiancarli con le esercitazioni l’ultima, sulle campagne inglesi, era stata condotta a bassa quota e di notte.

Delle improvvise folate di vento ci avevano sparpagliato nel raggio di due chilometri e lo stesso colonnello era finito in un convento di suore.

La luce verde per il lancio si accese.

Ci alzammo e prendemmo posto in un’ordinata fila e secondo il nostro turno.

Il colonnello ci diede gli ultimi ordini e si aprì il portellone.

Come meduse che si muovono nel caldo e limpido mare tropicale, i nostri paracadute scendevano sostenendoci in una danza armoniosa.

Io ero tra gli ultimi.

Mi lanciai.

Un tuffo che ti lascia sempre senza fiato che ti lascia come il vuoto nello stomaco prima dello strattone provocato dall’apertura del paracadute.

Vedevo i primi sotto di me.

Vedevo i loro ombrelli bianchi ondeggiare.

Vedevo le fotoelettriche che li stavano illuminando, inseguendoli come in una caccia ed il crepitio delle mitragliatrici pesanti.

Ho visto i corpi di quei ragazzi smembrarsi in volo colpiti dalle raffiche, ho visto i corpi dilaniati accasciarsi sul terreno, ho visto i corpi restare appesi come marionette senza vita agli alberi, ho visto ciò che non potrò mai dimenticare nella mia vita, l’orrore della guerra. Ma dopo tutto, siamo soldati americani e siamo venuti per liberare la Francia dall’oppressione nazista e stiamo compiendo il nostro dovere per la libertà e la felicità delle future generazioni.

 

Era la notte del 6 giugno del 1944 il luogo, era un paese della Normandia di nome Sainte-Mère-Église. Molti di quei giovani sono morti senza mai toccare terra. Per uno sfortunato caso sono stati lanciati nel mezzo del paese occupato dalle forze naziste che ne hanno fatto un tiro al piccione. Dell’invasione, dell’Operazione Overlord per la conquista nella Normandia, ricordiamo solo gli eventi accaduti sulle spiagge di Omaha, Utah, Sword, Juno e Gold ma, nessuno sa o ricorda di coloro che hanno permesso che lo sbarco alleato avvenisse con successo forse, i veri eroi di quella sanguinosa battaglia per la conquista della libertà. Ci sono campi di croci bianche erette su distese di prati verdi là dove ebbe luogo il massacro. Ad ogni croce dedico queste righe, alla loro memoria.

 
 
 

L'ultimo treno

Post n°423 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

 

Affollata di persone in partenza o di ritorno dalle vacanze o per lavoro la stazione, sembra più un centro turistico che una vera stazione.

I bambini fanno gara a chi fa più rumore e le loro grida gioiose, in festa, mi danno un senso di piacevole compagnia.

Osservo quelle facce alcune bianche, evidentemente coloro che sono in partenza per le vacanze altre, abbronzate sicuramente di ritorno.

I treni si susseguono, si alternano ma sempre, con i loro carichi di esseri umani con le loro speranze, le loro noie, le loro vite.

Certo, che le differenze tra chi parte e chi arriva, per chi ha spirito di osservazione, balzano subito all’occhio.

Chi parte ha un volto più ansioso perché ancora deve affrontare il viaggio e non vede l’ora di essere là dove vuole recarsi.

Chi arriva, è più rilassato e spesso porta ancora l’abbigliamento che portava nel luogo di villeggiatura.

Vedo scendere persone con le ciabatte che ancora hanno i segni della sabbia e del mare altre, portano addosso quelle catenine o quei souvénirs che si acquistano in spiaggia c’è poi, chi ancora indossa i bermuda e porta il telo da spiaggia accoccolato sulla spalla.

Tutto questo brulicare di vita, di persone, che pur non conoscendosi hanno molto in comune, mi affascina.

Chissà cosa sta dicendo quella ragazza all’orecchio dell’amica guardando verso quel gruppo di giovanotti!

