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LA PRESENZA DEL MALE NEL MONDO (2)
Post n°96 pubblicato il 03 Aprile 2017 da giulio.stilla
LA PRESENZA DEL MALE NEL MONDO (2)
Gli argomenti a sostegno della dimostrazione dell’esistenza di Dio cadono, quindi, fuori della ricerca filosofica, che per definizione è la ricerca razionale dei fondamenti. Essi sono oggetto di indagine della Teologia razionale ovvero della Teodicea, elaborata per la prima volta da Goffredo Leibniz, filosofo razionalista e scopritore fra l’altro del cosiddetto “Calcolo Infinitesimale” per misurare le differenze infinitesime. Discutere sulla esistenza di Dio e sulla sua bontà è legittimo come è legittimo discutere sulla sua non esistenza. Con la sola differenza che scommettere, direbbe Biagio Pascal, sulla esistenza di Dio è più vantaggioso ed utile per noi che asserire a priori la sua non esistenza. Oltre tutto, anche questa affermazione resta una mera ipotesi, che, come tutte le ipotesi, aspetta di essere verificata. E questo per rimanere fedeli ad una metodologia di natura scientifica. Se si sopravviverà alla propria dipartita, si avrà anche la cura di verificare.
Sono questi i motivi che ci inducono a pensare che l’uomo sia stato creato da una Intelligenza Infinita, senza sollevare scandalo o mordace ironia per tutte quelle intelligenze finite, non in linea con questi filoni di pensiero, ma incapaci pur esse di dimostrare il contrario. L’uomo è stato creato così com’è, con la morte che incombe sulla testa di ognuno. E’ il nostro male ontologico o metafisico, come riflettono Sant’Agostino e Goffredo Leibniz. L’uomo è un essere finito, ma con un’ansia di Infinito, cioè mosso per tutta la sua esistenza dall’ansia, dalla volontà, dalla bramosia di tendere all’Infinito. Si adopera in mille modi per superare i suoi limiti fisici e spirituali. Si ingegna, nel senso che tormenta il suo ingegno, il suo talento, in fatiche sovrumane per procedere oltre l’orizzonte del finito. Ma resta sempre al di qua degli ostacoli, che sono infiniti. La vita di ognuno è “streben” ovvero “sforzo” per rendere reale la propria libertà dai bisogni e costruirsi come affermazione morale nell’azione e nella conoscenza, così come pensa un altro grande filosofo tedesco, Giovanni Amedeo Fichte, l’iniziatore del Romanticismo filosofico, assetato di Infinito. L’uomo non cede alla rassegnazione. Deve affermare la sua libertà, la libertà dai limiti, anche se in questi sforzi sovrumani puntualmente cade all’indietro per ricominciare da capo. E’ la sua natura di essere stato creato libero. La libertà è l’essenza costitutiva della sua esistenza. La libertà è la sua Umanità. La libertà è il contrassegno fondamentale della sua nobiltà, quando essa si realizza come Umanità. La nobiltà dell’uomo è la sua libertà, che realizza nella di lui esistenza le sua essenza, cioè la sua Umanità. L’uomo non è infinito, ma è stato creato per l’Infinito. Ad Deum creatus, pensa Biagio Pascal. (CONTINUA) |
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