Creato da giulio.stilla il 21/04/2014
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"Una Paideia per il nuovo Millennio"

Post n°27 pubblicato il 24 Settembre 2014 da giulio.stilla

Ancora oggi, non si sa, con le riforme in atto, se la Scuola debba essere asservita ad una visione unilaterale della Economia e della Società anziché ad un'altra opposta.
Ancora oggi, non si sa se la Scuola debba servire agli interessi esclusivi della Confindustria o essere dominata ed appiattita dalla tessera del Sindacato. Oltre mezzo secolo fa, nel 1952, sul numero 6 Maggio della rivista "La Via", commemorando la pedagogista Maria Montessori, così scriveva Don LUIGI STURZO:
"........ si tratta di vizio organico del nostro insegnamento: manca la libertà, si vuole l'uniformità; quella imposta dai burocrati e sanzionata dai politici.
Manca anche l'interessamento pubblico ai problemi scolastici, alla loro tecnica, all'adattamento dei metodi, alle moderne esigenze.
Si parla tanto di libertà e di difesa della libertà; ma si è addirittura soffocati dallo spirito vincolistico in ogni attività associata, dove mette mano lo Stato:
dalla Economia che precipita nel dirigismo alla politica che marcia verso la partitocrazia, alla Scuola che è monopolio dello Stato e di conseguenza burocratizzata."
Sono parole di una attualità sorprendente, che l'attivismo politico scolastico, fine a se stesso, privo di una visione complessiva della Scuola, non riesce a comprendere.

Bisogna, invece, dare alla Scuola riconoscimenti reali ed economici di importante servizio sociale, da sottrarre subito al controllo dei Sindacati e della burocrazia politica, se vogliamo qualificare pedagogicamente l'Autonomia organizzativa e se vogliamo qualificare personalisticamente il nostro modello didattico, con la individualizzazione dell'insegnamento, che coinvolga la complessa personalità dell'alunno sul piano relazionale, affettivo, etico-sociale, estetico e, quindi, assiologico.
La Scuola dell'Autonomia, che avrebbe dovuto consolidare il suo statuto ontologico e definitorio della libertà, finisce per smarrire, nella pratica quotidiana, i due presupposti di questa libertà, che sono poi le finalità primarie che deve perseguire, e cioè:
(a) la qualità della didattica;
(b) la qualità della ricerca.

In verità, per quanto riguarda la qualità della ricerca, più che smarrirla, la Scuola italiana non l'ha mai perseguita, nel senso che l'insegnante della Scuola secondaria non è stato mai messo in condizioni di operare la "Ricerca", intesa come logica investigativa, logica euristica, che promuove, al di là della lezione canonica tradizionale, la interpretazione, l'applicazione, l'intuizione, l'inventiva e, quindi, la libertà.
La Scuola dell'Autonomia, che avrebbe dovuto cogliere queste finalità, è stata, secondo me, fraintesa ed è diventata, soprattutto, Autonomia organizzativo-gestionale:
il che non comporta di per sé il miglioramento della "Offerta Formativa".
La Scuola dell'Autonomia non può confondere l'efficienza organizzativa con l'efficacia didattica.
La Scuola dell'Autonomia, più che sugli aspetti organizzativi ed esteriori, deve esercitare le analisi sui risultati dell'Attività Didattica, se vuole creare una competizione virtuosa all'interno della Scuola, fra i docenti, e all'esterno con le altre Scuole.
La Scuola dell'Autonomia, in altri termini, dovrà mettere al baricentro del processo educativo l'Insegnante, restituendogli decoro, dignità professionale e prestigio sociale, perché possa rispondere ai bisogni reali dello studente e alle aspettative della famiglia e della società.

Bisogna avere il coraggio d'invertire la rotta e creare un nuovo clima sociale, che possa dirsi umanistico e scientifico ad un tempo, critico e religioso, in cui si afferma e si pratica il rispetto di sé e degli altri, in cui si affermano e si praticano i valori morali e i valori scientifici, ma sempre valori della Persona, che possono mutare, adeguarsi ai tempi, ma non scomparire.
Non si tratta di condurre analisi sociologiche sulla "Percezione dei giovani" riguardo ai sentimenti di "solidarietà" e di "tolleranza". (Come fa, in misura magistrale, il libro a cura della dott.ssa Marianna Pacucci del Centro Pedagogico Meridionale di Bari e promosso dal Distretto 108/AB dei Lions).
Non si tratta tanto di condurre indagini, sicuramente importanti, quanto piuttosto di battersi, nella prassi democratica e liberale, in termini elettorali, per un cambiamento radicale del clima socio-politico, che pure dobbiamo cambiare, tutti quanti insieme, uomini di scuola e uomini di cultura in genere. Se vogliamo debellare il relativismo etico e sociale dei giovani.
La partita è molto importante per lasciarla giocare solo ai Politici, ai Politici tout court e ai Politici della Scuola.
Non sono i giovani e la Scuola a determinare il relativismo etico e lo scetticismo sociale.
E' la Società che ha sopraffatto la Scuola e sta rovinando la Famiglia.
La Società "civile" ha la Scuola ed i giovani che si merita.