Curiosità non appagate ma che pur sempre mi ricordano il lato umano della gente, gli innamoramenti, le aspettative, le delusioni, gli interessi.

Io sono uno spettatore della rappresentazione dell’esistenza umana qui, in prima fila. Cerco di cogliere il respiro, le sensazioni della gente che mi sta intorno e alla fine, ne faccio parte anch’io della rappresentazione.

Quella donna china verso quella piccola che avrà si e no 3 anni, una madre... la sua Creatura.

Tenerezze, nervosismi, serenità, amori tutta una miscela di sapori che gusto, che approvo e disapprovo a secondo degli atteggiamenti, degli animi.

Io aspetto il mio turno, il mio treno che mi porterà verso casa.

Per le vacanze, dovrò attendere settembre.

Intanto già ne assaporo un anticipo.

Una signora mi guarda, mi sorride ed indica con gli occhi.

Il mio cono gelato si è sciolto e adesso mi sta colando giù per la mano.

Imbarazzante?

Forse, ma sono talmente preso ed incuriosito che ho dimenticato il cono gelato.

Mi porto verso una fontanella per pulirmi.

Il sole del mattino è caldo e la giornata serena ed afosa.

Ogni tanto una brezza, che sembra provenire dal mare, fa comparsa.

Mi siedo su di una panchina ad attendere in questo disordine di vitalità il mio treno.

Guardo l’orologio della stazione.

Sono le 10.25 ed è l’ultima immagine della mia vita.

 

Era il 2 agosto del 1980 quando, nella stazione di Bologna, esplose un ordigno nella sala d’aspetto della 2^ classe.

Furono stroncate ottantacinque vite e furono ferite oltre duecento persone.

Tra quelle vite, improvvisamente spezzate, c’era una bambina di soli tre anni “Angela Fresu”.

Voglio ricordarla a simbolo della malvagità che pervade alcuni “esseri” che si definiscono “umani”.

Sicuramente, queste inquietanti presenze, si scusano con la loro coscienza dicendo che tutte le guerre e gli ideali hanno avuto i loro martiri.

Ma ditemi quale martire può essere una Creatura di soli tre anni?

Che ne sa lei di ideali e di martiri?

Angela è solo una vittima della maledetta lucidità di arrivare ad uccidere per il piacere della vittoria contro il sistema.

Esistono altri modi di condurre le battaglie ed io, sto conducendo la mia in questo racconto senza uccidere nessuno.

A tutti Coloro che sono deceduti nell’attentato ed alle loro Famiglie, ai loro Cari. Il mio cuore, è vicino al Vostro

Con  queste poche righe, ho deposto la mia targa in Vostro ricordo.

 
 
 

La Bibbia, perché è affidabile?

Post n°422 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

Uno dei più stupidi e diffusi luoghi comuni è la messa in dubbio dell'affidabilità della Bibbia.

In queste poche righe cercherò di sfatare questo dilemma che da anni circonda il testo Sacro del Cristianesimo.

A priori voglio ricordare che, comunque, dal punto di vista umano, è una domanda lecita se portata con scetticismo e cioè, prima i fatti, gli accadimenti poi, l'intellettualizzazione ed infine le conclusioni.

La domanda più comune è: ma come facciamo a fidarci di un Testo scritto più di millecinquecento anni fa?

Un altra domanda è: perché dovremmo riconoscere la Bibbia come il Testo della verità assoluta?

La maggior parte delle persone che pongono queste domanda sono, solitamente, guidate dai pregiudizi non solo sul Cristianesimo ma, anche verso le altre religioni trovando così la scusa per non avvicinarsi ai Testi Sacri per comprenderli, capirli, discuterne.

Non è accettabile proporsi come alternativa al consueto come; non è possibile sentirsi distaccati dal sistema, di essere fuori dal gregge o di essere la voce fuori dal coro senza conoscere, sapere.

Cerchiamo ora di toglierci i dubbi sull'affidabilità o meno di un Testo Sacro come la Bibbia.

