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LA PRESENZA DEL MALE NEL MONDO (2)

Post n°96 pubblicato il 03 Aprile 2017 da giulio.stilla

LA PRESENZA DEL MALE NEL MONDO   (2)

 

Gli argomenti a sostegno della dimostrazione dell’esistenza di Dio cadono, quindi, fuori della ricerca filosofica, che per definizione è la ricerca razionale dei fondamenti. Essi sono oggetto di indagine della Teologia razionale ovvero della Teodicea, elaborata per la prima volta da Goffredo Leibniz, filosofo razionalista e scopritore fra l’altro del cosiddetto “Calcolo Infinitesimale” per misurare le differenze infinitesime.

Discutere sulla esistenza di Dio e sulla sua bontà è legittimo come è legittimo discutere sulla sua non esistenza. Con la sola differenza che scommettere, direbbe Biagio Pascal, sulla esistenza di Dio è più vantaggioso ed utile per noi che asserire a priori la sua non esistenza. Oltre tutto, anche questa affermazione resta una mera ipotesi, che, come tutte le ipotesi, aspetta di essere verificata. E questo per rimanere fedeli ad una metodologia di natura scientifica. Se si sopravviverà alla propria dipartita, si avrà anche la cura di verificare.   

Nel frattempo, vita natural durante, non resta che sottolineare, sulle tracce della filosofia di Soren Kierkegaard, l'aspetto "assurdo" del Cristianesimo, che, come l'assurdo della vita di ognuno, può essere rischiarato, direbbe il cardinale Carlo Maria Martini, solo dalla prospettiva escatologica, cioè finalistica della storia, per reggere la quale occorre la fede, soltanto la fede, antidoto ad ogni disperazione e ad ogni angoscia. Assurdità, riflette il filosofo danese Kierkegaard, è l'essenza del Cristianesimo. Assurdo è che il figlio di Dio si lascia mettere in Croce da quattro sgherri; assurdo e folle è che Abramo si appresta ad uccidere il figlio Isacco, il suo unico figlio, in sacrificio a Dio; assurda è l'apparente solitudine dell'uomo nel dolore della storia. Ma l'uomo di fede, nonostante tutto, crede e scommette, perché alla fine di ogni assurdità una spiegazione razionale ci sarà. Una spiegazione razionale del Corso della Storia, non quella matematica e fisica, che non spiega i fini ultimi del destino dell'umanità e nemmeno il profondo senso immanente dell'Universo, forse nato dal Caos, ma si arresta a spiegare gli eventi e il possibile, quando questi si sono verificati. L'accaduto, proprio perché accaduto, reca con sé la spiegazione. Il matematico, per sua formazione, liquida semplicisticamente e spocchiosamente, ogni prospettiva finalistica, perché esclude a priori l'esistenza del mistero e, quindi, qualsiasi ipotesi di spiegazione. Contro lo stesso metodo galileiano, fatto di ipotesi e di verifiche, che ha sorretto fino ad oggi il lavoro complessivo della ricerca scientifica, lo scienziato non credente si priva del fascino del mistero, negando a se stesso ogni ipotesi di spiegazione.

Per mera ipotesi, quindi, se ammettiamo l’esistenza di Dio, dobbiamo ammettere, anche la sua “bontà”, perché sarebbe davvero assurdo ed inconcepibile asserire l’esistenza di un Dio malvagio, cinico e spietato, indifferente alla presenza del male nel mondo e alle grida di dolore che da sempre sono elevate a Lui dalla Umanità.

Anzi, il Dio dei Cristiani ha mandato in terra il suo Figliolo, perché condividesse in assoluto, tranne che nel peccato, la condizione drammatica dell’uomo, fino alla follia della Croce. Non sarebbe stato meglio per Dio e per gli uomini impedire l’insorgenza del male nel mondo, considerato che la sua Bontà, la sua Onnipotenza e la sua Prescienza erano certamente in grado di consigliarGli di muoversi in tal senso. Se non lo ha fatto e non lo fa, come noi uomini gridiamo, preghiamo ed imprechiamo, vuol dire che c’è una ragione che sfugge alle nostre capacità di comprensione.

Al cospetto rabbrividente dei genocidi perpetrati nella storia o difronte al dolore disperato di una madre che piange la morte del suo bimbo innocente per una malattia devastante, sorge spontanea la invocazione “oh! mio buon Dio, se ci sei, aiutaci”. Ma il Buon Dio non risponde o almeno così sembra, tanto da autorizzare i non credenti a dire che Dio non risponde, perché molto semplicemente Dio non esiste.

