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INVESTIMENTI AL SUD

Post n°792 pubblicato il 05 Luglio 2014 da giusedoria0

C’è da porsi un interrogativo: per dare lavoro al Sud è necessario l’atterraggio di iniziative nel suo contesto territoriale, oppure, considerata la persistente “fame” di lavoratori,  si impone una rinnovata migrazione di braccia e di cervelli altrove? Senza dubbio, è augurabile che si portino le industrie e gli stabilimenti ove il lavoro manca, anche se il trasferimento verso bacini di intenso lavoro sta divenendo un dato obbligato e permanente. Il vero nodo che raffrena l’opzione Mezzogiorno da parte dell’imprenditorialità produttiva deriva, in larga misura, dal versante della precarietà delle nostre infrastrutture, fondamentali ed essenziali per ravvivare una condizione di potenzialità economica, competitiva ed armonica. E’ questa deficienza che, maggiormente, pesa e scoraggia. L’Italia è lunga e il Meridione è decentrato, con costi conseguenziali altissimi essendo frontiera passiva di un mare muto, a fronte di un Nord che, in poche ore, si trasferisce, anche con i suoi trafori viari e ferroviari, nel cuore dell’Europa. Tale scomoda collocazione territoriale, scarsamente affrancata da una valida rete infrastrutturale, si è resa ancora più acuta da quando si è voluto distruggere l’intervento della Cassa del Mezzogiorno, si è spento, quasi del tutto, il pensatoio del meridionalismo verace e da quando- aspetto più deleterio – è subentrata l’illuministica pretesa di alcuni profeti da strapazzo, credenti, altezzosamente, in una mistificatoria politica del “fai da te”. Nel Sud, invece, lo Stato deve fare investimenti per rimuovere gli squilibri di competitività. D’altronde, a guardare le nostre contrade, si constata che i grandi servizi di una effettiva qualità della vita sono, ancora, senza fiato, pietrificati a qualche decennio fa, con l’eccezione di sparuti miglioramenti. Allora, è davvero tempo che, da parte delle rappresentanze meridionali, si ponga in campo, al primo punto, l’imperiosa esigenza di rilanciare, oltre ad alcuni incentivi, per vero, oramai sfarinati e alle sterili politichette autarchiche casarecce, il problema centrale del Mezzogiorno, che è quello del superamento della sua paurosa povertà infrastrutturale, fattore frenante, anzi di blocco. In sintesi, sono ancora le nostre ataviche deficienze a pesare, oggi più di prima, nel mentre, per giunta, avanza un federalismo che, sin dalle prime battute, marcia ulteriormente a perdere nei riguardi del Sud e ad irrobustire i “paperoni” di sempre, già imbottiti di un assistenzialismo sostanzioso.

 
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