La Bibbia risale a più di millecinquecento anni fa e, gli autori che l'hanno redatta, di mano in mano che trascorreva la storia dell'umanità, sono stati più di quaranta.

Per citarne qualcuno, forse tra i più famosi, Mosè, Pietro, Salomone, Isaia, Luca, Matteo, Giovanni, Paolo.

E' bene ricordare, che gli autori, sono di estrazioni sociali diverse contemplando contadini, medici, pescatori piuttosto che re.

La linea temporale, attraverso la quale la Bibbia viene narrata, è incredibilmente coerente, continua e realistica e non esistono buchi temporali che potrebbero mettere in dubbio o in difficoltà il lettore che potrebbe essere indotto ad avere dubbi sull'affidabilità del Testo Sacro.

Il testo, pur essendo stato scritto da autori diversi ed in epoche diverse tra loro, presenta una coerenza tra i vari capitoli che nessun altro testo storico ha mai avuto.

Chi ha letto la Bibbia, infatti, non ha mai trovato, se non molto raramente, incongruenze o passi che si contraddicano tra loro.

Gli stessi storici, spesso, nelle loro ricerche, si trovano in difficoltà perché ritrovano reperti che descrivono gli stessi personaggi in passaggi temporali diversi o con nomi diversi oppure, ambientati diversamente.

Questo, non accade nella Bibbia.

Qualcuno potrebbe ora porsi una domanda: ma gli altri Libri Sacri delle altre Religioni?

Esistono ma, sono stati scritti in periodi di tempo più recenti, rispetto alla Bibbia e completati in un lasso di tempo molto più breve di quello servito per scrivere la Bibbia.

Ad esempio, il Corano, Il Testo Sacro per i Musulmani, è indubbiamente un Testo interessante e pieno di buoni insegnamenti ma, è stato scritto posteriormente alla Bibbia, e cioè, a partire dal VII secolo dopo Cristo ed in parte, ispirandosi alla Bibbia stessa.

Questo non toglie la bontà e l'etica umana, contenuta in un Testo Sacro come il Corano.

Il Confucianesimo è basato sulle opere, sulle gesta, di un uomo vissuto tra il VI ed il V secolo avanti Cristo.

Anche Buddismo trova le sue radici negli insegnamenti di un uomo vissuto tra il VI e V secolo avanti Cristo.

Come da osservazione si può notare, che i Testi Sacri delle altre Religioni, trovano la loro stesura in periodi storici abbastanza brevi se confrontati con la Bibbia.

La Bibbia odierna, come per altri Testi Sacri, è stata tradotta, nel tempo, da testi originali ormai irreperibili ma questo, non significa che Essa non sia affidabile.

Assumiamo il Nuovo Testamento come testo di analisi.

Il manoscritto più antico, inserito nel Nuovo Testamento, è stato tradotto a soli venticinque anni di distanza dal completamento del manoscritto originale e quindi, in un tempo brevissimo se posto a confronto con altri testi storici come l'Iliade che fu tradotta, per la prima volta, dal manoscritto originale dopo circa settecento anni.

Non diversamente, le Opere di Aristotele, furono tradotte dall'originale dopo circa millequattrocento anni.

Eppure, nessuno mette in dubbio l'attendibilità di queste due ultime opere.

Perché la Bibbia, invece, viene messa in dubbio?

Per quanto concerne l'Antico Testamento, la stesura dei manoscritti, fu terminata attorno al 400 a.C..

Prima del ritrovamento dei Rotoli del Mar Morto (scoperti tra il 1947 ed il 1956 in undici grotte dentro ed intorno al Uadi di Qumran, Cisgiordania) la copia più antica dell'Antico Testamento risaliva al 900 d.C.

Questo ha posto un lasso di tempo di circa milletrecento anni tra i documenti originali e le prime copie disponibili.

I Rotoli del Mar Morto sono un compendio di manoscritti, o frammenti di manoscritti, dei quali più di cinquecento provengono da libri dell'Antico Testamento.