Per quanto mi riguarda, e la testimonianza di quanti mi conoscono mi riesce di grande conforto, ho fatto sempre del mio modesto insegnamento un'Attività mirata esclusivamente a realizzare il Valore Formativo del Sapere, promuovendo una "cultura" intesa come crescita globale ed integrale della Persona nell'ambito del nostro pur difficile e complesso contesto sociale.
Gli aspetti organizzativi, l'efficientismo gestionale, i progetti per obiettivi, gli interventi cosiddetti socializzanti sono senza dubbio importanti, ma non possono inficiare, privare di valore, fino a mistificare la funzione curricolare della Scuola, che è quella della formazione morale e della cultura.
I migliori Pedagogisti di tutti i tempi non hanno mai trascurato di ribadire che "Scuola" significa "Pedagogia" e "Pedagogia" significa "Riflessione sui Valori".
L'acronimo "P.O.F."(che oggi va tanto di moda), "Piano dell'Offerta Formativa", sta ad indicare "un itinerario pedagogico e didattico", che ha come fine l'Educazione ai Valori.
Io non so quanti "P.O.F." nelle Scuole italiane vengono sviluppati e realizzati alla luce di un Idea Pedagogica.
So soltanto che le migliori "Pubblicazioni" specializzate sui problemi della scuola non cessano mai di scrivere, come fa Evandro Agazzi nei suoi splendidi editoriali della rivista "Nuova Secondaria", che l'Educazione è "Educazione ai Valori" e che la vera cultura è la "Cultura della Riflessione e della Responsabilità".
La Scuola della Pedagogia, quindi, rivendica per sé una forte azione formativo-cognitiva, capace di educare i giovani e i talenti ai valori etici, bioetici, conoscitivi, religiosi, estetici, politici, ecc., e, quindi, ai valori della"solidarietà e della tolleranza per una società multiculturale", come dice il titolo del libro a cura di Vito Orlando e della Dott.ssa Marianna Pacucci.

 

Ora, questo compito appartiene soprattutto all'Insegnamento della Filosofia, per il suo carattere epistemico sostanzialmente interdisciplinare, critico e riflessivo.
Ma questo non significa che le altre discipline currcolari ne siano esenti.
I contenuti di tutti gli insegnamenti - dalle Lettere alle Arti, dalle Scienze dello Spirito alle Scienze della Natura, alle Scienze della Vita, biologiche e mediche - richiedono , oggi più che mai, un forte riferimento ai Valori, alle dimensioni assiologiche, che devono strutturare la crescita dell'alunno e la formazione del cittadino.
Certo, la Filosofia, il cui insegnamento dovrebbe essere esteso a tutte le scuole, in ogni ordine e grado - in America, viene insegnata anche in alcune scuole elementari - per il suo carattere critico e riflessivo, ha una specifica vocazione alla "formazione".
Ma la Scuola tutta, nella sua interezza, deve essere concepita come "formazione", le cui categorie più importanti non sono le componenti organizzative ed esteriori, ma la Soggettività e la Relazione.
Già il Platone del "Sofista", nella sua avanzata maturità, per definire l'Essere, nel nostro caso cioè la "Soggettività" - la "soggettività" del maestro e la "soggettività" dell'alunno, fra di loro correlate - ricorreva alla categoria della "Relazione".
La "soggettività" e la "Relazione" sono le componenti essenziali del processo insegnamento-apprendimento. Se manca l'una, non c'è nemmeno l'altra e viceversa, in modo lapalissiano.
Allora, è la "Soggettività" che bisogna coltivare e formare. Stabilire di realizzare una educazione estetica, etica, politica è un processus latens, nascosto e misterioso, uno svolgimento spirituale che mal sopporta i criteri verificazionisti della Scuola della Programmazione e degli Obiettivi.
Certi semi che vengono gettati, tutti i giorni, nell'Aula scolastica, non si possono verificare e controllare, perché possono germinare a distanza di anni nella coscienza e nella mente dell'ex-alunno.
I risultati positivi del lavoro dell'Insegnante non dipendono dalla organizzazione della Scuola-Azienda, ma dalle competenze, dalla deontologia e dalla preparazione professionale del Maestro che forma le coscienze, coltiva i talenti, indirizza al bene ed ai traguardi ideali.
Noi, Insegnanti di Filosofia, non siamo chiamati ad insegnare dei Contenuti, ovvero dei "Pensieri, ma a Pensare", scriveva E.Kant nella sua prolusione accademica dell'anno 1765/1766.
Noi, Insegnati di Filosofia, cioè, non prestiamo la nostra opera per istruire l'alunno sul piano settoriale della tecnologia, della biologia, della comunicazione linguistica, dell'informatica o, comunque, della professionalità unilaterale; noi siamo chiamati ad "educare" il soggetto, rimanendo attenti alla sua formazione globale, integrale, onnilaterale.
Ma questa, in sostanza, è la funzione della Scuola, di tutta la Scuola, sancita perfino in qualche "Direttiva Ministeriale" di qualche anno fa: la n. 58 dell'8 Febbraio 1996.
Portava un titolo emblematico: "Una Paideia per il nuovo Millennio".
La "Direttiva Ministeriale" ribadisce , cioè, il concetto antico ma sempre attuale del valore formativo del sapere, dell'antica "Paideia", intesa come "Cultura " integrale, come "Humanitas", e non come un insieme di conoscenze tecniche e specialistiche, che fanno smarrire l'urgenza di educare l'uomo ai valori.
La Scuola non può mancare a questo compito fondamentale di curare la crescita dell'uomo integrale, così come è stato pensato dalla filosofia di San Tommaso e, nei nostri tempi, dal filosofo francese Jacques Maritain.......... Per non risalire all'Antichità classica, greca e romana, che aveva molto chiaro il concetto della funzione formativa della Scuola.
Basti ricordare lo sforzo compiuto da Catone, Cicerone, Quintiliano, Seneca ed Altri nella teorizzazione delle finalità educative, nella definizione di una "Idea Pedagogica", quella che non ha la Scuola in atto del nostro tempo storico.
Ma la unilateralità dell'educazione era bandita soprattutto dalla Cultura greca, che già con Isocrate teorizzava l'έγ-κΰκλίος πάίδέίά, il corso completo degli studi, la formazione integrale della persona: prospettiva pedagogica, che, due scoli e mezzo dopo, verrà riveduta e reinterpretata da Cicerone, nel suo "De Oratore".