Intanto, per l’uomo di fede, non è vero che Dio non risponde. Le sacre Scritture e la vita quotidiana sono cosparse di esempi degli interventi miracolosi e risolutivi della Misericordia di Dio a cominciare dalla Resurrezione di Lazzaro di fronte al pianto disperato della sua sorella Marta.

Ma torniamo ai filosofi della Teodicea, a cominciare da Sant’Agostino e da Goffredo Leibniz, che amano distinguere tre tipi di male nel mondo per allontanare la idea che Dio non esiste o, se esiste, la idea della sua malvagità e cinismo, in contraddizione, del resto con il concetto stesso di Dio, che per definizione non può che essere buono.

Ritengono i filosofi credenti che l’uomo vive ontologicamente la sua finitudine. Essendo stato creato finito, l’uomo per costituzione soffre i limiti del suo essere in questo mondo. Soffre la sua precarietà, la sua fragilità, la malattia dei suoi organi corporali, la stanchezza della sua spiritualità, il tedio, la noia, lo smarrimento della sua identità, soffre, insomma, la sua finitezza. Se si fosse creato da solo, certamente si sarebbe creato perfetto, senza alcuna anomalia o debolezza strutturale.

E questo è un altro motivo in più a sostegno della tesi di coloro che ritengono che l’uomo sia stato creato da un Ente Infinito e non da un essere finito, come amano sostenere i fautori della tesi che l’uomo, come del resto tutti i viventi, è l’anello finale di una lunghissima catena di evoluzione, la quale, a mio modesto parere, se fosse dettata da cause, anch’essa evoluzione dovrebbe, a rigore del pensiero debole, rimandare ad una programmazione.

In altri termini, anche il divenire dovrebbe avere origine da un progetto, elaborato da una Intelligenza, che non possiamo reputare finita, perché il finito non nasce dal finito, come l’ordine non nasce dal disordine, l’armonia universale dal Caos. Prendete le lettere dell’alfabeto, diceva un simpatico Pensatore, gettatele per un numero infinito di volte per terra ed aspettate che venga fuori la Divina Commedia. Forse, può darsi che per il calcolo delle probabilità si potrebbe verificare anche questo portento, ma, secondo me, è più facile pensare che l’Ordine sia stato progettato, voluto ed eseguito da una mirabile Coscienza Infinita e Trascendente anziché da un inimmaginabile Disordine originario, da un Caos incomprensibile, spoglio di Intelligenza e privo della coscienza dei fini.    

Sono questi i motivi che ci inducono a pensare che l’uomo sia stato creato da una Intelligenza Infinita, senza sollevare scandalo o mordace ironia per tutte quelle intelligenze finite, non in linea con questi filoni di pensiero, ma incapaci pur esse di dimostrare il contrario.

L’uomo è stato creato così com’è, con la morte che incombe sulla testa di ognuno. E’ il nostro male ontologico o metafisico, come riflettono Sant’Agostino e Goffredo Leibniz. L’uomo è un essere finito, ma con un’ansia di Infinito, cioè mosso per tutta la sua esistenza dall’ansia, dalla volontà, dalla bramosia di tendere all’Infinito. Si adopera in mille modi per superare i suoi limiti fisici e spirituali.  Si ingegna, nel senso che tormenta il suo ingegno, il suo talento, in fatiche sovrumane per procedere oltre l’orizzonte del finito. Ma resta sempre al di qua degli ostacoli, che sono infiniti. La vita di ognuno è “streben” ovvero “sforzo” per rendere reale la propria libertà dai bisogni e costruirsi come affermazione morale nell’azione e nella conoscenza, così come pensa un altro grande filosofo tedesco, Giovanni Amedeo Fichte, l’iniziatore del Romanticismo filosofico, assetato di Infinito.

L’uomo non cede alla rassegnazione. Deve affermare la sua libertà, la libertà dai limiti, anche se in questi sforzi sovrumani puntualmente cade all’indietro per ricominciare da capo. E’ la sua natura di essere stato creato libero. La libertà è l’essenza costitutiva della sua esistenza. La libertà è la sua Umanità. La libertà è il contrassegno fondamentale della sua nobiltà, quando essa si realizza come Umanità.  La nobiltà dell’uomo è la sua libertà, che realizza nella di lui esistenza le sua essenza, cioè la sua Umanità. L’uomo non è infinito, ma è stato creato per l’Infinito. Ad Deum creatus, pensa Biagio Pascal.  (CONTINUA)

 
 
 
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