Tra questi rotoli si trova anche un manoscritto, redatto dal profeta Isaia, risalente a circa il 125 a.C. e cioè vecchio di circa mille anni prima del primo manoscritto noto.

Il libro del profeta Isaia, trovato nei pressi del Mar Morto, è la chiara dimostrazione della cura con cui venivano trascritti i Testi Sacri ed è, in pratica, pressoché identico all'odierna versione in Ebraico antico in misura di oltre il 95%.

Il restante 5% di differenze sono imputabili a variazioni di trascrizione ortografica o di sviste durante la redazione della copia.

Questo fa si che, l'Antico Testamento, sia un testo altamente affidabile.

Uno sguardo al punto di vista archeologico ci racconta che, il noto archeologo Nelson Glueck, ha dichiarato "Si può affermare categoricamente che nessuna scoperta archeologica abbia mai contraddetto i riferimenti biblici".

Huston Smith, uno studioso, ha affermato, e per giusta causa, che se i rigorosi studi impiegati per verificare l'attendibilità storica o meno della Bibbia fossero impiegati anche agli studi classici, l'attuale nostra visione del mondo Greco-Romano, oggi sarebbe in frantumi.

Parlando poi dell'etica Cristana, essa è stata la prima in assoluto a gettare le fondamenta per la realizzazione di una società più sana, più giusta e più sensibile migliorando, di conseguenza, le condizioni di vita della Donna e degli Esseri Umani.

L'etica Cristiana custodita nelle parole della Bibbia, sono il necessaire per il look più adatto alla comunità umana che vive in un consorzio ovvero, con - sortis; assieme nella sorte.

Dio ci insegna "ama il prossimo tuo come te stesso" e questo, significa che per primo dobbiamo amare noi stessi, e non per atto di egoismo ma, se non amiamo noi stessi non possiamo elargire amore.

 

Si nasce per caso ma si è certi di dover morire.

 
 
 

Il complotto

Post n°421 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

 

Le fiamme del caminetto disegnavano sulle pareti grottesche nostre ombre mentre sedevamo attorno ad un grande tavolo per le cena.

Ludwig si alzò e si diresse verso una delle finestre dalla sala, spalancò di più le vetrate ed osservò il panorama alla luce del tramonto.

Ludwig era Capo di Stato Maggiore dell’esercito già dal 1935 ed era un uomo di grande talento tattico educato secondo le più rigorose tradizioni militari prussiane.

Entrato a far parte del 15° reggimento d’artiglieria da campagna prussiano dal 1898, la sua era stata una carriera in continua crescita.

Alla mia destra sedeva Wilhelm nato da una famiglia di lontane origini greche ma, più probabilmente da una famiglia originaria del Nord Italia.

Wilhelm aveva iniziato la sua carriera come cadetto nella marina imperiale tedesca dal 1905 ed ora era il Capo dei Servizi Segreti Militari.

Lo scoppio di un ciocco nel caminetto ci fece trasalire e, ne avevamo motivo.

Intanto il cameriere introdusse il carrello con le pietanze.

Claus fece un cenno ad indicare che non preferiva nulla mentre io presi la bottiglia del vino e me servii un mezzo bicchiere.

Il colonnello Claus era Capo di Stato Maggiore dell’esercito territoriale e proveniva da una famiglia aristocratica cattolica bavarese.

Claus era un uomo affascinante che, prima della mutilazione subita in Tunisia a causa di una mina, riscuoteva molto interesse da parte delle donne.

Ludwig tornato al suo posto accanto ad Hans si servì un buon piatto di pietanze.

Hans era Maggior Generale della Wehrmatcht ed era il sostituto di Wilhelm.

Henning, che sedeva a capo tavola opposto a Claus, aveva combattuto nella prima guerra mondiale e distintosi più volte sui campi di battaglia, ne uscì come giovane ufficiale.