E allora?
Allora, bisogna mettere fine al primato della "socializzazione" sulla "istruzione" e al primato di quest'ultima sulla "formazione".
Di certo, Socializzazione, Istruzione e Formazione sono i tre lati del Triangolo-Scuola.
Ma se non c'è la Formazione morale non c'è né Istruzione né Socializzazione.
Che ce ne facciamo di un fisico atomico che, per bramosia di dominio, fa scoppiare sulle nostre città la bomba atomica?
Che ce ne facciamo di un architetto che, per venalità, fa crollare il tetto della casa sulle nostre teste?
Che ce ne facciamo di un medico chirurgo che, per ingordigia di ricchezze, uccide un bambino sano per trapiantarne gli organi vitali nel corpo di un bambino ammalato?
E la serie degli esempi potrebbe continuare fino al dibattito odierno sulle implicazioni morali, studiate dalla Bioetica e connesse alle circostanze drammatiche dell'applicazione delle scoperte delle Scienze biologiche e mediche nei tre grandi ambiti esistenziali "del nascere, del curarsi e del morire". (Eugenio Lecaldano, "Bioetica. Le scelte morali", Laterza, Roma-Bari, 1999, pag.4).


Mi piace concludere, sottolineando questo mio dire, con la filosofia e le parole di Victor Cousin, filosofo spiritualista del primo Ottocento francese, laico e religioso, eclettico e libero, immune da qualsiasi sospetto di servitù politica e culturale, modello a cui guardare per il superamento della logica degli schieramenti di tanti sedicenti Intellettuali di oggi, avvezzi a suonare il piffero sotto il Palazzo di Cesare:
"Questa filosofia - scriveva Cousin - insegna la spiritualità dell'Anima, la libertà e la responsabilità delle azioni umane, le obbligazioni morali, la virtù disinteressata, la dignità della giustizia, la bellezza della carità;
e al di là dei limiti di questo mondo, essa mostra un Dio, autore e tipo dell'Umanità, che, dopo averla creata, evidentemente per uno scopo eccellente, non l'abbandonerà nello sviluppo misterioso del suo destino.
Questa filosofia è "l'alliée naturelle de toutes les bonnes couses", è l'alleata naturale di tutte le buone cause."
(V. Cousin, Prefazione "Du vrai, du beau et du bien", Parigi, 1853.)
Il fine a cui le leggi della Storia indirizzano l'uomo è la sua stessa Umanità. Johann Gottfried Herder, già discepolo di Kant, scrive nella sua opera "Idee per una filosofia della storia dell'Umanità", pag. 805, : "A questo scopo evidente è organizzato la nostra natura; per esso ci sono dati sensi e impulsi più raffinati, per esso ci sono date la ragione e la libertà, una salute delicata e durevole, il linguaggio, l'arte e la religione: In ogni condizione e in ogni società, l'uomo non può avere altro in vista né può altro costruire che l'Umanità, così come la pensa in se stesso."

San Marco in Lamis, 6 dicembre 2003.
(Giulio Stilla)

P.S. Intervento del prof. Giulio Stilla all'Intermeeting di zona sul tema di studio: "Un progetto decisivo per il futuro della Società: una nuova Paideia per i giovani fondata sul rispetto della persona, sull'etica della responsabilità e sulla forza innovatrice della cultura". L'incontro è stato organizzato dal Lions Club di San Marco in Lamis, il 6 dic. 2003, presso l'Auditorio della Biblioteca Comunale.
rifo

 

 

 
 
 
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