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PROSPETTIVE PER L'IRAQ E LA NUOVA LEGGE SUL PETROLIO

Post n°8 pubblicato il 05 Aprile 2007 da geopoliticando

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 immagine IRAQ 3

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Capita spesso di leggere varie motivazioni sulle cause della mattanza (seppur ultimamente attenuata) iraquena, cercheremo, con questa analisi, di chiarire la situazione reale e capire quali evoluzioni possa seguire.

Chiariamo quali sono le parti principali, iraquene, che giocano nello scacchiere: Sciiti, Sunniti e Curdi.

I massacri sono iniziati per mano dei sunniti che, sotto Saddam Hussein, anch’egli sunnita, avevano preso il controllo del Paese, a discapito della maggioranza sciita.

La reazione degli sciiti non si è fatta attendere, soprattutto per mezzo delle milizie di Moqtada Al Sadr, leader radicale sciita, ultimamente un po’ uscito di scena e la reazione sciita ha portato a una serie di omicidi e massacri reciproci.

I curdi, al contrario, sono rimasti meno esposti ai massacri, essendo dislocati in modo chiaro sul territorio (A Nord dell’Iraq) e avendo acquisito, di fatto, una certa autonomia. 

Il Premier iraqueno sciita Al Maliqui ha il difficilissimo compito di non sembrare un nemico agli occhi dei sunniti e delle altre minoranze.

Che cosa potrebbe portare ad un reale cambiamento della situazione e ad una pace reale tra le parti? Geopoliticando ritiene che vi sia un’unica soluzione, un’equa distribuzione delle risorse, segno inequivocabile che nessuna delle parti abbia desideri egemonici.

  • Trattare, eccetto che con Al Quaeda, è possibile.

    Ruolo decisivo dovrà essere esercitato dalle truppe occidentali presenti sul territorio. Molto dipenderà dagli USA, dalla strada che decideranno di seguire.

    La presenza di truppe americane è oggi fondamentale per tentare un accordo. In assenza degli americani e degli alleati gli scontri riprenderebbero in tutta la loro virulenza. La presenza americana ha fino ad oggi evitato scontri plateali tra le parti, che non hanno pertanto avuto la possibilità di capire la reale forza dell'avversario, se esista una possibilità di vincere militarmente.

    La presenza americana impedisce “lo scontro finale”, ma questo tempo va utilizzato perseguendo un reale obiettivo di pacificazione, rimanere senza un serio progetto, in attesa di un’uscita che prima o poi dovrà esserci, comporta solo la morte inutile di tanti giovani americani.

    Gli spunti decisivi da seguire sono due:

    - far comprendere che nessuna delle due parti ha la possibilità militare di distruggere l’altra;

    - il fatto che gli scontri impediscono di sfruttare la pià importante ricchezza dell’area, il petrolio.

    In questo senso una svolta può arrivare dalla nuova legge del petrolio, approvata dal Governo lo scorso 26 febbraio, e in attesa della ratifica parlamentare. Obiettivo della legge è distribuire i proventi delle esportazioni di greggio in modo equo fra tutte le 18 province del Paese, comprese quelle sunnite, concentrate nelle regioni centrali, mentre la maggior parte del petrolio iracheno si trova invece nel sud e nel nord del Paese, e aprire il settore agli investimenti stranieri.

    Molte critiche si sono già levate. Tra queste, quella di Salam el-Maliki, sciita vicino a Moqtada al-Sadr, e membro del parlamento iracheno, il quale ha dichiarato che il disegno di legge e' troppo generoso con le compagnie straniere.
    Per questa ragione l'appello agli altri politici iracheni e al parlamento e' a "stare attenti prima di approvarla in maniera definitiva".

  • Il Segretario di Stato americano, Condoleezza Rice ha ribadito la necessità del varo della legge sul petrolio, "in modo da garantire un’equa distribuzione dei proventi fra i vari settori della popolazione".

    Anche il New York Times sul punto ha scritto che: "È possibile che i gruppi di potere possano avanzare obiezioni. Ma se approvata senza modifiche" — aggiunge il New York Times — "la legge è destinata a mettere fine a un lungo dibattito sulla titolarità della gestione delle risorse petrolifere e dei loro proventi, contesa tra il governo centrale e le regioni periferiche". Gli stessi curdi infatti, che avevano firmato autonomamente contratti con compagnie petrolifere straniere, sono stati accontentati potendo rivedere i contratti già firmati con le società straniere, in modo da non renderli in contrasto con i termini della nuova legge.

    Se la presenza miltiare straniere in Iraq ha un senso, questo è puntare al massimo della distribuzione dei poteri e delle risorse.

    PER CHI VUOLE SAPERNE DI PIU':

    Curdi iraqueni:

    I curdi iraqueni sono 3 milioni su una popolazione di 27. Dopo la caduta di Saddam Hussein hanno caldeggiato il federalismo senza giungere alla secessione. La nuova Costituzione, dell’ottobre 2005, ha affermato il carattere federale dell’Iraq. Prevede che 3 dei 18 governatorati possano bloccare l’adozione di una costituzione permanente se due terzi del loro elettorato vota contro: garanzia che la maggioranza sciita non possa legiferare senza il consenso delle altre forze. La capitale del kurdistan iraqueno è la città di Erbil. I Curdi intendono anche recuperare il controllo della città di Kirkuk, che il regime baathista aveva loro sottratto. Rivendicare Kirkuk ha un risvolto soprattutto economico. Qui viene estratto il 40% del petrolio iracheno e il 6% delle riserve conosciute di greggio.

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