Poi lasciò per un periodo la carriera militare per intraprendere dal 1920, gli studi di diritto ed economia.

Per anni esercitò la professione di agente di cambio e questo lo portò a girare parecchio il mondo.

Riprese in seguito gli studi militari ed ora era Maggior Generale e Capo di Stato Maggiore del gruppo d’armata di centro sul fronte orientale.

Alla mia sinistra sedeva Friedricht intendente generale dell’esercito territoriale.

- Bene signori! disse Ludwig - il momento è arrivato e anche se il tentativo fosse destinato al fallimento, lo si deve compiere. La cosa importante è dimostrare al mondo, e alla storia, che il movimento di resistenza tedesco è esistito e che ha osato passare all’azione, a costo della vita.

Alzammo i bicchieri per un brindisi.

Wilhelm non bevve si alzò in pedi e cominciando a camminare per la sala disse:

- Signori! Voglio ricordare che se il tentativo fallisse, non credo che avremo modo di tentare una seconda volta perché sicuramente si scoprirà la nostra identità e saremo come minimo fucilati. Credo, e ne sono convinto, che dobbiamo comunque tentare lo stesso e nel caso di fallimento, speriamo che qualcun altro segua il nostro esempio ed abbia il coraggio di tentare una seconda volta.

Henning si volse verso Ludwig e disse: - Sono d’accordo su ciò che avete detto Ludwig e su ciò che ha detto Wilhelm ma resta un dettaglio non da poco, chi sarà l’esecutore materiale?

Claus scrutò i volti di noi tutti ed i suoi occhi si fecero piccoli mentre alcune rughe di espressione comparvero sulla fronte.

- Signori, intervenne Claus, - sapete bene tutti quanti che l’unico che può avvicinarsi al bersaglio sono io. Sono io l’unico che domani potrà entrare nello Wolfsschanze e sono io l’unico che potrà portare l’ordigno senza essere sospettato e pertanto, sarò io l’esecutore materiale del complotto. E poi, dopo l’incidente sulla mina in Tunisia in cui ho perso l’occhio sinistro, la mano destra e alcune dita della sinistra, ho avuto modo di riflettere sulla situazione della Germania Nazista.

Alzammo i bicchieri per un ultimo brindisi in onore di Claus.

Dopo quella sera non ci saremmo più rivisti.

 

Il 20 luglio del 1944 alle 12.42 una poderosa esplosione scosse le pareti dello Wolfsschanze (Tana del lupo) il Quartier Generale di Hitler in una località di nome Rastenburg della foresta della Prussia Orientale. Nell’attentato morirono diversi personaggi dello Stato Maggiore Tedesco ed altri ne restano feriti. Hitler, per una serie di circostanze non ancora ben chiarite (pare che il massiccio tavolo abbia fatto da scudo), scampò all’attentato riportando solo alcune escoriazioni e un leggero schock. Le prime parole del Dittatore furono “I miei calzoni nuovi!”. L’attentato fu un fallimento e gli uomini che parteciparono al complotto furono tutti arrestati, torturati ed uccisi. Hitler, quello stesso giorno, riuscì anche ad incontrarsi con Mussolini ritardando di solo due ore sull’orario previsto. Il coraggio di questi uomini avrebbe permesso la fine del Nazismo ed avrebbe salvato milioni di vite umane dato, che erano già cominciate le persecuzioni ed i massacri nei campi di sterminio Nazisti

 
 
 

Phobos

Post n°420 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

Su Phobos, un sasso che orbita a meno di 6000 Km dalla superficie di Marte e che si trova già all’interno del limite di Roche, tutto è irreale.

Ma c’è un luogo su Phobos, un luogo, che devo assolutamente visitare e che ne fa del nome Phobos (terrore) una realtà.

Tutto è cominciato nel XX° secolo quando una sonda terrestre di nome Phobos2 scattò alcune foto di una delle lune di Marte poi, la sonda, smise di funzionare.

Era il 27 marzo del 1989.

Le foto, passate poi al vaglio degli esperti rivelarono qualche cosa di strano sulla superficie del planetoide, qualche cosa, che l’immaginario umano non penserebbe mai di vedere... un monolite.

Ma non una di quelle strutture che non lasciano dubbi sulla sua natura ma, una di quelle strutture che invece fabbricano perplessità, fantasticherie nella fragile mente umana.

La stranezza poi (una concomitanza?) della perdita del contatto con la sonda amplificò ulteriormente la fantasia del genere umano che, per i tempi di allora, poteva ancor più essere giustificata.

Sono passati 400 anni dalla prima esplorazione di Phobos ma ancora oggi la zona del Monolite sembra essere Off-limits.

Numerose sonde sono state inviate nella zona del monolite e tutte senza risposta e senza ritorno.

Perché?

Tutto su Phobos amplifica il terrore, la paura nell’essere umano.

La natura stessa del planetoide di forma altamente irregolare con la sua orbita al di sotto dell'orbita aerosincrona (più rapidamente di quanto Marte ruoti su se stesso) che permette la sua alba e il suo tramonto, visto da Marte, due volte al giorno.

La vicinanza con il pianeta madre che dà la sensazione costante di essere sempre ad un passo dall’impattare e il fatto che, Phobos, ormai ha i giorni contati a causa della vicinanza con Marte.

Phobos si trova all’interno del limite di Roche e, le forze di marea di Marte, stanno esercitando una forza attrattiva da cui Phobos non può sfuggire e il suo decadimento orbitale, valutato in 1,8 m al secolo, lo porteranno alla sua frantumazione, distruzione entro 50 milioni di anni.

Una trafittura di millesimi di secondo se rapportati con la scala del tempo cosmico.

La mia vita o la mia aspettativa di vita non è neppure da prendere in considerazione. Quando mi chiesero perché volessi andare nella zona del monolite risposi: - perché esiste! ma in realtà è la mia incapacità al resistere alla necessità di sapere.

Noi esistiamo in ragione del fatto che esistiamo, che siamo reali, che riconosciamo di esistere ma, del perché ci sia data la possibilità di esistere non abbiamo risposte.

Devo, devo sapere in virtù dalla forza della ragione, della consapevolezza che forse, la breve esistenza, non potrà fornirmi risposte se non dopo la morte.

Quindi, per il tempo che mi è stato concesso di esistere da chissà quale forza, da chissà quale concatenamento di eventi devo sfruttare l’occasione perché, se dopo la morte, non dovesse esistere più nulla non avrei mai una risposta.

Pazzia, fobia, chi lo sa!

So solo che non posso spendere la mia esistenza esitando ed attendendo che per qualche miracolo o fortuito caso, mi sia data risposta.

Mi sto avvicinando al monolite con il mio veicolo.

Lo vedo in distanza.

Sento qualche cosa crescere in me, paura? Terrore?

Non so rispondermi ricordo solo le parole di un mio precursore dei viaggi interplanetari nel sistema solare: - Lo strano monolite è così insolito che per forza ci dobbiamo chiedere chi l'ha messo lì, l'universo oppure, Dio?

 

Frammento del diario del Cap. Gus Stevenson scomparso il 20 luglio 2340 nella zona del monolite di Phobos.

 

Ci sono uomini che hanno portato risposte al genere umano a costo della loro vita.

Cos’è che li ha spinti ad affrontare l’evento della morte pur di avere, pur di dare risposte all’ignoto?

La fama o il desiderio invincibile di conoscere?

Credo che per dare risposta alle loro azioni bisogna comprendere la loro natura e per fare ciò dobbiamo affrontare tutti i monoliti che costantemente affiorano nelle nostre menti.

La ragione può essere più forte della paura della morte.

 
 
 

Ho fermato il tempo

Post n°419 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

Io ho fermato il tempo per te.

L'ho intrappolato nei miei pensieri.

Ogni istante della nostra vita sono fotogrammi che non sbiadiscono neppure nei più lontani ricordi amarti, è vivere l'eternità.

 
 
 

Il contatto

Post n°418 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

Di tutto ciò che accade possiamo tentare di dare una spiegazione logica, empirica, razionale.

Ma, ci sono fatti che non possono essere spiegati né con la scienza né, tanto meno, con la capacità della ragione subordinata alle insufficienti nozioni della scienza.

La conoscenza del cosmo ha dei limiti oltre ai quali, sono ambiti che sono solo giurisdizione di Dio.

Giacché non potremo mai comprendere Dio, possiamo solo apprendere i nostri limiti per evitare di mortificare l'Anima con la nostra stupida arroganza antropocentrista perdendo così l'opportunità del contatto con Dio.

 
 
 

Il caffè

Post n°417 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

La preparazione del caffè ha un sua cerimonia soprattutto, quando lo si prepara per un ospite.

La scelta della miscela ha un ruolo fondamentale per la riuscita di un ottimo caffè ed è decisiva nel momento del gradimento da parte dell'ospite.

Un cattivo caffè fa compiere all'ospite, garbato, un comportamento a lui non gradito e cioè, deve mentire, gratificarti comunque per riguardo ed educazione.

Per cui, il caffè, soprattutto quando è offerto, è lo specchio dello stato di apprezzamento e di riguardo che si ha verso l'ospite.

Preparate un ottimo caffè e, se non siete bravi, imparate guadagnerete stima e rispetto. Dalle piccole cose nasce la stima ed il rispetto anche nell'offerta del caffè basta osservare il rito del Tè celebrato dalle Gheishe cultura lontana ma, così vicina al cuore.

 
 
 

Con gli occhi di un cane

Post n°416 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

Devo muovermi senza farmi notare ma, ho fame.

Sono giorni che non mangio... ecco quel cassonetto della spazzatura fa al caso mio è colmo ed il coperchio è semi aperto.

Certo, che questi umani gettano un mucchio di cose... se solo non mi avessero gettato sull'autostrada... ma dopo tutto è tempo di ferie, di vacanze e loro devono divertirsi.

 
 
 

La nebbia

Post n°415 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

Mi aggiro in questo bianco lattiginoso.

Dopo un pò che ci giri dentro cominci a sentire l'umidità che filtra attraverso le trame del tessuto degli abiti, attraverso l'epidermide fin dentro le ossa.

Eppure, anche in mezzo alla nebbia posso trovare qualche cosa di positivo.

Il tempo pare che sia fermo, le distanze spiaccicate in una dimensione ristretta fin dove l'occhio può arrivare a cogliere il dettaglio il resto, è ovattato.

Come i rumori, le luci, sono aloni di cui non puoi determinare con certezza l'origine.

Allora si apre un mondo nuovo che posso costruire e distruggere secondo la mia fantasia.

Come su un grande schermo del cinema così, sullo schermo della nebbia, proietto la mia città, il mio mondo e ciò che vorrei vedere.

La nebbia nasconde gli orrori, la sporcizia i volti delle persone e quindi posso immaginare volti sorridenti, strade ricoperte di manti erbosi come valli tra meravigliose montagne le cui pareti, sono i palazzi.

Ma la nebbia non nasconderà mai la mia vera immagine che resta sempre quella di un infantile sconosciuto sognatore incantato, dalla propria fantasia.

 
 
 

Singolarità

Post n°414 pubblicato il 24 Marzo 2012 da flavourfly
 
Foto di flavourfly

Siamo singolarità che si muovono in mezzo ad altre singolarità.

Ci urtiamo, ci riconosciamo, ci osserviamo a vicenda e quando pensi di aver fuso la tua singolarità con quella di un altro, ti accorgi che rimani una singolarità soprattutto nel dolore e nella malattia poiché, questi ultimi, sono singolarità per ognuno di noi le uniche cose che ci appartengono e che nessuno accetta di condividere.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: flavourfly
Data di creazione: 08/06/2010
 
 

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